Il primo volo
Mento. Il primo volo su un 744, anzi il primo intercontinentale in assoluto, fu con JAL. JL418, MXP-NRT, quando JAL metteva l’economy sull’upper deck, l’IFE in loop a cassetta con 10 canali. Ricordo le assistenti di volo che portavano birra Sapporo come non ci fosse un domani… ma divago.
Uno dei privilegi dell’essere stato graduate in BA è l’aver fatto l’assistente di volo volontario. (O meglio, l’esser stato offerto volontario). Quel VCC,
Volunteer Cabin Crew, creato all’epoca degli scioperi del 2009/10 e rinominato iCSP,
in-Flight Customer Support Programme. Il Vostro l’ha fatto agli inizi di Mixed Fleet, quando quelli di Worldwide avevano ancora la carogna addosso per ciò che era successo qualche mese prima il mio arrivo. Al mio arrivo al Crew Report Centre piazzato al T5, un piano sopra l’Arrivals Lounge, ero abbastanza trepidante. Ricordo di essere stato il primo ad avere un volo in roster, nel nostro gruppo di graduates, con tutti che mi avevano chiesto di fargli sapere come sarebbe andata.
Vestito a puntino nella mia divisa nuova nuova, scarpe lucide e borsa con l’occorrente (camicia di riserva, gilet, night stop kit in caso succeda qualcosa di strano), entro nel CRC, passo il badge nel lettore che fa da “timbra-cartellino” e combino il primo casino. Ho due badges, uno da assistente di volo (giallo, bianco e blu, a righe) e uno con l’airside pass (bianco e blu). Ovviamente striscio quello sbagliato, e la macchinetta fa un rumore tipo R2D2 che rutta. Penso al Commissario Auricchio di
Fracchia la Belva Umana, rimedio all’errore, accedo al computer che mi aggiorna sugli ultimi OMNs e consulto lo schermo che mi dice dove devo andare. BA233, LHR-DME, briefing room numero 5.
Sono, devo ammetterlo, abbastanza contento di aver pescato il BA233. LHR-DME-LHR, un “there-and-back” dato che la Russia chiede il visto agli assistenti di volo britannici. È una fatica, report alle 7:30 e fine giornata verso le 18:30, ma almeno sarà breve nel caso ci sia gente non proprio gentile. E l’inizio non è dei migliori.
Le briefing rooms al T5 sono dei cubotti ciechi, muri in cartongesso e, se va bene, una parete vetrata ma con una pellicola che rende invisibile ciò che sta fuori (ossia il caos organizzato del CRC). Ci metto un po’ a trovare la stanza, vado a sbattere dentro ai piloti che stanno stampando cose ai computer appena fuori la stanza, ed entro.
Dentro ci sono già cinque persone, e l’atmosfera è glaciale. Due donne – le prototipiche assistenti di volo Worldwide, cinquantenni inglesi – leggono il Daily Mail. Due uomini parlano di swaps, del tal Cabin Service Director e di un IBM – Inflight Business Manager. L’ultimo è un tizio che sta giocherellando col portachiavi del sindacato, BASSA. Poco a poco arrivano tutti, ultimo il CSD, e quello che gioca col sindacato dice ad alta voce
”Thank God management has come back to their senses and have put 15 people back on the 74!”. Siamo in quindici (io sono in sovrannumero) e, nel 2009, pare che abbiano ridotto i complementi a 14 per ridurre i costi. Poi si gira verso di me e fa
”Unless we’ve got another amateur”. Tutti mi guardano e il CSD commenta
”Ah sure, I forgot. We’ve got a volunteer here” e indica il sottoscritto.
Iniziamo bene.
Comunque, facciamo il briefing, mi introduco, domande di rito (a tutti viene fatta una domanda sulle procedure mediche/di sicurezza), arrivano i piloti, dicono due parole, si assegnano le posizioni (io vengo piazzato sull’upper deck, in compagnia di altre due signore, anche se dovrò aprire e chiudere le porte del main deck come da regolamento per completare la mia qualifica), e poi si va all’aereo.
