[TR] (Ostinatamente) verso Kashgar.


13900

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Eh immagino!
Non ti intimo di proseguire subito solo perché è sabato :D ma non vedo l' ora di vederle!
Messe!

Libidine coi fiocchi!
Doppia!

Mi piacciono i tuoi TR tra l'altro perché non ho la minima idea di dove si trovino i posti che vai a visitare!
ecco la mappina:

http://www.gcmap.com/map?P=lhr-svo-...ala,+ala-kbp-lhr&MS=bm&MR=540&MX=720x360&PM=*

Complimenti, davvero stupendo come tutti i tuoi viaggi
Grazie :)
 

Blitz

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Padova, Veneto.
Primo: quelle montagne che ti saltano fuori a bruciapelo, cosí dal nulla, sono qualcosa di spettacolare, un altro pianeta.

Secondo: se queste sono le premesse, questo report entrerà nell' antologia epica dei report.

Terzo: ma... il Controllo no. 16? :D
 

londonfog

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Londra
Le foto delle montagne sono veramente da urlo. Il racconto dei controlli e' qualcosa di epico. Anche questo sembra uno dei TR epici di DanielW.
 

vipero

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.
Io in qualche modo t'invidio, soprattutto ti ammiro, ma essenzialmente penso che mi terrò sempre strette le spiagge caraibiche.

Comunque è la gente come te che dovrebbe fare il ministro degli esteri.
 

13900

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5. Kashgar

Ci eravamo lasciati alla stazione dei bus di Kashgar. Credevo di aver fatto le cose per bene, prenotando un hotel su Booking.com e, cosa ancor piu’ furba, stampandomi l’indirizzo di tale hotel in cinese. Credevo.


Il problema e’ che tutti i tassisti che trovo sono uiguri, e nessuno sa leggere il cinese. Il primo mi dice ”Boh”. Il secondo scuote la crapa e va via. Il terzo si stringe nelle spalle e mi fa la sua faccia da Bambi dopo che i cacciatori hanno ucciso la mamma. Il quarto, piu’ intraprendente, chiama un ragazzino, si fa spiegare la situazione e mi dice di si’.

Arriviamo dove devo arrivare e l’hotel, scopro, e’ chiuso. Richiamato dai miei zooteologismi un omino esce dalla penombra e mi dice di andare oltre il lago, dove l’hotel dovrebbe essere. Vado, passo due ore a camminare sotto al sole (Kashgar gira sull’ora di Pechino, ma in realta’ dovrebbe stare due ore indietro rispetto ad essa) e, alla fine, per disperazione, entro in un posto che sembra un caffe’, popolato di perdigiorno. E’ l’hotel. Ha cambiato lochescion e nome, ma cosa stiamo a sindacare.


Al momento del check-in mi vengono date due direttive. Uno, non andare mai in giro senza documenti. Due, non fotografare mai le forze dell’ordine. Se la prima e’ facile da seguire, la seconda richiede piu’ sforzo. Questi sono ovunque.

Apro una (lunga, lo ammetto) parentesi per raccontarvi la mia esperienza in Xinjiang. Immagino che avrete letto degli uiguri, della sinizzazione forzata, del Grande Fratello (nel senso orwelliano) che vige in quella regione.

E’ tutto vero.

Il governo cinese non sta badando a spese. Kashgar, e in un senso minore Urumqi e dintorni, sono in un regime di occupazione cosi’ pervasivo e capillare che l’unico termine di comparazione, per me, e’ il videogame Half Life. Nemmeno la citta’ vecchia di Gerusalemme e’ cosi presidiata. Vi porto a fare un giro, virtualmente, e con sole parole. Non ho fatto molte foto, per ovvi motivi; le due in cui figurano dei membri della polizia sono state fatte per sbaglio.

Blindato della polizia sulla destra.

E’ mattina. Il sole si alza, i cinesi Han fanno stretching nel parco, e in tutti i vialoni c’e’ una processione. In gruppi di tre, dei furgoni Iveco della polizia, a sirene spiegate, passano in parata a passo d’uomo, carichi di poliziotti a bordo. Lo ripeto: tre furgoni, uno dietro l’altro, con le sirene accese e rumorose, che vanno a passo d’uomo in tutte le vie principali della zona. Ogni mattina.

Sotto al palazzo di vetro sulla destra all'incrocio: si intravede il Ducato della polizia.

