[TR] Icelandic Tour (FR, FI, U2, NY e foto OT)


Molto bella anche la seconda parte, DaV! Il mio contatto mafioso residente in Islanda mi aveva parlato molto bene della natura del luogo, ora finalmente la vedo immortalata!

Non c'è che dire: l'aeroporto di Akureyri è veramente infognato!

Per la pista 01 c'è una procedura LLZ-DME che indirizza gli aerei con un angolo di 25° rispetto alla pista, da correggere a circa 3 miglia in finale (5,4 km).

Per la pista 19, dove sei atterrato tu, ci sono solo procedure NDB, che richiedono minime piuttosto alte per l'atterraggio. Te ne riporto una qui, ma da come descrivi l'avvicinamento (virata a sx) mi sembra che abbiate fatto un visual approach.

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Akureyri, una di quelle città in cui, per non so quale irrazionale motivo, sogno di mettere piede praticamente da sempre.

Anch'io! E nemmeno io so spiegarmi il perché.

il pastrugno gutturale del danese

:D :D :D

Questo punto del parco è anche molto caratteristico perché è uno dei pochi posti in Islanda dove gli alberi sono più o meno al riparo dai venti, e quindi riescono a crescere un po’ in altezza.

Infatti mi ha stupito molto vedere degli alberi, uno dei ricordi più netti che ho dell'Islanda è proprio la loro totale mancanza.

A parte questo, e premesso che ti odio, perché ho una voglia matta di tornare da quelle parti (:D), finora il TR è davvero splendido! Attendo con ansia il resto!
 
TR molto interessante, complimenti:Io ci sono stato pochi mesi fa e devo dire che l'islanda mi e' piaciuta molto:purtroppo a causa del poco tempo a disposizione non ho potuto visitare la parte che hai visto tu.
 
Grazie, bello!

Paolo

Bravo bravo!!!

Ottimo,grazie,Roma Radar

Bello ! Grazie.

Grazie a voi per aver letto!

Per adesso mi astengo dai commenti perchè sai bene quanto apprezzi i tuoi report: aspetto di gustarmi il seguito.

Il seguito arriva! A rate, ma arriva :D
Sai che adesso mi sono impallinato coi vulcani? Etna aspettami :p

Moooolto carina la copertina!!!
Ma anche il resto!!
Sono in attesa!

:)

Molto bella anche la seconda parte, DaV! Il mio contatto mafioso residente in Islanda mi aveva parlato molto bene della natura del luogo, ora finalmente la vedo immortalata!

Non c'è che dire: l'aeroporto di Akureyri è veramente infognato!

Per la pista 01 c'è una procedura LLZ-DME che indirizza gli aerei con un angolo di 25° rispetto alla pista, da correggere a circa 3 miglia in finale (5,4 km).

Per la pista 19, dove sei atterrato tu, ci sono solo procedure NDB, che richiedono minime piuttosto alte per l'atterraggio. Te ne riporto una qui, ma da come descrivi l'avvicinamento (virata a sx) mi sembra che abbiate fatto un visual approach.

Grazie per la spiegazione, molto esauriente :)
Stai studiando bene, eh! :D
AEY non è infognato, è semplicemente l'approach più bello che abbia mai fatto!

Grazie per la seconda parte. Diventa sempre più interessante...

Grazie a te!

Anch'io! E nemmeno io so spiegarmi il perché.

Secondo me non ci sono spiegazioni logiche, forse guardando gli atlanti, da piccolo, mi è rimasto in mente il nome... un altro mio pallino sono l'accoppiata Sapporo-Osaka, vai a capire perché!

A parte questo, e premesso che ti odio, perché ho una voglia matta di tornare da quelle parti (:D), finora il TR è davvero splendido! Attendo con ansia il resto!

Io invece ti odio perché hai cambiato residenza in Berlino! Anch'io voglio cambiare residenza in Berlino! :D:p

TR molto interessante, complimenti:Io ci sono stato pochi mesi fa e devo dire che l'islanda mi e' piaciuta molto:purtroppo a causa del poco tempo a disposizione non ho potuto visitare la parte che hai visto tu.

