Tre è il numero perfetto: Montréal sull’MD-11 KLM e gita a Toronto con Porter Airlines

by venexiano

Com’è noto, per i widebody McDonnell Douglas il 2014 segnò la fine di una lenta agonia: il mese di febbraio ha visto Biman Bangladesh mandare in pensione l’ultimo DC-10-30, mentre a ottobre fu il turno di KLM, che eliminò dalla flotta l’MD-11. Nel giro di soli otto mesi sparirono così due tipi di aeromobili entrati in servizio a distanza di vent’anni l’uno dall’altro. In breve, il 2014 fu un vero e proprio annus horribilis per i wide-body trijet.

È difficile far capire certi gesti a chi non condivide una propria passione. Così, quando si presentò l’occasione di realizzare un desiderio che avevo espresso da tempo, feci non poca fatica a spiegare il vero motivo di un viaggio di soli sette giorni in Canada, per giunta al freddo. Certo di trovare comprensione, ecco il racconto del mio breve, ma intenso, flirt con quella splendida macchina che è l’MD-11.

Avendo entrambi qualche giorno di ferie arretrate da utilizzare al più presto, ci viene l’idea di prenotare un breve soggiorno a Montréal, una delle ultime città servite dall’MD-11 KLM. Ho vaghi ricordi della città e sono senz’altro contento di tornarci, ma questa volta è proprio il caso di dire che il viaggio è la meta. Complice l’occhio vigile della consorte che ha monitorato le tariffe, verso fine gennaio troviamo un ottimo prezzo per fine marzo. Non indugiamo oltre e prenotiamo. Decidiamo inoltre di andare a Toronto e di volare con la Porter Airlines, vettore canadese che mi ha sempre incuriosito e che offre il bonus/chicca di atterrare al Toronto City Airport (YTZ).

Le settimane volano, in un lampo è già il 21 marzo: si parte! Prendiamo un taxi per Tegel e, dopo aver verificato dove farci portare grazie al comodo tabellone posto sul lato del viale di accesso (foto su Panoramio), arriviamo al Terminal C. KLM di solito parte dal Terminal D, ma causa lavori per alcuni giorni è stata spostata qui, nella baracca di Air Berlin. Abbiamo già effettuato il check-in online, quindi molliamo la valigia e ci dirigiamo subito ai controlli.

L’airside del Terminal C è una schifezza:

Carta d’imbarco per entrambi i voli:

Verso le 9:30 comincia l’imbarco del nostro volo: l’aereo è parcheggiato direttamente davanti al gate, ma dobbiamo prendere il bus interpista. L’ambiente ringrazia.

TXL-AMS
KL 1822
10:05 – 11:35
Boeing 737-700 (Winglets) | LN: 3632 | Delivery date: 09/05/2011
PH-BGP “Pelikaan/Pelican”
Seat 16D

Saliamo a bordo e veniamo accolti con sorrisi smaglianti dall’equipaggio. Per inciso, i miei ottimi ricordi di KLM sono stati riconfermati in tutte e quattro le tratte: ciò che manca in termini di cibo e balocchi vari viene ampiamente compensato da cordialità, calore ed evidente dedizione al proprio lavoro.

Consegnato appena nel 2011, PH-BGP non ha il nuovo Sky Interior, ma la cabina si presenta bene.

Anche lo spazio per le gambe è accettabile.

Stacchiamo in orario e dopo una decina di minuti siamo in aria. Il volo sarà brevissimo, giusto il tempo di uno snack. La scelta è fra biscotti e salatini al formaggio gouda, io opto per questi ultimi.

Arriviamo con qualche minuto di anticipo ad AMS, credo sulla 06/24 (altrimenti detta Kaagbaan), ma non ci giurerei. In ogni caso il rullaggio fino al molo C non dura molto, quindi non si tratta della Polderbaan.

