Avrei dovuto scrivere questo trip report qualche mese fa. Troppo tempo è passato, le emozioni ora sono diverse, affievolite e arrotondate dal tempo ma i posti restano, con la loro gente e le loro incredibili storie.
Qualche tempo fa vi avevo fatto vedere l’Iraq, è ora della Siria. Qualcuno l’ha vista prima della guerra. Io l’ho vista dopo, o meglio, tecnicamente l’ho vista durante. Si, perché, questo paese spesso descritto pericoloso ed inaccessibile, con un passato complicato, è ancora in guerra.
Fino ad oggi ho avuto dubbi sulla pubblicazione di questo racconto.
Primo: questo è un forum di appassionati di volo. Ma poi ho pensato, volare è anche viaggiare.
Secondo: Giustificare un viaggio del genere è complesso. Mica sono un inviato di guerra? Quale è lo scopo? Spesso mi sono chiesto se fosse giusto, se potesse essere compreso. Tutti mi chiedono perché questi viaggi?
Perché?
Non è sensazionalismo, non cerco di diventare famoso, non voglio vincere nessuna gara, non voglio sfidare la sorte. E allora perché? Che gusto ci provo? Voglio solo vedere da vicino, aprire gli occhi e far aprire gli occhi perché non importa quanto si sente dalla televisione, quanto si legge sui giornali, quanto si studia dai libri, un paese, un popolo, una cultura, non possono essere giudicati fino a quando non si vivono e fino a quando non ci si immerge dentro.
Ma veniamo al viaggio. Marzo 2023.
Questa volta non in solitaria ma con tre amici, una guida che sarà anche l’autista ed un 4x4. La Siria è pericolosa, l’Isis occupa ancora zone del paese e in alcune aree è off-limits. Qui non si scherza, da soli è un suicidio, tranne Damasco, il resto è una babele di poteri, bande, fazioni che litigano tra loro. Ci incontreremo direttamente a Damasco, ognuno arriverà da posti diversi, con voli e mezzi diversi. Da Damasco, viaggeremo insieme. Io arriverò un giorno prima. Questo l'itinerario pianificato.
La guida è un vecchio amico che vive a Damasco, ex guida del TCI, fino al gennaio del 2011 ha portato italiani in Siria. Poi le prime manifestazioni, le rivolte, le bombe, la guerra. Ha perso tutto. Ora si arrangia alla meglio, i tempi d’oro degli autobus pieni di turisti sono solo ricordi, le case che aveva comprato in giro sono polvere, i soldi messi da parte carta straccia.
Disclaimer: La parte aereonautica è praticamente inesistente. Non ci sono voli dall’Europa alla Siria, volare a Damasco è sostanzialmente impossibile. Per entrare in Siria si passa da Beirut.
Routing: ZRH-FRA-BEY tutto LH (LH1187, LH1306)
Il viaggio è stato preparato studiando itinerari e mappe, leggendo libri e cercando per quanto possibile di studiare la situazione politica e storica nella quale il paese si trova. Per girare occorrono permessi ed autorizzazioni non sempre facili da ottenere e lo stesso ingresso nel paese con visto turistico è da considerarsi quantomeno complesso senza contatti locali. Il turismo in Siria era una abitudine fino al 2010, la guerra lo ha trasformato in una eccezione. Chi, oggi, riesce ad entrare in questo angolo di mondo ha aspettative diverse e deve muoversi con grande attenzione senza grosse possibilità di farlo in autonomia. Si viaggia accompagnati, spesso sotto gli occhi vigili di forze di polizia, servizi, funzionari del ministero degli interni, capi provincia o simili.
Con queste premesse, alle 7:00 del 23 marzo 2023 mi avvio a piedi alla stazione di Lucerna. Il mio viaggio inizia qui. Uno dei più bei panorami di Lucerna mi saluta, anche mia moglie.
Come sempre, raccomandazioni di rito, ci salutiamo.
Arrivo a Zurigo in perfetto orario. Vengo accolto da un cartello che mi ricorda quanto svizzeri siano gli Svizzeri.