Mi ricordo del tuo TR, molto bello! Sono andato a rivederlo nel pomeriggio, il giro del circolo d'Oro l'ho fatto anche io, le foto sono più o meno le stesse.

Proprio bello.
Grazie

Danke!

Tra pochi minuti in arrivo un altro pezzo.

DaV
 
Provo a sporgermi sulla strada per vedere se arriva il nostro pullmino corazzato… mmm, no, non ancora. Quando arriva c’è una discreta folla, e, dato che ho già il biglietto per il ritorno, sono tra i “fortunati” che partiranno subito; gli altri dovranno attendere un minivan in arrivo da non so dove che li recupererà. Succede anche questo :)

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La sera ceno nella cucina della guesthouse con prelibatezze locali – noodles precotti al curry, spiedini di pesce e verdure e frutta mista assortita, che viene dalle serre poste a sud, altrimenti costerebbe come un etto di ciliegie a Natale a Milano – e una fantastica birra autoctona da 2,25%. E già, le birre vendute nei super o sono analcoliche, o hanno il limite dei 2,25 gradi, tutti gli altri alcolici si vendono nei Vinbuð, spacci statali dedicati esclusivamente agli admin beoni :D, oppure nei locali con licenza.

Stordito dall’eccesso di alcol, invece che stramazzare a terra senza sensi mi dedico a un po’ di fotografia notturna in giro per la città; non che abbia molto senso parlare di fotografia notturna dove il sole tramonta verso le 11 e alle 4 inizia ad albeggiare, lasciando sempre un po’ di chiarore…

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La mattina sveglia presto, l’autobus per Reykjahlíð, sul lago di Mývatn, parte alle 8.30. Lungo la strada incroceremo il fiume Laxà, il nome di tanti fiumi qui, visto che vuol dire salmone e indica che lì se ne possono pescare in abbondanza. Durante una sosta anche qualche curioso veicolo…

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Mývatn è una delle principali destinazioni turistiche del paese. Il lago, bello di per sé, è costellato da siti interessanti, come gli pseudo-crateri della zona sud, la zona si nidificazione protetta sulla costa nord-ovest, la zona vulcanica di Krafla e quella di Hverir, i campi di lava di Dimmuborgir; è inoltre base di partenza per le escursioni nell’interno (cratere dell’Askja e cascate di Dettifoss). Il lago presenta due seri problemi: l’instabilità climatica, in un giorno può piovere e uscire il sole anche quattro-cinque volte (anche se io ho visto quasi solo pioggia :D), e i moscerini: Mývatn significa proprio moscerino. Lì ce ne sono di due tipi diversi, uno punge e l’altro no, in compenso sono fastidiosi uguali, si infilano nei capelli, nel naso, in bocca, nelle orecchie; sono davvero devastanti. Fortunatamente a Reykjahlíð c’è stato quasi sempre vento e i moscerini sono quasi sempre rimasti bassi senza arrecare troppo fastidio; dalla zona degli pseudo-crateri invece mi hanno fatto scappare.

Poco dopo le 10 arrivo a Reykjahlíð, il centro più grosso della zona, circa 300 abitanti; quasi tutte le case sono guesthouse, due gli alberghi, due i campeggi; c’è un supermercato, stazione di servizio, una chiesa, un centro turistico-informazioni e tre strade. Il resto sono turisti e (tante) cose da vedere.

Il giorno dell’arrivo decido di rimanere nei pressi, ieri ho camminato abbastanza e ho bisogno di far riposare un po’ il piede. Mi dicono che la camera della mia guesthouse sarà pronta solo verso le 14.30, quindi ho tempo di farmi un giro al tourist info e programmare le gite dei giorni successivi; trovo un depliant che pubblicizza voli turistici in zona, il prezzo non è proibitivo… mi indicano la strada per l’aviosuperficie e mi dicono di chiedere maggiori dettagli alla Myflúg, piccolo vettore con paperozzi che si dedica ad avioturismo e occasionali aerotaxi interni. In comune con Myair ha il significato del nome, e che hanno a che fare con dei “botti”. Dei conti economici, l’una, dei vulcani della zona, l’altra. L’aviosuperficie è appena più in alto rispetto al paese, la strada è un po’ in salita ma c’è un discreto panorama del lago e del campo di lava che si è formato nel 1974, quando si è fermato (miracolosamente, sostengono i locali) proprio davanti alla chiesa.

