[TR] De otium, o dell’arte di non lavorare.


Devo dire, almeno da queste immagini, che se m'addormentassi nel varesotto e finissi nel biellese, farei fatica a capire le differenze.
E viceversa.
(al netto di eventuali dialetti)
 
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Giorno 5: China Eastern.

Saluti dall’hotel dell’aeroporto di Shanghai. Holiday Inn per essere precisi.

Ci eravamo lasciati qui:

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Con una coda che lascia presagire un volo pieno (e cosí sarà). Tanti, tanti, tanti transiti. Il dumping delle cinesi si vede e si sente, nell’attesa che qualcuno le impedisca di sorvolare la Russia. Ma la ricerca di un paio di gonadi, a Bruxelles, ha dato di nuovo esito negativo.

La signorina al banco non sa se la sacca da bici è nella franchigia o meno. Io le dico che mi sembra di si, e la station manager cinese conferma. La borsa sarebbe pure un pochino troppo pesante, ma avrei due borse incluse e ne imbarco solo una, per cui vadi dottó.

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Sbolognato il carro, entro nelle viscere del terminal peggio progettato che abbia visto in un paese non sottoposto a sanzioni. La zona della sicurezza è uno zoo, ma d’altronde è anche grossa come uno scantinato perchè vorrai mica levare spazio ai negozi, eh?!

Dei controlli passaporti non diciamo nulla. Meglio infilarsi in quel km di corridoi vuoti, resi indispensabili dalla trasformazione del T1 in un centro commerciale, e tapis roulant rotti (rotti almeno dal 2023).

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Passano gli anni e non mi capacito di quanto faccia pena il restauro di MXP. Hanno preso un aeroporto in cui potevi fare landside/gate in 10 minuti, o gate/parcheggio in 20, in un posto dove devi camminare per mezz’ora, con spazi vuoterrimi alternati a colli di bottiglia in cui si sta tutti impilati come toast, il tutto al prezzo di personale perennemente siddiato e di manutenzione scadente. Dopo vent’anni ci sono ancora delle latrine (satellite B) che sembrano prese dalla stazione dei treni di Kashgar.

Comunque, al B ecco il mio ferro:

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C’è anche un Air India per Delhi, ovviamente con un mosh pit al posto della coda per l’imbarco, e il 767 di Uzbekistan Airways. Speravo di non rivederli mai piú.

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Sento due coppie, del folto gruppo di italiani diretti in Uzbekistan per un viaggio organizzato, parlare del cibo a bordo come qualcosa per cui star svegli. Signori miei, mi vien voglia di dirgli, UZ è uno dei pochi casi in cui vien meglio a star digiuni.

Vabbè, imbarca l’Air India e imbarcano pure loro. Io sono al 74H oggi e 55C domani. Pro-le-ta-rio.

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Arriva anche il nostro momento. Cabina dove viaggia di solito @ilPrincipeDiCasador:

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Mi sembra una Thompson Vantage XL ma le partizioni sono davvero alte e, soprattutto, sono distratto dai colori alle pareti. Sembra l’asilo Montessori dove va mia nipote.

Premium eco, che mi sembra un po’ sacrificata:

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E il trespolo dove osano i barboni, una Economy che, devo dire, è piú che dignitosa.

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All’altro posto corridoio si siede Maciste. Seriamente, era in maglietta verde Padania anzichè la sua solita tunichina di lino e pelliccia di ungulato, ma era proprio lui. Ha persino messo in cappelliera le valigie di tre signorine cinesi sollevandole (le valigie, non le signorine) con una mano sola. Adorazione istantanea da parte di tutte le single cinesi a bordo, e anche un po’ di maritate. Ovviamente il sedile in mezzo a noi NON sarà libero perchè arriva la coppia in viaggio di nozze (intorno a me ce ne sono almeno 4-5). Lui nel posto in mezzo davanti, lei tra Maciste e me. Poi, per qualche motivo, la signorina del 73H si fa spostare (forse c’entravo io quando le ho recapitato le Crocs che ha messo sotto il suo sedile, aka dove vanno i miei piedi), e il maritino prende il suo posto al 73H. Mogliettina, seduta tra me e Maciste, je fa “Amore vengo li vicino a te?” E lui “No cosí sto piú largo, resta lì”. Maciste ed io siamo stupefatti, lei mostra al suo consorte il dito medio e gli dice “Stronzo!” e io penso di passarle il nome del mio avvocato.

