[TR] (Ostinatamente) verso Kashgar.


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26 Aprile 2012
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0. Antefatto: mai fidarsi del messicano.

Tutto ciò che ha un inizio ha una fine, si sa. Così com’era iniziata nel 2016, la mia passione per l’Asia centrale doveva finire, e ho deciso che sarebbe finita quest’anno, con un ultimo viaggio in cui volevo completare tutto ciò che, fin’ora, non m’era riuscito. Un bel trekking negli Alay, o nel Pamir. Passare il confine cinese. Entrare in Turkestan, oggi meglio noto come Xinjiang. Vedere Kashgar.

Passa il tempo e si forma un itinerario. Londra-Berlino-Mosca-Osh, trek, poi Kashgar, treno per la depressione di Turpan, e di lì Urumqi, Almaty, Kiev e casa. Almeno, questa era l’idea, pagata e tickettata. Ma vi dico che, qui, i piani sono andati tutti a ramengo.

Iniziamo un bel venerdì sera a Londra. Cena tra amici, domani si parte. Qualcuno ha deciso di trovarsi a Oxford Circus - scelta infelice - e di mangiare da Wahaca, ristorante pseudomessicano. Scelta infelicissima. Il mattino dopo mi sveglio come uno di quei putti che, nelle fontane neoclassiche, sputano acqua. Solo che acqua non è. Il volo per Berlino sarebbe di li a tre ore e, no, non andiamo a Berlino Beppe.

Cancello ciò che posso, bruciando un trecento sterline che l’assicurazione non mi rimborserà mai (impossibile andare in ospedale e, in questo paese, i dottori non vengono a domicilio) e torno a dormire. Il trekking è morto, ma posso ancora salvare la parte cinese del viaggio.

Il giorno dopo, ripristinato l’equilibrio delle mie delicate budella, compro un LHR-SVO-OSS con Aeroflot, direttamente in aeroporto, dopo aver ricevuto conferma da un giovane Leonid Brezhnev che, no, il visto russo non serve. Parto martedì 9. Il resto dell’itinerario sembra intonso, o almeno così penso. Beata ingenuità.
 

13900

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26 Aprile 2012
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1. Putin airways

L’appuntamento per questi viaggi sembra sempre essere il T4.


Sono già passato da LHR da quando non sono più “addetto ai lavori” ma rimane comunque una sensazione ben strana. La vista, dal caffé Costa, è questa, col 787 Virgin di ordinanza, anche lui in attesa che Rolls Royce re-impari a fare motori. Malaysian se ne va con un 350 nuovo ma già sporchino.


Dalla terrazza si vede il nostro ferro: oggi Aeroflot è scesa col pezzo grosso, l’A333.


L’imbarco è puntuale, e il taxi corto. La clientela é russa all’80% col resto passeggeri in transito per Asia e altrove. Notevole la potenza di certi infanti che urleranno a 150db per tutto il decollo. Pitch non proprio chilometrico, su 'sto coso un longhaul sarebbe doloroso.




Aeroflot la fa da padrone nella regione. Stranamente, questa è la prima volta, per me, con loro.


Grazie neh


Volendo c'è il wi-fi, ma io son barbone e decido di non usufruirne.


Note negative: IFE non disponibile gate-to-gate, non si possono usare le proprie cuffie, quelle fornite da Aeroflot sono infamissime. Ah, e non c’è la birra. Quattro stelle Skytrax?

Però abbiamo la telecamera, che inquadra con risoluzione da TV Color Mivar annata 1988 il Concorde.


E anche la porta Ethernet, accoppiata a quella USB cui attacco il mio nuovo vecchio aifon, passatomi con pietà dalla cognata. Batteria con durata misurabile in petosecondi, ma almeno posso ascoltare la mia Ottima Musica.




Comunque abbiamo i menù, vegetariani aggiustatevi.


Rancio: mangiabile, primo caprone della vacanza, e primo pensiero al Gaviscon. Acqua al gusto di fango in bicchiere anonimo per me, con falce e martello per la vicina: gombloddo!!!!




