[TR] - We are all the same: Syria - Attenzione: non è un TR aeronautico!


ilPrincipeDiCasador

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16 Febbraio 2009
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Avrei dovuto scrivere questo trip report qualche mese fa. Troppo tempo è passato, le emozioni ora sono diverse, affievolite e arrotondate dal tempo ma i posti restano, con la loro gente e le loro incredibili storie.

Qualche tempo fa vi avevo fatto vedere l’Iraq, è ora della Siria. Qualcuno l’ha vista prima della guerra. Io l’ho vista dopo, o meglio, tecnicamente l’ho vista durante. Si, perché, questo paese spesso descritto pericoloso ed inaccessibile, con un passato complicato, è ancora in guerra.

Fino ad oggi ho avuto dubbi sulla pubblicazione di questo racconto.

Primo: questo è un forum di appassionati di volo. Ma poi ho pensato, volare è anche viaggiare.

Secondo: Giustificare un viaggio del genere è complesso. Mica sono un inviato di guerra? Quale è lo scopo? Spesso mi sono chiesto se fosse giusto, se potesse essere compreso. Tutti mi chiedono perché questi viaggi?

Perché?

Non è sensazionalismo, non cerco di diventare famoso, non voglio vincere nessuna gara, non voglio sfidare la sorte. E allora perché? Che gusto ci provo? Voglio solo vedere da vicino, aprire gli occhi e far aprire gli occhi perché non importa quanto si sente dalla televisione, quanto si legge sui giornali, quanto si studia dai libri, un paese, un popolo, una cultura, non possono essere giudicati fino a quando non si vivono e fino a quando non ci si immerge dentro.

Ma veniamo al viaggio. Marzo 2023.

Questa volta non in solitaria ma con tre amici, una guida che sarà anche l’autista ed un 4x4. La Siria è pericolosa, l’Isis occupa ancora zone del paese e in alcune aree è off-limits. Qui non si scherza, da soli è un suicidio, tranne Damasco, il resto è una babele di poteri, bande, fazioni che litigano tra loro. Ci incontreremo direttamente a Damasco, ognuno arriverà da posti diversi, con voli e mezzi diversi. Da Damasco, viaggeremo insieme. Io arriverò un giorno prima. Questo l'itinerario pianificato.

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La guida è un vecchio amico che vive a Damasco, ex guida del TCI, fino al gennaio del 2011 ha portato italiani in Siria. Poi le prime manifestazioni, le rivolte, le bombe, la guerra. Ha perso tutto. Ora si arrangia alla meglio, i tempi d’oro degli autobus pieni di turisti sono solo ricordi, le case che aveva comprato in giro sono polvere, i soldi messi da parte carta straccia.

Disclaimer: La parte aereonautica è praticamente inesistente. Non ci sono voli dall’Europa alla Siria, volare a Damasco è sostanzialmente impossibile. Per entrare in Siria si passa da Beirut.

Routing: ZRH-FRA-BEY tutto LH (LH1187, LH1306)

Il viaggio è stato preparato studiando itinerari e mappe, leggendo libri e cercando per quanto possibile di studiare la situazione politica e storica nella quale il paese si trova. Per girare occorrono permessi ed autorizzazioni non sempre facili da ottenere e lo stesso ingresso nel paese con visto turistico è da considerarsi quantomeno complesso senza contatti locali. Il turismo in Siria era una abitudine fino al 2010, la guerra lo ha trasformato in una eccezione. Chi, oggi, riesce ad entrare in questo angolo di mondo ha aspettative diverse e deve muoversi con grande attenzione senza grosse possibilità di farlo in autonomia. Si viaggia accompagnati, spesso sotto gli occhi vigili di forze di polizia, servizi, funzionari del ministero degli interni, capi provincia o simili.

Con queste premesse, alle 7:00 del 23 marzo 2023 mi avvio a piedi alla stazione di Lucerna. Il mio viaggio inizia qui. Uno dei più bei panorami di Lucerna mi saluta, anche mia moglie.

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Come sempre, raccomandazioni di rito, ci salutiamo.

Arrivo a Zurigo in perfetto orario. Vengo accolto da un cartello che mi ricorda quanto svizzeri siano gli Svizzeri.

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Lo sgradevole odore è puzza di fogna. Niente di che, ma qui sono abituati ai balsami del Peru e alle violette delle Alpi. Scappo a bordo del primo treno per l’aeroporto.

In 5 minuti sono air-side, ma data la banalità della economy Lufthansa mi prendo la libertà di non fare tante foto. Prima dell’imbarco faccio l’ultima colazione occidentale alla SWISS Alpine Lounge di Zurigo, per me una delle lounge più belle d’Europa.

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Ultima controllatina al mio zaino pieno di cioccolato svizzero e sbrinz. Il cioccolato per i bambini che incontrerò, lo sbrinz per la mia guida che voleva il parmigiano ma dovrà accontentarsi della copia svizzera.

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Finisco il mio latte macchiato e mi dirigo all’imbarco. Stacchiamo in orario.

Voli e scalo a FRA tranquilli, niente da segnalare se non la mia eccitazione per un altro viaggio on the road che sta per iniziare e questo bel panorama della città.
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A Francoforte ho pochi minuti. In questo aeroporto ho una storia di coincidenze perse molto lunga, quindi, zaino in spalla, telefono in tasca e corsa al gate. Qui, come sempre succede quando si parte per tutti quei paesi geograficamente posizionati nella striscia di mondo compresa tra Mauritania ed India, non c’è nessun ordine all’imbarco. Evito la ressa, mi siedo ed aspetto di entrare per ultimo.

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Alle 15:15, con circa 30 minuti di ritardo siamo in aria. Aereo pieno a tappo.

Dopo 5 minuti di salita ci immergiamo nel grigiore delle nubi tedesche dove ci resteremo per un bel po’ tra una turbolenza ed un’altra. Non mi resta che mangiare il ricco pranzo offerto a bordo, mattonelle in terracotta, ripiene di sapone di Marsiglia. Una delizia prodotta e confezionata da Lufthansa.

