Citazione:Messaggio inserito da billie-joe
Si ricorderà che nel bando della gara che poi è fallita, tra i requisiti c'era quello della salvaguardia per ben otto anni degli elementi d'identità nazionale
Non è che magari c'è un nesso di causa-effetto tra le due cose?
Sempre sull'argomento, consiglio la lettura dell'editoriale di Massimo Giannini di Repubblica:
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La vittoria del mercato
È un segno del destino. Mentre Nicolas Sarkozy prepara il matrimonio con Carla Bruni, Alitalia sceglie di convolare a nozze con Air France. Ha vinto il mercato, com'era logico e giusto. Il consiglio d'amministrazione, chiamato a decidere tra l'offerta francese e quella di Air One, ha scelto la migliore. E l'ha fatto secondo gli unici criteri che dovrebbero sempre guidare le strategie di un'azienda: redditività, efficienza, qualità, concorrenza. Su ciascuno di questi punti (e non solo sul prezzo, 35 centesimi per azione contro 1, che pure conta qualcosa) la proposta francese è più conveniente di quella italiana.
Purtroppo, vorremmo aggiungere. C'è pur sempre un piccolo trauma collettivo, quando un Paese è costretto ad ammainare una sua vecchia "bandiera", a maggior ragione se quella bandiera è anche un simbolo del suo "miracolo economico". E per questo farà bene Cyril Spinetta a dare tutte le garanzie necessarie sulla conservazione del marchio Alitalia e sulla valorizzazione della sua "dignità" di partner. Sarebbe stato bello se la nostra gloriosa compagnia, ormai da troppo tempo sull'orlo della bancarotta, avesse avuto la capacità di risollevarsi con le proprie forze, liberandosi dal giogo imposto da una politica irresponsabile e dalle catene obbligate da un sindacato irriducibile. Ormai è troppo tardi.
Si poteva tentare dieci anni fa, quando Alitalia aveva ancora una quota di traffico internazionale pari al 43%, non oggi che è crollata al 23% nonostante il clamoroso boom del business del trasporto aereo mondiale. E sarebbe stato ancora più bello se, a salvarla e a rilanciarla, fosse stato un grande "campione nazionale", con un progetto industriale ambizioso e un piano finanziario realistico. Carlo Toto, con tutto il rispetto, non ha queste caratteristiche, come dimostrano i dati di bilancio della Ap Holding riportati ieri da Ettore Livini su questo giornale. E non basta l'ombrello generosamente aperto da Intesa-San Paolo, il nostro più grande colosso bancario, a coprire le troppe lacune della sua offerta.
Nella vittoria francese, a dispetto della miopia culturale e dell'autarchia provinciale dei capipartito, non c'è una sconfitta dell'"italianità". Un "valore" che in sé non ha più alcun senso, nel mondo globalizzato dove accade persino che i "mercanti" ex comunisti della Cina vengano accolti con tutti gli onori nel tempio del capitalismo americano. Semmai c'è una lezione per l'Italia, che oggi paga il conto di un insanabile fallimento imprenditoriale con un inevitabile ridimensionamento geo-politico. Ma c'è una possibilità per Alitalia, visto che la nostra compagnia viene rilevata da un gigante del trasporto aereo che nel '93 era a sua volta a un passo dal fallimento (con quasi 6 miliardi di debiti e un rosso fisso di 1,3 miliardi) e oggi è diventato il più grande vettore del pianeta. E c'è un'opportunità per gli italiani, che potranno contare su un miglioramento dell'offerta, grazie all'innesto del vettore italiano nel network planetario franco-olandese. Dunque più rotte, servizi migliori, maggiore concorrenza sulle tratte nazionali, migliore collegamento sulle tratte internazionali. In prospettiva, finalmente, tariffe più convenienti. Chi oggi strepita contro la "colonizzazione" farebbe bene a chiedersi a chi conviene difendere ancora i vecchi privilegi e le vecchie clientele, con l'inattuale pretesto della difesa nazionalistica di Alitalia. Probabilmente conviene ai politici. Sicuramente conviene ai dipendenti. Certamente non conviene ai passeggeri, costretti a pagare biglietti carissimi per un Roma-Milano gestito in regime di sostanziale monopolio. Declinata in questa chiave di mercato, sempre esecrata dalla sinistra massimalista e dalla destra statalista, la nascita di una potenziale Ali-France è uno shock salutare per questo sciagurato Paese.
Dopo la decisione "tecnica" del cda della compagnia, la palla passa alla politica. Ora ci sono due cose che non devono accadere. La prima riguarda il centrodestra. Si può capire che, nella ex Cdl, vi sia qualche preoccupazione legata al destino di Malpensa, non più "secondo hub" nazionale secondo i piani di Air France-Klm. Ma quello che non si può accettare è che da Berlusconi in giù, passando per Bossi, Formigoni e la Moratti, l'opposizione rifiuti le scelte e le leggi del libero mercato. Proprio loro, che si chiamavano "Casa delle Libertà" e si richiamavano agli spiriti animali del capitalismo, oggi si ribellano per banali ragioni di campanilismo. Proprio la Lombardia, il cuore del Nord che produce ricchezza e conduce la battaglia vincente del Made in Italy nel mondo, oggi viene "usata" per esigenze di piccola bottega.
La seconda riguarda il centrosinistra. L'ultima parola sull'operazione Air France-Alitalia toccherà al governo, che dovrà deliberare entro la prima metà di gennaio. Si può capire che vi sia qualche rammarico, e anche qualche remora, nel vendere la compagnia di bandiera ad un colosso straniero. Ma quello che non si può accettare, da Prodi in giù, passando per Rutelli, D'Alema e Bianchi, è che la maggioranza sconfessi il cda, e decida secondo altre logiche, a questo punto superate dal mercato. L'esecutivo ha già fatto troppi danni, in queste lunghe settimane di colpevole incertezza, che hanno contribuito a svilire ulteriormente il titolo Alitalia in Borsa. Ogni ulteriore ripensamento, ogni ulteriore indecisione, stavolta sarebbero esiziali. Toccherà al premier dirimere gli ultimi dissidi in consiglio dei ministri, se necessario a costo di qualche forzatura. "Ho ascoltato i suoi punti di vista. Non vanno d'accordo con i miei. La decisione è presa all'unanimità". Lo diceva proprio un francese, il generale De Gaulle. Un altro segno del destino.
(22 dicembre 2007)
http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/economia/alitalia-12/giannini/giannini.html