In mezzo a tutta questa eccitazione quasi mi dimentico di dire che il trattore del pushback ha avviluppato il nose gear nelle sue capaci tenaglie.

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E iniziamo il taxiing precisi precisi a cavallo della centreline.

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Mi dilungo un attimo sul safety briefing, perchè è splendido e propone innumerevoli momenti alla “Esce ma non mi rosica” degli inossidabili Nanowar.

Iniziamo con l’espressione accigliata della Tiger Mom alla comparsa delle maschere ad ossigeno. Sul serio devo usare sta roba qua?

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Lo slogan di China Eastern fa pensare che la traduzione gliel’abbia fatta mbare Chen:

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Ma il meglio arriva al momento della traduzione italiana.

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Mettete i giubbotti solo quando dovete evacuare l’acqua. Ergo per andare al gabinetto.

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NON GONFIATE LA CABINA PERDIO!

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Attenti all’inflazione.

Sistemate queste amenità si fa il momento di partire. Il servizio prende un po’ ad iniziare, causa turbolenze anche severe fino a quando non siamo oltre Alpi. Arriva il cibo, che si rivela essere o maiale o pesce, e io chiedo - come è prassi per me - un gin & tonic.

“No alcohol” mi fa la signorina. Non hanno nemmeno la tonica. In fondo, nella mia cassa toracica, il cuore si spezza.

Triste, sobria, cena. Sono andato di pesce. Probabilmente tilapia, o magari pescegatto. In ogni caso, commestibile.

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Tutti i vuoti sono ritirati presto e mi addormento ben prima del confine russo. Mi sveglio che mancano due ore all’atterraggio; non male. Eccovi una foto della cabina, con le cappelliere conciate come se fosse un 737 di Ryanair.

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arriva la colazione, e se la cena era commestibile, il petit déjuner è veramente qualcosa che persino quegli aspirapolveri dei labrador di mio fratello si rifiuterebbero di toccare. La cosa migliore era la salvietta rinfrescante.

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In corto per Pivvuggí:

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E quasi on stand seguendo il follow-me:

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Siamo in ritardo di 20’ e gli sposini sono tutti in allarme per le coincidenze. Passano davanti a tutti mentre io, che sono più vecchio e per questo piú scaltro, ho tutto il tempo del mondo. Il mio volo parte soltanto domani, per cui ho tempo di:

Notare questa meraviglia:

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E quest’altra:

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Ma, soprattutto, mi prendo una stanza all’Holiday Inn dell’aeroporto. Perchè non c’è niente di meglio, una volta arrivati da un longhaul, di non doversi sbattere per avere un letto comodo, una doccia calda e una birra. Anche in mancanza di G&T.

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Ah, che bello! ☺️ È una gioia per l'animo aprire il forum e vedere che c'è un aggiornamento da parte dell'autore di questo TR. Grazie, ci sembra di viaggiare con te 😃
Grazie a te per non esserti ancora annoiato!
Chiudere il post su China Eastern è l'anticlimax peggiore che potevi trovare :D

DaV
Questo TR non avrà climax! Penso.
Devo dire, almeno da queste immagini, che se m'addormentassi nel varesotto e finissi nel biellese, farei fatica a capire le differenze.
E viceversa.
(al netto di eventuali dialetti)
meglio il varesotto che il vercellese!
Concordo, traduzioni cinesi sempre troppo avanti.
Mi hanno causato grande ilarità!
Solo quando non c'è la first :cool:
Noblesse oblige!
PS Ma che A350 hai preso? Di solito non ci sono le Barbie disegnate sulle pareti :)
Penso che fosse qualcosa dedicato a Barcellona. Potevano fare uno special livery esterna, invece della schifezza che hanno ora…
le traduzioni cinesi dovrebbero essere date in mano a un comico... o a @Scarab. Grazie per le risate.
Grazie a te!
 
