Nessuno si fida di nessuno. A pochi giorni dall’incontro dell’Alitalia con il governo fissato per lunedì 9 gennaio - su iniziativa del premier Paolo Gentiloni, che però non parteciperà - c’è ancora confusione sulla ricetta da mettere in atto per la nuova ristrutturazione. Ci sono molte parti in bianco nel piano industriale che dovrebbe portare in attivo i conti della compagnia, che perde oltre un milione di euro al giorno (450 milioni la perdita netta nel 2016).
Salvo l’affermazione che la compagnia sarà sdoppiata in due parti, una per il breve e medio raggio con modello e offerta low cost (cosiddetta Alitalia 1) e una per il lungo raggio con modello tradizionale (Alitalia 2), il piano industriale 2017-2020 è poco più che una serie di linee guida.
Ma come trasformare in una low cost Alitalia 1, la compagnia (o divisione) per i voli entro l’Europa, non è stato chiarito. Non c’è accordo tra il vertice, il management, gli azionisti. Non basta dire low cost, bisogna anche stabilire a quale modello ci si riferisce: Ryanair, easyJet, o altri? Nessuno lo sa, neanche l’a.d. Cramer Ball. La messa a punto del piano del breve raggio è affidata a Laura Cavatorta, ex responsabile delle hostess che fece un balzo di carriera con Giancarlo Cimoli, quindi direttore di Air One nella Cai. Il presidente Luca Cordero di Montezemolo l’aveva portata al Comitato per le Olimpiadi Roma 2024, come «transport & tourism manager». Ora Cavatorta è tornata in Alitalia e fa il piano del corto raggio.
Le banche azioniste però, soprattutto Unicredit, non si fidano del piano in preparazione, lo ritengono un’imposizione del socio forte Etihad. Vogliono che vengano nominati due «advisor» o consulenti «indipendenti»: un advisor industriale che verifichi se il piano è solido e un advisor finanziario per valutare se il piano sta in piedi dal punto di vista finanziario. Questa doppia certificazione servirebbe anche per attuare la ristrutturazione finanziaria in base all’articolo 67 della legge fallimentare.
Si va quindi verso la nomina dei due advisor, che dovranno rivedere il piano elaborato dal management e da Lazard. Il vero punto è che le banche non si fidano dell’a.d. Ball e non vogliono mettere altri soldi.
Oggi l’unico soggetto disposto a mettere soldi in Alitalia sarebbe Etihad, ma la compagnia emiratina non può farlo da sola perché supererebbe il 50% del capitale e Alitalia perderebbe i diritti di volo. Etihad però non è d’accordo sull’abbandono del modello Alitalia «a cinque stelle» sbandierato da James Hogan e da Montezemolo.
Ball è in bilico. Montezemolo ieri è intervenuto sulle voci di possibili cambi del vertice, che vanno dalla sostituzione di Ball a un cambiamento più radicale. «Le recenti indiscrezioni di stampa che parlano di un presunto cambio al vertice di Alitalia sono prive di fondamento e non fanno bene all'azienda in momenti come questi», ha detto il presidente.
Montezemolo non dovrebbe partecipare all’incontro di lunedì al ministero dello Sviluppo economico, dove il padrone di casa sarà Carlo Calenda e ci sarà Graziano Delrio (Trasporti). Ci saranno Ball e il suo mentore Hogan. L’11 gennaio comincerà il confronto con i sindacati, allarmati per le indiscrezioni di un numero di esuberi che potrebbero arrivare a 4.000.
Fonte il sole 24 ore