Re: [TR] Di colombi viaggiatori e altre storie (Australia, Thailandia, e Cambogia)
PARTE VI
_______________________________________________
L'aviazione non c'entra niente quando in un poco meno di un'ora riesci a volare tra due paesi apparentemente confinanti, ma distanti in realtà un milione di chilometri l'uno dall'altro.
L'uno è patria di un popolo mite e felice, profondamente devoto, che sta vivendo una poderosa fase di sviluppo cercando di bilanciare attentamente modernità e una tradizione antica, e dove un territorio infinitamente vario offre altrettante possibili esperienze di viaggio.
L'altro è invece l'ultima porzione di terra in cui è stato confinato uno dei popoli più antichi e ricchi di storia del pianeta, rovinosamente caduto e vigorosamente risorto innumerevoli volte, che ha lasciato tra le tracce più evidenti al mondo del proprio passaggio, ma la cui storia recente è tra le più terribili si possano anche solo immaginare.
Il popolo Khmer si stima sia migrato dal nord dell'India al sud-est esiatico circa 4.000 anni fa, popolando definitivamente una regione fino ad allora scarsamente abitata e imponendo ovunque la propria cultura, la propria religione, la propria lingua, e la propria caratteristica grafia, ma imponendo anche e soprattutto una capacità unica nel regimare le acque e nel produrre scorte infinite di riso. Sufficienti ad alimentare classi improduttive di sovrani, amministratori, sacerdoti, ingegneri, e architetti. E operai mandati a erigere gli edifici del più grande sito religioso al mondo.
Oltre che di soldati. Uno stuolo infinito. Usato per muovere guerra ad ogni bipede si sia mai eretto nel raggio di migliaia di chilometri, fino ad affermare il proprio incontrastato dominio su tutta la penisola.
Un popolo glorioso. Infine collassato improvvisamente e inspiegabilmente in secoli di oblio e silenzio, e confinato con forza dai suoi vicini in quella brulla e arida riserva indiana di storia e di storie che è la Cambogia.
Andiamo.
Lui sarà il mio autista per gran parte dei miei giri. Povero a lui.
La méta principe che spinge milioni di persone ogni anno a visitare questo posto così particolare è sicuramente l'area dei templi di Angkor, cioè la sede dell'antica capitale Khmer di cui rimangono in piedi solo gli edifici religiosi - e alcuni culturali - costruiti in pietra, mentre dell'antica città non è rimasto praticamente nulla nonostante si stima fosse il più popoloso insediamento urbano pre-industriale della storia, con alcuni studiosi che azzardano una popolazione fino a 2 milioni di abitanti.
Le dimensioni del sito sono impressionanti, e si aggirano intorno ai 1.000 kmq. Sempre nell'ordine delle migliaia sono poi gli edifici, che vanno dai microscopici ruderi all'imponenza di Angkor Wat.
La temperatura si aggirerà ogni giorno intorno ai 47°C. L'umidità è al 100%. E' un'impresa di stoicismo puro. La bellezza di questo posto l'unica gratificazione.
La natura che tenta di riappropriarsi della materia rubatagli sarà la continua costante. A testimonianza dei secoli di abbandono di un posto che è stato come dimenticato dalla storia e dai popoli.
E' un incessante susseguirsi di edifici. Spuntano mimetizzati dalla giungla in modo sorprendente.
Ciò che colpisce non è solo l'imponenza, ma la cura con cui sono eseguiti nella nuda pietra fregi, bassorilievi, e decorazioni.
Dentro i siti non è infrequente trovare venditori ambulanti (mai nessuno a chiedere l'elemosina però). Questa bambina tenterà di rifilarmi un set di 400 cartoline. Le dò il prezzo richiesto - 1USD - ma non ritiro la merce perchè al solo pensiero di aggiungere un minimo di peso in più mi sento male.
La vedo però abbastanza propensa al dialogo.
"Where you from?"
Mi fa.
Italy
"La capitale è Roma. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci".