Stiamo arrivando con anticipo nibelungico quando, purtroppo, facciamo un filotto di holding da qualche parte sopra la Bielorussia, col risultato di perdere mezz’ora.


Atterriamo e, ovviamente, siamo ai remoti. Sono 50 metri per il terminal, ma è Cobus per noi; anche se, va detto, l’ingresso al terminal è parecchio lontano.


Il transito si sbriga in un secondo e sono a SVO terminal D, credo. Il posto è uno zoo, sembra Atatürk in una giornata no, pieno di gente che grida spinge e urla. Provo a connettermi al wi-fi e ovviamente o si è russi o si deve ricevere un SMS (che non mi arriva) o una chiamata (neppure lei). Lascio perdere, perché il mio ferro per Osh é pronto. Ai remoti, ovviamente.


Saltiamo sul Cobus e trottiamo per una buona ventina di minuti; ancora un po’ e arriva Lukashenko a chiederci il visto; alla fine, proprio in fondo, tra un 777 e un 320 sigillato, ecco il nostro ferro.


La livrea SU è proprio bella, anche se arancio e blu non mi convincono. Sono accostamenti che solo le guardie svizzere possono osare.




Il trabiccolo è stretto, mazza se è stretto. Quella decina di cm di differenza col 320 si vede, e si sente. Soprattutto oggi che il volo é pieno e di fianco ho il mio solito vicino di posto, ex olimpionico di canoa che si dimena come un’anguilla.




La clientela di questo volo è come me la immaginavo: 90% emigranti di ritorno dalla Russia, 5% russi in viaggio di lavoro, 5% turisti. Di questi si vedono un trio di russi dall’aria da alpinisti (e infatti uno mi dirà che stanno andando a farsi il Pyk Lenina), un paio di francesi e il sottoscritto.

L’aereo ha wifi ma serve una app specifica. A saperlo prima...


Rancio, servito abbastanza in fretta, e poi si prova a dormire. Inutilmente.


L’arrivo ad Osh è alle 4 di notte; dall’ultima volta è apparso un capannone per gli arrivi quantomeno decente.




Rientro alle partenze, e li trovo il cambiavalute; fatto ciò, si sta facendo l’alba. Ammiro la bellezza del cartellone della nazionale kirghiza di calcio - trova l’intruso - e poi si fa l’ora di andare a vedere la prima cosa in lista, qualcosa che avevo visto anni fa ma che, purtroppo, non m’era riuscito di ammirare da vicino.


Continua!
 

FLR86

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Noooo che peccato per il trekking! Spero tu abbia potuto recupare in corsa! Zona di mondo che vorrei assolutamente visitare. Attendo il resto!

Ma la presa ethernet su un aereo che utilità ha? Ti collega a internet?
 

Dancrane

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Buono l’avvio, curioso di rivedere il Xinjang (si pronuncia Sinchiang), attraversato in direzione opposta nel lontano ‘93 (900, non 800!). A Kashgar rimpiango di avere rifiutato l’affare che, a mente fredda, avrei fatto meglio a concludere: 12 cammelli in cambio della fidanzata dell’epoca.
 

AlicorporateUK

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TR in tempi record, cheers! Più tardi un paio di Sarajevsko Pivo per godermi la prima parte.

P.S.: ‘sento’ da ogni TR ma anche da interventi sparsi qua e là che la tua passione per l’Asia è un po’ come la mia per i Balcani: praticamente la vita ruota attorno a tale passione appunto :D

G
 

londonfog

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I tuoi TR mi piacciono molto. Destinazioni interessanti, ottimo stile di narrrazione, ecc... Ma un ristorante messicano a Londra? Sara' perche' io ho tentato due volte (Quando abitavo a New York due dei miei ristoranti favoriti erano Tex-Mex!!) e ho sempre fatto la fine che hai fatto tu!!!!
 

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2. Ilyushin abbandonati e Daewoo rotte

Dunque, siamo a Osh e l’obiettivo, in questa vacanza che altro non e’ se non una lunga lista di cose da fare, e’ di avvicinarci a questi cosi qui:


Se andate su Google Maps vedrete, appena piu’ in giu’ dell’aeroporto di Osh, un assembramento di aerei caoticamente parcheggiati in una stradina che, dal satellite, sembra un tratturo. Come siano arrivati li, chi li abbia portati, che ci facciano e’ un mistero di quelli che solo l’Asia centrale sanno porre. Il fatto e’ che son li, e vanno visti.

Cammino veloce sul vialone che porta all’aeroporto, fino a una viuzza che, da Google maps, dovrebbe arrivare sulla destra. E infatti eccola qui. Procedo lungo la viuzza, fino a quello che, sempre da Google, dovrebbe essere un campetto sportivo. Ed infatti eccolo, il campetto della Fulgor Osh, campionato di Eccellenza per la regione di Jalalabad. Dietro ai cipressi, oltre le bottiglie abbandonate e i pacchetti di Merit vuoti, oltre la pista per BMX, eccoli qui.


La luce e’ debole – sono le 5 – e sbaglio tutti i settaggi, ma eccoci qui, faccia a faccia, con una turba di Ilyushin 76, di Antonov 12 e magari anche qualcos’altro. Tutti qui, abbandonati da non si sa quanto o perche’. L’intero paese e’ gonfio di detriti sovietici, che solo ora sembrano sul punto di sparire: e’ difficile sottovalutare l’impatto del collasso dell’URSS, persino a distanza di trent’anni.




Ritorno in aeroporto e, dopo una giusta contrattazione, trovo l’ennesima automobilina giapponese che mi porta in citta’, in Zainabetdinova, dove partono le marshrutka. Da qualche parte dovrebbe esserci anche quella per Sary Tash.

E’ ancora presto, e decido di fare un giretto. La citta’ e’ cambiata impercettibilmente; alcuni Khrushchyovka, i commieblocks che sono legione in queste parti, sono spariti e con essi i mosaici futuristici che raffiguravano cosmonauti e razzi. Pero’ Misha l’orsetto assassino delle Olimpiadi del 1980 e’ ancora qui, pronto ad esigere il suo tributo di sangue.






C’e’ un problema. Non si trova una marshrutka. Chiedo in giro, e pare che oggi non ci sia nessuno che abbia voglia di andare a Sary Tash. Trovo un tassinaro meno faina degli altri, contratto un prezzo di 3000 som (prezzo di partenza 10000), vengo accompagnato alla solita Daewoo Matiz che ha visto piu’ fossi e cipressi che autofficine e partiamo. Il taxista, che chiameremo Robert per semplicita’, sembra un brav’uomo e la sua auto un rottame.

Prendiamo la via di Sary Tash e andiamo a, come si dice a Madrid, paso adelante [cit.]. Preso dalla curiosita’ getto un’occhio sul cruscotto e vedo che tachimetro, contagiri sono fermi a zero, cosi’ come l’indicatore del serbatoio. Immagino che siano tutti rotti, perche’ chi e’ che e’ cosi’ cojone da farsi 180km senza benza?

Robert.

La Daewoo muore, letteralmente, a 100 metri da un benzinaro, in salita. Robert ha studiato fisica newtoniana e, al prezzo di solerti bestemmie, gira la macchina e sfrutta l’accelerazione di gravita’ favorita da un piano inclinato per portarci a una pompa piu’ a valle, dove gli sgancio 500 som per far benzina. Tutto apposto?

Manco per sogno.

La Daewoo non va, il motorino di avviamento non si carica. Scendiamo fino a una specie di elettrauto, dove Robert e un pover’uomo provano 3 volte a caricare la batteria con i cavi, ovviamente cavi arrubbati dalla rete di un pollaio. Mi butto anch’io e, al prezzo di qualche scossa, proviamo 15 volte. Niente da fare; attingendo alla mia vasta esperienza motoristica decido che la Daewoo e’ bell’e fottuta. Allungo qualche soldo a Robert, che si scusa profusamente, e decido di mettermi nelle mani della provvidenza lungo la strada. Abbiamo fatto si e no 20km.