Traduzioni Cinese-Italiano al top!
AG&G non avrebbero potuto fare di meglio !🤣🤣

Nota di servizio: Ma l'Holiday Inn di Shanghai, e' dentro l'aeroporto? che non mi e' chiaro....
E se lo vuoi utilizzare, devi fare dogana o rimani in area sterile? Grazie!
 
Traduzioni Cinese-Italiano al top!
AG&G non avrebbero potuto fare di meglio !🤣🤣

Nota di servizio: Ma l'Holiday Inn di Shanghai, e' dentro l'aeroporto? che non mi e' chiaro....
E se lo vuoi utilizzare, devi fare dogana o rimani in area sterile? Grazie!
Devi fare dogana. È tra i due terminal, ma landside. Peró col visto di transito e quant’altro te la cavi. Magari ti capita solo di dover spiegare al milite all’immigrazione che HND è in Giappone.
 
Devi fare dogana. È tra i due terminal, ma landside. Peró col visto di transito e quant’altro te la cavi. Magari ti capita solo di dover spiegare al milite all’immigrazione che HND è in Giappone.
eh, supponevo....
giusto per avere un plan B. Sono andato a Marzo in Giappone con MU, al ritorno hanno una bellissima coincidenza per AMS con 1h45m di transito, che e' un po' giusta al pelo, meglio mettere le mani avanti nel caso qualcosa dovesse andare storto la prossima volta.
 
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Sarò ripetitivo, ma

Io sono al 74H oggi e 55C domani. Pro-le-ta-rio.

Mala, malissima tempora currunt!

una Economy che, devo dire, è piú che dignitosa.

Non ci sono più le mezze stagioni!

Sistemate queste amenità si fa il momento di partire. Il servizio prende un po’ ad iniziare, causa turbolenze anche severe fino a quando non siamo oltre Alpi. Arriva il cibo, che si rivela essere o maiale o pesce, e io chiedo - come è prassi per me - un gin & tonic.

“No alcohol” mi fa la signorina. Non hanno nemmeno la tonica. In fondo, nella mia cassa toracica, il cuore si spezza.

O tempora, o mores!

arriva la colazione, e se la cena era commestibile, il petit déjuner è veramente qualcosa che persino quegli aspirapolveri dei labrador di mio fratello si rifiuterebbero di toccare. La cosa migliore era la salvietta rinfrescante.

Si stava meglio quando si stava peggio!
 
Giorno 2: OT biellese, seconda parte. Pianura


Di li a poco siamo a Chiavazza, scenografico suburbio di Biella noto per…
...limitatamente alla mia famiglia, per questo:
Monastero Mater Carmeli

Monastero di monache carmelitane, i miei genitori ci vanno almeno 4-5 volte l'anno... Inaugurato giusto 20 anni fa, nel 2005, secondo i desideri di un santo prete pavese (morto però 12 anni prima).
Quando ripassi, fai un salto a conoscerle(y)

Insomma, c'è un sacco di gente che conosce e frequenta Biella, molto più di quanto tu biellese potessi immaginare prima di questo TR:geek:
 
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Comunque grazie @Scarab per questo nuovo frizzante racconto, è sempre piacevole leggerlo.
E in bocca al lupo per il futuro lavoro, che ce ne sia uno già pronto o meno.

楽しいペダリングを!(cit. Google)
 
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Giorno 6. PVG-HND.

