Da Repubblica
Tre giorni fa l'ultimo contatto tra fonti della cancelleria e Gianni Letta
Il piano "A" ipotizzava l'alleanza con la Cai. Il piano "B" prevede il passaggio del controllo
Lufthansa era vicina all'accordo
ma resta in pista anche dopo il crac
di MASSIMO GIANNINI
"NOI SIAMO pronti, dipende solo dal governo". Per un'Alitalia che non vola più, c'è una Lufthansa che "rulla" i motori. La compagnia tedesca è in pista. E anche se il Piano Fenice sembra ormai carta straccia, può ancora diventare il "cavaliere bianco" che salva la compagnia italiana dal fallimento economico, e il Cavaliere di Arcore dal disastro politico.
A dispetto dell'apparente vantaggio di Air France, in questi ultimi giorni i contatti tra Roma, Amburgo e Colonia, head quarters della compagnia tedesca, si sono fatti sempre più fitti. I colloqui tra Palazzo Chigi e la Cancelleria di Angela Merkel erano già stati avviati da un paio di settimane. L'ultima conversazione tra Gianni Letta e l'ambasciatore Michael Steiner risale a tre giorni fa. Il senso delle comunicazioni arrivate dalla Germania è univoco: "A Lufthansa interessa moltissimo Alitalia".
Oggi la compagnia tedesca, con 92 mila dipendenti e una flotta di 343 aerei di cui 87 a lungo e 164 a medio raggio, è il terzo vettore europeo dopo Air France-Klm e British Airways-Iberia. Mettendo le ali sul mercato italiano, farebbe un salto in alto, completando la sua strategia di vettore "multi-hub" e "multi-brand".
Inserendo gli aeroporti di Malpensa e Fiumicino nel grande network che orbita intorno a Francoforte, e che con Milano si arricchirebbe del traffico business del Sud-Europa, e con Roma si avvarrebbe di un ponte per il traffico con l'Africa, il Medio e l'Estremo Oriente. Tutte le mosse fatta da Lufthansa sullo scacchiere europeo - da quella iniziale su Swiss Air a quelle più recenti sulla scandinava Sas e su Austrian Airlines - sono ispirate alla stessa filosofia, che con Alitalia raggiungerebbe il coronamento finale.
I progetti predisposti da Lufthansa sono due e prevedono due scenari differenti. Entrambi sono già stati sottoposti dal chairman Wolfgang Mayrhuber al board e al direttore generale, Peter Hartman. Il piano A è quello che ruota intorno all'operazione Cai.
Se ieri la trattativa con i sindacati si fosse chiusa positivamente, e la cordata Cai fosse decollata regolarmente, con ogni probabilità Roberto Colaninno, di qui a una settimana, avrebbe potuto dare il grande annuncio ufficiale: il partner internazionale scelto da Alitalia è Lufthansa.
I tedeschi, secondo questo primo progetto, sarebbero stati anche disposti ad entrare subito con una quota di minoranza, per rispettare almeno in una prima fase il caveat posto dal premier sull'italianità della compagnia di bandiera. Ma a regime, cioè alla scadenza del lock up che avrebbe vincolato i soci italiani di Cai a non vendere le rispettive quote prima di cinque anni, verosimilmente Lufthansa avrebbe rilevato la maggioranza, e preso in mano la cloche della "Nuova Alitalia".
Il piano B è invece quello più "radicale", e ricalca le orme di quello che i vertici della compagnia tedesca misero a punto nell'inverno dello scorso anno, quando il governo Prodi aveva annunciato la privatizzazione dell'Alitalia e indetto la relativa gara pubblica, aperta anche ai vettori stranieri.
È un piano che prevede l'acquisizione immediata di Alitalia, e che trasferisce subito la proprietà da Roma a Colonia, salvando ovviamente il "marchio", la divisa e tutto quello che in questi decenni ha rappresentato la storia della nostra compagnia di bandiera. Esattamente come è accaduto nel caso Swiss Air. Oltre a Milano, verrebbero potenziati gli scali del Nord, Torino, Venezia e Bologna, messi in raccordo con Francoforte, Monaco e Zurigo. La flotta sarebbe ridotta di una cinquantina di aerei, ma Alitalia beneficerebbe dell'integrazione nella rete Star Alliance, la più estesa del pianeta, che comprende quindici compagnie tra cui United, All Nippon, Thai e Singapore Airlines, e nella quale c'è anche Air One.
La via maestra che il governo e la cordata italiana stavano seguendo era ovviamente la prima, che almeno allo start up avrebbe salvato la "bandiera" dell'Alitalia e, quindi, la faccia di Berlusconi. I tedeschi erano disposti ad accettare il compromesso. Ma hanno posto una sola condizione, semplice e chiarissima: "Qualunque nostro coinvolgimento presuppone una discontinuità tra la vecchia e la nuova Alitalia".
In altre parole, a questo punto Lufthansa scende in campo solo se prima si passa attraverso una procedura concorsuale, e si divide il destino della compagnia cattiva (gli esuberi, i debiti e le attività improduttive) da quella buona (gli aerei, le rotte e gli slot). "Solo così - hanno spiegato i tedeschi - è possibile rinegoziare su basi nuove anche i rapporti con i sindacati, e soprattutto con i piloti, riallineando i contratti di lavoro alla produttività media dei vettori europei".
Proprio l'impossibilità di procedere a questa "cesura" normativa e contrattuale tra un prima e un dopo, del resto, fu la ragione che spinse i tedeschi a ritirarsi dalla gara dell'anno scorso, lasciando libera la pista alla sola Air France. E proprio questo spiega sia il perché, da Amburgo e da Colonia, ieri si guardava con attenzione all'esito della trattativa, sia il perché tre giorni fa il portavoce del colosso tedesco Thomas Jachnow aveva frenato le fughe in avanti del Cavaliere dicendo "Alitalia ci interessa, ma non ora viste le sue pessime condizioni finanziarie".
Adesso che l'improbabile italian job è saltato in aria, per l'irresponsabilità politica di Berlusconi e la responsabilità sindacale della Cgil, non c'è più molto da fare. O si decreta il fallimento di tutta la compagnia, o si conserva l'impianto attuale, con la bad company da liquidare progressivamente e la best company da cedere immediatamente. Magari attraverso una procedura competitiva trasparente, che recuperi almeno un barlume di concorrenza ed eviti la mannaia della Commissione Ue.
In tutto questo, che fine farà il progetto Lufthansa? Da quanto riferiscono fonti vicine alla Cancelleria, non è una domanda da rivolgere alla Germania. Semmai va girata al governo italiano. Adesso che in nome dell'italianità avete tradito il mercato e ucciso l'Alitalia, siete disposti a rinunciare all'assillo della bandiera e al vessillo dell'ideologia, vendendola ai tedeschi che sono pronti a comprarla?
(19 settembre 2008)