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Entro nella casupola di Myflúg, un signore, credo il proprietario, pilota, segretario e magazziniere del vettore, mi accoglie con una tazza di caffè. Urka! Gli chiedo lumi sui voli turistici sul Krafla e l’Askja, tanto vale prendere il pacchetto completo di un’ora. Mi dice che purtroppo quei voli sono organizzati per almeno quattro partecipanti, tutti gli altri per due, a meno che non volessi affittare tutto il volo per me (un po’ costosetto in realtà). Mi dice che è previsto tempo da lupi, troppo instabile, ma di lasciargli il numero di cellulare che mi avrebbe fatto sapere se ci fosse stato qualche altro interessato e un miglioramento meteo. Mi richiamerà entrambi i giorni seguenti per dirmi che purtroppo non c’era nessuno, peccato; mi organizzo in altro modo. Molto gentile davvero.

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Torno in paese, vado a mangiare un boccone e poi vado a fare un giro nei pressi, appena fuori dalla metropoli che vi si affaccia; mi sento un po’ il bambino della Chicco che deve farne di strada per scoprire il mondo… credo anche di aver infranto una proprietà privata, ma non ne sono sicurissimo, il cancello era aperto e sembrava un sentiro! E poi ho solo due foto e sono uscito, giurin giuretta.

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Torno verso le quattro, dopo aver fatto un po’ di spesa, prendo le chiavi della mia stanza e mi metto comodo e rilassato. Appena in tempo! Dieci minuti dopo viene giù di tutto, le tende del campeggio sventolavano che era un piacere. Non mi rimane altro da fare che fare una doccia, leggere, cucinare, gustare un’altra ottima birra a 2,25 gradi, ascoltare l’ipod e chiacchierare con gli altri ospiti che nel frattempo sono arrivati. Le uniche che si godono la pioggia sono le papere che stazionano nel campeggio, piacciono ai turisti e lo tengono pulito, mangiando le briciole dei campeggiatori. Una signora francese mi dice che è il terzo giorno di fila che piove, e pensare ne pioverà altri tre, e sospetto anche di più :(

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(cont.)
 
Il giorno successivo arriva il momento di esplorare questa remota terra divisa dai vulcani e dalle cascate. Grazie agli operativi degli autobus SBA riesco a organizzare una doppia escursione nello stesso giorno: la zona vulcanica del Krafla e le cascate di Dettifoss. La prima cosa che volevo essere sicuro di visitare, appena comprata la guida, era qualche zona vulcanica attiva: sono sempre rimasto affascinato dalle immagini di eruzioni e pozze ribollenti, viste in tv e su internet. Appurato che il Krafla è ancora attivo (eccome se lo è!), scopro che più che un vulcano vero e proprio è una zona vulcanica del tipo dei Campi Flegrei: fessurazioni nel terreno, crateri chiusi, pozze e laghi ribollenti, fumarole, campi di lava delle eruzioni precedenti ormai raffreddati ma a coprire decine di campi magmatici pronti ad eruttare nuovamente. La guida, l’ufficio turistico e SBA sottolineano che ogni escursione, organizzata e non, verso le zone vulcaniche comporta sempre il rischio di eruzione e tale rischio è a carico del turista; la zona è “tranquilla” da circa 25 anni, anche se i vulcanologi prevedono nuove attività entro breve.