Lo sgradevole odore è puzza di fogna. Niente di che, ma qui sono abituati ai balsami del Peru e alle violette delle Alpi. Scappo a bordo del primo treno per l’aeroporto.
In 5 minuti sono air-side, ma data la banalità della economy Lufthansa mi prendo la libertà di non fare tante foto. Prima dell’imbarco faccio l’ultima colazione occidentale alla SWISS Alpine Lounge di Zurigo, per me una delle lounge più belle d’Europa.
Ultima controllatina al mio zaino pieno di cioccolato svizzero e sbrinz. Il cioccolato per i bambini che incontrerò, lo sbrinz per la mia guida che voleva il parmigiano ma dovrà accontentarsi della copia svizzera.
Finisco il mio latte macchiato e mi dirigo all’imbarco. Stacchiamo in orario.
Voli e scalo a FRA tranquilli, niente da segnalare se non la mia eccitazione per un altro viaggio on the road che sta per iniziare e questo bel panorama della città.
A Francoforte ho pochi minuti. In questo aeroporto ho una storia di coincidenze perse molto lunga, quindi, zaino in spalla, telefono in tasca e corsa al gate. Qui, come sempre succede quando si parte per tutti quei paesi geograficamente posizionati nella striscia di mondo compresa tra Mauritania ed India, non c’è nessun ordine all’imbarco. Evito la ressa, mi siedo ed aspetto di entrare per ultimo.
Alle 15:15, con circa 30 minuti di ritardo siamo in aria. Aereo pieno a tappo.
Dopo 5 minuti di salita ci immergiamo nel grigiore delle nubi tedesche dove ci resteremo per un bel po’ tra una turbolenza ed un’altra. Non mi resta che mangiare il ricco pranzo offerto a bordo, mattonelle in terracotta, ripiene di sapone di Marsiglia. Una delizia prodotta e confezionata da Lufthansa.
Dopo un giro di caffè, l’unica cosa che posso fare è osservare il panorama più bello del mondo, l’ala di un aereo tra il cielo infinito.
Manca davvero poco, l’app flynet dice 6 minuti
e come sempre quando si atterra provenendo dal mare, l’avvicinamento è spettacolare. L’unico problema è la mia mano tremolante.
Tocchiamo terra alle 19:30 circa. Sbarco rapido. Immigrazione da incubo.
Non mi addentro troppo nell’argomento ma il Libano dal 2019 si sta letteralmente erodendo. La crisi economica e finanziaria è devastante, la sterlina libanese ha perso il 94% del suo valore in 3 anni ed i tre pilastri su cui la società si è evoluta nel contesto medio-orientale (banche, salute e educazione) sono collassati. Questo stato di cose spinge sempre più i libanesi, soprattutto i più istruiti, a emigrare in cerca di sicurezza e stabilità. L’esplosione successiva dell’agosto 2020 a Beirut è stata la ciliegina sulla torta. Miliardi di dollari di danni e mezza città da ricostruire.
In relazione al mio arrivo a Beiurt, questo significa personale al minimo ai controlli in ingresso, nessuna voglia di lavorare, corruzione, menefreghismo ed un clima in generale pesante, molto pesante. Perfino il timbro per stampare sul mio passaporto è un vecchio accrocco malfunzionante. Faccio una lunga fila, così lunga che riesco a guardare tutto “The Commuter” di Liam Neeson sul mio telefono.
Sono ormai le 21:20 quando vedo la luce. Anzi le luci, quelle della città.
Mi infilo in un taxi, direzione The Grand Meshmosh Hotel. Un ostello, annidato sulle scale di San Nicola, nel pieno della nightlife di Beirut.
La mia stanza a 1000 stelle, bagno esterno e colazione inclusa. 18 USD per questo lusso mi sembra un buon affare.
Sono le 22:00, sono solo ma ho voglia di fare due passi in città. L’appuntamento con l’autista che mi accompagnerà a Damasco è domani mattina alle 9. Di solito dormo 5 ore a notte, posso fare tardi.
