Da sindaco di Portofino alla lotta con i camalli, D’Alessandro ha nel passato anche Fiat e Pirelli
Roberto, l’amico di Craxi e Moratti riportato in alto dalla lobby ligure
MASSIMO MINELLA
DUE volte caduto nella polvere, due volte risorto. E ora chiamato addirittura a risistemare il cielo sopra Milano. Roberto D’Alessandro, il manager genovese che Bettino Craxi volle a Genova negli anni Ottanta per rilanciare un porto svuotato di navi, che finì travolto nel 93 e nel ‘94 dallo scandalo di Tangentopoli uscendone entrambe le volte assolto, occupa da ieri la poltrona di amministratore delegato della Sea. A volerlo è stato il sindaco Letizia Moratti, che da nubile si chiamava Brichetto e che, come D’Alessandro, ha origini genovesi. Trai due un’amicizia di lunga data e l’apprezzamento della Moratti per quel manager che per cinque anni fu anche presidente dell’aeroporto di Genova. Proprio quell’esperienza alla guida del piccolo scalo genovese che venne inaugurato con una scenografica discesa in terra di Bettino Craxi dall’elicottero, pare essere stato l’elemento in più che ha indotto la Moratti a puntare su D’Alessandro. Che ora a settant’anni compiuti inizia la sua nuova avventura.
Figlio di un generale dei carabinieri, nato e cresciuto a Genova, D’Alessandro si laurea a ventidue anni in Legge. Subito assunto dall’Italsider, viene spedito a Beirut a vendere acciaio. E così costretto a interrompere la sua carriera di pallanotista, portiere scudettato della Pro Recco, ma si consola prendendo casa a Portofino, che elegge a sua residenza e di cui sarà sindaco per dieci anni filati fra l’85 e il 95. A 29 anni la Zanussi gli affida la direzione commerciale. Poi tocca alla Pirelli, 11 anni ai Pneumatici, prima direttore commerciale e poi direttore generale, fino all’ingresso in Fiat, nell’82, alla guida del comparto editoriale (amministratore delegato della Fratelli Fabbri e della Publikompass). Nell’84 Craxi, presidente del Consiglio, lo chiama a Roma e gli indica la sua nuova missione: la guida del porto di Genova, fiaccato dalle lotte sulle banchine e dentro al quale, nel giorno di Capodanno, non ha suonato nemmeno una sirena. D’Alessandro prende in mano il Consorzio autonomo del porto, rovescia logiche cristallizzate da tempo e inventa i “Libri Blu” che per la prima volta introducono la logica della privatizzazione in banchina. E una rivoluzione che costa cara al porto e alla città, attonita di fronte all’epico scontro tra il manager craxiano e lo storico capo dei camalli, Paride Batini. D’Alessandro introduce elementi di forte innovazione, sfila l’aeroporto al Consorzio ma la guerra finisce solo con l’intervento del cardinale-principe di Genova Giuseppe Siri che sgrida il manager: «Guardi che anche loro devono mangiare».
Finito il suo mandato in porto, è ancora Craxi che lo indica alla presidenza dell’Agusta. Ma è qui che, negli anni Novanta, il ciclone Tangentopoli lo abbatte per due volte: nell’aprile del ‘93 viene arrestato nella sua villa di Portofino con l’accusa di aver pagato una tangente di due miliardi e mezzo di lire per vincere una supercommessa di elicotteri alla Protezione civile. Scarcerato, viene nuovamente arrestato nel 94 per violazione della legge sul finanziamento ai partiti. Accuse da cui viene in seguito prosciolto. Nel ‘95 D’Alessandro riparte come consulente di aziende da ristrutturare, una nuova vita professionale che culmina, nel2001, con la nomina ad amministratore delegato della Necchi di Pavia. L’incarico termina nel 2003 e D’Alessandro rientra a Portofino, dove un anno dopo ritenta l’avventura politica e a capo di una lista civica sfida il sindaco uscente, Giorgio Devoto, detto “Il tigre”. Battuto per nove voti diventa il capo dell’opposizione. Tutto finito? Neanche per idea. D’Alessandro continua nella sua attività di consulente fino alla chiamata di Moratti. Già stamattina sarà nel suo nuovo ufficio alla Sea e la prima chiamata sarà a Sandro Carena, attuale presidente dell’aeroporto di Genova e suo braccio destro ai tempi del Consorzio.
Tratto da Repubblica, ed. Milano, del 21-11-06