Fossimo in un qualsiasi altro paese, il barometro sarebbe su sdoganamento da drio. Ma questo e’ il Kyrgyzstan; nulla funziona come dovrebbe, ma tutto – in un modo o nell’altro – va. Incluso l’autostop.

Il segreto e’ quello di piazzarsi a bordo strada e, all’appropinquarsi di un’auto, estendere il braccio e fare un gesto alla comsi’ comsa’ con la mano (darari-darara, cit. pure qui). Non c’e’ da attendere molto prima che il cumenda di turno, alla guida di una Toyota famigliare enorme col navigatore che parla in svedese, si fermi e si offra di portarmi fino a Gulcha, a meta’ via. A bordo, assieme al Barambani, c’e’ la di lui consorte, che si offre di passarmi la borraccia del kumyss.

Arriviamo a Gulcha in tutto comfort e i due accettano a malincuore un obolo di 100 som (gliene avevo dati 500 e me ne hanno ridati 400 di resto). Cammino per un po’ lungo la via che porta a Sary Tash, ammirando statue e la meravigliosa opera d’arte che e’ la casa qui sotto, dotata di primo piano in legno di balsa e container. Renzo Piano ha avuto un durello alla vista, mi dicono.




Il tempo e’ ottimo, la temperatura perfetta e c’e’ abbastanza traffico. Alcuni sono pieni, altri non vanno fino in fondo a Sary Tash, ma alla fine arriva lui:


Un Kamaz. Tonnellate di pura, purissima ignoranza sovietica alimentata a nafta, guidato da un simpatico signore chiamato Murat che, si, e’ diretto a Sary Tash. Salto su.

Il viaggio e’ fichissimo. La vista, dall’alto, e’ meravigliosa. Il comfort di bordo e’ da centro di detenzione della CIA, con quei sedili sfondatissimi ricoperti di plaid pelosi che sono 80% lana di vetro e 20% sudore, ma c’e’ un venticello fresco e Murat e’ un fenomeno di savoir faire trasportistico: una mano sul timone e l’altra a, alternativamente, cambiar marce, telefonare al collega con cui viaggia in convoglio, grattarsi la pancia o i piedi.




Ci fermiamo a fare nafta nel ridente paesello di Gagarin, che qui vi propongo.








Poco dopo arriviamo a un passo, che si presenta con corollario di tornanti; uno Stelvio in miniatura.





Murat, per far capire che, lui, dei tornanti se ne frega, pesca con la mano libera un cubo di Rubik e inizia a lavorarselo. Non mi credete? Ecchivelo.


Poco dopo arriviamo al pianoro dove, di li a poco, apparira’ Sary Tash.


Eccolo.




Murat mi sbologna all’incrocio tra le vie per la Cina e il Tajikistan, e rifiuta i miei 500 som. Gli stringo la mano e scendo. Un galantuomo.


Continua!
 
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Noooo che peccato per il trekking! Spero tu abbia potuto recupare in corsa! Zona di mondo che vorrei assolutamente visitare. Attendo il resto!

Ma la presa ethernet su un aereo che utilità ha? Ti collega a internet?
Vai, vai!

Non ho la più pallida idea di cosa serva la ethernet, magari se la colleghi puoi giocare a Age of Empires cogli amici in LAN?

Buono l’avvio, curioso di rivedere il Xinjang (si pronuncia Sinchiang), attraversato in direzione opposta nel lontano ‘93 (900, non 800!). A Kashgar rimpiango di avere rifiutato l’affare che, a mente fredda, avrei fatto meglio a concludere: 12 cammelli in cambio della fidanzata dell’epoca.
Ti dico in anteprima che è arrivata la luce elettrica e che il consolato dello zar ha chiuso.

TR in tempi record, cheers! Più tardi un paio di Sarajevsko Pivo per godermi la prima parte.

P.S.: ‘sento’ da ogni TR ma anche da interventi sparsi qua e là che la tua passione per l’Asia è un po’ come la mia per i Balcani: praticamente la vita ruota attorno a tale passione appunto :D

G
Beh anche i Balcani... tanta roba. Se ci fosse uno stramaledetto volo per Sarajevo (e uno per Tblisi, ma divago) diretto da Londra...