I 747, e credo anche i 777, hanno un odore specifico. 8200, che ne sa più di me lavorandoci su sul serio, la chiama “puzza di Boeing”. Non so come descriverla: è una specie di misto – cibo, detergenti, odori più o meno misteriosi – che pervade gli ultimi metri della jetway. Non c’è sugli Airbus, nemmeno sui 787. È qualcosa di profondamente British Airways, veramente Boeing. A quei tempi era un odore nuovo per me, e non l’avrei nemmeno notato se Carmen, una delle due colleghe dell’upper deck, non mi avesse dato di gomito e mi avesse detto “Lo senti quest’odore? Non lo leverai mai dall’uniforme, mai”.
Il boarding passa in fretta, chiudo la porta senza fare casini e prendo posto di sopra. Fatta la demo, rulliamo verso la pista, pronti al decollo; lí arriva la chiamata dal cockpit
”13900 please come over to the flight deck”. Mi sono dimenticato che, per il mio primo volo, decollo e atterraggio saranno in cockpit. Le due colleghe mi dicono che, su questo 747 (G-BYGG) devo dare una bella spinta alla porta per aprirla.
’’Give it a good kicking, love’ è la raccomandazione. Mi fiondo alla porta, pigio il codice, guardo nella telecamera, sento la porta che si apre e, come suggerito, la apro alla Terence Hill. Funziona.
Il cockpit del 747 è un capolavoro di vista e di beige. Quattro poltrone beige; pannelli di metallo, beige. Un sacco di pulsanti, manopole, switches e lucine costellano il soffitto e, in mezzo, la console centrale. Prendo posto sul quarto sedile, dietro al primo ufficiale. A sinistra c’è il Capitano, una signora sulla cinquantina estremamente gentile.
[1600px] Turning off all switchers after the flight.. G-BNLF. Boeing 747-436. JetPhotos.com is the biggest database of aviation photographs with over 5 million screened photos online!
www.jetphotos.com
C’è qualcosa di strano, penso mentre mi metto le cuffie. Sono stato sul cockpit 747 solo una volta in precedenza, per la visita in hangar. Mi guardo intorno mentre sento in frequenza il ciacolio della torre; la botola di emergenza è sempre lì, con le sue quattro maniglie frenanti; il pertugio per la toilette privata dei piloti e il crew rest è dove deve essere. Dopo un po’ mi viene in mente. “C’è un sacco di spazio, qui”, noto. Effettivamente tra il sedile del capitano e quello immediatamente dietro c’è un oceano di spazio. La Capitano(a?) fa una risata e commenta che, per toccare i pedali, deve praticamente spostare il sedile completamente in avanti. L’FO, che è alto un metro e novanta, siede un bel po’ più indietro.
La vista è incredibile. Siamo in coda dietro ad altri aerei, in marcia verso 27L. Davanti a noi c’è un filotto di l
esser aircrafts, così definiti dall’FO, e noi siamo più in alto di tutti. Le finestre ci avvolgono quasi interamente. Intorno a noi è una classica giornata di giugno in Inghilterra: nuvole basse, vento forte e pioggia. Sento il 74 ondeggiare sotto le raffiche di vento. Il rumore dei motori, quando finalmente accendiamo tutti e quattro gli RB211, è remoto ma presente, una sensazione che pervade il deretano e si irradia su per la schiena.
La Capitana è in carico del decollo. Tutto è pronto, siamo a bordo pista, in attesa che la turbolenza di scia di un aereo precedente si levi. Lei indica lo schermo del weather radar, quasi interamente dipinto di giallo e con una grossa macchia rossa proprio in mezzo. “Ecco, io vorrei cercare di evitare quell’affare”.