Dopo un quarto d’ora in paesaggi incredibilmente verdi alle pendici del basso cono originario del Krafla, transitiamo per una zona molto brulla, per lo più nera e brunastra, e sbuchiamo direttamente nei pressi del sito geotermico di Krafla, dove una centrale, che ha procurato non pochi grattacapi ai suoi tecnici, ora fornisce elettricità e acqua calda a tutta la zona e non solo.

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La centrale è visitabile ma, volendo abbinare Krafla+Dettifoss, devo per forza scegliere di limitarmi alla zona vulcanica: ho circa tre ore e mezzo per gironzolare in zona, rigorosamente nelle zone segnate e marcate. Ho visto due turisti, credo spagnoli, provare a uscire dal percorso; uno dei due è tornato indietro urlando, deve aver messo il piede su una fumarola nascosta e essersi un po’ lessato un piede.

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Il pulmino lascia i visitatori fai-da-te al parcheggio dello Stora-Viti, un cratere vulcanico quasi disattivo che è momentaneamente occupato da un lago di colore blu-verde surreale, le cui pendici marroncine sono ricoperte di muschio giallognolo e verde. Due sentieri portano in cima, da destra e da sinistra, e consentono di andare presso una delle stazioni della centrale elettrica di Krafla; entrambi i sentieri sono decisamente ripidi e molto scivoloso, anche per le pioggie. Non temo la salita, quanto la discesa; poi, visto che soffro di vertigini e il percorso è esposto, evito. La parte bella è comunque due km più a sud, nei pressi dell’altro parcheggio, dove non ferma il bus, e da dove si accede alla zona delle fumarole e delle fessurazioni, al campo di lava dell’eruzione del ’75 e quella dell’84, alla solfatara di Leirhnjúkur e ad alcuni laghetti ribollenti.

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Premetto che non ero mai stato in zona vulcanica, ma, cielo, che roba! È sempre così, le cose più belle sono quelle più pericolose o le più dannose. Fumo che odora di uova andate a male ovunque (lo zolfo…), il nero della lava, i colori accesi dei muschi che qui trovano terreno fertile, il celeste lattiginoso delle solfatare riempite d’acqua a 100°. Tolto il ribollire occasionale dell’acqua e lo sfiatare in distanza delle fumarole, c’è un silenzio d’oltretomba. È uno spettacolo difficilmente descrivibile, potrebbe essere un girone dantesco e se questo è l’Inferno, chissenefrega del paradiso.

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Spendo oltre due ore a girare per i sentieri tracciati, in alcuni casi passerelle in legno, in altre tracce calpestate e marcate con paletti gialli che a volte sono coperti dai vapori. Manca il diavolo col forcone… ma ci pensa un gruppo organizzato di italo-spagnoli a rovinare l’atmosfera, per fortuna quando ormai avevo già finito il mio giro.

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Non resta che tornare al parcheggio e aspettare, poche decine di minuti dopo, che arrivi lo stesso bus che porterà tutti quanti a Dettifoss.

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(cont.)
 
Solito meraviglioso TR, chapeau!

Inutile dirti che i tuoi commenti sono fantastici! :cool:

Per pranzo mi voglio sentire tipicamente British, per cui prendo un sandwich con i cetriolini da Tesco

:morto::morto:
Ammazza che coraggio!!!!

Non c’è divisione partenze/arrivi, non ci sono controlli di sicurezza, non c’è alcun ridicolo limite ai liquidi che si possono portare a bordo, NULLA!

Dopo 2 immigration consecutive a Miami solo per essere in transito per i Caraibi, con relative perquisizioni anali...non posso che dire mamma mia che invidia!!!

Usciamo da uno stop senza rispettarlo e, beatamente sfigati, prendiamo in pieno una Honda mini-suv. Non si è fatto niente nessuno, anche perché andavamo a non più di 10 all’ora, e obiettivamente ora quell’auto non è di certo peggiore rispetto a prima dell’incidente, esteticamente, intendo;

:D:D:D
 
Torno verso il parcheggio, in poco più di venti minuti dovrebbe arrivare il nostro pullmino a prenderci e portarci alla prossima tappa del giro. A parte le persone, l’altra cosa che abita con una certa densità l’Islanda sono i cavalli e le pecore.