La temperatura è piacevole, l’atmosfera pacata, per strada c’è gente. Faccio due passi nella zona tra Al Hikmeh e Remeil, tra le zone più antiche di Beirut per poi dirigermi su Gemmayzeh dove mi infilo subito in un ristorante. È tardi ma a parte la suola di scarpe Lufthansa non ho mangiato nulla.
Ordino a caso, la cucina levantina è la mia preferita, vado sul sicuro.
Buona e fresca la prima insalata, con zucchine e pomodori, buonissima ma eccessiva la zuppa di lenticchie.
Alla fine, comunque restano i piatti vuoti.
Bevo due bicchieri di Arak e con la pancia che scoppia mi muovo di pochi metri per un terzo arak e musica dal vivo. Capisco subito che nonostante la crisi, ci sia ancora una Beirut ricca, spregiudicata e che vive sotto una campana di vetro. Qui, tra cocktail, tacchi, ciglia lunghissime, giovani palestrati e Rolex forse falsi, mi siedo su una poltroncina, mi gusto il mio arak e mentre attendo che faccia effetto tipo idraulico gel, faccio due chiacchiere con uno dei baristi ed alcuni ragazzi nelle vicinanze.
Gli chiedo se è sempre così. Se c’è sempre così tanta gente. E’ giovedì sera è vero, ma siamo nel paese con la più grande crisi economica che la storia ricordi dall’inizio del 1800. Beirut è stata sempre un paradiso per divertirsi ma ora non mi aspettavo tutto questo. Non mi rispondono.
Mi rispondo da solo: le crisi rendono i ricchi più ricchi e i poveri più poveri.
La prima giornata volge al termine. Vengo coinvolto in danze improbabili fino alle 2 di notte, ormai cotto mi avvio verso l’ostello a bordo di un Uber sfondato che attraversa una città a tratti viva a tratti devastata ma che a quest’ora sembra non avere nessuna voglia di andare a dormire.
Scendo dal taxi, la città è ancora così.
Per me è ora di andare. Buonanotte Beirut, domani inizia la mia vera avventura.
Per ora beccatevi questo prologo. Durante le vacanze di Natale mi dedicherò al panettone, con uvetta e canditi e a questo racconto.
Stay tuned.
Qualche tempo fa vi avevo fatto vedere l’Iraq, è ora della Siria. Qualcuno l’ha vista prima della guerra. Io l’ho vista dopo, o meglio, tecnicamente l’ho vista durante. Si, perché, questo paese spesso descritto pericoloso ed inaccessibile, con un passato complicato, è ancora in guerra.
Fino ad oggi ho avuto dubbi sulla pubblicazione di questo racconto.
Primo: questo è un forum di appassionati di volo. Ma poi ho pensato, volare è anche viaggiare.
Secondo: Giustificare un viaggio del genere è complesso. Mica sono un inviato di guerra? Quale è lo scopo? Spesso mi sono chiesto se fosse giusto, se potesse essere compreso. Tutti mi chiedono perché questi viaggi?
Perché?
Non è sensazionalismo, non cerco di diventare famoso, non voglio vincere nessuna gara, non voglio sfidare la sorte. E allora perché? Che gusto ci provo? Voglio solo vedere da vicino, aprire gli occhi e far aprire gli occhi perché non importa quanto si sente dalla televisione, quanto si legge sui giornali, quanto si studia dai libri, un paese, un popolo, una cultura, non possono essere giudicati fino a quando non si vivono e fino a quando non ci si immerge dentro.
Ma veniamo al viaggio. Marzo 2023.
Questa volta non in solitaria ma con tre amici, una guida che sarà anche l’autista ed un 4x4. La Siria è pericolosa, l’Isis occupa ancora zone del paese e in alcune aree è off-limits. Qui non si scherza, da soli è un suicidio, tranne Damasco, il resto è una babele di poteri, bande, fazioni che litigano tra loro. Ci incontreremo direttamente a Damasco, ognuno arriverà da posti diversi, con voli e mezzi diversi. Da Damasco, viaggeremo insieme. Io arriverò un giorno prima. Questo l'itinerario pianificato.