Abbiamo quasi quattro ore di attesa, quindi ce la prendiamo comoda. Il “Mediterranean Sandwich Bar” fra i moli C e D offre un’ottima vista, ma soprattutto mi fa capire senza mezzi termini quanto sia sporco il sensore della mia macchina fotografica.

Passeggiamo un po’ per l’aeroporto e poi ci dirigiamo verso il molo E. Lui, intanto, fa già capolino:

Mi piacciono molto queste vetrate:

Eccolo, eccolo! Il cuore comincia già a battere più forte.

Finisco di ricaricare la batteria del telefono e poi ci mettiamo in fila per l’imbarco. Il controllo della carta d’imbarco viene fatto da una signora dal notevole charme, che augura buon volo ai passeggeri in almeno sei lingue diverse. Dopo aver parlato francese con una coppia in fila prima di noi, vede i nostri nomi e scambia qualche parola con noi in un ottimo italiano, per poi passare all’inglese con il passeggero successivo (il confronto con certi altri aeroporti è impietoso…). Prima di accedere all’aeromobile, inoltre, è necessario sottoporsi al controllo del body scanner a onde millimetriche, un’operazione di pochi secondi.

“Florence Nightingale” in tutta la sua bellezza:

AMS-YUL
KL 671
15:20 – 18:00 LT
McDonnell Douglas MD-11 | LN: 573 | Delivery date: 16/09/1994
PH-KCD “Florence Nightingale”
LF: C 17/31, Y 195/251
Seat 34J

Mi attardo a fare un paio di foto dal finger e poi, finalmente, metto piede sul mio primo MD-11. Sorrisi smaglianti dal chief purser (una specie di Renato Pozzetto, di cui avrò modo di parlare più avanti) e un’altra a/v che controlla la mia carta d’imbarco e mi dà le indicazioni per raggiungere il mio posto.

KLM ha riconfigurato i suoi MD-11 con sedili abbastanza moderni e IFE non di ultimissima generazione, ma pur sempre on-demand. Nonostante gli interni rinnovati, comunque, le luci gialline e le forme squadrate dimostrano che si tratta proprio di un aeromobile di un’altra generazione. Mi piace.

The obligatory legroom shot:

Safety card:

Visto che ci sono ancora alcuni posti liberi nelle file dietro di noi, su nostra gentile richiesta il signore seduto al 34G si sposterà subito dopo il decollo, lasciandoci l’intera fila da tre a disposizione. Il purser dà il benvenuto a bordo in inglese, olandese e francese; stacchiamo con leggero ritardo mentre sui monitor viene proiettata la safety demonstration. Breve rullaggio e poi decolliamo (questa volta sì) dalla Kaagbaan verso sudovest. I CF6 rombano che è un piacere.

Una decina di minuti dopo il decollo il comandante ci comunica alcuni dati sul volo, annunciando un ulteriore aggiornamento quando arriveremo nello spazio aereo canadese. Nel frattempo, gli aa/vv distribuiscono le hot towel e le cuffie. Queste ultime non sono di qualità eccelsa, ma grazie all’adattatore che ho comprato tempo fa posso usare i miei auricolari.

Drink e noccioline:

Mentre ci trastulliamo con l’IFE vediamo che vengono distribuiti i pasti speciali. Noi abbiamo ordinato dei pasti extra a pagamento, quindi ci aspettiamo che arrivino da un momento all’altro, ma niente di tutto ciò. Quando cominciano a venire distribuiti i pasti normali, alla domanda “Beef or pasta?” spieghiamo che in realtà vorremmo tutt’altro, facendo drizzare le antenne all’a/v. Arriva l’assistant purser, gentilissima, come del resto l’intero equipaggio: dopo aver verificato la nostra prenotazione cartacea, ci conferma che i pasti non sono a bordo.

