Trattative che, è bene chiarirlo, prevedono spesso uno sconto sui servizi aeroportuali senza necessariamente configurarsi come un «incentivo». Ma al netto di questo, le società di gestione degli scali hanno speso almeno 3,6 miliardi ulteriori per «invogliare» le aviolinee low cost a volare nel proprio aeroporto, con esborsi maggiori in cambio di un aereo posizionato nell’impianto. Leggendo i bilanci di Ryanair, per esempio, si nota che il vettore ha speso in media 8,1 euro a passeggero di tariffe aeroportuali e per l’handling. Ma l’analisi del Corriere sul network della low cost e le spese operative reali mostrano che solo di tariffe aeroportuali dovrebbe pagare 19 euro, ai quali si aggiungerebbero 3 euro di handling. C’è, insomma, una differenza di 13,9 euro.
Ryanair — tolte le rotte non «sovvenzionate» — ammonta a 1,9 miliardi di euro, secondo l’analisi del Corriere. Al secondo posto compare Wizz Air con oltre 650 milioni di euro, seguita da Vueling con 224 milioni. Solo quarta easyJet con 205 milioni di euro. Tutte le altre low cost considerate — Volotea, Transavia, Norwegian Air, Pegasus Airlines, Play — ricevono nel complesso vantaggi per oltre 620 milioni di euro.