Passata la processione, usciamo. La prima cosa che colpisce sono le telecamere. Sono ovunque. A tubo, quelle a mezzo-globo e quelle brandeggiabili a 360 gradi, palle appese a un supporto a forma di forcone. Per dare un’idea, ho contato le telecamere in un tratto di 100 metri su Jiefang road, un vialone a 4 corsie con controviale. Il risultato e’ 18, soltanto sul mio lato. Aggiungiamoci quelle sul lato opposto e quelle sopra alle corsie, e arriviamo a quasi 50. Vedere le telecamere muoversi, e seguirti, fa accapponare la pelle. Un'altra cosa che ho notato ma che non ho capito fino ad oggi sono i QR code appiccicati alle porte delle case. Pensavo fossero qualcosa tipo Alipay e in un certo senso lo sono, ma servono alla polizia per vedere chi è registrato a vivere in una determinata casa o appartamento.









Trova le telecamere.

Parliamo poi della polizia. A quasi ogni incrocio ci sono pattuglie, fisse, e pattuglie mobili. Due uomini e un furgone (il solito Daily, oppure uno di quei Panther che usa la SWAT); i due in divisa nera, elmetto e giubbotto. Uno collo scudo, l’altro con, a scelta, fucile, manganello o un arsenale di armi che sembrano medievali. Ci sono alabarde, lunghi bastoni neri con punte in metallo, strane ganasce come quelle per bloccare le ruote delle auto, forconi.


Dove non ci sono loro ci sono i guardiani di quartiere. Ogni palazzo, ogni negozio, ogni banca ha almeno un omino o donnina di guardia, a presidiare di fronte a un metal detector, a una macchina a raggi X, infagottati nei loro giubbetti antiproiettile, col l’elmetto calzato in testa, e l’arnese – altre alabarde, altri bastoni – a portata di mano. Non ho visto le famose esercitazioni mattutine, ma ho assistito a un’ispezione a sorpresa nel nostro hotel, con relativo cazziatone al nostro guardiano per non essere sufficientemente pronto.


A fine giornata, poi, appaiono i soldati. Piccoli, incazzatissimi, vestiti di verde. Si muovono in gruppetti di cinque o sei, sempre in fila indiana o al massimo due alla volta. Se ai poliziotti e’ possibile strappare un cenno del capo, coi soldati non ce n’e’. Ti fissano, mentre camminano a distanza di tre-quattro metri l’uno dall’altro, e non dicono nulla. Tra di loro non parlano, semplicemente camminano con occhi e orecchie aperte, fucile in mano e baionetta (nel fodero) innestata. Al tramonto spariscono.

Il costo di questo dispiegamento di forze dev’essere enorme. Ci sono migliaia di poliziotti, soldati, guardie in giro per Kashgar. Migliaia. A far che?

Il commento che tutti gl’indigeni – in hotel, o i turisti incontrati per strada – mi hanno fatto e’ che le forze dell’ordine sono li’ per mantenere la sicurezza. ”Keeping the place safe and secure” mi dicono. Sicuramente l’obiettivo e’ raggiunto; un taccheggiatore a Kashgar farebbe ben poca strada prima di finire arrestato, bastonato, catturato colle ganasce, quello che vi pare a voi.

Ma non e’ difficile vedere un altro obiettivo, in questa presenza cosi’ massiccia dello stato: quello di annullare le differenze tra Xinjiang uiguro e Xinjiang Han. Da un lato c’e’ un’immigrazione interna enorma, al punto che – ma lo vedremo piu’ tardi – in Urumqi vedevo solo cinesi Han; dall’altro c’e’ una nemmeno troppo nascosta opera di eliminazione del retaggio culturale uiguro. L'obiettivo della campagna Strike Hard Against Violent Terrorism, iniziata nel 2014, è quello di de-estremizzare questi posti, e non credo sia sbagliato dire che tutto ciò che costituisce espressione dell'Islam viene considerato come estremo, almeno a Kashgar.

Camminando nella citta’ vecchia ho notato come tutte le moschee e madrasse fossero chiuse. Lucchettate. Unica aperta, la moschea Idakh, in centro; in cima svetta non la mezzaluna ma la bandiera cinese, e dentro vanno solo coccodrilli di turisti, non di fedeli. Anche di venerdi; sono passato e non m’e’ sembrato di vedere orari di preghiera.




Questa erosione del patrimonio culturale e’ visibile anche nelle relazioni quotidiane. Kashgar sembra, in tutto e per tutto, una Bukhara tenuta meglio. Stesso labirinto di strade, stesse moschee che spuntano di qui e di li, ci sono persino dei ‘pozzi’ simili agli hauz di Bukhara, cisterne a cielo aperto dove veniva contenuta l’acqua d’estate.

