La partita per Alitalia sta vivendo le sue ultime settimane di suspence, prima che le elezioni politiche italiane del 4 marzo portino probabilmente allo sblocco della situazione, che vede finora cauti i numerosi pretendenti all'acquisto della compagnia aerea tricolore. Lo stesso ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che pure nei mesi scorsi aveva cercato, invano, di far accelerare il processo e chiudere prima delle elezioni, ha ricordato che "i pretendenti la pensano diversamente e per ballare bisogna essere in due". