Gli stipendi d'oro dei manager Sea: il numero due guadagna in un anno 829mila euro
La notizia fra i lavoratori Sea circolava da un po’. E oggi, con il posto di lavoro in pericolo per la multa europea da 452 milioni di euro che rischia di far saltare il banco, è diventata motivo di dibattito. Soprattutto dopo le polemiche suscitate dalle dichiarazioni dell’ad delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, che aveva intimato al governo di non ridurre i suoi 870mila euro. Ma si chiedono i dipendenti della partecipata del Comune di Milano che gestisce gli scali di Linate e Malpensa: come si può chiedere a un lavoratore di tagliarsi lo stipendio, se non addirittura di restare a casa, quando in azienda ci sono almeno tre manager che guadagnano cifre quasi milionarie? In particolare uno, che porta a casa 829mila euro lordi all’anno.
Il tema di quanto guadagnano i manager di società a partecipazione pubblica viene sollevato anche a Milano. I casi della discordia sono tre buste paga d’oro percepite dai vertici aziendali. La prima è quella del “Chief operating officer e deputy ceo” di Sea spa, Giulio De Metrio: il numero due della società, l’operativo che fa girare i voli nei due scali milanesi e che segue anche la parte commerciale, guadagna 829mila euro lordi all’anno. Lo segue a ruota il “Chief corporate officer”, Luciano Carbone, con 611mila euro di remunerazione per gestire la parte legale, il real estate e il personale. Chiude il cerchio magico delle maxiretribuzioni un terzo manager, il direttore finanziario Michele Pallottini (uomo di F2i), che guadagna circa 400mila euro. Assieme valgono quasi due milioni di euro all’anno.
Un tema fortemente attuale, quello dei maxistipendi dei manager pubblici, oggi che il governo di Matteo Renzi è al lavoro per abbassare il tetto massimo di guadagno. È stato un piccolo sindacato autonomo, Adl, nato di recente da una costola dell’Usb, a denunciare i due megastipendi nella società (controllata dal Comune al 54 per cento e dal fondo privato guidato da Vito Gamberale, F2i, al 44 per cento) che suscitano così tante polemiche. Dopo che l’anno scorso, una volta diventato azionista, anche lo stesso Gamberale li aveva criticati. Sono una cinquantina i dirigenti in Sea. Con stipendi variabili. Da un minimo di 100mila euro ai massimi che sfiorano il milione lordo all’anno. «Ci si lamenta degli 800mila euro di Moretti che governa un’azienda con oltre 70mila dipendenti - denunciano i sindacati - e nessuno dice nulla dei nostri che ne governano meno di 5mila».
Prima di discutere di qualsiasi taglio si vada a guardare queste buste paga, è il messaggio. «Se i nostri stipendi devono essere in linea con quelli del mercato, per i loro c’è una deroga speciale?», si interrogano su un volantino che circola specie a Malpensa. Sulle cifre la società per azioni non dà conferme ufficiali appellandosi alla legge sulla privacy, ma nei corridoi aziendali sono ritenute molto attendibili. Oggi che i lavoratori Sea si dividono dea cassa integrazione e contratti di solidarietà, e con la spada di Damocle della multa europea a Sea Handling che mette a rischio i suoi 2.300 dipendenti, «urge un tetto agli stipendi dei manager», chiede il sindacato. Che invoca anche una maggior trasparenza. Come?
Due anni fa la giunta di Giuliano Pisapia ha recepito la delibera della Corte dei conti che, in base alle normative sui tetti degli stipendi dei manager pubblici, stabilisce in 290mila euro il massimo della remunerazione. Da allora, durante l’era Pisapia, in piazza della Scala assicurano che nessun nuovo contratto sottoscritto nelle aziende partecipate da Palazzo Marino ha superato questa soglia. Tanto che, anche all’interno dell’amministrazione, nessuno arriva a quella cifra. Il massimo lo percepisce il direttore generale Giuseppe Tomarchio, 200mila euro. Il problema, però, sorge per i contratti già in essere e per i quali la retroattività della norma, secondo l’interpretazione più condivisa, non varrebbe. In questo caso, in sostanza, tutto sarebbe affidato a un passo indietro di percepisce gli stipendi d’oro. E sarebbe proprio il caso dei manager in questione, peraltro al lavoro in una partecipata comunale che è una società per azioni, e quindi sottoposti a regole diverse rispetto a quelle dei manager pubblici.
De Metrio e Carbone vennero scelti anni fa dall’ex presidente di Sea, Giuseppe Bonomi, uomo forte della Lega. A Bonomi, ai tempi presidente e direttore generale della società aeroportuale, Pisapia chiese di ridursi lo stipendio composto da un fisso annuo di 600mila euro e de 262mila 200 euro di bonus. Bonomi rinunciò sì allo stipendio, ma a quello dovuto come presidente: 44.700 euro lordi annui. Tutt’altra storia quella di Pietro Modiano, il presidente di Sea dal 2013 nominato dal sindaco arancione, il quale poco dopo la nomina annunciò che avrebbe rinunciato allo stipendio di 200mila euro. E che se oggi guadagna ancora qualcosa, è comunque nettamente inferiore alla paga dei manager sotto di lui.
http://milano.repubblica.it/cronaca/2014/04/11/news/sea-83272108/?ref=HREC1-15