Thread Alitalia - Gennaio 2017


Stato
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Di fatto il sistema aeroportuale italiano è frammentato a causa dei capricci di Alitalia e di chi lo ha permesso.

Classico scaricabarile all'italiana.
Il sistema aeroportuale italiano è frammentato grazie alla lungimirante gestione delle amministrazioni locali che, negli anni, hanno elargito sovvenzioni a vario titolo a compagnie aeree, italiane e straniere, per supportare infrastrutture che, in un contesto di libero mercato, non si sarebbero mai sviluppate.
Politica che ritorna anche nel dualismo Linate - Malpensa e affonda le sue radici, per chi non ne avesse memoria, nella famosa questione del Decreto Burlando, testo che delineava lo spostamento, in blocco, di tutti i voli operati da Linate (esclusa la Milano - Roma) a Malpensa.
Presentato il certificato di morte di Linate ci fu una levata di scudi di compagnie aeree (LH e BA presentarono ricorso in sede europea), di amministrazioni locali (per bypassare il problema concorrenza era stata proposta la LIN-CIA, ma Rutelli e Badaloni si opposero perché Ciampino non aveva le strutture adatte ad accogliere la navetta, salvo poi svilupparsi fino agli attuali 6 mil/pax anno), di sindaci (Rutelli, di nuovo, si preoccupò che la concentrazione di traffico intorno a MXP potesse ridurre il numero di voli da FCO), di ministri (con Ronchi e Melandri che presentano un VIA negativo per l'aumento del traffico a Malpensa) e del Comune di Milano (con il voltagabbana Albertini che, dopo aver abbracciato la causa di MXP, si schiera con cittadini e compagnie straniere per bloccarne il trasloco).
Sfido poi a supportare la tesi che disastri, gestionali ed economici, di micro aeroporti con perdite milionarie di cui si permea la cronaca italiana siano direttamente attribuibili ai "capricci" di una compagnia aerea, ma evidentemente il pensiero critico lo si attua solo quando ci torna utile.
 
Di fatto il sistema aeroportuale italiano è frammentato a causa dei capricci di Alitalia e di chi lo ha permesso.

Non ho detto sia stato solo colpa di Alitalia. Tuttavia se avesse mantenuto i suoi presidi in maniera più ''attenta'' probabilmente altre compagnie avrebbero avuto meno raggio di azione. Tutto qui.
 
Non ho detto sia stato solo colpa di Alitalia. Tuttavia se avesse mantenuto i suoi presidi in maniera più ''attenta'' probabilmente altre compagnie avrebbero avuto meno raggio di azione. Tutto qui.
Ma non scherziamo. AZ ha provato a presidiare MXP, a condizione che chiudessero LIN. Non essendo accaduto come è stato mille volte già spiegato qui sul forum (vedi anche ultimo post di FlyKing) KLM è scappata via ed AZ è dovuta tornare a LIN per forza di cose.
Anche LH è scappata via da MXP con le ossa rotte qualche anno fa. La verità è che il sistema aeroportuale milanese è in un costante limbo di certo non per colpa di Alitalia.
 
Ma non scherziamo. AZ ha provato a presidiare MXP, a condizione che chiudessero LIN. Non essendo accaduto come è stato mille volte già spiegato qui sul forum (vedi anche ultimo post di FlyKing) KLM è scappata via ed AZ è dovuta tornare a LIN per forza di cose.
Anche LH è scappata via da MXP con le ossa rotte qualche anno fa. La verità è che il sistema aeroportuale milanese è in un costante limbo di certo non per colpa di Alitalia.

Il motivo per cui LH è scappata con le ossa rotte è descritto nell'articolo postato più in alto. Cosa - o meglio chi- impedirebbe di sloggiare da LIN e tornare a MXP ed avere un aeroporto unico? Se AZ nel prossimo piano industriale vuole attivare le rotte extra europee da Linate, avremmo 3 aeroporti (LIN,MXP,BGY) sostanzialmente uguali in termini di tipologia di traffico, se chiaramente escludiamo MXP il quale sarebbe ulteriormente depotenziato. E allora per quale motivo dovrei attivare una navetta LIN-AUH in un apt angusto e poco ampliabile se ho un aeroporto con più capacità a circa 50 km, o per quale motivo dovrei attivare un LIN-Mosca se il volo è stato appena chiuso perché non remunerativo? E ancora che vogliamo dire di U2? Non è andata via da MXP perché si romperà le ossa fra poco? Eppure amplierà il numero di aeromobili basati!

A me sembra che Linate sia strenuamente difeso in quanto il management crede sia l'unica ancora di salvezza nel lungo tempo ma si rivelerà una bastonata fra i denti.
 