Dopo una notte di tutto relax all’Holiday Inn, tolta la solita faste di sveglia jet-lag all’equivalente dell’ora di cena londinese, sono pronto per l’ultima parte del viaggio. Colazione sontuosa, doccia, check-out e sono al Terminal 1 in tutta calma.

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China Eastern mette tutti i passeggeri di Economy a fare la stessa coda, cosa un po’ deleteria ma tutto sommato gestile. Mentre aspetto guardo il soffitto del T1, che è veramente pregevole dal lato architettonico ma sconta, secondo me, una scelta di colori troppo anni ‘90.

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Sbologno tutto, stavolta anche lo zaino: ho scoperto che questa tratta, vendutami come effettuata da un 77W, verrà effettuata da un A320 (sovracapacità!) e decido di andare leggero in cabina.

Airside è come me lo ricordavo da un volo preso svariati anni fa: un sacco di vetro ma poca vista.

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Poco male, perchè tanto il mio avione è dato partente dai gates del satellite. E che satellite.

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‘Sto terminal è enorme. Mi immagino il geometra Chen che fa al cumenda Yang, proprietario di Pudong, “Eccellenza, quanto largo lo vuole?” col ducaconte che risponde solo “Sí”.

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Saranno le dimensioni, ma mi sembra anche vuoto, specie per la parte cibo. Ma poco importa, qui le vetrate sono ottime e vedo un bel po’ di noiose code China Eastern e i ben piú interessanti mezzi della zona cargo.

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In fondo si vedono anche il Fusillo e il Cavatappi, i grattacieli iconici di Shanghai centro. Vi rimando, con zero senso del pudore, a questo post per un po’ di viste.

Il mio 320 è in arrivo da Yinchang, cittá che mai avevo sentito prima. Wikipedia mi dice che fa quasi 3 milioni di abitanti. Mecojoni.

China Eastern ha i 320 loose loaded, per cui posso fare l’umarell e vedere la mia borsa bici che viene caricata a bordo.

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Parlando di caricare, tocca anche a noi self-loading cargo. Dentro, l’A320neo si rivela avere one due file di business (“La C dedicata!!!”) per quei compagni che ce l’hanno fatta, e un sacco di sedili di barbon per chi, invece, sta ancora sotto padrone. Colori rilassanti, pitch nella norma, e le ultime 3 file in piccionaia praticamente non hanno spazio in cappelliera a causa di bombole di ossigeno, survival kits e altre ammennicoli. Su un LHR-LIN si scatenerebbe la guerra civile.

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Annunci in tre lingue sulle power banks che non hanno le tre “C” (anche alla security erano veramente ‘sul pezzo’ a riguardo) e via che andiamo.

Decollo a razzo e, immediatamente, turbolenze. Praticamente sarà così per tutto il volo, con la fase di crociera in cui sembra di vibrare e un atterraggio, che mi sto annotando in presa diretta, in cui si balla sull’asse x, y, z e pure su quello del WC.

Il servizio di bordo comprende un piatto caldo di salsiccia e riso. Declinare non è consentito, i miei vicini dormenti vengono svegliati e gli viene propinato il vile piatto.

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Dico vile perchè, beh, guardatelo. Riso del gusto del cartone, “salsiccia” che ricorda il chorizo di un discount armeno. A corollario, insalata russa che sembra augurare idromerda a 20 atmosfere e un sacchetto di semi di girasole su cui hanno sovrimposto il sapore di “beef sauce”. Io mangio tutto, eh, le elementari le ho fatte dalle suore, ma dò una mezza cucchiaiata e rimando tutto indietro intonso. Meglio così, il prode vicino che ha ingollato la pietanza ha assunto un incarnato verdognolo e sta emettendo certe nuvole che Seveso levati.