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Dopo un giro di caffè, l’unica cosa che posso fare è osservare il panorama più bello del mondo, l’ala di un aereo tra il cielo infinito.

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Manca davvero poco, l’app flynet dice 6 minuti

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e come sempre quando si atterra provenendo dal mare, l’avvicinamento è spettacolare. L’unico problema è la mia mano tremolante.

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Tocchiamo terra alle 19:30 circa. Sbarco rapido. Immigrazione da incubo.

Non mi addentro troppo nell’argomento ma il Libano dal 2019 si sta letteralmente erodendo. La crisi economica e finanziaria è devastante, la sterlina libanese ha perso il 94% del suo valore in 3 anni ed i tre pilastri su cui la società si è evoluta nel contesto medio-orientale (banche, salute e educazione) sono collassati. Questo stato di cose spinge sempre più i libanesi, soprattutto i più istruiti, a emigrare in cerca di sicurezza e stabilità. L’esplosione successiva dell’agosto 2020 a Beirut è stata la ciliegina sulla torta. Miliardi di dollari di danni e mezza città da ricostruire.

In relazione al mio arrivo a Beiurt, questo significa personale al minimo ai controlli in ingresso, nessuna voglia di lavorare, corruzione, menefreghismo ed un clima in generale pesante, molto pesante. Perfino il timbro per stampare sul mio passaporto è un vecchio accrocco malfunzionante. Faccio una lunga fila, così lunga che riesco a guardare tutto “The Commuter” di Liam Neeson sul mio telefono.

Sono ormai le 21:20 quando vedo la luce. Anzi le luci, quelle della città.

Mi infilo in un taxi, direzione The Grand Meshmosh Hotel. Un ostello, annidato sulle scale di San Nicola, nel pieno della nightlife di Beirut.

La mia stanza a 1000 stelle, bagno esterno e colazione inclusa. 18 USD per questo lusso mi sembra un buon affare.

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Sono le 22:00, sono solo ma ho voglia di fare due passi in città. L’appuntamento con l’autista che mi accompagnerà a Damasco è domani mattina alle 9. Di solito dormo 5 ore a notte, posso fare tardi.

La temperatura è piacevole, l’atmosfera pacata, per strada c’è gente. Faccio due passi nella zona tra Al Hikmeh e Remeil, tra le zone più antiche di Beirut per poi dirigermi su Gemmayzeh dove mi infilo subito in un ristorante. È tardi ma a parte la suola di scarpe Lufthansa non ho mangiato nulla.

Ordino a caso, la cucina levantina è la mia preferita, vado sul sicuro.

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Buona e fresca la prima insalata, con zucchine e pomodori, buonissima ma eccessiva la zuppa di lenticchie.

Alla fine, comunque restano i piatti vuoti.

Bevo due bicchieri di Arak e con la pancia che scoppia mi muovo di pochi metri per un terzo arak e musica dal vivo. Capisco subito che nonostante la crisi, ci sia ancora una Beirut ricca, spregiudicata e che vive sotto una campana di vetro. Qui, tra cocktail, tacchi, ciglia lunghissime, giovani palestrati e Rolex forse falsi, mi siedo su una poltroncina, mi gusto il mio arak e mentre attendo che faccia effetto tipo idraulico gel, faccio due chiacchiere con uno dei baristi ed alcuni ragazzi nelle vicinanze.

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Gli chiedo se è sempre così. Se c’è sempre così tanta gente. E’ giovedì sera è vero, ma siamo nel paese con la più grande crisi economica che la storia ricordi dall’inizio del 1800. Beirut è stata sempre un paradiso per divertirsi ma ora non mi aspettavo tutto questo. Non mi rispondono.

Mi rispondo da solo: le crisi rendono i ricchi più ricchi e i poveri più poveri.

La prima giornata volge al termine. Vengo coinvolto in danze improbabili fino alle 2 di notte, ormai cotto mi avvio verso l’ostello a bordo di un Uber sfondato che attraversa una città a tratti viva a tratti devastata ma che a quest’ora sembra non avere nessuna voglia di andare a dormire.

Scendo dal taxi, la città è ancora così.

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Per me è ora di andare. Buonanotte Beirut, domani inizia la mia vera avventura.

Per ora beccatevi questo prologo. Durante le vacanze di Natale mi dedicherò al panettone, con uvetta e canditi e a questo racconto.

Stay tuned.
 

vipero

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.
I miei due centesimi:
"Voglio solo vedere da vicino, aprire gli occhi e far aprire gli occhi perché non importa quanto si sente dalla televisione, quanto si legge sui giornali, quanto si studia dai libri, un paese, un popolo, una cultura, non possono essere giudicati fino a quando non si vivono e fino a quando non ci si immerge dentro.".
Da parte mia, grazie.

Edit:
Sono sicuro il mondo sarebbe un posto migliore se un po' tutti avessimo gli occhi, il cuore e l'anima che hai tu. E che ha anche qualcun altro ;)
 
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Sono sicuro il mondo sarebbe un posto migliore se un po' tutti avessimo gli occhi, il cuore e l'anima che hai tu.
Sottoscrivo anche le virgole del buon Vipero. Nell'impossibilita' di sostituire a ogni Trump un PrincipediCasador, spero che questo sia uno di tanti futuri TR. E chissenefrega se non ci sono lounges, lie-flat e cose simili. Conta molto di piu' il resto.
 

Dancrane

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Perché?