La guida è un vecchio amico che vive a Damasco, ex guida del TCI, fino al gennaio del 2011 ha portato italiani in Siria. Poi le prime manifestazioni, le rivolte, le bombe, la guerra. Ha perso tutto. Ora si arrangia alla meglio, i tempi d’oro degli autobus pieni di turisti sono solo ricordi, le case che aveva comprato in giro sono polvere, i soldi messi da parte carta straccia.
Disclaimer: La parte aereonautica è praticamente inesistente. Non ci sono voli dall’Europa alla Siria, volare a Damasco è sostanzialmente impossibile. Per entrare in Siria si passa da Beirut.
Routing: ZRH-FRA-BEY tutto LH (LH1187, LH1306)
Il viaggio è stato preparato studiando itinerari e mappe, leggendo libri e cercando per quanto possibile di studiare la situazione politica e storica nella quale il paese si trova. Per girare occorrono permessi ed autorizzazioni non sempre facili da ottenere e lo stesso ingresso nel paese con visto turistico è da considerarsi quantomeno complesso senza contatti locali. Il turismo in Siria era una abitudine fino al 2010, la guerra lo ha trasformato in una eccezione. Chi, oggi, riesce ad entrare in questo angolo di mondo ha aspettative diverse e deve muoversi con grande attenzione senza grosse possibilità di farlo in autonomia. Si viaggia accompagnati, spesso sotto gli occhi vigili di forze di polizia, servizi, funzionari del ministero degli interni, capi provincia o simili.
Con queste premesse, alle 7:00 del 23 marzo 2023 mi avvio a piedi alla stazione di Lucerna. Il mio viaggio inizia qui. Uno dei più bei panorami di Lucerna mi saluta, anche mia moglie.
Come sempre, raccomandazioni di rito, ci salutiamo.
Arrivo a Zurigo in perfetto orario. Vengo accolto da un cartello che mi ricorda quanto svizzeri siano gli Svizzeri.
Lo sgradevole odore è puzza di fogna. Niente di che, ma qui sono abituati ai balsami del Peru e alle violette delle Alpi. Scappo a bordo del primo treno per l’aeroporto.
In 5 minuti sono air-side, ma data la banalità della economy Lufthansa mi prendo la libertà di non fare tante foto. Prima dell’imbarco faccio l’ultima colazione occidentale alla SWISS Alpine Lounge di Zurigo, per me una delle lounge più belle d’Europa.
Ultima controllatina al mio zaino pieno di cioccolato svizzero e sbrinz. Il cioccolato per i bambini che incontrerò, lo sbrinz per la mia guida che voleva il parmigiano ma dovrà accontentarsi della copia svizzera.
Finisco il mio latte macchiato e mi dirigo all’imbarco. Stacchiamo in orario.
Voli e scalo a FRA tranquilli, niente da segnalare se non la mia eccitazione per un altro viaggio on the road che sta per iniziare e questo bel panorama della città.
A Francoforte ho pochi minuti. In questo aeroporto ho una storia di coincidenze perse molto lunga, quindi, zaino in spalla, telefono in tasca e corsa al gate. Qui, come sempre succede quando si parte per tutti quei paesi geograficamente posizionati nella striscia di mondo compresa tra Mauritania ed India, non c’è nessun ordine all’imbarco. Evito la ressa, mi siedo ed aspetto di entrare per ultimo.
Alle 15:15, con circa 30 minuti di ritardo siamo in aria. Aereo pieno a tappo.
Dopo 5 minuti di salita ci immergiamo nel grigiore delle nubi tedesche dove ci resteremo per un bel po’ tra una turbolenza ed un’altra. Non mi resta che mangiare il ricco pranzo offerto a bordo, mattonelle in terracotta, ripiene di sapone di Marsiglia. Una delizia prodotta e confezionata da Lufthansa.
Dopo un giro di caffè, l’unica cosa che posso fare è osservare il panorama più bello del mondo, l’ala di un aereo tra il cielo infinito.
Manca davvero poco, l’app flynet dice 6 minuti
e come sempre quando si atterra provenendo dal mare, l’avvicinamento è spettacolare. L’unico problema è la mia mano tremolante.