Il motivo per cui LH è scappata con le ossa rotte è descritto nell'articolo postato più in alto.
Che, come ti facevo notare, e' lo stesso motivo per il quale e' sloggiata anche KLM a suo tempo, forse non te lo ricordi
Cosa - o meglio chi- impedirebbe di sloggiare da LIN e tornare a MXP ed avere un aeroporto unico?
Forse non ti e' ben chiaro come funziona il sistema milanese
Se AZ nel prossimo piano industriale vuole attivare le rotte extra europee da Linate, avremmo 3 aeroporti (LIN,MXP,BGY) sostanzialmente uguali in termini di tipologia di traffico, se chiaramente escludiamo MXP il quale sarebbe ulteriormente depotenziato. E allora per quale motivo dovrei attivare una navetta LIN-AUH in un apt angusto e poco ampliabile se ho un aeroporto con più capacità a circa 50 km, o per quale motivo dovrei attivare un LIN-Mosca se il volo è stato appena chiuso perché non remunerativo?
Perdonami ma faccio fatica a capire questo passaggio
E ancora che vogliamo dire di U2? Non è andata via da MXP perché si romperà le ossa fra poco? Eppure amplierà il numero di aeromobili basati!
U2 c'entra come i cavoli a merenda. Stiamo parlando di due business models differenti. Spero lo capisca anche tu.
A me sembra che Linate sia strenuamente difeso in quanto il management crede sia l'unica ancora di salvezza nel lungo tempo ma si rivelerà una bastonata fra i denti.
Perche'?
 
Ultima modifica:
Non ho detto sia stato solo colpa di Alitalia. Tuttavia se avesse mantenuto i suoi presidi in maniera più ''attenta'' probabilmente altre compagnie avrebbero avuto meno raggio di azione. Tutto qui.
AZ LAI è stata scientemente uccisa per non decidere di non cedere alle pressioni su LIN. Una KLM che non rompe l'alleanza con una gestione corretta del sistema milanese avrebbe probabilmente cambiato un bel po' il futuro.
 
AZ LAI è stata scientemente uccisa per non decidere di non cedere alle pressioni su LIN. Una KLM che non rompe l'alleanza con una gestione corretta del sistema milanese avrebbe probabilmente cambiato un bel po' il futuro.

Credo che, come in tutte le vicende AZ, Alitalia sia stata uccisa da se stessa: bastava mollare Milano il giorno dopo...I manager con le palle, non sono mai esistiti in AZ. tanto meno quelli con cervello.


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Credo che, come in tutte le vicende AZ, Alitalia sia stata uccisa da se stessa: bastava mollare Milano il giorno dopo...I manager con le palle, non sono mai esistiti in AZ. tanto meno quelli con cervello.
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Cempella non era l'ultimo arrivato, ma il problema di AZ, specialmente quella pubblica, è che è sempre stata considerata una vacca da mungere piegata ad interessi politici ed economici dei vari player che gli giravano attorno.
 
Cempella non era l'ultimo arrivato, ma il problema di AZ, specialmente quella pubblica, è che è sempre stata considerata una vacca da mungere piegata ad interessi politici ed economici dei vari player che gli giravano attorno.

Considerando le successive performance di AZ CAI e AZ SAI al cospetto delle quali AZ LAI sembra quasi un'impresa di successo, temo che i problemi più che tra ii players esterni vadano ricercati in quelli interni . Dici bene , Cempella uomo in gamba, ma è andato via. Anche i governi e molti politici nel frattempo sono andati via. Solo i fallimenti rimangono, a quanto pare.

E se magari, invece di affannarsi ogni volta fino all'inverosimile a cercare il capro espiatorio di turno quando , puntuale, la crisi di liquidità bussa alla porta di Alitalia si cominciasse una riflessione , diciamo così....un po più " introspettiva " ?
 
Gli errori e le colpe su Alitalia

La girandola di azionisti e amministratori delegati della compagnia è stata vorticosa, con piani di rilancio che non hanno prodotti i risultati sperati

