[TR] De otium, o dell’arte di non lavorare.


@Pierluigi ovviamente citazione voluta. Paolini, Vajont.

A tutti i giovani del forum, suggerisco di cercarlo su youtube e guardarlo per intero (c'è la versione completa della rappresentazione fatta nel 1997 direttamente da Erto, sul Vajont e che fu un clamoroso successo televisivo, di quando il Servizio Pubblico sapeva fare il suo mestiere).
 
Giorno 8. Falsopiano, maledetto falsopiano.

Dormo in un ostello a Fujiyoshida assieme al solito corollario di facce da ostello: gli americani che arrivano tardi e fanno casino, gli asiatici afoni, il francese strano, la guida turistica italiana e l’alpinista messicano che fa la salita del Fuji in solitaria, perde l’ultimo bus e corre fino alla stazione. Eroe.

Mi sveglio alle 7 e alle 8 sono in marcia. La giornata doveva essere OK ma, invece, è bigia.

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Arrivo al lago Kawaguchi e mi stupisco che sia già qua. La giornata non aiuta a renderlo idillico, e il viadotto in mezzo è pure peggio. Ci sono un po’ di turisti, e ovviamente nella mia sosta al Family Mart un’americana punta alla bici e mi fa “Don’t tell me you’re going around with that?” Le rispondo “I won’t”.

Appena dopo il lago iniziano dei tornanti mica da ridere, che a me piacciono sempre. Accarezzo l’idea di salire fino in cima, usando la vecchia Rindō road, ma non c’è vista, le nuvole sono basse, e fa un freddo cane.

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Che tunnel sia.

Prima di partire avevo sentito molto parlare, e non positivamente, dei tunnel in Giappone. Stretti, bui e con guidatori assassini. Questo tunnel da 4km è effettivamente stretto (devo pedalare sulla riga), non è ben illuminato, ma gli autisti sono incredibilmente gentili. Tutt’oggi sarò sbalordito dalla gentilezza mostrata da tutti nel darmi precedenze, rispettare la distanza di sicurezza e in genere comportarsi da persone normali.

Al di fuori del tunnel, dove faceva un discreto calduccio, torna a far freddo. Ma… discesa!

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Iniziano 20km di discesa, e arrivo nel vallone di Fuefuki, Kofu e altri paesoni. Sembra di essere nel vercellese, paesoni e risaie. L’unica differenza è che inizia un falsopiano infido.

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Continuo lungo vigneti (sto scrivendo mentre bevo uno Chardonnay giapponese sorprendentemente buono), risaie, concessionarie, scuole, gagni che fanno ricreazione, negozi… tutto, rigorosamente, in falsopiano. Una salita di 3-5% di gradiente che continua imperterrita, tritando le gambe. Un signore che conoscerò a cena mi dirá che anche per lui, ciclista come me, questa zona è tremenda.

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Volete dire a vostra suocera che ha rotto? Compratele una trousse di prodotti FANCL!

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Mancano 20km e ovviamente la strada s’impenna. Sono entrato in una specie di stato di quiete zen. Inizia a piovere, metto su la giacca, e faccio i miei 7-8km/h in salita con la serenitá del derviscio che ruota ripetendo Bismillahir Rahmanir Raheem. Metto su una canzone sufi turca, poi un coro tibetano che ho sentito in Ladakh, e per ultimi e per par condicio anche i monaci Megaloschemos bulgari. La salita è dura, gambe-spalle-culo fanno male, ma la mia mente è contenta.

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Vedete questa tazzina? L’ho presa in un negozio di Tokyo assieme a 8200 (la bici gliel’hanno fregata) qualche anno fa. Uguale identica. Le mando una foto e mi scrive che s’era appena fatta un caffè in quella tazza. Serendipity.

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Sono le 2 e mezza, mancano 3km ma vedo un posto che fa burger che sembra simpatico. Mi fermo, ordino, faccio pat-pat al cane piú entusiasta del mondo (facile quando puzzi di carogna!).

Un’ultima rampa, e sono arrivato alla mia locanda a Fujimi. Il proprietario ammira le mie ruote Zipp, mi aiuta a lavare il velocipede, e dopo poco sono a bollire nell’onsen come un gamberone.

Dirimpetto, per motivi che non capisco, c’è un museo dedicato a Keith Haring.

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È tardi, sono stanco, vado in lobby a farmi una birra e a chiedere al barista di mettere su un disco di Minoru Muraoka. Hanno di tutto, purchè sia jazz.

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Eroe !

Realizzo solo adesso che "Road to Kanazawa" non e' una canzone, ed essendoci stato pochi mesi fa ho piu' o meno nell'occhio che cosa hai in mente.....