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Arrivato il potente mezzo, aspettiamo che il nuovo giro di turisti scenda (pochini, in realtà) e prendiamo posto alla volta dell’altro lato del parco di Jökulsárgljúfur, a Dettifoss, dove le due cascate di Dettifoss e Selfoss danno vita al canyon che si conclude 25km più a nord ad Asbyrgi. La strada è tutta sterrata, l’accesso è severamente vietato a mezzi ordinari; solo 4x4, possibilmente un po’ alti da terra (quindi non andateci con la Panda 4x4!) riescono a fare i trenta kilometri scarsi che da Krafla portano a Dettifoss. Anche avere sotto al culo una jeep non garantisce di riuscire a percorrere lo sterrato: il nostro pullmino corazzato avrà un bel da fare a farsi strada di fronte ad alcuni Indiana Jones della domenica che non sono capaci di guidare fuori strada. Il panorama è molto brullo, a tratti davvero lunare; in altri è una distesa di muschio a perdita d’occhio, la tundra nella sua versione estiva e verde.

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Subito nei pressi di Dettifoss, entriamo in un deserto in pietra grigia, piuttosto affascinante; ad avere più tempo dell’ora concessa dalla ripartenza del bus, sarebbe stato interessante tornare indietro sull’ultimo tratto e fare qualche foto. Dal parcheggio alla cascata c’è ancora circa un kilometro da percorrere, in mezzo ad uno strepitoso paesaggio roccioso, completamente privo di vegetazione, vederlo senza turisti al di fuori dei momenti di arrivo schedulati dei bus dev’essere l’essenza ultima del concetto di “sentirsi soli al mondo”.

Visto che non posso correre, decido di passare prima a Dettifoss, e al ritorno, se avrò tempo, dedicarmi un attimo al deserto roccioso ed eventualmente a Selfoss. Il rombo del duo è udibile chiaramente anche dal parcheggio, per cui, nel dubbio, basta seguire il frastuono :D

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Del deserto ho poche foto, di Selfoss purtroppo solo una un po’ dalla distanza, non ce l’avrei fatta ad andare e tornare.

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Risaliamo tutti sul pullmino per tornare a Reykjahlíð, attraversiamo di nuovo lo sterrato, stavolta senza altre perdite di tempo dovute a mezzi bloccati. Ci fermiamo ancora una volta al Krafla per raccattare gli ultimi del precedente stop; visto che ci fermiamo cinque minuti ed è uscito un po’ di sole, ne approfitto per andare a fare un’altra foto allo Stora-Viti.

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Ritorno come all’andata, in quindici minuti sono di fronte alla mia guesthouse; vado a informarmi sulle condizioni meteo per il giorno successivo, è previsto nuvoloso con possibilità seria di pioggia; ergo, niente giro in bici; mi limiterò ad una piacevole escursione di circa 4 kilometri verso la zona vulcanica di Hverir che, essendo al di là di un passo, dovrebbe ricevere un po’ di protezione dalle nuvole che stazionano sul lago. Dopo una doccia, un po’ di riposo e una cena, condita con la solita birretta da due e venticinque, esco a fare un giro sui campi di lava pietrificata subito a nord di Reykjahlíð; c’è un sentiero che costeggia il lago, lo seguo per una mezz’ora poi, quando il sole è ormai tramontato, torno alla guesthouse per andare a dormire.

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Il mattino dopo mi sveglio decisamente con calma, mi preparo psicologicamente, mi accerto che l’ipod sia carico e di avere le batterie di riserva per la digitale; esco dal paese a est, per la Ring Road 1 che ho già percorso ieri; stavolta, a piedi. Il traffico è scarso, per usare un eufemismo ma, per essere sicuro di non essere preso dentro da qualcuno, cammino sulla carreggiata opposta al senso di marcia, almeno faccio in tempo a buttarmi lungo il ciglio. Stamattina i moscerini sono usciti in forze e mi costringono a tenere il cappuccio della felpa sulla testa; non che mi dispiaccia, visto che ci sono otto gradi, come recita un pannello informativo appena usciti dal comune di Reykjahlíð.