La differenza fondamentale, pero’, e’ la gente. A Bukhara era un unico salutare il prossimo: i bambini ti gridano ciao, i vecchietti benedicono, tutti gli altri dicono ”Salaam alaykum”. In Uzbekistan, cosi’ come in altre parti della regione, siamo stati salutati, abbiamo posato per foto, ci hanno invitati in casa per il te’. A Kashgar, no. Non e’ ostilita’, non e’ cattiveria. La gente, ne ho avuto una fortissima impressione, non mi parlava per paura.


Augura il buongiorno a qualcuno cui non stai simpatico e ti malediranno, oppure ti ignoreranno; qui, invece, tutti mi guardavano con uno sguardo se non di scusa almeno di imbarazzo. In un paio di casi dei vegliardi hanno scosso la testa con tristezza, e in un caso uno s’e’ portato l’indice alle labbra. Davvero. Se provavo a dire ”Ni hao” ricevevo almeno un cenno, e coi bambini, quello, funzionava. Ma la mano sul cuore e ”Salaam alaykum”, come e’ tradizione millenaria in queste zone, no. Per contro, non c’e’ nessun problema a parlare con i cinesi Han, posto che si voglia.


E’ facile cadere nella trappola del “noi vs loro”, del cattivi Han e dei bravi Uiguri, ma la dicotomia non e’ lineare. C’e’ un bel po’ di grigio tra il bianco e il nero. Per cominciare non si puo’ non parlare delle rivolte, del terrorismo, dell’attentato di Pechino e di quello della stazione dei treni di Kunming, tutti nati dall’indipendentismo islamista che agitava queste terre. In Occidente credo che non se ne parli molto, ma con una breve ricerca ho trovato, tra il 2008 ed oggi, almeno 24 attacchi terroristici: suicidi, bombe, tentati dirottamenti. Pure gli attacchi con auto e coltelli alla London Bridge, qui sono iniziati nel 2011. E' difficile provare simpatia per il governo cinese, ma non si può non ricordare le vittime civili, chi non c'entra niente. Ed è naturale aspettarsi che i cinesi reagiscano per mettere in sicurezza un territorio che, alla fin fine, è loro da secoli (anche se, ovviamente, i metodi...)

In aggiunta c’e’ un altro aspetto che ho trovato molto sorprendente, ed e’ questo. Buona parte delle forze di sicurezza sono uigure, o kazake. A naso uno su 5 tra i poliziotti, doganieri e via dicendo non erano cinesi Han. L’uomo che mi ha stampato il passaporto non lo era, cosi’ come quello che ha aperto le porte della dogana; molti di quelli che hanno controllato i miei documenti erano uiguri. Divide et impera non e’ una cosa nuova, e di sicuro in tanti tra quelli che si sono arruolati l’han fatto non per convinzione ma per soldi, o sicurezza; pero’ tanti altri vestiranno l’uniforme per scelta, credendo in una Cina unita. Inoltre, e purtroppo non ho modo di confermare, pare che il controllo statale sia più forte a Kashgar, Aksu e Hotan, le provincie più remote e, storicamente, più restie a farsi controllare. A Turpan, che storicamente è più pro-Cina, le moschee sono aperte e i membri del PC cinese possono fare l'hajj. Gli Hui, gruppo etnico di stock cinese ma musulmano, possono studiare l'Islam, farsi crescere la barba e via dicendo. Insomma, chi è "fedele alla linea" riceve più libertà.


Devo ammetterlo, lascero’ il paese profondamente incerto circa cio’ che ho visto, ma di sicuro non si puo’ negare che, ad oggi, ogni uiguro abbia una museruola che ne blocca la voce e un sistema di sorveglianza che ne blocca il movimento. Quando persino un paese autoritario come l’Uzbekistan ti sembra, in confronto, un Bengodi di liberta’ individuali... sai che le cose vanno male.

Chiudo con qualche foto della citta’. Kashgar e’ un posto in cambiamento, e di sicuro tra 5 anni sara’ completamente diversa da come l’ho vista io. La lascio con la tristezza di non averla vista prima e di non aver potuto conoscere meglio il suo popolo.






















Continua...
 

13900

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Il mio like per il tuo racconto. Grazie per avercelo condiviso. Ciao
Grazie per leggere!

No, va beh. L'inizio è epico...

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Grazie!

Si vede, davvero! Il polarizzatore fa un bell'effetto sui cieli blu, nevvero?