Non è sensazionalismo, non cerco di diventare famoso, non voglio vincere nessuna gara, non voglio sfidare la sorte. E allora perché? Che gusto ci provo? Voglio solo vedere da vicino, aprire gli occhi e far aprire gli occhi perché non importa quanto si sente dalla televisione, quanto si legge sui giornali, quanto si studia dai libri, un paese, un popolo, una cultura, non possono essere giudicati fino a quando non si vivono e fino a quando non ci si immerge dentro.
Il TR devo ancora leggerlo, ma permettimi di dire che questo è il più bell’incipit che abbia mai letto. La sete di conoscenza, la curiosità, le domande che ci si pone quando si va in viaggio e non in vacanza…
Ci sono modi diversi e variegati di interpretare le esperienze: il desiderio di conoscenza è, a mio modesto avviso, il più nobile e al tempo stesso il più umile e, per queste due motivazioni, degno del massimo rispetto e gratitudine. Per l’invidia, rimando al post lettura!
 

ploncito

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L'avevo immaginato, avevo scommesso Afghanistan ma la Siria veniva subito dopo :)

Non è sensazionalismo, non cerco di diventare famoso, non voglio vincere nessuna gara, non voglio sfidare la sorte. E allora perché? Che gusto ci provo? Voglio solo vedere da vicino, aprire gli occhi e far aprire gli occhi perché non importa quanto si sente dalla televisione, quanto si legge sui giornali, quanto si studia dai libri, un paese, un popolo, una cultura, non possono essere giudicati fino a quando non si vivono e fino a quando non ci si immerge dentro.
Mi trovi d'accordo al 101% e grazie per aver scritto queste parole.
Ogni tanto penso al perche' dei miei viaggi e mi dico (o forse mi auto-convinco?) che la ragione principale sia appunto toccare con mano le cose, il luogo e parlare con persone con cui non avrei mai potuto parlare nella mia vita, scoprire le loro storie e tornare a casa con qualcosa in piu'. Ma mi vorrei soffermare sulla parte in grassetto, perche' al tempo stesso mi chiedo sempre se il nostro limitatissimo tempo in un luogo ci consente di avere un giudizio completo?

Non mi addentro troppo nell’argomento ma il Libano dal 2019 si sta letteralmente erodendo
Erodendo non e' la parola giusta. Collassando o implodendo rendono meglio l'idea.

La mia stanza a 1000 stelle, bagno esterno e colazione inclusa. 18 USD per questo lusso mi sembra un buon affare.
Qualche mese fa in quell'ostello ho trovato gente incredibile: un panamense che faceva loschi traffici con chi prendeva i soldi per la ricostruzione, un taiwanese che se la stava facendo a piedi da casa fino al Marocco attraversando la Siria stessa e una coppia di australiani che giravano il mondo facendo video su OnlyFans.
 
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Sciamano

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Ogni tanto penso al perche' dei miei viaggi e mi dico (o forse mi auto-convinco?) che la ragione principale sia appunto toccare con mano le cose, il luogo e parlare con persone con cui non avrei mai potuto parlare nella mia vita, scoprire le loro storie e tornare a casa con qualcosa in piu'. Ma mi vorrei soffermare sulla parte in grassetto, perche' al tempo stesso mi chiedo sempre se il nostro limitatissimo tempo in un luogo ci consente di avere un giudizio completo?
Esattamente i miei pensieri e i miei dubbi e la risposta è chiaramente no ma credo che preferiamo (noi che ci facciamo certe domande) di gran lunga una minima e parziale conoscenza/esperienza soggettiva che una totale ignoranza oggettiva.
 

Berlin

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Apprezzo molto che hai condiviso col Forum questa esperienza consentendoci di avere un racconto di prima mano di un Paese che non é certo alla portata di tutti. Tuttavia mi viene da pensare, quali sono le raccomandazioni della Farnesina (o dell´equivalente Svizzero? Non so se sei cittadino italiano residente in Svizzera o cittadino svizzero)?
Nel caso in cui le autoritá nazionali dicano in maniera chiara che é altamente sconsigliato recarsi in certi Paesi se non per motivi assolutamente necessari, mi viene da domandarmi se sia stato effettivamente saggio da parte vostra. Avete pensato alle conseguenze nel caso aveste avuto bisogno dell´intervento della Farnesina, della diplomazia o anche dei militari, magari di Paesi alleati?
Con quali costi e rischi anche per altri?
Capisco il fascino e la voglia di voler vedere coi propri occhi una situazione che ci giunge filtrata dalle fonti giornalistiche ma bisogna anche tener conto che le proprie azioni possono avere conseguenze su molti altri.
Era forse possibile combinare il viaggio con una collaborazione con enti umanitari, di ricerca o di informazione?
Non é una critica, non giudico i motivi, mi viene solo da pensare a quanto sarebbe costato in termini finanziari e umani tirarvi fuori se fosse successo qualcosa.
 

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Apprezzo molto che hai condiviso col Forum questa esperienza consentendoci di avere un racconto di prima mano di un Paese che non é certo alla portata di tutti. Tuttavia mi viene da pensare, quali sono le raccomandazioni della Farnesina (o dell´equivalente Svizzero? Non so se sei cittadino italiano residente in Svizzera o cittadino svizzero)?
Nel caso in cui le autoritá nazionali dicano in maniera chiara che é altamente sconsigliato recarsi in certi Paesi se non per motivi assolutamente necessari, mi viene da domandarmi se sia stato effettivamente saggio da parte vostra. Avete pensato alle conseguenze nel caso aveste avuto bisogno dell´intervento della Farnesina, della diplomazia o anche dei militari, magari di Paesi alleati?
Con quali costi e rischi anche per altri?
Capisco il fascino e la voglia di voler vedere coi propri occhi una situazione che ci giunge filtrata dalle fonti giornalistiche ma bisogna anche tener conto che le proprie azioni possono avere conseguenze su molti altri.
Era forse possibile combinare il viaggio con una collaborazione con enti umanitari, di ricerca o di informazione?
Non é una critica, non giudico i motivi, mi viene solo da pensare a quanto sarebbe costato in termini finanziari e umani tirarvi fuori se fosse successo qualcosa.
Non sono per niente nella stessa categoria del buon Principe per quanto riguarda i viaggi 'avventurosi', ma nel mio piccolo sono stato in alcune zone segnate in giallo o rosso nelle mappe delle varie Farnesine, FCO e via dicendo. Non ho un unico punto da fare a riguardo, ma una specie di mischione senza troppo senso:

Inizierei col dire che il rischio e' ovunque. Ho passato mesi a sentirmi dire dai colleghi "cosa vai a fare in Iran" e, mentre ero da quelle parti, a Las Vegas (posto dove tutti i miei colleghi vanno) c'e' stata una sparatoria dove sono morte sessanta persone. L'altro distinguo riguarda il posto in se' in cui si va: non tuttie le zone di un paese hanno lo stesso livello di rischio, e cosi' come sembrare un poveraccio a Rio aiuta ad evitare di venir rapinati, un atteggiamento adeguato in un posto come il Tajikistan dei tempi belli aiuta a non finir nei guai.