[FONT=main-condensed_light_italic]di Ferruccio de Bortoli
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Ai tempi d’oro dell’Iri, l’Alitalia era la punta di diamante della presenza dello Stato in economia. La vetrina nella quale specchiarsi. Il mercato del trasporto aereo era appannaggio quasi esclusivo delle compagnie di bandiera, regolato dai rapporti tra Stati. Il suo presidente, tra il ’78 e l’88, era Umberto Nordio. Espressione massima del boiardo di Stato: temuto, corteggiato, invidiato. Si arrivò addirittura a pensare che il mondo dell’Iri potesse avere un grattacielo a New York, espressione della propria forza industriale. Chi avrebbe dovuto realizzare il sogno italiano? L’Alitalia. Su questo e altri temi epico fu lo scontro, nell’88, fra Nordio e il presidente dell’Iri Romano Prodi. È passata un’eternità. La compagnia è stata privatizzata, salvata più volte, rimpicciolita, eppure è ancora sull’orlo del precipizio. La girandola di azionisti è stata vorticosa. Gli amministratori delegati si sono succeduti con la frequenza degli allenatori di calcio sulla panchina più instabile: uno in media all’anno. Sono stati fatti innumerevoli piani di rilancio da uno stuolo di consulenti, pagati fino a un milione a studio per dire sempre le stesse cose. Anche Etihad, che ha il 49 per cento del capitale, non sembra essere riuscita nell’impresa di strappare Alitalia al suo destino. I numeri sono impietosi: la società ha una perdita operativa, non considerando le partite straordinarie, di 500 milioni l’anno, accumulata nel periodo più favorevole per il prezzo del petrolio, prima voce di costo.

Si riparla nuovamente di esuberi: almeno 1.500. Secondo altre fonti molti di più. Il governo chiede un piano preciso prima di tornare a discutere di tagli. Quello precedente aveva pregato Alitalia di astenersi da annunci prima del referendum del 4 dicembre. Le banche creditrici e azioniste, Intesa Sanpaolo e Unicredit, hanno espresso la loro sfiducia nell’amministratore delegato, l’australiano Cramer Ball. Gli azionisti di Abu Dhabi, convinti nel 2014 a investire in Italia dall’attuale presidente Luca di Montezemolo, sostengono che il governo non ha mantenuto tutte le promesse (esempio, più voli da due ore a Linate). L’idea che Alitalia possa alimentare il loro hub è venuta un po’ meno. Delusi sì ma anche deludenti. C’è un dato che spiega quanto sia cambiato in profondità il trasporto aereo. La quota di mercato in Italia di Ryanair è passata, negli ultimi cinque anni, dal 20 al 30 per cento. È il primo operatore nazionale. Lo è diventato grazie a qualche aiuto (Regioni) e molta insipienza. In altri Paesi non è accaduto. La compagnia low cost irlandese — che senza la liberalizzazione europea non sarebbe mai esistita — ha annunciato che investirà ancora di più nel nostro Paese mettendo a disposizione delle sue rotte altri venti aeromobili. Il mercato cresce del 4 per cento l’anno. E Ryanair guadagna. La domanda principale è questa: Alitalia è in grado, trasformandosi, di farle concorrenza nel cosiddetto corto raggio? Nel medio e lungo raggio, nonostante nuove rotte (Pechino, Seul) e servizi decisamente migliori, gli spazi di mercato premium sono ancora più impegnativi. E non si potrà fare a meno di un alleato di peso (Lufthansa?) vista l’impossibilità di Etihad di crescere nell’azionariato di una compagnia che non può che restare europea. Le destinazioni americane, tra le più redditizie, sono precluse da accordi precedenti (Delta, Air France). I cosiddetti slot più ambiti sono stati venduti, come argenteria, nei momenti di magra. Alitalia non riesce a volare come vorrebbe il mattino presto su Londra.


Scrivere e condividere un piano di rilancio sarà impresa ardua. Al momento c’è poco. La governance dovrà essere rivista, probabile un radicale cambio alla dirigenza. Non è solo una questione di costo del lavoro che è di circa 600 milioni l’anno, anche se il personale di staff (4 mila su circa 13 mila dipendenti) è sproporzionato. Ma è il cosiddetto modello di business l’ostacolo maggiore. Se si deciderà di dar vita a un nuovo operatore sul corto raggio non si potrà sfuggire da alcuni raffronti. Ryanair e EasyJet hanno costi di funzionamento abissalmente più bassi, fino al 67 per cento in meno. Riempiono i voli quasi al 100 per cento. Alitalia supera di poco il 70 per cento. Ryanair serve nella Penisola più aeroporti di tutti. Ha 350 connessioni da e verso l’Italia. Alitalia solo 150 e non può più permettersi di servire destinazioni in perdita (Roma-Malpensa; Roma-Reggio Calabria, ecc.).