DaV
Oh si, e ti permette di fare anche un bel po' di controsole senza troppi patemi, e pure quando hai distinzioni abbastanza profonde tra sole e ombra. 10 sterline (per due) ben spese!

Primo: quelle montagne che ti saltano fuori a bruciapelo, cosí dal nulla, sono qualcosa di spettacolare, un altro pianeta.

Secondo: se queste sono le premesse, questo report entrerà nell' antologia epica dei report.

Terzo: ma... il Controllo no. 16? :D
I Pamir sono splendidi. Purtroppo la prima volta non m'è riuscito di vederli, ma quella zona di Kyrgyzstan è epica.

I controlli sono stati molteplici durante tutto il viaggio... Non così tanti in città, ma almeno un tre volte al giorno capitava il detector.

Le foto delle montagne sono veramente da urlo. Il racconto dei controlli e' qualcosa di epico. Anche questo sembra uno dei TR epici di DanielW.
Grazie, troppo troppo gentile!

Io in qualche modo t'invidio, soprattutto ti ammiro, ma essenzialmente penso che mi terrò sempre strette le spiagge caraibiche.

Comunque è la gente come te che dovrebbe fare il ministro degli esteri.
Pietà, io sono troppo capra!
 

borabora

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ho imparato più geopolitica qui che nei miei studi universitari!
capolavoro di TR, lasciatelo dire.
 

londonfog

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Londra
Guardando le foto delle citta' vecchia di Kashgar si vede chiaramente che era una 'stazione' della via della seta. La mia prima reazione e' stata che sei andato dove Joanna Lumley non riusci' ad andare (Per quelli che non abitano nel Regno Unito, un 'racconto di viaggio' di Joanna Lumley sulla via della seta trasmesso da una stazione televisiva inglesde - ITV - si fermo' al confine con la Cina)
 

13900

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6. Turpan… anzi no.

Ok, questa è la storia di come 13900 è stato sconfitto dalle ferrovie della Repubblica Popolare Cinese. Trista, trista storia.

Il vostro aveva fatto i compiti a casa, comprando due biglietti tramite agenzia. Il primo, Kashgar-Turpan, terza classe hard sleeper sull’accelerato del Takamaklan, 17 ore. Il secondo, Turpan-Urumqi, in seconda classe sull’Alta Velocità dell’Impero di Mezzo, un’ora di quelli che i bigotti chiamerebbero il Frecciagialla, ma io ho votato Pannella per cui non lo farò.

I biglietti vanno ritirati in stazione e, un bel giorno a Kashgar, zompo sul bus, vado in stazione e li ritiro. La procedura non è facile come ritirare una raccomandata in Posta, ci vogliono due controlli – di cui uno specifico per gli stranieri – e un po’ di ‘coda’ alla Materazzi (a gomiti alti), ma si può fare. Va detto che è sera tardi, ma sembra tutto abbastanza civilizzato.

Arrivo il giorno della partenza con anticipo fantozziano, solo senza la valigia viola. Sono tipo le 12.30, il treno parte alle 15.15. Entro nel parcheggione e la coda per andare ai controlli è lunga, lunga. Fai 100 metri, ma almeno è nei limiti della decenza. Faccio controllare il mio passaporto, ricevo un taccolino di carta, il cui scopo è di essere dato all’addetto al metal detector, e mi metto in coda guardando in cagnesco tutti quelli che provano a passarmi davanti. In mezz’ora sono dentro.

Ma dentro dove?

La stazione è in costruzione; esiste una sala d’attesa, un capannone dove ci sono all’incirca 2000 umani e 2 alla 10^6 mosche. Per arrivarci bisogna passare un altro controllo biglietti, questo un vero bailamme di uomini donne bambini e borsoni. Pogo come non facevo dai tempi dei gruppi balcanici all’Hootananny di Brixton, e sono dentro.


Ma dentro dove?

Grida, urli, strepiti, pianti. Annunci in cinese urlati a microfono, bambini che corrono. Un omino decide che il bagno è troppo lontano e decide di farla in un angolo della sala d’attesa.