Ognuno, poi, ha un suo metro di giudizio e i suoi limiti. Io vorrei tantissimo poter andare nel Sahara, ma so bene che la situazione, ad oggi, non lo consente. Potrei andare in Algeria, magari, e so di tanta gente che prende il treno del ferro in Mauritania senza problemi ma... Se qualcosa dovesse andar storto potrei finire a) morto o b) catturato da qualche gruppo di neotalebani per un 6 o 7 anni. Sinceramente il pensiero di quella situazione mi basta a farmi desistere dal tentare il colpo; non arrivo nemmeno a pensare al povero collega del Console che deve cercare di tirarmi fuori.

Un ultimo punto sulla collaborazione con enti umanitari e quant'altro. Conosco, per trascorsi di studi, professionisti del settore. In particolare ho un'amica che ha lavorato per ONG "serie" in posti da triplo pelo sullo stomaco tipo Goma, Kurdistan iracheno durante la fuga degli Yazidi, CAR e Mauritania. La sua opinione e' che se uno non e' in possesso di capacita' specifiche (metti, fa il dottore) allora puo' fare che evitarsi la fatica. Meglio fare il turista 100% che fingersi cooperante allo sviluppo, saresti solo un peso. Diverso e' il caso, magari, se uno andasse a fare un 'tour' di volontariato, ovvio.

NB: non ho parlato di questione morale, perche' ritengo che ognuno abbia la sua e non voglio infilarmici.
 
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ilPrincipeDiCasador

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Apprezzo molto che hai condiviso col Forum questa esperienza consentendoci di avere un racconto di prima mano di un Paese che non é certo alla portata di tutti. Tuttavia mi viene da pensare, quali sono le raccomandazioni della Farnesina (o dell´equivalente Svizzero? Non so se sei cittadino italiano residente in Svizzera o cittadino svizzero)?
Nel caso in cui le autoritá nazionali dicano in maniera chiara che é altamente sconsigliato recarsi in certi Paesi se non per motivi assolutamente necessari, mi viene da domandarmi se sia stato effettivamente saggio da parte vostra. Avete pensato alle conseguenze nel caso aveste avuto bisogno dell´intervento della Farnesina, della diplomazia o anche dei militari, magari di Paesi alleati?
Con quali costi e rischi anche per altri?
Capisco il fascino e la voglia di voler vedere coi propri occhi una situazione che ci giunge filtrata dalle fonti giornalistiche ma bisogna anche tener conto che le proprie azioni possono avere conseguenze su molti altri.
Era forse possibile combinare il viaggio con una collaborazione con enti umanitari, di ricerca o di informazione?
Non é una critica, non giudico i motivi, mi viene solo da pensare a quanto sarebbe costato in termini finanziari e umani tirarvi fuori se fosse successo qualcosa.
Berlin,

il tuo intervento è di grande significato per me perchè mi permette di rispondere a tutti quelli che hanno lo stesso pensiero, la stessa preoccupazione. Ero sicuro che sarebbe arrivato e per questo l'ho anche scritto nella prefazione.

Siria, Iraq, Afghanistan, Somalia, Iran...cito alcuni degli stati che vengono definiti canaglia. Nazioni, popoli che secondo alcuni teorici sono PERICOLOSI. e che minano la sicurezza mondiale.

Putroppo c'è un grande gap tra le raccomandazioni della Farnesina (e simili) e la realtà e questo è uno dei motivi per cui mi piace far vedere attraverso canali diversi questi posti. Non voglio convincere nessuno del contrario ma in generale spingere le persone a chiedersi: è tutto giusto quello che sentiamo dalla televisione?

C'è tanta propaganda all'Occidentale. Non cito le mie esperienze personali, che possono essere solo casuali e fortuite ma io problemi di sicurezza li ho avuti solo in parti del mondo considerate civili.

Eventuali rapimenti con riscatti pagati con soldi pubblici (e.g. Silvia Romano) sono proprio legati ad ONG, organizzazioni in pianta stabile che danno modo di preparare il rapimento. Casi di "turisti" rapiti in queste aree ci sono ma sono sporadici. Purtroppo pero' fanno rumore, perchè quel rumore fa comodo ad una parte di politica per giustificare azioni, guerre, missili e schifezze varie. Ci sono molte cose che succedono a danni di turisti in Messico, Thailandia, Egitto, Romania, Brasile...posti dove tutti farebbero un giro...e chi vuoi che lo sappia?

E poi ci sono alcuni aspetti:

1. il piü importante per me. La gente è fondamentalmente buona, come titolo ho messo "We are all the same" perchè ci credo fortemente.
2. Per fare certi viaggi ci vuole preparazione. Bisogna sapersi muovere e conoscersi. Imparare i propri limiti ed essere sicuri di quello che si fa, dove si va e come.
3. Creare contatti locali di cui fidarsi. Muoversi in solitaria, come scritto prima è da pazzi.
4. Il "tirarci fuori" è un aspetto al quale faccio fatica a rispondere. La DFAE (ministero esteri svizzero) è molto chiara: sono caxxi tuoi. Se fossi in Italia, probabilmente non ci penserei lo stesso, ma è un punto complesso. Quello che posso dirti è che nella mia testa c'è sempre un pensiero: se faccio questa cosa, c'è un piano B per tornare da mia moglie e mio figlio? Posso rischiare? Se la risposta è NO, mi fermo.