L’a/v, davvero molto dispiaciuta, ci chiede se vogliamo lo stesso un pasto normale e ci offre delle bottiglie di vino extra. Torna l’assistant purser, che si scusa nuovamente e ci chiede di portarle la documentazione per il reclamo una volta terminato il servizio di bordo. Sarà fatto! Come souvenir ci dà anche due casette in miniatura di ceramica di Delft, tradizionale omaggio per i passeggeri di business class: non ho la minima di idea di dove metterle a casa, ma apprezzo molto questo piccolo gesto.

Ecco il rancio di oggi, tutto abbastanza buono, in particolare il dolce. La scatoletta sulla sinistra contiene dei cracker e delle fettine di formaggio gouda:

Circa tre ore dopo il decollo siamo qui:

Close-up della winglet:

Mi alzo per sgranchirmi un po’ le gambe e adempiere al mio dovere di reporter; i bagni sono piccoli ma piuttosto puliti.

Uscito dal loculo mi soffermo a osservare cosa succede nella galley posteriore, estremamente spaziosa, tant’è vero che alcuni membri dell’equipaggio sono comodamente seduti su delle sedie pieghevoli “da regista”. Hanno appena finito di mangiare, ma non sembrano minimamente disturbati dalla mia intrusione. Mi chiedono se abbia bisogno di qualcosa e rispondo di no, spiegando che vorrei solo dare un’occhiata in quanto ho preso questo volo appositamente per volare sull’MD-11. I sorrisi degli aa/vv diventano a 64 denti e cominciamo a chiacchierare animatamente sull’aeromobile e sulle esperienze dell’equipaggio. Mi viene spiegato che gli aa/vv in servizio sull’MD-11 sono ormai tutti “40 plus” e, volando spesso insieme, si sentono come una grande famiglia.

Poco dopo si unisce alla conversazione anche la consorte. Il purser ci chiede cosa ci piacerebbe vedere e ci porta nel suo “ufficio”, ovvero una postazione situata poco oltre la porta L2, accanto al galley anteriore. È di una gentilezza estrema e ci spiega per filo e per segno il funzionamento di tutti i sistemi utilizzati dall’equipaggio di cabina, compreso l’iPad con speciali app per i turni, le liste dei passeggeri e molto altro. Ci racconta inoltre che lavora in KLM da 35 anni e andrà in pensione fra quattro anni al massimo. È evidente che ha una passione viscerale per il suo lavoro ed è felice di intrattenersi con noi: chiacchieriamo infatti per almeno mezz’ora mentre l’assistant purser compila il modulo di reclamo per i nostri pasti mancanti. Anche un’ulteriore a/v arrivata nel frattempo sembra entusiasta del fatto che stiamo andando a Montréal solo per volare con l’MD-11.

Dopo un po’ torniamo ai nostri posti e viene distribuito un gelato, perfetto per guardare un film, nello specifico “Diana” con Naomi Watts: nulla di che, ma l’ho voluto guardare per curiosità, dato che ne avevo visto alcune riprese a Trieste nel 2012. “August: Osage County” con Meryl Streep sarà decisamente più soddisfacente.

Siamo ormai già all’altezza del Golfo di S. Lorenzo quando viene distribuito uno snack pre-arrivo. La scelta è fra una pizzetta e una torta di mele (calda e soprattutto commestibile). Spunta di nuovo il purser per informarci che il comandante sarà lieto di accoglierci nel cockpit una volta al gate.

Manca meno di un quarto d’ora all’atterraggio, fuori si vede tanta neve. Mi rendo conto di quanto siano grandi i finestrini dell’MD-11:

In avvicinamento a YUL:

L’atterraggio, sulla 24R, è fra i più morbidi che io abbia mai provato. Niente inversori di spinta, frenata dolce, liberiamo la pista e arriviamo rapidamente al gate 59 con quasi 25 minuti di anticipo. Veniamo anche fotografati da uno spotter locale (foto qui: Airliners.net): cosa si può volere di più?

Una volta scesi tutti i passeggeri vado nel retro per fare qualche altra foto:

Poi mi fiondo verso il cockpit, dove mi attendono già la consorte e il nostro purser, Eric. Scambiamo qualche parola con il FO, che dopo ottobre probabilmente passerà al 777.

Ringraziamo ancora l’intero equipaggio e mi congedo da PH-KCD con un’ultima foto dopo un volo splendido sotto tutti gli aspetti: magnifico l’aeromobile, buono il prodotto KLM, e soprattutto fantastico l’equipaggio.

Molto bella la vista dal percorso sopraelevato per gli arrivi:

L’ingresso in Canada è di una semplicità estrema: in men che non si dica siamo già landside e abbiamo cambiato un po’ di contanti. Venti minuti e 40 dollari canadesi (circa 26,50 euro) di taxi più tardi arriviamo al nostro alloggio, un B&B in Rue St. André, vicino alla fermata della metropolitana “Berri/UQAM”. C’è un bel po’ di neve per terra ma il cielo è sereno e non fa molto freddo. Mangiamo qualcosa in una brasserie nella città vecchia e poi ci facciamo una bella dormita.

Inutile dire che il bel tempo durerà molto poco: il giorno seguente la città viene sferzata da una bella bufera di neve.

È la classica giornata da museo: ci dedichiamo quindi al Musée des Beaux-Arts, struttura che detiene due record. È infatti il museo più antico del Canada e, curiosamente, nel 1972 è anche stato oggetto del più grande furto d’arte mai compiuto nel paese, per un valore complessivo di 2 milioni di dollari dell’epoca (circa 11,5 milioni di dollari o 7,6 milioni di euro di oggi). Forse anche a causa di ciò non c’è granché da vedere, ma è comunque un luogo piacevole in cui passare qualche ora.

Gita a Toronto

Il volo per Toronto parte alle 10 di mattina dall’aeroporto Pierre Elliott Trudeau. Avendo entrambi un biglietto giornaliero per i trasporti pubblici ancora valido, decidiamo di prendere l’autobus, la cui numerazione è quanto mai appropriata: 747. Il conducente è decisamente allegro, soprattutto considerando che sono le sette di mattina di domenica, e non gli manca il senso dell’umorismo: dà il benvenuto a bordo a ogni fermata presentandosi come “Captain”, augura “buon volo a tutti voi… e anche a me!”, e infine ci prega di lasciare un’offerta libera una volta arrivati a destinazione in quanto “tiene famiglia”. Dieci e lode a lui e alla Société de transport de Montréal per il wifi gratuito a bordo del bus.

L’area landside di YUL è ampia e luminosa:

Anche se il check-in viene effettuato automaticamente 24 ore prima della partenza, decidiamo di stampare comunque le carte d’imbarco alle macchinette, salvo poi decidere all’ultimo momento di imbarcare uno dei due borsoni.

L’orsetto lavatore, o procione, è la mascotte della Porter Airlines: purtroppo non compare sui suoi aerei, ma per il resto è onnipresente. In generale la compagnia dà l’impressione di essere molto attenta al branding, cosa che apprezzo parecchio.

Mentre vado in giro a curiosare nel resto del terminal apre il banco check-in per il nostro volo. Ne approfitto per farmi stampare una carta d’imbarco comme il faut.

Passiamo rapidamente i controlli di sicurezza e percorriamo tutto il molo dei voli nazionali, dove regnano la pace e il silenzio: è il vantaggio di volare di domenica mattina? Peccato non poter sfruttare tutti i servizi che offre l’aeroporto, come il lustrascarpe:

Ma eccoci al gate. L’aeromobile non può che essere un Dash 8-Q400: si tratta di C-GLQD, terzo di 26 esemplari attualmente in servizio presso Porter Airlines.