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Liquidato il pluristellato servizio di bordo, non resta che star seduti per tre ore a far niente. Il segnale di allacciare le cinture rimane sempre acceso, ma a tutti sembra fregare ben poco e si crea una coda tipo benedizione al Giubileo per i bagni. Alcuni vanno, ritornano e poi vanno una terza volta. O questo volo l’ha prenotato in blocco l’Associazione Cinese Incontinenti, o Lapo Elkann ha dimenticato la sua scorta personale di Bolivian Marching Powder di fianco al lavabo, con tanto di cinquantello già arrotolato e specchietto. Il tutto malgrado il segnare di allacciare le cinture lampeggi ogni 10 minuti con annesso annunci in tre lingue. L’equipaggio ci prova, ma gli aficionados della ritirata vengono convinti a desistere solo quando sembra che siamo sul Vomit Comet.

Aggiungo anche la figura dello Sky Marshal, il cui ruolo sembra consistere nell’andare su e giù per l’aereo, vestito in un giubbino blu antivento che lo fa sembrare molto un adepto di Carletto Mazzone, reggendo davanti a sé una body camera tenuta come Scrooge teneva la lanterna, la notte.

Finalmente si vedono le luci di Tokyo, o almeno penso a giudicare dall’eccitazione dei miei due vicini di posto. Atterriamo sopra la baia (quindi mi sa che al massimo erano quelle di Chiba). Sono le 18:10 e fuori è come a Genova quando manca l’energia elettrica (o quando non voglion pagarla): buio pesto. Da rammentarsi per le fasi piú lunghe del giro che sto per iniziare.

Per il resto, atterraggio soprendentemente morbido visto il meteo (vento, pioggia, penso di aver visto passare la mucca di Twister) e taxiing verso il T3 dove, incredibile ma vero, siamo anche on pier. Non me l’aspettavo per un narrowbody!

Arieccomi in Giappone, e che il viaggio vero e proprio abbia inizio.

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Giorno 6. PVG-HND.

Dopo una notte di tutto relax all’Holiday Inn, tolta la solita faste di sveglia jet-lag all’equivalente dell’ora di cena londinese, sono pronto per l’ultima parte del viaggio. Colazione sontuosa, doccia, check-out e sono al Terminal 1 in tutta calma.

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China Eastern mette tutti i passeggeri di Economy a fare la stessa coda, cosa un po’ deleteria ma tutto sommato gestile. Mentre aspetto guardo il soffitto del T1, che è veramente pregevole dal lato architettonico ma sconta, secondo me, una scelta di colori troppo anni ‘90.

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Sbologno tutto, stavolta anche lo zaino: ho scoperto che questa tratta, vendutami come effettuata da un 77W, verrà effettuata da un A320 (sovracapacità!) e decido di andare leggero in cabina.

Airside è come me lo ricordavo da un volo preso svariati anni fa: un sacco di vetro ma poca vista.

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Poco male, perchè tanto il mio avione è dato partente dai gates del satellite. E che satellite.

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‘Sto terminal è enorme. Mi immagino il geometra Chen che fa al cumenda Yang, proprietario di Pudong, “Eccellenza, quanto largo lo vuole?” col ducaconte che risponde solo “Sí”.

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Saranno le dimensioni, ma mi sembra anche vuoto, specie per la parte cibo. Ma poco importa, qui le vetrate sono ottime e vedo un bel po’ di noiose code China Eastern e i ben piú interessanti mezzi della zona cargo.

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In fondo si vedono anche il Fusillo e il Cavatappi, i grattacieli iconici di Shanghai centro. Vi rimando, con zero senso del pudore, a questo post per un po’ di viste.

Il mio 320 è in arrivo da Yinchang, cittá che mai avevo sentito prima. Wikipedia mi dice che fa quasi 3 milioni di abitanti. Mecojoni.

China Eastern ha i 320 loose loaded, per cui posso fare l’umarell e vedere la mia borsa bici che viene caricata a bordo.

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Parlando di caricare, tocca anche a noi self-loading cargo. Dentro, l’A320neo si rivela avere one due file di business (“La C dedicata!!!”) per quei compagni che ce l’hanno fatta, e un sacco di sedili di barbon per chi, invece, sta ancora sotto padrone. Colori rilassanti, pitch nella norma, e le ultime 3 file in piccionaia praticamente non hanno spazio in cappelliera a causa di bombole di ossigeno, survival kits e altre ammennicoli. Su un LHR-LIN si scatenerebbe la guerra civile.