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Il paesaggio si può distinguere nettamente in due: a sinistra della strada, uscendo dal paese, i due massicci dell’Hlíðarfjall (771 metri) e del Dalfjall (550 metri) troneggiano beati su un fertile campo di cenere vulcanica, dove alcuni alberelli tentano invano di superare il metro e mezzo d’altezza; dall’altro si estende un immenso campo di muschi e licheni che è cresciuto sui residui pietrificati di alcune eruzioni vulcaniche. Un paio di kilometri oltre si trovano due zone di fumarole; a sinistra si è formato un velenoso lago blu latte, in cui è vietato bagnarsi; a destra invece le fumarole alimentano la Blue Lagoon, non quella famosa che sta vicino a Keflavik, ma la versione nordica un po’ sfigata (dicono altrettanto bella però) che ruba il nome alla pozza venefica sua dirimpettaia. Qui hanno provato un po’ di tutto per farci soldi: geotermico (ma i getti non sono abbastanza potenti), coltivazione (ma le patate uscivano già lesse), minerario (ma lo zolfo estratto non ripagava i costi, e il sito di estrazione e lavorazione delle diatomee è ora abbandonato). Buon per loro che sono riusciti a fare i soldi con una spa.

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Appena oltre inizia il passo del Námaskarð, che divide il Dalfjall dal Námafjall (384 metri); come vedrete nelle foto, il povero Dalfjall è in fase di sdoppiamento: brutta idea mettere casa esattamente tra due faglie in fase di separazione. Ad un terzo della strada si trova una postazione panoramica, con cartelli che indicano cosa si può vedere, una buona vista del lago (forse col bel tempo) e l’area picnic. Dall’altra parte della strada invece c’è un sentiero che conduce a Bjarnarflag, il sito dove furono scavati i pozzi pilota per una centrale geotermica; l’ultimo rimasuglio è una strana struttura, che sembra un modulo lunare, dove lavoravano i fossili (le diatomee) che poi finivano in vernici, fertilizzanti, materie plastiche e, orrore, dentifrici. In realtà sono resti fossili di piccole alghe, che vengono utilizzati come abrasivi, una volta purificati. Vediamo in quanti useranno ancora il Colgate Pearl Drops :D

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Dato che ogni tanto nella vita, ogni tanto, bisogna essere un po’ pazzi ed estremamente fuori dalle righe, mi viene un’irrefrenabile voglia di cantare: l’ipod mi fa da base e mi metto a cantare a squarciagola, tra un puff e un pant mentre risalgo il passo verso la zona vulcanica. Tanto non c’è nessuno ad ascoltarmi :D

Oltre la sommità si distinguono bene i fumi della zona di Hverir, che dista ora non più di mezzo chilometro in linea d’area, qualcosa in più seguendo la strada. Quindici minuti e sono pronto ad altri fumi al sapore di uova marce e a nuovi sibili e fanghi ribollenti.

L’area non è così spettrale come Krafla, i colori sono più pastello, dominano l’azzurrino e l’ocra; ci sono anche molti più turisti. Tuttavia l’area mi è piaciuta molto, soprattutto le tre fumarole che sparano vapore senza sosta, da vicino sembrano tre caffettiere di pietra.

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Mi godo il paesaggio anche sotto qualche raggio di sole, ma le nuvole nere dietro non prometto che una momentanea tregua; quando sto infatti per lasciare il campo e tornare a Reykjahlíð, inizia a piovere. Per fortuna è solo pioggia leggera, roba che cappuccio e giacca impermeabile riescono a fermare senza troppi problemi. Sulla strada mi fermo nuovamente sul punto panoramico, la luce è un po’ cambiata, mi pare migliore per fare i due scatti che non ho fatto all’andata. Già che ci sono, mi fermo all’area picnic per uno spuntino.