YUL-YTZ
PD 410
10:00 – 11:10 LT
Bombardier Dash 8-Q400 | c/n: 4138 | Delivery date: 29/11/2006
C-GLQD
Seat 03D

L’imbarco avviene puntuale tramite finger; accanto a noi è parcheggiato un gemello…

… ma diamo un’occhiata all’interno. Simpatica pubblicità nella rivista di bordo “re: porter”:

Pitch piuttosto generoso:

Veloce taxi e decolliamo. Non ho foto del decollo perché l’a/v sullo strapuntino anteriore riusciva a vedermi attraverso i poggiatesta della fila 2. Saliamo rapidamente e mi godo il paesaggio:

Dopo non molto inizia il servizio di bordo, effettuato in maniera forse un po’ frettolosa, ma del resto il volo non è molto lungo. Sorvolo sul caffè Starbucks (come si fa a bere quella roba?) e faccio notare, invece, la bottiglietta d’acqua: mi piace da morire!

Arriviamo sul lago Ontario e, poco dopo, iniziamo la discesa verso il Toronto City Airport. La scelta del posto al finestrino sul lato destro si rivela vincente!

Non sono riuscito a riprendere la skyline come avrei voluto, ma è già tanto che si siano salvate almeno queste foto: a causa della succitata a/v sullo strapuntino, devo fare un po’ di contorsionismo e scattare foto alla cieca con il telefono. Chiedo venia per gli orizzonti storti e il finestrino lurido.

N.B.: Fare click per visualizzare la fotosequenza ad alta risoluzione

Questo sì che è un city airport coi fiocchi!

Un’ultima foto alla cabina prima di sbarcare:

Il gate 10 si presta particolarmente bene a ulteriori foto:

Percorriamo quasi l’intero terminal fino ad arrivare all’area di riconsegna bagagli. Dal 2011, Air Canada Express ha ricominciato a volare su YTZ, ma Porter la fa da padrona:

Seguiamo le indicazioni per l’uscita e arriviamo all’area d’imbarco del traghetto, altra particolarità: l’aeroporto “Billy Bishop” è infatti raggiungibile solo in questo modo.

Il traghetto, naturalmente gratuito, impiega un minuto e mezzo per effettuare la “traversata oceanica”…

… ma, se si è sfortunati, possono volerci quasi venti minuti: la frequenza è di un battello ogni 15 minuti! Il 30 luglio 2015, comunque, verrà finalmente inaugurato un tunnel di collegamento sotterraneo per i pedoni, relegando il traghetto al solo trasporto di auto.

Prendiamo la navetta gratuita di Porter Airlines per Union Station e proseguiamo a piedi fino all’albergo. Benvenuti a Toronto!

Il cielo è terso, ma il calore del sole si avverte a malapena: di per sé i dieci gradi sotto zero non sono impossibili da affrontare, ma il vento gelido fa calare la temperatura percepita intorno ai -20°C, il che fa passare la voglia di sfilarsi i guanti per fare foto. In poche parole, it’s f*cking freezing.

L’albergo è in un’ottima posizione, di fronte alla cattedrale di St. James, a ridosso della “città vecchia” e a due isolati da Downtown Toronto. Dopo esserci sistemati nella gelida stanza usciamo a far due passi in direzione della CN Tower, simbolo della città nonché più alta struttura autoportante di tutto l’emisfero occidentale. Quando l’avevo visitata per la prima volta, una quindicina di anni fa, mi era molto piaciuta. Oggi la vista fa sempre un certo effetto, ma il pavimento di vetro non suscita più la stessa meraviglia di un tempo.

Downtown:

Toronto City Airport:

Quota 342 metri:

Il resto del breve soggiorno lo dedichiamo a lunghe passeggiate senza una meta precisa. Il quartiere della University of Toronto offre qualche bello scorcio:

Torniamo indietro verso la Spadina Avenue, lungo la quale si sviluppa la Chinatown di Toronto. La CN Tower, visibile da quasi ogni punto della città, funge da punto di riferimento un po’ come lo fa la Fernsehturm berlinese.