Dettaglio:


Faccio amicizia con un gruppo di pakistani di Lahore, mercanti itineranti, che hanno preso il treno per la prima volta (di solito prendevano l’aereo ma la rotta ora è chiusa), e se ne stanno pentendo amaramente. Uno di loro mi fa “Sono di Lahore, vivo a Quetta. Non credevo fosse possibile far peggio”. Comunque, passa il tempo. Alcuni treni partono in veri e propri assalti alla diligenza; noi riusciamo a capire che, quando appare il numero di un treno e il suo orario sullo schermo vicino ad un’uscita, quello è il momento di andare a spingere. Per dove non sappiamo, ma vabbè. Parte il treno delle 14.30. Il prossimo è quello delle 15.15, altrimenti detto il mio. Mi alzo e vado in posizione strategica e…

Lo schermo annuncia quello delle 16.00. Chiedo in giro, ricevo qualche sguardo sbigottito, e alla fine trovo una signorina, quella degli annunci al megafono. Grazie a Dio sa qualche parola d’inglese, cosa per cui gliene sono grato. Arguisco che il treno è cancellato, anzi no in ritardo, e parte domani alle zero zero cinque cinque quattro. Non capisco esattamente cosa sia l’orario, e allora scavalco e vado in biglietteria. Vergognandomi come un ladro passo davanti a tutti e premo il biglietto contro il vetro, chiedendo di andare su quello delle 16.00. Il bigliettaio, con un aplomb degno di Jeeves, m’informa che non ci sono posti su nessun treno (indica la sua sedia e fa “X” con le mani) e, anzi, tutti quelli in fila sono i miei possibili compagni di viaggio. Inizio a pensare di essere stato un pochettino stronzo.

Pazienza, il treno è andato. Esco tirando moccoli, vado dai tassisti, li mando al diavolo quando provano a chiedermi 200 yuan, ne trovo uno per strada e per 30 andiamo in aeroporto.

Miracolo, c’è una biglietteria. Miracolo, la signorina di Hainan parla inglese. Miracolo, c’è posto sul volo delle 17.30 per $200. Ma li i miracoli finiscono. Le mie carte non vanno – solo carte cinesi. I dollari non vanno – solo yuan, e non ne ho abbastanza. Il bancomat mi consente di vedere quanti soldi ho, ma non di prelevare. Il wi-fi funziona solo se sei cinese. Lei prova a fare da hotspot col suo telefono, ma niente. Sconfitto esco, trovo qualcuno che sappia leggere il cinese (non facile) e mi faccio portare al Maitian hostel, dove a 50 yuan riottengo la mia camera. Aggiungo un altro 15 e ottengo tre bottiglie di birra, che mi bevo rigorosamente sulle scale fuori.

Il giorno dopo, gonfio di cash e con un biglietto di China Southern in saccoccia, ritorno in aeroporto. Sono abbastanza in paranoia e non riesco a scacciare immagini di voli cancellati, aerei in ritardo e via dicendo.

L’aeroporto è piccolo e carino; il check-in avviene in un secondo, e poi passo un po’ di tempo ad aspettare landside, non sapendo cosa mi aspetti airside. Qui c’è giusto una sala VIPs e della splendida panetteria dall’Engrish adorabile.








Airside è così. Sono l’unico occidentale e, tolte due addette alle informazioni, l’unico non Han. Se escludiamo lo psicopatico nella pubblicità appesa al soffitto.


Decido di andare al ristorantino per prendermi una birra. Sono un po’ così così dal punto di vista dello stomaco, per cui evito il cibo. Tra l’altro, in aeroporto non c’è acqua in vendita; ci sono solo distributori di acqua calda e fredda. Comunque, vado al ristorantino e chiedo una birra in inglese e russo, ma non funziona; poi vedo i boccali appesi e, colpo di genio, indico quelli. La tipina si illumina, pago una manata di yuan e vado a sedermi tutto gongolante per il mio successo.

Il risultato è questo:


Finisco la pinta di tè ed ecco China Southern arrivare col suo complice 737.


Uno sguardo anche alla mia carta d’imbarco, bollata duplicemente. Il 737 andrà a Shanghai Hongquiao via Urumqi, motivo per cui, mi dico, ci sono due taccolini staccabili. Un qual certo numero di passeggeri era sul volo delle 11.30, che credo sia stato cancellato, e facevano un discreto casino al gate.


Prima volta su China Southern, secondo volo su una cinese (primo è stato un PVG-SIN su Eastern), e primo volo domestico in Cina. L’esperienza è abbastanza civilizzata, e l’aereo si presenta nuovo, intonso e dotato di prese USB.











Pitch decente.


Riviste di bordo 100% solo in cinese; vi posto la foto del paginone à la Playboy con le rotte, e la flotta.








L’aereo è dotato di wi-fi; delle istruzioni capisco solo di andare su un sito e vedersela lì.


