IL PRESIDENTE DELLA REGIONE, MARONI: LIBERALIZZARE LINATE SAREBBE UNA DICHIARAZIONE DI GUERRA ALLA LOMBARDIA
Il piano per 25 destinazioni
Ma il grande salto resta un sogno
Quando nacque l’obiettivo era 40 milioni di passeggeri, ora sono meno di venti. Nel progetto della compagnia emiratina ci sono 14 rotte in più
di Claudio Del Frate
C’è stato un tempo in cui per Malpensa si vagheggiava di 40 milioni di passeggeri l’anno e della costruzione di una terza pista. Mica parliamo di un’epoca lontana, ma del luglio 2011, giorni in cui si era aperta al ministero dell’Ambiente la possibilità di presentare osservazioni al nuovo piano d’area dello scalo. Che per l’appunto metteva in gioco quei mirabolanti numeri. La realtà attuale parla di un 2013 chiusosi con 17,8 milioni di traffico in calo del 3% rispetto all’anno precedente e con la terza pista destinata a rimanere niente più di un tratto di matita sulla carta geografica.
La storia della Grande Malpensa si gioca per intero su questo duplice piano: il sogno (o l’utopia) di diventare un grande hub internazionale in grado di fare concorrenza ai fratelli maggiori d’Europa e la realtà in cui si cerca di restare a galla grazie ai voli low cost . La piega che sta prendendo la trattativa Etihad - Alitalia, con gli arabi che hanno fatto capire di voler privilegiare Linate, è solo l’ultima doccia fredda piovuta sullo scalo varesino. Chi se lo ricorda il progetto della grande alleanza Alitalia-Klm per fare decollare Malpensa? O la breve luna di miele con Lufthansa? O i giorni in cui la compagnia di bandiera italiana, benché carica di debiti, tentava di tenere in piedi sia Fiumicino che il rivale del Nord?
Ieri voci vicine al ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi hanno cercato di raffreddare le tensioni: «Etihad, pur avendo chiesto di liberalizzare i voli su Linate si è impegnata a sostenere Malpensa, sia con il traffico merci che con l’apertura di nuove rotte passeggeri; le destinazioni potrebbero passare da 11 a 25. Lupi ha chiesto che questi impegni vengano messi in chiaro al più presto» è stato fatto sapere. Ma Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia, ieri è stato esplicito e diretto: «Liberalizzare i voli di Linate significherebbe affossare Malpensa. E soprattutto sarebbe una dichiarazione di guerra alla Lombardia».
Un miliardo e 300 milioni di euro sono la cifra spesa dallo Stato italiano per la sola costruzione delle piste e dei terminal. Ma dietro al cantiere principale ne sono venuti appresso tanti altri. I 40 milioni di passeggeri ipotizzati per Malpensa sono stati l’argomento principe per far arrivare fino a qui l’autostrada Pedemontana che attraversa la Lombardia da Bergamo alla cintura nord di Milano (i cantieri procedono ora a singhiozzo perché a singhiozzo arrivano i fondi) mentre la statura intercontinentale dello scalo aveva giustificato la nuova linea ferroviaria verso Lugano (completato il tratto svizzero, paralizzati i lavori in Italia). Addirittura cinico il destino della superstrada di collegamento con la Milano - Torino, costruita per far affluire a Malpensa i passeggeri del Piemonte: il taglio del nastro avvenne il 31 marzo 2008, il giorno dopo l’annuncio che Alitalia si sarebbe ritirata da Malpensa. E poi c’è il capitolo delle delocalizzazioni. Quando la grandeur nordista pareva un traguardo concreto, per consentire decolli e atterraggi in sicurezza erano stati evacuati due paesi (Case Nuove e la frazione Moncucco di Lonate Pozzolo, oltre 2 mila persone in tutto) e lo Stato aveva acquistato case, officine e negozi spendendo oltre 100 milioni di euro pensando di trasformarli in strutture a sostegno dell’aeroporto. Quei paesi fantasma sono divenuti il regno di rovi, macerie, ruggine, rifugio di sbandati. Pochi giorni fa la Regione Lombardia ha stanziato 3,9 milioni di euro per radere tutto al suolo.
Fin qui gli investimenti pubblici. Ma anche i privati avevano scommesso sul boom del traffico nei cieli di Lombardia. Una multinazionale olandese pensò di tirare su un centro direzionale di quattro torri, ne ha realizzata appena una; la catena Sheraton ha costruito un hotel proprio di fronte al terminal 1 ma dovrà fare i conti con uno scalo che non è (e difficilmente sarà) quello immaginato. Voli, merci, bagagli, traffici furono una speranza di impiego per migliaia di persone: al suo apice qui arrivarono a lavorare (tra diretti e indotti) oltre 22 mila persone, oggi siamo scesi a meno di 15 mila, con un altissimo tasso di precariato e di conflittualità sindacale.
La politica al Nord si è molto spesa per tenere in vita questa cattedrale. Umberto Bossi, nel 2008, fece dimettere da presidente della Provincia di Varese l’allora astro nascente del Carroccio Marco Reguzzoni per inviarlo a Montecitorio con l’esplicita missione di diventare «sentinella di Malpensa». «Ma 15 giorni dopo la nostra elezione il governo pose la fiducia sul decreto di salvataggio di Alitalia» ricorda oggi Reguzzoni che, messa da parte la politica, fa l’imprenditore tra Italia e Stati Uniti. «Fu subito chiaro - prosegue l’ex deputato - che Alitalia era una lobby imbattibile e dovendo scegliere se salvare la compagnia aerea o l’aeroporto, venne scelta la prima strada. Se Lupi che pure è uomo del Nord proseguirà su questa linea commetterà un errore clamoroso». Identificare però Malpensa come un simbolo leghista sarebbe un errore. Per dire: la battaglia contro l’Unione Europea (e contro l’allora arcigno commissario ai trasporti Neil Kinnock) contraria al decollo di Malpensa a scapito di Linate, fu condotta in prima persona da Romano Prodi. E alla guida di Sea (la società che gestisce gli scali milanesi) a un certo punto fu chiamato Giorgio Fossa, proveniente direttamente dalla presidenza di Confindustria.
E dunque il grande sogno di avere in Lombardia un aeroporto intercontinentale ha ormai imboccato la parabola discendente? «Non credo che la salvezza possa giungere dal traffico cargo - commenta Roger Zanesco, che guida una singolare associazione di sostenitori di Malpensa - perché ormai le merci viaggiano in gran parte nella “pancia” degli aerei passeggeri. Se non verranno ripristinate le rotte intercontinentali, difficilmente il settore decollerà». Che sia in arrivo l’ennesimo sogno infranto?
http://www.corriere.it/economia/14_...no-25ea92b6-c3b2-11e3-a057-b6a9966718ba.shtml
Nell'articolo si parla di un passaggio da 11 a 25 destinazioni, quali potrebbero essere?