Tocchiamo terra alle 19:30 circa. Sbarco rapido. Immigrazione da incubo.
Non mi addentro troppo nell’argomento ma il Libano dal 2019 si sta letteralmente erodendo. La crisi economica e finanziaria è devastante, la sterlina libanese ha perso il 94% del suo valore in 3 anni ed i tre pilastri su cui la società si è evoluta nel contesto medio-orientale (banche, salute e educazione) sono collassati. Questo stato di cose spinge sempre più i libanesi, soprattutto i più istruiti, a emigrare in cerca di sicurezza e stabilità. L’esplosione successiva dell’agosto 2020 a Beirut è stata la ciliegina sulla torta. Miliardi di dollari di danni e mezza città da ricostruire.
In relazione al mio arrivo a Beiurt, questo significa personale al minimo ai controlli in ingresso, nessuna voglia di lavorare, corruzione, menefreghismo ed un clima in generale pesante, molto pesante. Perfino il timbro per stampare sul mio passaporto è un vecchio accrocco malfunzionante. Faccio una lunga fila, così lunga che riesco a guardare tutto “The Commuter” di Liam Neeson sul mio telefono.
Sono ormai le 21:20 quando vedo la luce. Anzi le luci, quelle della città.
Mi infilo in un taxi, direzione The Grand Meshmosh Hotel. Un ostello, annidato sulle scale di San Nicola, nel pieno della nightlife di Beirut.
La mia stanza a 1000 stelle, bagno esterno e colazione inclusa. 18 USD per questo lusso mi sembra un buon affare.
Sono le 22:00, sono solo ma ho voglia di fare due passi in città. L’appuntamento con l’autista che mi accompagnerà a Damasco è domani mattina alle 9. Di solito dormo 5 ore a notte, posso fare tardi.
La temperatura è piacevole, l’atmosfera pacata, per strada c’è gente. Faccio due passi nella zona tra Al Hikmeh e Remeil, tra le zone più antiche di Beirut per poi dirigermi su Gemmayzeh dove mi infilo subito in un ristorante. È tardi ma a parte la suola di scarpe Lufthansa non ho mangiato nulla.
Ordino a caso, la cucina levantina è la mia preferita, vado sul sicuro.
Buona e fresca la prima insalata, con zucchine e pomodori, buonissima ma eccessiva la zuppa di lenticchie.
Alla fine, comunque restano i piatti vuoti.
Bevo due bicchieri di Arak e con la pancia che scoppia mi muovo di pochi metri per un terzo arak e musica dal vivo. Capisco subito che nonostante la crisi, ci sia ancora una Beirut ricca, spregiudicata e che vive sotto una campana di vetro. Qui, tra cocktail, tacchi, ciglia lunghissime, giovani palestrati e Rolex forse falsi, mi siedo su una poltroncina, mi gusto il mio arak e mentre attendo che faccia effetto tipo idraulico gel, faccio due chiacchiere con uno dei baristi ed alcuni ragazzi nelle vicinanze.
Gli chiedo se è sempre così. Se c’è sempre così tanta gente. E’ giovedì sera è vero, ma siamo nel paese con la più grande crisi economica che la storia ricordi dall’inizio del 1800. Beirut è stata sempre un paradiso per divertirsi ma ora non mi aspettavo tutto questo. Non mi rispondono.
Mi rispondo da solo: le crisi rendono i ricchi più ricchi e i poveri più poveri.
La prima giornata volge al termine. Vengo coinvolto in danze improbabili fino alle 2 di notte, ormai cotto mi avvio verso l’ostello a bordo di un Uber sfondato che attraversa una città a tratti viva a tratti devastata ma che a quest’ora sembra non avere nessuna voglia di andare a dormire.
Scendo dal taxi, la città è ancora così.
Per me è ora di andare. Buonanotte Beirut, domani inizia la mia vera avventura.
Per ora beccatevi questo prologo. Durante le vacanze di Natale mi dedicherò al panettone, con uvetta e canditi e a questo racconto.
Stay tuned.