Comunque, potremmo parlarne per ore, è veramente difficile trovare una risposta secca. Credo che in maniera intelligente si possa dibattere e comprendere tutti i punti di vista.

Come si diceva una volta, quotone galattico.

Questo TR si preannuncia molto interessante, grazie.
Ragazzi vi voglio bene.
Il TR devo ancora leggerlo, ma permettimi di dire che questo è il più bell’incipit che abbia mai letto. La sete di conoscenza, la curiosità, le domande che ci si pone quando si va in viaggio e non in vacanza…
Ci sono modi diversi e variegati di interpretare le esperienze: il desiderio di conoscenza è, a mio modesto avviso, il più nobile e al tempo stesso il più umile e, per queste due motivazioni, degno del massimo rispetto e gratitudine. Per l’invidia, rimando al post lettura!
Grazie!!
Sottoscrivo anche le virgole del buon Vipero. Nell'impossibilita' di sostituire a ogni Trump un PrincipediCasador, spero che questo sia uno di tanti futuri TR. E chissenefrega se non ci sono lounges, lie-flat e cose simili. Conta molto di piu' il resto.
Per favore, non mettete mai piu il mio nome e Trump nella stessa frase. :-D
 

londonfog

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Sarò breve: tu devi assolutamente pensare ad un progetto editoriale che raccolga queste esperienze, lo spirito che le guida e le anime che vengono incontrate e raccontate.
Credo che un libro sulle tue esperienze di viaggio in Iraq e in Siria e altri viaggi di questo tipo sia doveroso. Noi (generico noi) abbiamo la tendenza a parlare per categorie, a mettere persone in liste, tipo "buoni e cattivi" basandoci su media sempre piu' di parte e sul topo di notizie che passano il filltro "cosa ci mettiamo nello spazio (o nel tempo) che abbiamo". Le tue sono esperienze dirette di un'altro mondo. Sei l'equivalente moderno di un Marco Polo che spiega il Cathay ai Veneziani che conoscevano solo sete, lacche, e compagnia bella. Scrivilo questo libro, e se non te lo pubblica nessuno, ti do una mano io a pubblicarlo.
 
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Berlin

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Berlin,

il tuo intervento è di grande significato per me perchè mi permette di rispondere a tutti quelli che hanno lo stesso pensiero, la stessa preoccupazione. Ero sicuro che sarebbe arrivato e per questo l'ho anche scritto nella prefazione.

Siria, Iraq, Afghanistan, Somalia, Iran...cito alcuni degli stati che vengono definiti canaglia. Nazioni, popoli che secondo alcuni teorici sono PERICOLOSI. e che minano la sicurezza mondiale.

Putroppo c'è un grande gap tra le raccomandazioni della Farnesina (e simili) e la realtà e questo è uno dei motivi per cui mi piace far vedere attraverso canali diversi questi posti. Non voglio convincere nessuno del contrario ma in generale spingere le persone a chiedersi: è tutto giusto quello che sentiamo dalla televisione?

C'è tanta propaganda all'Occidentale. Non cito le mie esperienze personali, che possono essere solo casuali e fortuite ma io problemi di sicurezza li ho avuti solo in parti del mondo considerate civili.

Eventuali rapimenti con riscatti pagati con soldi pubblici (e.g. Silvia Romano) sono proprio legati ad ONG, organizzazioni in pianta stabile che danno modo di preparare il rapimento. Casi di "turisti" rapiti in queste aree ci sono ma sono sporadici. Purtroppo pero' fanno rumore, perchè quel rumore fa comodo ad una parte di politica per giustificare azioni, guerre, missili e schifezze varie. Ci sono molte cose che succedono a danni di turisti in Messico, Thailandia, Egitto, Romania, Brasile...posti dove tutti farebbero un giro...e chi vuoi che lo sappia?

E poi ci sono alcuni aspetti:

1. il piü importante per me. La gente è fondamentalmente buona, come titolo ho messo "We are all the same" perchè ci credo fortemente.
2. Per fare certi viaggi ci vuole preparazione. Bisogna sapersi muovere e conoscersi. Imparare i propri limiti ed essere sicuri di quello che si fa, dove si va e come.
3. Creare contatti locali di cui fidarsi. Muoversi in solitaria, come scritto prima è da pazzi.
4. Il "tirarci fuori" è un aspetto al quale faccio fatica a rispondere. La DFAE (ministero esteri svizzero) è molto chiara: sono caxxi tuoi. Se fossi in Italia, probabilmente non ci penserei lo stesso, ma è un punto complesso. Quello che posso dirti è che nella mia testa c'è sempre un pensiero: se faccio questa cosa, c'è un piano B per tornare da mia moglie e mio figlio? Posso rischiare? Se la risposta è NO, mi fermo.

Comunque, potremmo parlarne per ore, è veramente difficile trovare una risposta secca. Credo che in maniera intelligente si possa dibattere e comprendere tutti i punti di vista.



Ragazzi vi voglio bene.


Grazie!!


Per favore, non mettete mai piu il mio nome e Trump nella stessa frase. :-D
Molte grazie per avermi spiegato il tuo punto vista. Much appreciated.
 

ilPrincipeDiCasador

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La prima notte passa in fretta, alle 7 sono in piedi. Doccia e ricca colazione libanese. Sono l’unico sveglio. Faccio un bel pieno di pane, formaggio, pomodori e cetrioli, innaffio tutto con due labneh.
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L’appuntamento per il passaggio a Damasco è stato posticipato alle 9:30. Poco male, con tutto quello che ho mangiato ho un paio di ore per fare un giro a Beirut e smaltire tutto. Passeggio fino alla famosa Moschea Blu. Nonostante tutto, tra l’incuria e a tratti l’abbandono dei dintorni è sempre maestosa ed affascinante.
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Rientro in ostello per recuperare lo zaino, ultimo caffè e alle 9:40 sono on board. Direzione Siria.