Arriva il momento, possiamo partire. Capitana e FO spingono insieme le manette e Golf Golf reagisce. Per prima cosa noto le cifre del consumo di carburante che impazziscono e, poi, il rumore. L’aereo vibra, si scuote, scricchiola e, poco a poco, inizia a muoversi. Corriamo lungo la pista a velocità sempre più forte, anche se da quassù sembra quasi non importare, sembra di essere solo spettatori. Poi sento la parola magica,
”Rotate”, e iniziamo a salire. Il muso si alza, tutto l’aereo dietro, e siamo in aria. La sensazione è di estrema facilità, quasi come se GG fosse un animale che ha deciso di portarci in aria perché ne ha voglia e non perché gliel’abbiamo ordinato noi. Fendiamo le nuvole con sicumera, senza magari la rabbia di un 777-300ER ma con molta più regalità. Non per niente è la Regina, questa.
Usciamo dalle nuvole e s’è fatta ora di guadagnarsi la pagnotta. L’FO mi chiede se voglio venire per l’arrivo a Londra, che farà lui, e promette un approccio sulla città. Non vedo l’ora.
Il servizio passa in fretta, con tanto di nobildonne russe con labbra e seni pompati a 500 atmosfere che, avendo ordinato il solo fruit platter come piatto speciale, pretendono di avere la bistecca e poi cercano di entrare in First. Atterriamo a Mosca in orario e ci raduniamo in First, avendo avuto cura di portarci dietro tutti i nostri averi.
”If it’s not nailed to the walls the Domodedovo cleaners will nick it” è il commento di uno dei colleghi. L’ambiente è più rilassato, ora, e non sono più ‘il nemico’. Meno di un’ora dopo lo sbarco siamo pronti per ritornare in aria.
Sul volo di ritorno l’Upper Deck è pieno di businessmen inglesi dall’aria oltremodo incazzuta, ma sbrighiamo il servizio in quattro e quattr’otto; quasi tutti vogliono solo o alcol o caffè, i laptop sono tutti accesi e, in cabina, si sente solo il pigiare furioso di decine di dita sulle tastiere. Quando mancano venti minuti all’atterraggio mettiamo in sicurezza la cabina, ripetiamo almeno 15 volte che i laptop vanno messi via, e arriva il momento di atterrare.
Il tempo a Londra è migliorato: c’è lo stesso vento dell’andata, ma almeno le nuvole si sono allontanate e c’è un po’ di sole. Arriviamo da nord-est dopo un po’ di holding prima di girare sopra al parco olimpico – le Olimpiadi sono ancora lontane, vediamo i lavori intorno allo stadio – e poi ci allineiamo verso la pista.
La visuale di sotto non è delle migliori, almeno dove sono io, ma da davanti è epica. Possiamo vedere altri due aerei davanti a noi, un 77W asiatico e un 77E dell’azienda. In radio si sente dire qualcosa sulle velocità del vento, rischio di wind shear. L’FO e la Capitana notano che siamo davvero ai limiti. Il 77W davanti a noi è molto angolato e arriva verso la pista a un angolo di quasi 20 gradi rispetto alla 27L (da cui, peraltro, siamo decollati la mattina). Non ho mai visto niente del genere e sono letteralmente incollato allo spettacolo. Balliamo discretamente e, mi rendo conto, stiamo arrivando anche noi veramente angolati.
La Capitana dice all’FO di aspettarsi un bel po’ di vento di traverso a poche centinaia di metri dal threshold. Entrambi sono così tranquilli e rilassati che lo sono anche io. Passiamo sopra a Hatton X e prendiamo uno scossone mica da ridere. La Capitana dice all’FO
”It’s your call” e lui fa qualcosa tipo “ce l’ho”. Posiamo il main gear, poi reverse e nose gear e siamo fuori dalla pista in un attimo. Il mio primo – e al momento ultimo – atterraggio in cockpit è andato.
G-BYGG British Airways Boeing 747-436 photographed at London Heathrow (LHR / EGLL) by Helmut Schnichels
www.planespotters.net
G-BYGG è uno dei super Hi-J con nuovi interni e IFE Panasonic eX3. Al momento è parcheggiato a LHR, in attesa - purtroppo - della sua dismissione.