Ora, (spoiler), tagli dentro per Kamikochi (al che, statua di bronzo da porre sulla cima di Fuijsan), oppure allunghi il giro via Omachi-Itari-Itoigawa?
Comunque sia, aspetto le tue foto (ovvero, la foto della bici), nel parco del Castello di Matsumoto..... ( e se non ci passi, ti presto io le foto 😁 😁 )

Nel frattempo, grazie del racconto, e buona pedalata ! 🚲
 
La macchina del caffè italiana in Giappone...poesia.
Grazie per portarci in giro per il mondo.
 
È tardi, sono stanco, vado in lobby a farmi una birra e a chiedere al barista di mettere su un disco di Minoru Muraoka. Hanno di tutto, purchè sia jazz.

Questa potrebbe essere una frase tratta da un libro di Murakami che è anche un grandissimo appassionato di jazz.

Splendido racconto, belle foto, Giappone con pioggia o con sole è sempre zen; e secondo me sta diventato un racconto catartico anche per chi legge.

DaV
 
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Sempre gran spettacolo, grande!!


Io due file avanti, lusso sfrenato!

Devo arrivate munito di botellón, grazie per l’avviso sul volo dry!:D

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Lavorando da un quindicennio nella Perfida Albione non ho mai avuto modo di capire appieno l’italica passione per il “posto fisso”, o il “lavoro a tempo indeterminato”. Io, a parte un brevissimo periodo all’inizio della mia carriera, ho sempre avuto “posti fissi”, permanent roles, chiamateli come vi pare. Ciò non vuol dire che sia sempre stato “al riparo”. Anzi, forse è vero il contrario.

Basta un invito dai capi per una riunione cui non è concesso di dire no. Si entra in sala riunione, o su Teams, e si vede – assieme ai soliti visi e facce note – anche il business partner di HR, e si capisce che c’è un siluro in acqua. L’HR BP mantiene la sua faccia compita, un misto tra Buddha e la principale odiosa nei film di Harry Potter, sai bene quale. Il capo di turno – mai il megadirettore cosmico, uno dei tirapiedi – legge un messaggio preparato in anticipo. In risposta ai cambiamenti dettati dalla situazione economica generale / nuova proprietà aziendale / cambiamenti strategici [delete as appropriate, o inventatevi qualche altra minchiata] siamo costretti a informarvi che le vostre posizioni sono a rischio. A seguire altre formalità, e via che iniziano le danze.

Come dicevo, nella mia quindicennale carriera di travet, mi sono trovato in questa situazione… mmmh, se ci penso bene non ne sono sicuro. Direi almeno cinque volte. Si, almeno cinque. E sono sempre riuscito a sfangarmela; vuoi ri-applicando per il mio lavoro o cambiando impiego e compagnie, in modo strategico. Ma, alla fin fine, anche i più veloci vengono acchiappati e, a settembre 2025, è il mio turno.

Me ne vado dal datore di lavoro di turno senza troppi rimpianti, senza lacrime, e senza mandarli a quel paese; la realtà è che – alla fin fine – ne ho avuto abbastanza pure io. Per cui, a tutti quelli che mi dicono “mi dispiace”, rispondo di non farlo. Anche perchè io sono il primo pinguino a buttarsi dall’iceberg; la scure sta calamdo su tutti.

L’aziendalismo è cosa ancor più stupida della fede calcistica. All’azienda non importa del dipendente u155955, non importa delle settimane passate lavorando dalle 7 di mattina alle 18 di sera, senza pausa pranzo, 5 giorni la settimana e anche qualche weekend. Il dipendente è un asset, una risorsa, e quando è il momento di andarsene ecco che un altro asset, un'altra risorsa, dirà al dipendente che deve sgomberare la scrivania e via.

Era il mio turno e, sinceramente, meglio così. Perché ora, per la prima volta in 15 anni, davanti a me ho almeno un mese dedicato a fare qualunque cosa tranne che guadagnarmi la pagnotta. Infatti, è giunto il momento di spenderla, e poi si vedrà.

Come è la moda degli spot pubblicitari delle case farmaceutiche, un disclaimer: questo sarà un TR lungo. Eterno, quasi. Roba che mi direte, ne sono sicuro, “mobbastaveramenteperò”. Sarà anche un itinerario convoluto, complesso, soggetto a cambiamenti. E sarà anche un itinerario fatto in presa diretta, o quasi. Proverò, insomma, a fare un resoconto a fine giornata di tutti gli eventi. Posto che riesca (e che interessi).