Il mio autista è uno di quelli di safety first. 90 minuti di viaggio così. Non è di molte parole, mi lascerà al confine, dall’altra parte della frontiera ci sarà un'altra persona ad aspettarmi.


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Si viaggia tra strade monotone fino alla frontiera. Lasciamo la periferia di Beirut e saliamo tra le colline. All’orizzonte anche qualche rimasuglio di neve e ghiaccio.
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Manca poco. La Siria è sempre più vicina. A Chtaura, a circa 15 minuti dalla frontiera, ci fermiamo. Il mio autista mi chiede il passaporto, non capisco perché. Non avendo troppe alternative glielo cedo, lui entra in un negozio per fare alcune fotocopie. Con il mio poverissimo arabo provo a chiedergli perché, lui mi risponde la mushkila, non c’è problema. Vabbè, mi rassegno. Fotocopie fatte, rientra in auto con due caffè, uno per me uno per lui, ripartiamo e dopo poco ci troviamo su una autostrada deserta. O meglio, un’autostrada senza auto e con qualche pedone.

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Manca pochissimo, la frontiere Syrienne è a pochissimi km.

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Qui inizio a vedere i segni della guerra. I primi campi profughi. L’autostrada passa esattamente al centro tra capanne di teloni in plastica, gomme di tir bruciate e fogne a cielo aperto. La sensazione è quella di un grande pugno, forte, fortissimo allo stomaco. Mi interrogo ancora sul senso di questo viaggio, mai come questa volta percepisco sentimenti contrastanti. C’è la curiosità, la paura, la tristezza, la gioia, l’insensatezza, la vergogna. Non è facile descrivere le sensazioni di chi da un finestrino di una auto vede disperati che vivono nella spazzatura, buttati fuori dal mondo da persone che da qualche altra parte hanno deciso di farsi la guerra. Tutto questo purtroppo non si puo' spiegare con le immagini e data la situazione non ho fatto foto. Mi sembra inutile, superfluo e peggio ancora, roba alle quali ci siamo tristemente abituati. Disperati che scappano sono ormai il fil rouge dei nostri giornali. Siria, Ucraina, Sudan, Yemen…quello che so ora è che vederli da vicino è un’altra roba, visioni che fanno accapponare la pelle.

Arriviamo al confine, sono le 11:10. Bisogna uscire dal Libano e poi armarsi di pazienza. Tanta pazienza.

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Saluto il mio autista libanese e faccio qualche metro a piedi prima di iniziare la trafila siriana in un ufficio doganale che ha conosciuto tempi migliori. Rubo qualche foto tra gli sguardi severi di Bashar al-Assad ed un ragazzino che mi guarda perplesso.

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Mi immagino questi spazi pieni di gente. Ora siamo in pochi e tutti ben osservati, io l’unico non libanese e non siriano. Quando gli ufficiali mi vedono, mi chiamano. È evidente che si aspettassero l’arrivo di uno straniero. Si, perché per entrare in Siria bisogna farsi registrare da un contatto locale presso la frontiera dove si intende arrivare ed arrivare nel giorno e negli orari stabiliti.

Ma questo non basta, bisogna avere i documenti in regola, nessuna traccia di passaggio nel Sinai o in Israele sul passaporto, essere fortunati, pagare una tassa di entrata regolare e qualcuna, diciamo così, irregolare. Ultima cosa, tanta pazienza. C’è sempre un superiore, un supervisore, un capo o un funzionario che deve dire sì e ovviamente il tutto ha costi diversi quanto più in alto si va.

La trafila è lunga ma alla fine riesco ad avere l’ultima firma necessaria prima che il timbro della Repubblica Araba Siriana sia sul mio passaporto.

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Lui, l’uomo Del Monte che mi dà l’ok finale dopo essersi accertato di aver svuotato le mie tasche. Tra lire siriane, dollari e franchi mi porta via la bellezza di 100 euro. La sua giornata può dichiararsi conclusa. La mia è appena iniziata. Respiro aria siriana.

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Sono le 14:20, Damasco non è lontana. Quando esco, intravedo una auto con motore acceso, colore giallo, c’è un signore seduto dentro che si alza e mi viene incontro, mi saluta in arabo. È il mio secondo autista, quello che mi accompagnerà in città.

Ci lasciamo la frontiera alle spalle, le prime sensazioni sono positive. Non ho nessuna sensazione di essere in un paese devastato dalla guerra, qui forse i carrarmati e le bombe non sono mai arrivati. La strada mi sembra in condizioni nettamente migliori di quella fatta finora sul fronte libanese, anzi l’ingresso in città è molto piacevole. Un vialone alberato, tenuto bene, pulito e pieno di bandiere mi accoglie in centro.

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Più ci addentriamo e più il traffico aumenta

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Nel traffico i primi segni dell’embargo. Ci sono due tipologie di auto, vecchie e sfondate se occidentali, nuove e scintillanti se di marchi Made in China. Mi chiedo quale sia il senso di una politica che cerca di indebolire un regime, semplicemente rafforzandone un altro ed indirettamente indebolendo il proprio.

Siamo ormai nella città vecchia, l’autista mi accompagnerà ad un boutique hotel proprio nel cuore della città vecchia. Nel frattempo, curioso come un bimbo, guardo fuori e mi accorgo di una città viva, vivissima, ci sono angoli di povertà ma anche pezzi di una società che personalmente non mi aspettavo di vedere.

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Arriviamo in albergo, saluto l’autista e mi infilo dentro. La struttura è veramente bella, tipica architettura mediorientale, con il cortile che fa da reception, sala colazione e salotto.

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Te e dattero di benvenuto ed in pochi minuti sono in camera, pulita e spaziosa.