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Annunci in tre lingue sulle power banks che non hanno le tre “C” (anche alla security erano veramente ‘sul pezzo’ a riguardo) e via che andiamo.

Decollo a razzo e, immediatamente, turbolenze. Praticamente sarà così per tutto il volo, con la fase di crociera in cui sembra di vibrare e un atterraggio, che mi sto annotando in presa diretta, in cui si balla sull’asse x, y, z e pure su quello del WC.

Il servizio di bordo comprende un piatto caldo di salsiccia e riso. Declinare non è consentito, i miei vicini dormenti vengono svegliati e gli viene propinato il vile piatto.

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Dico vile perchè, beh, guardatelo. Riso del gusto del cartone, “salsiccia” che ricorda il chorizo di un discount armeno. A corollario, insalata russa che sembra augurare idromerda a 20 atmosfere e un sacchetto di semi di girasole su cui hanno sovrimposto il sapore di “beef sauce”. Io mangio tutto, eh, le elementari le ho fatte dalle suore, ma dò una mezza cucchiaiata e rimando tutto indietro intonso. Meglio così, il prode vicino che ha ingollato la pietanza ha assunto un incarnato verdognolo e sta emettendo certe nuvole che Seveso levati.

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Liquidato il pluristellato servizio di bordo, non resta che star seduti per tre ore a far niente. Il segnale di allacciare le cinture rimane sempre acceso, ma a tutti sembra fregare ben poco e si crea una coda tipo benedizione al Giubileo per i bagni. Alcuni vanno, ritornano e poi vanno una terza volta. O questo volo l’ha prenotato in blocco l’Associazione Cinese Incontinenti, o Lapo Elkann ha dimenticato la sua scorta personale di Bolivian Marching Powder di fianco al lavabo, con tanto di cinquantello già arrotolato e specchietto. Il tutto malgrado il segnare di allacciare le cinture lampeggi ogni 10 minuti con annesso annunci in tre lingue. L’equipaggio ci prova, ma gli aficionados della ritirata vengono convinti a desistere solo quando sembra che siamo sul Vomit Comet.

Aggiungo anche la figura dello Sky Marshal, il cui ruolo sembra consistere nell’andare su e giù per l’aereo, vestito in un giubbino blu antivento che lo fa sembrare molto un adepto di Carletto Mazzone, reggendo davanti a sé una body camera tenuta come Scrooge teneva la lanterna, la notte.

Finalmente si vedono le luci di Tokyo, o almeno penso a giudicare dall’eccitazione dei miei due vicini di posto. Atterriamo sopra la baia (quindi mi sa che al massimo erano quelle di Chiba). Sono le 18:10 e fuori è come a Genova quando manca l’energia elettrica (o quando non voglion pagarla): buio pesto. Da rammentarsi per le fasi piú lunghe del giro che sto per iniziare.

Per il resto, atterraggio soprendentemente morbido visto il meteo (vento, pioggia, penso di aver visto passare la mucca di Twister) e taxiing verso il T3 dove, incredibile ma vero, siamo anche on pier. Non me l’aspettavo per un narrowbody!

Arieccomi in Giappone, e che il viaggio vero e proprio abbia inizio.

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Profonda invidia per il giappone, ti auguro di starci più a lungo possibile.
 