I tuoi TR mi piacciono molto. Destinazioni interessanti, ottimo stile di narrrazione, ecc... Ma un ristorante messicano a Londra? Sara' perche' io ho tentato due volte (Quando abitavo a New York due dei miei ristoranti favoriti erano Tex-Mex!!) e ho sempre fatto la fine che hai fatto tu!!!!
Eh, io ho provato a proporre qualunque altra cosa, incluso il kebabbaro a Shoreditch... ma niente.
 

BHA 604

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Ottimo inizio! Il centro Asia ha sempre il suo perché. Ti manca solo il Turkmenistan ora... Son curioso di vedere l'attraversamento del confine cinese.

Beh anche i Balcani... tanta roba. Se ci fosse uno stramaledetto volo per Sarajevo (e uno per Tblisi, ma divago) diretto da Londra....
Io ti sto ancora aspettando per bere insieme la chacha ed il vino georgiano...
 

safin79

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Siamo solo all'inizio ma questo TR già trasuda epicità e ignoranza bruta in ogni suo byte. MITO!
 

Blitz

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Uuuuh tanta invidia (non per i postumi del messicano :D).
Non potevi iniziare in modo piú spettacolare, le foto delle montagne sono da far le bave
 

I-DAVE

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a Taiwan, nel cuore e nella mente
Brau Biella, anche se già sai che disapprovo parte del viaggio. Curioso di vedere cos'hai visto e trovato.

Hai cambiato macchina fotografica? Le foto paiono infinitamente migliori come qualità.

Cammino per un po’ lungo la via che porta a Sary Tash, ammirando statue e la meravigliosa opera d’arte che e’ la casa qui sotto, dotata di primo piano in legno di balsa e container. Renzo Piano ha avuto un durello alla vista, mi dicono.
Questa è next level :D

Un Kamaz. Tonnellate di pura, purissima ignoranza sovietica alimentata a nafta
Serio, nafta? Leggo che vincono la Dakar nella categoria camion da un decennio a questa parte.

Vai col seguito!

DaV
 

nicolap

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Inizio spettacolare, foto meravigliose e paesaggi da sogno. Bellissimo.
Non posso però mentire. L'assenza di qualcuno rende questo TR meno adrenalinico del solito.
 

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3. Pamir, Pamir, fortissimamente Pamir.

Lo ammetto. Io amo questa parte di Kyrgyzstan. E come tutti quelli che amano qualcosa sono disposto, anzi dispostissimo, a ignorarne i difetti (pulizia, immondizia qui e là, igiene) perché, porca miseria, guardare per credere.






Ah, diventerà pure meglio.

Un altro difetto di ST sono le strutture alberghiere - vabbè gli homestays - che variano dal lurido al criminalmente sporco. Ora non più, grazie a Pamirextreme. Shamurat é un venticinquenne alto un metro e una banana, ma con gran voglia di fare; la sua casa non sarà completamente a norma, ma ha doccia, bagno all’occidentale, riscaldamento, wifi e mezza pensione per $20. Mica male.


L’altro motivo per amare questa zona è che è quasi completamente priva di stronzi. Oddio, immagino ce ne siano, ma io ancora non li ho visti. Prendi per esempio gli ospiti in questa sera: Roberto, idraulico bresciano che passerà un mese a guidare la sua moto per queste montagne; Dieter, tedesco anche lui motociclista; Simon, tedesco pure lui con una Land Cruiser 70 adattata camper, con cui sta andando overland in Mongolia. Infine abbiamo Yves e Simone, pensionati francesi che, invece di rimanere a Grenoble a votare Marie le Pen, hanno un sidecar Ural con cui sono partiti dalla Francia. Loro partiranno stasera diretti al campo base del Pyk Lenina, mentre noialtri rimarremo qui, a chiaccherare e bere tè. Adoro serate come questa.


Prima, però, un giro di Sary Tash al tramonto, quando l’aria si fa frizzolina e gli armenti tornano in stalla.














Ed ecco i Pamir al tramonto.