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Faccio una doccia veloce e nell’attesa della mia guida mangio la frutta gentilmente offertami dai proprietari. Come detto prima, in questo viaggio non sarò solo. I miei compagni arriveranno fra un giorno ma nel frattempo io ho un pomeriggio e la giornata di domani per vedere Damasco. Loro avranno solo un giorno alla fine del tour.

Attendo pochi minuti e Nasuh bussa al pesante portone del palazzo. Ci stringiamo forte, ci salutiamo, ci scambiamo qualche regalo e finalmente partiamo. Non abbiamo un programma per oggi, gli chiedo di farmi vedere quello che vuole, voglio vedere come vive la gente, cosa comprano, cosa mangiano. Voglio capire cosa si fa a Damasco di questi tempi. Ci incamminiamo.

Le strade sono un mercato a cielo aperto. Se uno guardasse senza conoscere sembrerebbe tutto normale. Gente che passeggia e fa la spesa. Invece non è così. Nasuh mi apre gli occhi. L’inflazione è alle stelle, le banche non hanno soldi, prelevare i propri risparmi è quasi impossibile e più i soldi restano in banca più perdono valore. Giriamo tra le strade.

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Le serrande dei negozi sono tutte dipinte con i colori della bandiera siriana. Durante la guerra chi non le dipingeva rischiava di vedersi additato come rivoluzionario con conseguenze poco piacevoli. Il supporto e la fedeltà al governo siriano si misuravano (e forse si misurano ancora oggi) così, in ogni aspetto della vita pubblica, sociale e privata.

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Anche le vetrine trasmettono normalità. Dolci per pochi fortunati.
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Altro angolo cittadino

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Bab Kisan, uno dei luoghi simbolo di Damasco. Da questa porta la tradizione vuole che San Paolo fosse fuggito di notte calato in un cesto con l’aiuto dei suoi discepoli

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L’interno della porta ospita una cappella

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E sul lato un panificio dove ci fermiamo per una pausa a base di pane con semi di sesamo, ovviamente sempre osservati da Bashar

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L’immagine del presidente è sempre presente. I Siriani hanno uno strano atteggiamento nei suoi confronti.

Non devio in discussioni politiche ma giusto per dovere di cronaca, Assad qui appare diverso rispetto a quello che ci raccontano in Occidente. Per quello che si può dire, per quello che posso percepire e per quello che Nasuh e tutti i Siriani che ho incontrato sostengono, il loro presidente è quello che ha salvato la Siria. Nessuno lo ama, nessuno lo odia ma tutti sono consapevoli che non c’è di meglio e allora tanto vale avere la sua foto, sul comodino, a scuola, per strada, nei bagni pubblici, sul cruscotto dell’auto, sulla maglietta e perché no, anche tra le pagnotte di pane caldo.

Dopo la pausa, riprendiamo l’auto e ci spostiamo nella zona di Al-Midan. Una zona incredibilmente piena di gente festosa, che tra bancarelle negozi e banchetti improvvisati si prepara al tramonto, l’iftar, il momento della giornata dove finalmente si può interrompere il digiuno. Si, digiuno, perché siamo in pieno Ramadan, nessuno potrebbe mangiare ma sia io che Nasuh, la mia guida abbiamo una scusa. Io non sono mussulmano, Nasuh deve prendere dei farmaci ed è quindi esonerato. Per questo dopo aver mangiato il pane, assaggiamo anche un succo di liquirizia. Il packaging non è dei migliori.

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Si preparano banchetti,

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Si friggono dolci.

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Non c’è ordine in questa strada, solo confusione, rumore, traffico, fumo, poveri, mendicanti, morti di fame ma anche ricchi che comprano e spendono. E poi ci siamo noi, io e Nasuh. Io confuso, quasi perso. Nasuh imperturbabile. Non è facile spiegare quello che provo. C’è una apparente normalità ma basta guardare un poco meglio per rendersi conto di quanti non abbiano nulla, di quanti chiedano l’elemosina, di quanti fanno finta di nulla. L’aspetto peggiore di tutto questo è l’egoismo, l’abitudine a questa devastazione che si manifesta ogni giorno negli occhi e nello stomaco. Sono probabilmente l’unico che se ne sta rendendo conto. Intorno a me ognuno pensa a sé.

Passeggiamo ancora un po’, poi Nasuh mi invita a casa sua a cena. Non me lo aspettavo ma non posso rifiutare. Questa gente è mediamente più povera di tasca ma nettamente più ricca di cuore di noi. Accetto l’invito. Nasuh abita in una zona a nord di Damasco, in un condominio di tanti piani.

Qui mi rendo conto di una cosa. La guerra butta giù le case, uccide, fa rumore ma poi se non riesce a devastarti così, lo fa nelle piccole cose e ti rende la vita complicata, ogni giorno. Questi sono gli orari dell’ascensore. Se non si va a quest’ora, non si sale. Si va a piedi perché la corrente è razionata. Una ventina di minuti di corrente ogni 5, 6 ore. E allora l’ascensore diventa come un treno, passa solo ad orari stabiliti e se devi farti 15 piani, ti metti in fila ed aspetti anche 20 minuti.

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Quando riusciamo a salire, arriviamo qui. La vista davanti a noi sa di tolleranza. Una chiesa, una moschea ed una piccolissima sinagoga tutte insieme. Nasuh è orgoglioso di mostrarmele. Sulla collina invece, il palazzo presidenziale.

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Una volta in casa, Nasuh mi presenta moglie e figlio. Due persone squisite. L’ospite qui è sacro, mi offrono qualsiasi cosa, mi sento quasi a disagio. La loro casa è modesta ma tenuta bene. Alcune cose attraggono la mia attenzione, in particolare un commutatore automatico ed un pappagallino che vola libero in casa.