L’unica costante, anzi le uniche due costanti, saranno: velocipedi e barbonismo. Perché così si vuole dove non si può ciò che si vuole, e più non domandate. Ecco, ora che siamo tutti ben intesi, è il momento di iniziare.

A stasera, si spera (tò fa pure rima!)

Eh ma vaglielo a spiegare a "tutti quelli li" che tutti sono necessari ma nessuno è indispensabile... specie in quei posti di lavoro dove ogni 3/4 anni si rimescola il tutto per, alla fine, tornare alla stessa struttura che si aveva 4 anni prima, per poi cambiarla dopo altri 4 anni.
Ancora più complesso è far capire alla gente che rispondere alla mail alle 10 di sera, perché è cool, non ti esenta dalla scure... perché quando arriva arriva e non importa quanti weekend hai lavorato o quante notti non hai dedicato ai figli "perché il PPT va fatto by COP today"

Ti auguro un grosso in bocca al lupo, però, grazie a dio, non sei in una parte del mondo dove il lavoro manca, e, benché anche li ci siano politics (dove il laureato in paleontologia va a fare il Director perché ha "ticked the boxes" e il tizio con 15 anni di esperienza in Ops rimane a fare il supervisor) diciamo che almeno non sei nella nostra amata Italia.
 
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Giorno 9. A Magome col truschetto.

Una sveglia nebbiosa, fredda. Al punto che, prima volta in vita mia, pedalo col piumino Patagonia addosso.

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È un viaggio di breve durata, a malapena 10km, perchè sono diretto alla stazione JR di Fushimi. Ebbene si, baro. Come mai?

Beh, due motivi. Da qua a dove devo arrivare mancano 140km, che con il tramonto alle 5 non penso di riuscire a fare. In piú ci sono 3mila metri di dislivello, le mie gambe dicono “zio davvero?” e detonare malamente il terzo giorno mi pare stupido. In piú danno pioggia dalle 12 in poi.

Meglio prendere il treno, anzi due. Ma prima di parlarne, spendo giusto due righe su una idiosincrasia tutta giapponese. La Rinko Bag.

Ora, se uno vuole portare una bici sul treno in Italia, o in generale in Europa, sale e basta (beh magari non sugli Eurostar, tò). Al massimo paghi un obolo. In Giappone puoi salire ovunque, ma devi avere una Rinko Bag.

Trattasi di una specie di lenzuolo, o meglio di un paracadute. Tale paracadute si deve mettere intorno alla bici, non prima di aver tolto la ruota davanti e averla attaccata al telaio del velocipede. Lo scopo della Rinko, ne deduco, è quello di tramutare una bici in un soprammobile pesantissimo e maneggevole come una portacontainer, il tutto senza fornire alcuna protezione al mezzo e cagionando tante di quelle paroline che mi rendono antipatico a @Pierluigi. Non è colpa mia Pierluí, sono loro che provocano!!!

Vabbè. Prendo il primo convoglio per Shiojiri, espletato dal Minuetto nipponico. Panorama interno:

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Una parola sull’amico capotreno. A differenza di quelli di Trenitalia (“Lei paga per viaggiare, non per star seduto” mi disse una volta un capotreno cui il servizio statale aveva insegnato l’abbiccí del customer service) lui è solerte con gli annunci e, dato che ci sono io, prova pure a cimentarsi in inglese. Epico.

Arrivato a Shiojiri, compro un biglietto per Nakatsugawa e vado all’apposito binario. In primo piano il Minuetto nipponico, dietro c’è l’Aln668 del Sol Levante. A differenza dell’orrida Littorina, però, questa non emette una nebbia di nafta incombusta e non richiede un’arrampicata in corda doppia per salire a bordo.

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L’accelerato per Nagoya sembra vuoto, ma a -10 dalla partenza si presenta l’universo e quindi finisco cosí.

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(La valigia sulla destra è quella di un altro pellegrino). Comunque si tratta di manco un’ora.

Scendo a Nakatsu, rimonto il velocipede, butto giú un po’ di calorie, e salto in sella. La strada è corta, 12km, ma riesco a mettere dentro cinquecento metri di dislivello. Come, non so.

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Alla fine, però, guadagno Magome e passo nel villaggio in bici, sudato e con il petto villoso quasi fuori dal jersey, per la gioia delle astanti nell’ignoranza generale.

Sono proprio contento di esser qua. Magome è una delle stazioni di posta della Nakasendo, una delle vie che, nell’epoca precedente la restaurazione Meiji, collegavano Edo a Kyoto. Col tempo, poco è rimasto della Nakasendo, se non una parte tra Magome, appunto, e Tsumago. @I-DAVE ce ne parló nel suo epico TR Gambatte Kudasai, e io volevo venirci da epoche.