(letteralmente)
Quindi rivolgendosi alla ragazza svizzera che ho conosciuto in ostello e che mi accompagna quest'oggi...
"Where you from?"
Le fa.
Lei risponde con marcato accento tedesco.
Switzerland
"Die Hauptstadt ist Bern. Ein, zwei, drei, vier, fünf, sechs, sieben, acht, neun, zehn".
(letteralmente)
E scappa via con il suo dollaro americano. Noi siamo basiti. Ho riguardato le foto per essere sicuro non fosse stata un'allucinazione da caldo.
L'inarrestabile natura, si diceva.
I templi più antichi nascono come templi indù, perchè costruiti prima della conversione del popolo Khmer al buddhismo. Gli spazi vanno quindi ricavati come si può.
Per i visitatori è un sito turistico per il quale serve un biglietto anche molto salato. Per altre persone è invece casa, oltre che il panorama quotidiano di quando si torna da scuola.
Relax.
Lo stile delle colonne mi fa impazzire.
Pensare alla quantità di lavoro (e di forza lavoro) che c'è dietro la realizzazione di questo posto fa venire la pelle d'oca. Pensare a come una società così avanzata si sia volatilizzata nel nulla fa venire i brividi.
Sic transit gloria mundi.
Queste sono amache antizanzare con persone all'interno. Da brevettare per poi vivere di rendita ridendo dalla copertina di Forbes.
Arriva il giorno di Angkor Wat.
Questa è una minuscola frazione del fossato perfettamente quadrato che lo protegge. Scavato a mano.
E questo l'ingresso.
E' imponente da far paura.
I suoi famosi bassorilievi.
La scalinata per salire al piano delle torri.
La classica architettura a foglio di loto.
Anche Angkor Wat nasce come tempio indù, per essere convertito solo successivamente a tempio buddhista.
Proseguiamo per altri templi ancora.
Qui una guida mi fa notare un dettaglio interessante: come diavolo fa ad esserci uno stegosauro in un bassorilievo datato attorno al XII Secolo?
Il modo in cui gli edifici escono fuori dalla natura ha davvero del sorprendente.
A fare da contraltare alla maestosità di Angkor Wat ci pensa il tempio forse più bello di tutta l'architettura Khmer, ovvero quel Bayon che è il gioiello incontrastato del barocco cambogiano. Un'opera di dimensioni relativamente modeste, ma di una bellezza unica e mozzafiato. Reso famoso nel mondo anche per via delle sue più di 200 facce scolpite nella pietra.
Questo è anche il tempio di cui ho meno foto, perchè la macchina si è scaricata, perchè l'ho visitato subito dopo un temporale e dunque l'umidità e il calore erano assolutamente proibitivi (si faceva davvero fatica a respirare), e soprattutto perchè più che a fare foto ho pensato ad immergermi nella bellezza di questo luogo incantato.
Dell'antica gloria del popolo Khmer oggi non rimane più nulla e, nonostante la loro imponenza, nulla dicono questi posti della moderna Cambogia.
L'antica civiltà cambogiana è come se si fosse spenta improvvisamente attorno al nostro alto medioevo, senza lasciare più nessuna traccia della propria esistenza ed entrando anzi in una sorta di torpore durato circa 4 secoli. Fin quando cioè gli esploratori e i coloni francesi riscoprirono la zona stabilendo qui il loro protettorato, e instaurando impalpabili sovrani e classi dirigente fantoccio che spianarono la strada all'orrore dei decenni a venire.
I conflitti mondiali non interessarono quasi per nulla il Paese che venne ignorato persino dalle mire imperialistiche giapponesi, e che rimase a guardare mentre Giap e Ho Chi Min rimandavano a casa a suon di calci nel culo i neo-colonialisti francesi durante la Guerra d'Indocina. Nemmeno la successiva Guerra del Vietnam riuscì a scalfire l'aplomb con cui il re Norodom Sihanouk guardava allle questioni del mondo e al macello che succedeva attorno ai suoi confini, dunque non sorprende come i guerriglieri Viet Cong che nel Vietnam del Sud si battevano contro la dittatura filo-americana trovarono nel territorio cambogiano il luogo ideale dove far passare il Sentiero Ho Chi Min, cioè il percorso attraverso cui il Governo filo-sovietico del nord riforniva segretamente gli insorti del sud.