Il commutatore collega e scollega la casa alla corrente di rete o al generatore condominiale a gasolio. Si va avanti solo così, purtroppo le centrali elettriche del paese sono state distrutte e le poche ancora in mano alle forze governative fanno fatica a soddisfare la domanda. Quando non c’è nulla si usa il gasolio che a volte scarseggia, perché anche il petrolio siriano purtroppo viene contrabbandato o meglio, rubato dagli Stati Uniti e da una miriade di forze che ruotano nella loro orbita. Non mi addentro troppo nell’argomento, una ricerca su Google può chiarire le idee.

Il pappagallino invece è incredibilmente libero. Vola in casa, si posa sui mobili e poi si riposa nella voliera. Non so dove faccia i suoi bisogni, voglio sperare nella voliera. Quando chiedo il perché lo lascino volare, Nasuh mi risponde con tono da brividi. “Quando mi hanno tolto la libertà, ho deciso che io non l’avrei mai fatto a nessuno, nemmeno agli animali. Il pappagallo è con noi, ma se vuole può volare via”

Non credo di poter rispondere nulla.

Parliamo del più e del meno, mi raccontano dei loro 10 anni di guerra, dell’ISIS, della loro vita mentre da quel balcone vedevano i mig russi carichi di bombe volare bassi sulla città, di quello che hanno perso e di quanto siano nonostante tutto fortunati.

Parliamo anche dell’inflazione, delle uova, della frutta e del pane comprati che ogni giorno aumentano del 10%.. Faccio una foto che spiega tutto. Prima della guerra 1 euro valeva circa 100 lire, ora con lo stesso euro si comprano 15000 lire. La gente gira con le auto cariche di mazzette.

Nasuh me ne lancia una da 50 dollari

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E la verità è che non possono nemmeno comprare valuta straniera. È fuori legge. Qualcuno aveva preso i risparmi e li aveva portati in Libano. Ha fatto il salto dalla padella alla brace. Ricchezza bruciata nel giro di poche settimane, soldi che valgono meno di carta straccia. La gente ha lasciato marcire quelle somme nelle banche, non valeva nemmeno la pena consumare benzina per andare a riprenderseli.

Manca qualche minuto all’iftar. Il sole cala velocemente all’orizzonte, dalla radio inizia il canto della preghiera, finalmente si può mangiare. O meglio, finalmente chi osserva il digiuno può iniziare a mangiare. Io e Nasuh l’avevamo già interrotto qualche ora fa. La moglie ed il figlio lo seguono in maniera scrupolosa.

Si inizia con i datteri. Chi fa il digiuno li mangia all’inizio del pasto per far si che il loro zucchero aumenti il senso di fame.

Eccoci qui tutti a tavola

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La portata principale, zucchina ripiena di carne cotta nello yogurt e servita con riso. Ottima.

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Finiamo poi il pasto con dolci e caffè

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La cena volge al termine, un bel ricordo di questa prima giornata siriana. Non tanto per la cena stessa ma per la compagnia e le incredibili storie di una famiglia che ha deciso di rimanere nel periodo più complicato della storia siriana moderna.

Saluto tutti, Nasuh si rimette il cappello di guida, autista e anche se stanco mi riaccompagna in albergo.

Scendiamo al buio, l’unica luce è quella del suo telefono

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Ci infiliamo in auto, in strada non c’è nessuno. Pochi minuti siamo al mio albergo. Passiamo davanti al monumento alla spada nella Umayyad Square, una delle piazze più maestose della città, sfondo comune delle manifestazioni, rivolte, feste e avvenimenti della storia damascena recente e non.

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Arrivo in albergo, stanco, felice della serata ma ancora con tanta voglia di vedere qualche cosa. Nella città vecchia c’è ancora qualcuno in giro, mi sento sicuro, mi incammino tra i vicoli e scatto qualche foto.

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Da notare l’ingresso in bandiera siriana, il tappeto in bandiera israeliana. Punti di vista.
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L’onnipresente
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Sono le 23:45, la stanchezza vince su tutto, ho anche bisogno di una rinfrescata prima di coricarmi, decido di incamminarmi verso l’albergo e concludere la mia prima lunga ed intensa giornata. Sono ancora più entusiasta di ieri, ho appena assaggiato la Siria, la sua gente, il suo cibo ma già ho capito che questo sarà un altro grande viaggio che mi porterò per sempre nel cuore.

Info di servizio: Le foto (molte delle quali sono dei frame video) sono in bassa qualità per motivi tecnici.
 
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marksimon

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6 Febbraio 2017
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Cameri (NO)
Le foto potranno essere anche di bassa qualità (e comunque non mi sembra), ma insieme al tuo racconto parlano a voce alta.
Grazie per averlo condiviso ed attendo con impazienza il resto.

Ciao
Marco
 
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26 Aprile 2012
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Principe, io vorrei che tu scrivessi TR ogni mercoledi.

Una meraviglia di post, un sacco di spunti interessantissimi e una finestra su una parte di mondo che, per qualsiasi motivo, non vediamo. I tuoi TR fanno pensare, e allargano la mente. Vedi, per esempio, il paragrafo su com'e' visto Assad nella parte di Siria che rimane sotto di lui; prima di leggerlo ero convinto che il mondo sarebbe un posto migliore senza il suo brutto ceffo... pero', come appunto fai notare, il rimedio spesso e' stato peggiore del male, citofonare a Raqqa per chiedere. E quindi uno rimane col dubbio, col pensiero, con la consapevolezza che la realta' e' sempre piu' complicata di quanto non sia legittimo pensare all'inizio.
 
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Brendon

Utente Registrato
14 Agosto 2016
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TRS/WAS/MEM
Info di servizio: Le foto (molte delle quali sono dei frame video) sono in bassa qualità per motivi tecnici
mi pare tu abbia un iPhone… prova ad installare photomator (il piano annuale ha una demo di 7 giorni) e prova ad applicare super sampling e AI Denoise, a volte fa miracoli.

per il resto… hai un modo di narrare così coinvolgente che sembra di essere lì assieme a te
 
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