Ma rieccoveli anche all’alba.


Come sempre accade in queste zone, la compagnia si sfalda una volta fatta colazione. Io vado in Cina, i tedeschi verso Osh, Roberto in Tajikistan. Ma questa è una storia per la prossima volta.

Continua!
 

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Ottimo inizio! Il centro Asia ha sempre il suo perché. Ti manca solo il Turkmenistan ora... Son curioso di vedere l'attraversamento del confine cinese.

Io ti sto ancora aspettando per bere insieme la chacha ed il vino georgiano...
Sinceramente il Turkmenistan non mi interessa per niente... infatti non credo ci andrò mai. Quanto al vino del giargiana, prima o poi si farà!

Stupendo! Complimenti vivissimi..
Grazie :)

Siamo solo all'inizio ma questo TR già trasuda epicità e ignoranza bruta in ogni suo byte. MITO!
Trasudare è la parola giusta!

Uuuuh tanta invidia (non per i postumi del messicano :D).
Non potevi iniziare in modo piú spettacolare, le foto delle montagne sono da far le bave
Grazie, e diventano pure meglio!

Brau Biella, anche se già sai che disapprovo parte del viaggio. Curioso di vedere cos'hai visto e trovato.

Hai cambiato macchina fotografica? Le foto paiono infinitamente migliori come qualità.
Si, ho una nuova macchina, ma soprattutto un nuovo obiettivo e filtri. Tutta un'altra storia!

Inizio spettacolare, foto meravigliose e paesaggi da sogno. Bellissimo.
Non posso però mentire. L'assenza di qualcuno rende questo TR meno adrenalinico del solito.
L'assenza di Lui era palpabile, palpabilissima. Hai ragione.
 

BGW

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Mi piacciono i tuoi TR tra l'altro perché non ho la minima idea di dove si trovino i posti che vai a visitare!
 

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4. Nel regno della paranoia.

A meno che non abbiate deciso di diventare coinquilini di Patrick Starfish sotto al sasso di Bikini Bottom saprete tutti della situazione in Xinjiang. Saprete dei campi di concentramento per uiguri, della sinizzazione forzata, del controllo, del “surge” delle forze di sicurezza a seguito di molti, alcuni invero scioccanti e sanguinosi, attentati islamisti commessi dentro e fuori la regione.

Perché andarci?

La risposta è la stessa che ho dato a chi mi chiedeva la stessa domanda per Aralsk o per Ramallah e Betlemme. Per vedere coi miei occhi e, forse, per capirci qualcosa.

Ma andiamo con ordine. Questa é la cronaca, fredda cronaca, del mio ingresso in Cina dal varco di Irkeshtam. E' un post lungo e con poche foto, per ovvi motivi.

Shamurat si offre, per $50, di portarmi al confine e fino alla fine della “terra di nessuno”. La strada, per arrivarci, é di una bellezza che fa male. Questo é il mio ultimo viaggio in Kyrgyzstan, ma sembra che il paese mi stia dicendo ”Eddai, ancora una volta”. Questo paese è crack.








In Kyrgyzstan ci sono tre controlli: uno all’inizio della zona di confine per accertarsi che si abbia o un permesso speciale o si voglia andare veramente in Cina; il confine vero e proprio; un ultimo milite alla fine della parte di competenza kirghisa. Sbrigo tutto in un’ora e mezza dalla partenza da Sary Tash.








E poi inizia il bello.

Controllo n.1

Mi inerpico su per una salita, usando un sentiero per capre che aggira i tornanti indicatomi da un complice camionista. I camion sono ovunque, in una fila enorme verso la Cina. Ricordiamoci che questi camion o sono vuoti o portano carbone.

Il primo controllo è alla cima del crinale. Filo spinato in triplice fila ovunque. La strada è delimitata da una barriera metallica con in cima filo spinato e rete elettrificata. Su una collina ci sono slogan in cinese, e una mappa del paese disegnata con le pietre.