Sentiero che gli Stati Uniti pensarono quindi bene di bombardare a tappeto fin dal 1964 ma in particolar modo dal 18 marzo del 1969 al 26 maggio del 1970, per mezzo di quella "Operazione Menu" tenuta segreta fino al 1973 che rase letteralmente raso al suolo quasi metà del paese uccidendo circa 600.000 persone.
L'inizio della fine.
In un paese ridotto in macerie, senza una guida reale, senza più un sistema agricolo produttivo, e di cui allo stesso tempo nessuno seppe mai nulla per un altro decennio ancora visto che ad essere sotto i riflettori internazionali era la guerra del Vietnam e non le bombe che piovevano in Cambogia, fu con estrema facilità che a sfidare il potere di Re Sihanouk si fece avanti il nascente "Partito Comunista di Kampuchea", i cui membri vennero appellati con il nomignolo di Khmer Rouge e il cui leader incontrastato fu Saloth Sar, un intellettuale istruitosi in Francia che presto cambiò il suo nome in Pol Pot.
Fu guerra civile. La più violenta che l'umanità abbia mai visto se si mette a confronto il numero di vittime con il numero totale della popolazione. Le stime ufficiali fanno acqua da tutte le parti, ma quelle più accreditate vogliono che negli anni che vanno dal '70 al '75 sia stato ucciso il 30% della popolazione, in modo diretto in quanto oppositori politici, nei campi di lavoro che in maniera completamente folle volevano ricostruire il tessuto produttivo del paese, e in maniera indiretta dalla fame o dalle condizioni sanitarie.
Preso il potere, lo stesso spirito guerriero del passato pervase nuovamente i gerarchi del Partito guidato dal Brother No.1, che mosse quindi la sua follia verso i vicini thailandesi e soprattutto verso i vecchi alleati vietnamiti, colpevoli questi di non ossequiare il nuovo ruolo di leader regionale cambogiano. Dopo aver sconfitto sul campo in tre guerre consecutive giapponesi, francesi, e americani, il governo di Ho Chi Min decise quindi nel 1979 di porre fine a questo abominio, invadendo massicciamente la Cambogia e destituendo il regime degli Khmer Rouge guidato da Pol Pot, che nonostante ciò continuerà a mantenere una forte influenza sulle sorti del Paese.
Per poi morire di vecchiaia nel 1998 a 72 anni, lasciandosi alle spalle molte più macerie di quelle che lo avevano visto nascere.
No, la Cambogia con la Thailandia non c'entra assolutamente niente.
A tutt'oggi, avventurarsi fuori dai villaggi e dai centri abitati costituisce un pericolo enorme, perchè le mine anti-uomo ancora attive e sepolte sottoterra si contano in milioni.
Il mio autista (il secondo dal basso) ancora si chiede perchè non potessi limitarmi a fotografare i templi come tutti gli altri invece di rompergli le scatole per essere portato nei villaggi rurali.
Che altro non sono che insediamenti di legno e poco più a ridosso delle principali strade asfaltate.
Questa è una stazione di servizio, e quella nelle bottiglie è benzina.
Opulenza.
Siem Reap, in confronto, è Place Vendôme.
Col prossimo, conclusivo, capitolo torniamo a casa, così smetterò finalmente di tediarvi.
Sempre a patto che ritorno vivo dal calcetto di oggi.
ANTEFATTO
INTRODUZIONE
PARTE I - Da Sydney a Bangkok, via Melbourne
PARTE II - OT Bangkok
PARTE III - Da Bangkok a Chiang Mai
PARTE IV - OT Nord della Thailandia
PARTE V - Da Chiang Mai a Siem Reap
PARTE VI - OT Cambogia
PARTE VII - Da Siem Reap a Lamezia, via Bangkok, Zurigo, e Roma