Fa così freddo che chi si ferma è spacciato…

… ma almeno in televisione si vedono delle cose interessanti:

Bay Street; sullo sfondo si vede la Old City Hall, edificio risalente al 1899 (la cui storicità si ridimensiona drasticamente se penso che mia nonna oggi avrebbe esattamente la stessa età…).

Poco più a nord della City Hall si trova anche la stazione degli autobus a lunga percorrenza, in tutta onestà un posto abbastanza trasandato e sporco. Il bus per Montréal, tuttavia, è confortevole a sufficienza e ha il pregio di offrire sia la connessione wifi che una presa di corrente per ogni sedile. Arrivati a Montréal scendiamo alla stazione del métro “Bonaventure” e dopo pochi minuti siamo di ritorno al solito bed & breakfast.

Montréal

È ora di fare un po’ di sightseeing! La prima tappa è una delle principali attrazioni di Montréal, ovvero il parco olimpico. Questo comprende, fra le altre cose, lo stadio olimpico con la torre panoramica e il Biodôme, ex velodromo al cui interno sono stati riprodotti quattro diversi ecosistemi.

Con i suoi 175 metri, la torre olimpica è la più alta torre inclinata al mondo. Come anche lo stadio, venne completata solo nel 1987, ovvero 11 anni dopo le Olimpiadi del 1976, e continua ad essere oggetto di polemiche per i suoi costi esorbitanti.

Esteticamente in ogni caso mi piace molto. Al suo interno, poi, tutto quel cemento le dona un’aura che ormai si può definire rétro, sensazione accentuata dal fatto che è quasi completamente deserta. Il controllore dei biglietti per la funicolare sembra voler saper a tutti i costi da dove proveniamo. Per un attimo diventa inquietante… ma poi scopriamo che vuole solo augurarci buon divertimento nella nostra lingua!

Ora tocca al Biodôme! Mi sono accorto solo diversi giorni dopo il rientro che nel quadrilatero olimpico sventolano ancora le bandiere di tutte le nazioni che parteciparono ai Giochi del 1976: in questa foto si vedono quelle della Germania Est e della Jugoslavia.

È difficile fare foto nel settore della foresta pluviale: l’obiettivo si appanna di continuo!

Bella struttura:

Per concludere questa parte ci allontaniamo di un piccolo passo dall’OT. Se si va a Montréal è d’obbligo un pellegrinaggio all’angolo fra Rue University e Rue Viger Ouest:

Ritorno a Berlino

Il nostro volo parte alle 20, abbiamo quindi il tempo di fare un’altra passeggiata per la città e di visitare il mercato coperto “Jean-Talon” nella Little Italy di Montréal. Frutta e verdura hanno prezzi allucinanti, ma quello che mi interessa è lo sciroppo d’acero: la scelta è notevole, e dopo essermi fatto consigliare da una signora con un accento québecois talmente forte da farmi venire il mal di testa, compro i barattoli ordinati da parenti e colleghi. Visitiamo rapidamente il museo d’arte contemporanea e poi andiamo a recuperare i bagagli.

Andiamo in aeroporto con il solito autobus 747, la cui conducente ha evidentemente la luna molto storta. Ci apostrofa con fare scorbutico perché siamo passati dal cancello sbagliato, per poi sbraitare contro una signora che non ha sistemato bene il passeggino di sua figlia. Anche gli altri automobilisti in giro sono oggetto di imprecazioni varie.

Dopo quasi un’ora arriviamo incolumi a YUL. Cerchiamo di stampare le carte d’imbarco, ma la macchinetta non collabora e sputa fuori solo una ricevuta con un codice di errore, facendomi temere il peggio. Tuttavia non c’è alcun problema: l’addetto al drop-off ci consegna le carte d’imbarco in pochi minuti.

Un bel megaschermo situato prima dei controlli di sicurezza informa sul tempo stimato di attesa per gli stessi, nonché sui voli in partenza.