Un soldato sta in una garitta di metallo e vetro, piazzata in pieno sole. È comprensibilmente incazzato di dover essere lì a guardarmi e a scrivere i miei dati in un libraccio. Fatto questo mi tira il passaporto indietro, grugnisce qualcosa al mio ”xie xie”. Penso di dirgli ”Viva il grande timoniere!” ma decido di non fare il pirla: il consiglio ricevuto da chi ha fatto questo confine prima è PSC: Patience, Smiles, Compliance.

Controllo n.2

Il secondo controllo è pochi passi dopo il primo. Una Portakabin della polizia, decorata con lo slogan Sunshine service, che suona brutto quanto sembra. Dentro ci sono 5 poliziotti e i loro equipaggiamenti. Il mio passaporto viene passato di mano in mano, di nuovo vengono trascritti i dettagli su un registro e, nel frattempo, mi spiegano i passi successivi. L’immigrazione è a 24 km di distanza, e non posso andarci da solo. ”You get lost”. Come possa perdermi, considerando che c’è una strada e un reticolato che non posso scavalcare, ma sorvoliamo. I poliziotti si offrono di mettermi su un camion, e di li a poco arriva Rakhmat, direttamente dall’Uzbekistan. Lui sembra felice di avere compagnia e, ovviamente, finiamo a cantare Toto Cotugno insieme.

Mi aspettavo di procedere abbastanza spediti ma, no, l’intero percorso è un ingorgo di camion. Solo in ingresso, nessuno in uscita. Rakhmat la prende con filosofia, ma si vede che è esasperato: Uzbekistan e Kyrgyzstan timbrano e via, mi dice. ”Khitai, stop stop stop. Blyat.”

Rimaniamo fermi per un’ora sotto al sole, parlando - per modo di dire - col resto del convoglio uzbeko. Mi offrono caramelle, tè, pane. Ad un certo punto - siamo entrati in camion di nuovo, sembra che le cose si stiano per muovere - Rakhmat si sporge dal finestrino e grida qualcosa. ”Italiano, tùrist, tùrist!”. Poi si gira, indica in basso e fa ”Fabr’ssio, taxi, davai!”. Scendo e vedo che il “taxi” fermato da Rakhmat altro non è che un SUV della polizia, con a bordo un milite sorpreso di vedermi quanto io lo sono di lui. Ringrazio Rakhmat e corro su; tutti gli uzbeki mi salutano mentre percorriamo in minuti il percorso che loro prenderanno ore a fare.

Controllo n.3

L’immigrazione è un capannone enorme: da un lato c’è l’enorme macchina a raggi X che ispeziona tutti i camion, dall’altro la zona pedoni. Un donnino in divisa nera mi invita dentro.

Sono l’unico cliente e ho due poliziotti a prendersi cura di me: il donnino ispeziona il passaporto, poi procede ad accedere al mio telefono con una scatola che collega alla porta dell’iPhone. No spyware, stranamente. Poi è il turno della macchina fotografica. Il monsù, invece, mi interroga usando un’app per tradurre, in maniera blanda. L’umore è rilassato, l’unico problema è spiegare dov’è il Cile: le foto delle vigogne sono rimaste nella camera.

Controllo n.4

Questo è l’anteprima di qualcosa che diventerà molto famigliare: una combo raggi X, metal detector e gate biometrico, che però non sembra funzionare bene coi passaporti. Ce la caviamo in minuti con l’aiuto della poliziotta.

Controllo n.5

Apertura completa dello zaino ed ispezione di ogni suo singolo contenuto. La faccenda discende in cabaret quando devo spiegare le varie medicine. Sono al tavolo, davanti a me ho 3 poliziotti, donnino incluso, più quello dell’app che non riesce a smettere di guardare le vigogne. Pescano l’Imodium e mi chiedono di spiegare a che serve. Mimo ciò che blocca e muoiono tutti dal ridere. Poi è il turno del Gaviscon. Risate omeriche. La faccio breve: ora che finiamo col Dioralyte e l’Aspirina il donnino sta piangendo dal ridere e un altro è sul punto di avere una sincope.

Il passo successivo è la dogana a Uluqqat, 180km più in là. I miei nuovi amici mi presentano un omino, che risulta essere tassista.