«In Europa c’è un eccesso di capacità produttiva — spiega Andrea Boitani, docente di Economia politica alla Cattolica di Milano — Lufthansa e Klm-Air France riescono a fatica a integrare il loro network di voli con il corto raggio che alimenta le distanze più lunghe. Alitalia era già senza speranze nel 2000. Bisognava chiuderla e trasformarla. Con coraggio. Chiamarla compagnia di bandiera non ha più senso. E nemmeno la giustificazione che possa aiutare, così come oggi, il turismo non regge più». Boitani si riferisce a quello che accadde nella crisi che esplose nel 2006. Il governo Prodi era sul punto di cedere, nel marzo del 2008, Alitalia a Klm-Air France per 1,7 miliardi con 2.100 esuberi. Il sindacato si oppose. Il dossier infuocò la campagna elettorale. Berlusconi appoggiò il formarsi di una cordata di imprenditori italiani con la giustificazione che se Alitalia fosse finita in mani francesi «i turisti avrebbero visitato di più i castelli della Loira delle nostre città d’arte». Il piano Fenice, studiato da Corrado Passera, allora amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, fondeva Alitalia con la zoppicante e indebitata AirOne.

Il Sole 24 Ore, che prese una posizione contraria al proprio azionista impegnato nella cordata patriottica, calcolò già allora, in un articolo del 6 settembre 2008, il maggior costo per la collettività (e in parte per azionisti e obbligazionisti) della proposta dei cosiddetti capitani coraggiosi: tra 3 e 4 miliardi. Fu concessa una cassa integrazione con uno scivolo di sette anni, finanziata anche con un rincaro di tre euro a biglietto. Nel 2015 Mediobanca ha stimato quanto sia costata al Paese la pessima gestione di Alitalia degli ultimi quarant’anni: 7,4 miliardi. I tempi di Nordio sono finiti da un pezzo, ma i nostalgici della compagnia di bandiera, generosa in assunzioni e servizi, delle partecipazioni statali legate a doppio filo con la politica, del peggior potere sindacale, resistono. Tra i piloti c’è chi abita a Marbella e il sindacato insiste perché venga pagato il trasporto sul posto di lavoro. E anche tra i molti azionisti succedutisi negli anni c’era la radicata riserva mentale che, alla fine, lo Stato avrebbe fatto il pagatore di ultima istanza. Ma il conto è già colossale e insopportabile.

http://www.corriere.it/opinioni/17_...ia-144effc4-d778-11e6-94ea-40cbfa45096b.shtml
 
Non mi sembra che la musica sia cambiata poi tanto

appunto, da cui la domanda che avevo posto ieri. Sentire ancora parlare di "governo che attende un piano industriale dettagliato" (per farci cosa?) e' anacronistico e sembra richiamare ennesimamente agli interessi trasversale che da sempre investono AZ.
Intanto passano le settimane e magari finira' come per MPS: "e io pago!"
 
Gli errori e le colpe su Alitalia


Il Sole 24 Ore, che prese una posizione contraria al proprio azionista impegnato nella cordata patriottica, calcolò già allora, in un articolo del 6 settembre 2008, il maggior costo per la collettività (e in parte per azionisti e obbligazionisti) della proposta dei cosiddetti capitani coraggiosi: tra 3 e 4 miliardi. Fu concessa una cassa integrazione con uno scivolo di sette anni, finanziata anche con un rincaro di tre euro a biglietto. Nel 2015 Mediobanca ha stimato quanto sia costata al Paese la pessima gestione di Alitalia degli ultimi quarant’anni: 7,4 miliardi. I tempi di Nordio sono finiti da un pezzo, ma i nostalgici della compagnia di bandiera, generosa in assunzioni e servizi, delle partecipazioni statali legate a doppio filo con la politica, del peggior potere sindacale, resistono. Tra i piloti c’è chi abita a Marbella e il sindacato insiste perché venga pagato il trasporto sul posto di lavoro. E anche tra i molti azionisti succedutisi negli anni c’era la radicata riserva mentale che, alla fine, lo Stato avrebbe fatto il pagatore di ultima istanza. Ma il conto è già colossale e insopportabile.

http://www.corriere.it/opinioni/17_...ia-144effc4-d778-11e6-94ea-40cbfa45096b.shtml[/FONT]

Con buona pace di due nostri grandi forumisti.....mitico Dragoni!!!!
 
In realtà rispetto ai tempi di AZ LAI il mercato si è liberalizzato un sacco con molta più concorrenza sia low cost che perfino sul lungo raggio.

questo e' vero Farfallina, ma penso il pensiero fosse indirizzato piuttosto al fatto che AZ e' rimasta invece al palo, ostaggio degli interessi trasversali di cui parlavo; personaggi come Presidenti e AD, azionisti e una certa dirigenza costantemente legati al mondo politico-finanziario e non a quello prettamente aeronautico...
 
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