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Torno indietro con calma, purtroppo una volta finita la discesa iniziano i dolori, in effetti ho sforzato il piede un po’ troppo in questi giorni; dato che ho dovuto togliere la suoletta interna, devo aver appoggiato un po’ male. Arrivo con estrema lentezza alla guesthouse, trovo per fortuna del ghiaccio nel congelatore e lo avvolgo con l’asciugamano (in alternativa l’acqua fredda qui è davvero fredda). Il dolore passa un po’, ma per i prossimi giorni forse è meglio se sto un po’ più tranquillo, cosa che in effetti è nei programmi…

Dopo doccia e cena, però, non resisto a fare anche l’altro percorso che parte dal lago e va verso sud; nelle vicinanze ci dovrebbe essere una fenditura chiamata Stóragjá, dove un tempo i locali facevano il bagno. Per quanto mi sforzi, però, non trovo nulla, se non una quantità abnorme di funghi. Ignoro se siano commestibili o velenosi. Con le pive nel sacco, e senza funghi, me ne torno in guesthouse e aiuto una coppia italiana di anzianotti, un po’ persi, a scoprire cosa c’è nei dintorni; le foto aiutano a convincerli che ne vale la pena :)

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(cont.)
 
Bella seconda parte!! Aspetto con molto interesse la terza "rata".

Eccola :D

Quoto! Ancora grazie per condividere con noi queste splendide foto.
È un piacere leggerti.

Grazie a te!

Bellissimo, e natura spettacolare. Aspettiamo il resto in trepidante attesa....

Davvero, la natura al suo top. Però anche il tuo TR sull'altra parte del Circolo Polare Artico... :p

wow complimenti!!

ti posso chiedere quanto e' il costo della vita su? media giornaliera ca.?!

grassie!

Non ho ancora (voluto) fare i conti, comunque di sicuro economico non è tra gli aggettivi che userei. Il dormire, ora che la corona si è svalutata, è tra i 15/30€ a notte per gli ostelli, 40/80 per B&B e guesthouse, dagli 80/90 in su per gli hotel, chiaramente a seconda del luogo, qualità e stagione. Nei campeggi te la cavi con cinque euro a notte, direi, forse pure meno. Per il mangiare, direi allineato con gli altri paesi scandinavi, forse giusto la verdura costa un pelo meno, ma solo perché riescono a coltivarsela da sé. I ristoranti sono abbastanza cari, gli alcolici tra i posti più cari al mondo. L'acqua è tutta d'importazione, infatti quella dei rubinetti (FREDDA! Non la calda) sia potabile. Sarebbe stato interessante verificare il Mac Index, ma non c'erano Mac nelle vicinanze del centro di Reykjavik, per fortuna aggiungerei! Se si è stati in Svezia o Norvegia, o anche solo in Svizzera, una vacanza in Islanda direi che è sui quei livelli di costo.

Solito meraviglioso TR, chapeau!

Inutile dirti che i tuoi commenti sono fantastici! :cool:

Grassie! Non capisco perché non gradisci i tramezzini coi cetriolini di Tesco. Mah! :D

Spettacolare!!!!!
Avanti col seguito!!! :)

Eccolo! Grazie :)

Non c'è che dire, il ragazzo ci sa fare con la macchina foto in mano. E alla grande: keep it up!

Mercì! Ne ho ancora un po' prima della fine... ma stasera basta!

DaV
 
Molto, molto bello ed interessante, comincio a ripensare di farci un salto anche io, anche se, per i miei gusti, l'Islanda è troppo a sud (vuoi perchè neanche oltre il Circolo Polare, vuoi perchè dopo avere visto le Svalbard punto al Polo direttamente!).
Un'annotazione: la bassa gradazione alcoolica della birra credo possa essere legata ad una questione fiscale: in Norvegia, da quanto ne so, più alcool hanno e più sono martoriate di imposte (per una bottiglia di vino devi fare un mutuo, per una di Vodka meglio lasciare perdere); ed anche lì ci sono le birrerie e gli spacci (monopolio statale) degli alcoolici.
Attendo le prossime parti!