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Fantastico !
Alcune perle in ordine sparso...
Su un LHR-LIN si scatenerebbe la guerra civile.
Gia' me lo vedo !
Meglio così, il prode vicino che ha ingollato la pietanza ha assunto un incarnato verdognolo e sta emettendo certe nuvole che Seveso levati.
Avendo vissuto Seveso al tempo che fu, posso sicuramente immaginare !!!
o Lapo Elkann ha dimenticato la sua scorta personale di Bolivian Marching Powder di fianco al lavabo, con tanto di cinquantello già arrotolato e specchietto.
Ti diro' .... questa la piu' spettacolare ! (anche perche' ci ho messo un po' a capirla.... devo smettere di leggere i TR la mattina senza aver preso almeno un caffe....)
Per il resto, atterraggio soprendentemente morbido visto il meteo (vento, pioggia, penso di aver visto passare la mucca di Twister)
Perdona, ma la mucca di Twister, c'era solo nel primo o anche nel secondo film ?
 
Giorno 7. Gambatte, Scarab-san!

È arrivato il momento di metter giú i km. La notte passa male, tra jetlag e tensione pre-partenza. Alla fine, alle 5 faccio che alzarmi.

La bici è pronta, metto insieme le borse ed esco dal Villa Fontaine. Sono solo le 6:30 ma c’e già un sacco di gente, e il passaggio di un pirla tutto vestito da bici non va inosservato. Scendo, e inizio ad andare.

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Una cosa bella di Tokyo è che gli argini dei fiumi sono larghi e dedicati al verde. Le barriere anti-alluvione sono mascherate da ettari ed ettari di parchi, con campi da baseball, golf, prati e piste ciclopedonali. E gli indigeni le usano, oh se le usano.

File e file di pensionati che corrono, camminano o pedalano. Manager podisti che buttano giú un 10k veloce prima di andare in ufficio a far piangere lo stagista. Mamme e papà con i bambini in e-bike (legioni). Veri e propri peloton di studenti. Ho un po’ di vento contro, ma l’asfalto è liscio come un biliardo e faccio i 30 all’ora senza sforzo, a parte quando devo evitare un settantenne che corre tirando pugni in aria come Rocky.

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I kilometri volano. Sopra di me passa un cicciuto C-17 dell’aeronautica ammerigana decollante da Yokota, credo. Io continuo a salire il fiume Tama, vedo una ridancianissima monorotaia, e prima di rendermene conto ho fatto 60km e mi fermo a un punto che m’ero segnato, Zebra Coffee & Croissant.

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Se esiste un paradiso, le signorine che lo gestiscono meritano un loft di fianco a quello dell’Arcangelo Gabriele. Manco faccio in tempo a scendere che mi aprono la porta, mi dicono di portare la bici dentro, e preparano un French Press della Madonna. Seconda migliore mai bevuta dopo Medellin. Mi chiedono dove vado, ed è tutto un oooh aaaaah e, per finire, un bel Gambatte, Scarab-san. Stando a un thread di Tumblr, dovrebbe essere l’equivalente nipponico di suerte, oppure bonne chance o, se siamo signori, “in culo alla balena”.

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E di gambatte ne avrò bisogno. Oggi ho praticamente 2mila metri di dislivello e, con 60km fatti, ne ho portati in cascina a malapena 400. I prossimi 60 saranno volatili per diabetici.

La strada, va detto, è splendida. Asfalto liscissimo, curve quanto basta, una summa di piaceri. Mi infilo in foreste di cedri silenziose, passo attraverso villaggetti con piccoli quadrati di risaie, salgo e scendo a piacere. Qua e là ci sono anziani che sembrano avere 200 anni, un coccodrillo di bambini dell’asilo con i cappelli giallo evidenziatore e le cartelle lucide, quelle quadrate. Piccoli altari votivi, statue di Bodhisattva, torii shintoisti. È proprio un piacere viaggiare qua, malgrado la fatica.

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Arrivo a Tsuru e scopro che mancano 15km all’arrivo. Spunta anche il Fuji, enorme ed innevato. Pregusto la birra di fine giro, ma il Giappone me la farà sudare. Questi ultimi 15km sono una tortura, saliscendi continui: 50 metri giú, 50 su, rinse and repeat. Alla fine, dopo 7 ore, sono a Fujiyoshida.

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Continua!

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