L’attesa effettiva è di una ventina di minuti, più che accettabile considerata la mole di passeggeri in partenza. Anche gli addetti sono molto cordiali.

Proseguiamo verso le partenze internazionali e lasciamo il Canada quasi senza accorgercene: dopo un rapido controllo della carta d’imbarco si passa per un ampio varco, senza barriere né vetrate, con dei discreti cartelli che informano che si sta uscendo dal Paese e non sarà più possibile uscire da quella zona. Au revoir.

Abbiamo ancora parecchio tempo e procediamo con calma verso il gate A57. Lui è lì ad aspettarci:

Ma quanto sei bello? A portarci ad Amsterdam, oggi, sarà il decano della flotta: PH-KCA è stato il primo MD-11 a essere consegnato a KLM e porta il nome dell’aviatrice britannica Amy Johnson.

Peccato per i riflessi sul vetro.

Ai gate vicini vedo altri ospiti interessanti. Sia Royal Air Maroc che Air Algérie volano quotidianamente a Montréal, immagino a causa della forte (e relativamente recente) immigrazione dal Nordafrica, specie dal Marocco e dall’Algeria: a Montréal vivono circa 33.000 immigrati da ciascuno dei due paesi. Per inciso, al primo posto nella classifica delle comunità straniere figura quella italiana, con circa 45.000 residenti.

Marcione AF e marcino LH:

È ora di partire!

YUL-AMS
KL 672
20:01 – 07:50+1 LT
McDonnell Douglas MD-11 | LN: 557 | Delivery date: 07/12/1993
PH-KCA “Amy Johnson”
LF: n/a
Seat 32A

L’equipaggio è ben datato ma caloroso come da standard KLM, mentre fuori c’è un tempo infame.

Stacchiamo in orario e decolliamo rapidamente: questa volta niente foto né video, perché nel frattempo si è fatta notte.

Poco più di mezz’ora dopo il decollo comincia il servizio di bordo. Solito “aperitivo” con bibita e noccioline.

Il rancio si fa attendere quasi un’altra ora. Passabile il dessert, mentre il resto (pollo con purè di patate e verdure) è immangiabile. Mi toccherà buttare giù un altro po’ di alcool per farmi passare la fame.

Più o meno a metà volo mi alzo per fare due passi ed esplorare a fondo questa splendida macchina. Mi soffermo di nuovo accanto al galley posteriore, dove le simpatiche aa/vv si stanno scorpacciando un gelato sedute sulle loro sedie pieghevoli. Vedo dei vassoi con bicchieri d’acqua e di succo d’arancia a portata di mano e chiedo se posso averne uno: una delle “ragazze”, una specie di Moira Orfei, mi invita a servirmi e chiede se sia tutto a posto. Quello che segue è più o meno lo stesso copione dell’andata: vengo spronato a recuperare subito la macchina fotografica e fotografare tutto ciò io desideri, con l’invito a visitare il cockpit dopo l’atterraggio.

Dopo una mezz’oretta ritorno al mio posto e il signore seduto al 32C mi rivolge la parola: “Вы говорите по-русски?”… Sì, parlo russo, ma come diavolo fai a saperlo? Presto detto: durante la mia assenza la consorte ha attaccato bottone e gli ha detto che mastico un po’ di русский язык. Il signore in realtà viene dal Kazakistan e vive a Montréal, ma non capisce granché né il francese né l’inglese. In ogni caso è molto cordiale e non sembra seccato dal mio continuo andirivieni.

Tento di dormire almeno mezz’oretta, ma non ce la faccio: la volontà di gustare fino in fondo l’esperienza mi tiene sveglio. E poi fuori comincia già ad albeggiare… questi voli dalla costa est del Nordamerica all’Europa sono troppo corti.