Nel suo finto Nissan Vanette ci sono altri tre viaggiatori: due Han e un kirghiso di nome Ulug; 100 yuan e siamo in marcia, non prima dei

Controlli 6 e 7.

L’autostrada è interrotta da una specie di autogrill/casello autostradale, che però è in realtà un checkpoint. X-ray, detector, varco biometrico, non un Camogli in vista e in più tutti i dettagli sono di nuovo scritti a mano su un registro. I poliziotti sono spesso uiguri e non hanno chissà che dimestichezza con cirillico o latino, per cui... sono dolori.

Nel frattempo uno dei due Han dice Mobbasta, me faccio la Residence dei povery [cit.]


Controllo 8.

La dogana!!! La Cina marcia sull’orario di Pechino, due ore avanti il Kyrgyzstan. Arriviamo allo svincolo per Uluqqat alle 3 meno 10; su internet ho letto che la dogana chiude dalle 13 alle 16 per “pranzo”, e infatti c’è la consueta coda di camion. Parcheggiamo all’ombra di un sovrappasso e aspettiamo. Le tre. Tre e mezza. Quattro. Quattro e un quarto. Quattro e mezza. Niente.


Alle cinque meno venti al nostro si chiude una vena e, spinto da solenni zooteologismi, supera tutti i camion in sosta e arriva davanti al cancello. Due militi arrivano, aprono, entriamo. Il cancello si richiude. La dogana è enorme e ci siamo solo noi.

L’interrogatorio è abbastanza lungo, ma amichevole, e finisce con uno dei doganieri che mi fa ”You number 1 cool guy”. Di ‘sti tempi bisogna trovare i complimenti dove si può. Deciso ciò, andiamo al controllo successivo.

Controllo n. 9

Questo è il vero controllo passaporti, quello che si fa all’aeroporto a Shanghai o Pechino. I miei nuovi amici sono tutti riuniti intorno al capoccia in consolle, un kazako a giudicare dai lineamenti. L’indaffaratura generale mi fa temere uno sdoganamento da drio [cit.] ma, in realtà, volevano attivare i comandi vocali in italiano. Alla fine il documento è stampato e siamo dentro. Finita?

No. C’è ancora tempo per

Controllo n. 10

Ispezione dello zaino. E per, una volta usciti dalla dogana,

Controllo n.11

Ispezione del passaporto in un cabinotto appena fuori dal cancello.

E per gradire, aggiungiamo anche

Controllo n. 12

Dieci metri dopo l’11, trenta dopo la dogana, nuova session di foto e trascrizione dei dati in un registro, il tutto allietato dall’arrivo di 15 camionisti kirghizi che hanno impiegato due giorni a farsi la trafila.

Fatto ciò, il finto-Vanette ci lascia a una stazione di bus e taxi. Entro, non prima di aver passato il

Controllo no. 13
Per mano di due poliziotti armati di fucile, e compro un biglietto per Kashgar. Un brav’uomo si prende a pietà e mi accompagna fino allo spiazzo da cui partono le auto: chiedo in giro e mi indicano una berlina con già su 3 passeggeri, tra cui il fratello minore di Jabba the Hutt, seduto vicino a me. Partiamo e sono solo 95km per Kashgar. Ovviamente non possiamo esimerci dal fare

Controlli n. 14 e 15

Ancora altri finti autogrill, X-ray e metal detector. Per gli indigeni è semplice, uno semplice pass della carta d’identità e via; per me invece ci va la trascrizione sul libraccio, domandine e domandone. Mi chiedono l’hotel e gli dò la stampata in cinese: peccato sian tutti uiguri e non sappiano leggere; va trovato uno studiato. Il tassista mi ricopre di parole che non credo siano complimenti, io rispondo a tono in italiano e tutti trovano la cosa divertente. Jabba inizia a dormirmi sulla spalla.

Alla fine, nove ore dopo la partenza, vengo scaricato alla stazione dei bus di Kashgar. Ho bisogno di lavarmi, di dormire e di alcol. Soprattutto alcol.

Continua!