La clientela è meno ruspante di quanto mi aspettassi, con la parziale eccezione della mia vicina di finestrino, che costruisce un’amaca per i piedi (visibile in foto, appesa al supporto del tavolino) e poi, malgrado le Beats al collo, si sorbirà una telenovela cinese senza cuffie. Purtroppo ad Ürümqi saranno ancora più bestie.


Decolliamo, e lungo la corsa si vedono questi Su-27 e altri aerei non meglio definiti. Chiedo scusa per la qualità delle foto.




Il wi-fi funziona effettivamente; la scelta dei film è scarsina ma ci sono un po’ di documentari della BBC. Poi va detto che il volo è corto.


Malgrado la durata, distribuiscono il mangime. AAVV veramente gentili e con un buon inglese.




Arriviamo in orario in un URC airport che, seppur più grosso, ancora una volta latita nell’offrire servizi in inglese o wi-fi per non residenti.

Trovo i taxi e mi faccio portare in stazione, che è un’astronave, mimando il treno e facendo ”chuu-chuu”. Trovo la biglietteria, e chiedo un biglietto per Turpan. Anche qui ”No seat”. Il buon uomo mi mostra il sistema, che sembra pure Altéa inventory, ed effettivamente tutto è a zero sulla tratta che da Ürümqi porta ad est. Mi suggerisce il bus, ma bus = strada, strada = controlli. Si sono fatte le 5 oramai, e decido che, si, ho due giorni e li passerò ad Ürümqi. Non mi interessava, come città, ma pazienza.

Il problema è che non ho un hotel. Non posso andare su internet a cercarne uno, e in Xinjiang ci sono pochi hotel che accettano stranieri. Non sapendo bene che fare cerco un punto informazioni, non lo trovo e, allora, vado dal poliziotto più sveglio che trovo.

I poliziotti, qui, si dividono in due parti: gente tutto sommato gentile e disponibile, e ominicchi cui hanno dato potere e che si credono Dio. Il mio è della prima risma e, capendo il dilemma, mi scrive qualcosa su un pezzo di carta, da dare al tassista. Così faccio, e il taxi si butta in questa città che, diciamocelo, è brutta. Ma brutta brutta.


Alla fine, dopo 40 minuti di autostrade, il taxi mi deposita qui.


L’Hilton.

Entro in punta di piedi. Non mi faccio una doccia da tre giorni, da quando il bagno s’è rotto a Kashgar, e al massimo mi sono lavato come i gatti. Sono vestito come un barbone, ho lo zaino, mentre tutti qui sono belli, puliti, profumati e vestiti Zegna. Davvero. Fuori ci sono Rolls Royce, Mercedes, camper Ford americani e moto Indian. Sembra un altro paese, comparato con Kashgar.








Usando un po’ di punti Honors rimasti dai tempi in cui andavo a Madrid e un po’ di cash rimedio una stanza per due notti, e fanno pure il beau geste di darmi l’accesso alla laaaung. Il risultato è questo.




Continua!
 

13900

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TR scritto in modo eccellente!!
ho imparato più geopolitica qui che nei miei studi universitari!
capolavoro di TR, lasciatelo dire.
Bello e triste al tempo stesso, lascia un vuoto allo stomaco, grazie per la testimonianza
Che lingua parlano gli uiguri?
Il belìnese
(Scusate, non ho resistito)
L'uiguro! E' una lingua di ceppo turco, molto simile al kirghiso, e infatti si capiscono tra di loro.

Guardando le foto delle citta' vecchia di Kashgar si vede chiaramente che era una 'stazione' della via della seta. La mia prima reazione e' stata che sei andato dove Joanna Lumley non riusci' ad andare (Per quelli che non abitano nel Regno Unito, un 'racconto di viaggio' di Joanna Lumley sulla via della seta trasmesso da una stazione televisiva inglesde - ITV - si fermo' al confine con la Cina)
Ah si ho provato a guardare quel programma... son durato dieci minuti. Troppo, troppo, troppo posh la Joanna. Per me i racconti di viaggio in TV li sa(peva) fare Tony Bourdain, buon'anima.

L'altri potrebbero esse Yak38, forse?
Non so, guardando su wikipedia l'aereo che gli somiglia di più è il JH-7, mai sentito prima di oggi però.
 

vipero

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Non conosco Joanna, da noi però fanno vedere quel tizio di Channel 4 che viaggia a piedi, Levinson Woods, e s'è fatto l'Himalaya a piedi passando dall'Afghanistan, Pakistan e India
Al confine con la Cina però l'hanno stoppato.