Siamo più o meno sopra Belfast quando viene servita la colazione: un muffin, uno yogurt, un succo d’arancia e un caffè. Tutto buono, anche se la quantità è un po’ scarsa.

Il sole ormai è già alto mentre stiamo per lasciare le coste della Gran Bretagna.

Informazioni sui voli in coincidenza:

Ci siamo quasi!

Anche oggi gli spotter di AMS sono all’opera. Ecco il nostro aereo in corto finale: PlanePictures.

“Dames en heren, welkom in Nederland, welkom in Amsterdam!“. Siamo in anticipo di almeno una ventina di minuti e splende il sole.

Arriviamo al gate G7 e finalmente vedo in azione dal vivo il tipico doppio finger di AMS.

Lasciamo scendere gli altri passeggeri e ci fiondiamo di nuovo verso il cockpit, dove veniamo accolti calorosamente e abbiamo modo di scambiare qualche parola con l’equipaggio. Anche in questo caso il FO passerà al 777 una volta uscito dalla flotta l’MD-11. Tra l’altro vive a Berlino e tornerà a casa con il nostro stesso volo.

Uno sguardo alla cabina di J prima di sbarcare:

Provo una certa malinconia nel pensare che, con ogni probabilità, non mi capiterà mai più di volare con l’MD-11. Considerando che ha solo una ventina d’anni, mi sembra profondamente ingiusto vedere questo aeromobile alla fine della sua vita commerciale. D’altro canto, però, a bordo si respira un’aria d’altri tempi che ormai è diventata rara. È quel tipo di aereo che ti dà la sensazione di viaggiare.

Goodbye, Amy!

Siamo gli ultimissimi passeggeri a entrare nel terminal: dopo di noi manca solo una parte dell’equipaggio. Una delle aa/vv con cui avevo parlato mi suggerisce di fare un salto nell’area d’imbarco adiacente al gate per fotografare l’aereo anche dal lato destro. Molto gentile!

Torno davanti all’uscita e dopo pochi istanti comincia a chiudersi la porta automatica, con il risultato che i membri dell’equipaggio ancora nel finger rischiano di rimanere chiusi dentro! O perlomeno questa è l’impressione che dà la nostra a/v nel momento in cui si piazza in mezzo alla porta con un urletto per impedirne la chiusura, per poi sparire. Ce ne andiamo ridendo e ci chiediamo che fine faranno tutte quelle aa/vv intrappolate nel finger.

Facciamo una breve sosta per ricaricare la batteria del telefono e durante l’attesa notiamo con sollievo che il nostro equipaggio ce l’ha fatta a liberarsi. Dovrei ricaricare anche le mie, di batterie, ma temo che non ce la farò a riposarmi prima di arrivare a casa. A ciò si aggiunge un mal di testa lancinante che non passerà prima dell’indomani.

Il volo per Tegel parte dal gate C8: per arrivarci, naturalmente, bisogna passare il controllo passaporti. La fila infinita è una delle uniche due note negative di AMS. L’altra sono le condizioni pietose dei bagni al molo C. Ma sono talmente stremato che quasi non ci faccio caso.

AMS-TXL
KL 1823
09:55 – 11:15
Boeing 737-800 (Winglets) | LN: 3480 | Delivery date: 24/11/2010
PH-BCA “Flamingo”
Seat 16B

Non ricordo quasi nulla del volo AMS-TXL, se non che il mio vicino di posto era canadese ed era entusiasta del fatto che stessimo tornando proprio dal suo Paese. Per il resto mi addormento ad Amsterdam e mi risveglio, credo, sul raccordo RE della pista 08R/26L di Tegel. Arriviamo nella mini-area riconsegna bagagli detta “Terminal E” e in poco tempo siamo già sul taxi per casa. Passo il resto della giornata a letto imbottito di aspirina e mi riprenderò (più o meno) il giorno successivo.

Anche se sono distrutto ne è valsa la pena. Oh, se ne è valsa pena!

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