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Passato in rassegna il villaggio, vado in ostello. Alloggio alla Magome Furusato Gakkou, una ex scuola elementare. La scuola venne chiusa nei primi anni 2000 causa spopolamento della valle, e ora è una guesthouse. Stanotte dormirò in stanza, domani camerata. Ma la stanza di stanotte non è una stanza qualunque: è l’ufficio del preside!

Faccio check-in, apro la porta e mi sembra di sentire, dal cielo, il compianto Franco Rigola, preside dell’ITI di Biella. “Scarab cos’ha combinato questa volta?” mi sembra di sentirgli dire. Signor Preside, buongiorno.

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Sulla lavagna, un solo messaggio.

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Questo è l’ostello piú interessante in cui sono mai stato. E che figata di scuola (elementare).

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Faccio il bucato, asciugo tutto, ed esco per un giretto e cena. Alla fine non sta piovendo, anzi, ed è un tardo pomeriggio che sembra di stare nelle Alpi. Silenzio, gorgoglio di mille torrenti, uccellini che si richiamano e frinire di cavallette. Ogni tanto, una macchina.

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Vado a mangiare in un posto che fa soba, e all’uscita sono calate le tenebre e sta iniziando a piovigginare.

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Domani rest day, o quasi. Provo a camminare i 9k della Nakasendo fino a Tsumago, pioggia permettendo. Sono veramente felice di esser qui.

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Eroe !

Realizzo solo adesso che "Road to Kanazawa" non e' una canzone, ed essendoci stato pochi mesi fa ho piu' o meno nell'occhio che cosa hai in mente.....

Ora, (spoiler), tagli dentro per Kamikochi (al che, statua di bronzo da porre sulla cima di Fuijsan), oppure allunghi il giro via Omachi-Itari-Itoigawa?
Comunque sia, aspetto le tue foto (ovvero, la foto della bici), nel parco del Castello di Matsumoto..... ( e se non ci passi, ti presto io le foto 😁 😁 )

Nel frattempo, grazie del racconto, e buona pedalata ! 🚲

Grazie! A Kanazawa già ero stato, quindi si tratta di un ritorno per me. Ma manca ancora un bel po’!

Grazie delle foto e del TR quasi live.

Prego!

La macchina del caffè italiana in Giappone...poesia.
Grazie per portarci in giro per il mondo.

Avevo trovato una Marzocco in Ladakh pensa te!

Questa potrebbe essere una frase tratta da un libro di Murakami che è anche un grandissimo appassionato di jazz.

Splendido racconto, belle foto, Giappone con pioggia o con sole è sempre zen; e secondo me sta diventato un racconto catartico anche per chi legge.

DaV

Tutti nel Nirvana! Comunque si, Jazz per tutti qui.

Sempre gran spettacolo, grande!!


Io due file avanti, lusso sfrenato!

Devo arrivate munito di botellón, grazie per l’avviso sul volo dry!:D

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Mi spiace, condoglianze in anticipo. Ti fermi a PVG o prosegui?

Tutto bellissimo, soprattutto la parte più esotica (Biella e hinterland)

Grazie! Biella è piú hardcore di Baghdad, penso.

Eh ma vaglielo a spiegare a "tutti quelli li" che tutti sono necessari ma nessuno è indispensabile... specie in quei posti di lavoro dove ogni 3/4 anni si rimescola il tutto per, alla fine, tornare alla stessa struttura che si aveva 4 anni prima, per poi cambiarla dopo altri 4 anni.
Ancora più complesso è far capire alla gente che rispondere alla mail alle 10 di sera, perché è cool, non ti esenta dalla scure... perché quando arriva arriva e non importa quanti weekend hai lavorato o quante notti non hai dedicato ai figli "perché il PPT va fatto by COP today"

Ti auguro un grosso in bocca al lupo, però, grazie a dio, non sei in una parte del mondo dove il lavoro manca, e, benché anche li ci siano politics (dove il laureato in paleontologia va a fare il Director perché ha "ticked the boxes" e il tizio con 15 anni di esperienza in Ops rimane a fare il supervisor) diciamo che almeno non sei nella nostra amata Italia.

Guarda, tutto il mondo è paese. Grazie comunque, viva il lupo!

Concordo! Per andare a Biella basta il passaporto o occorre anche una carta di invito da un residente?

Passaporto, lettera d’invito, visto e prova che sei vaccinato contro la bauscite (l’essere di Meelano).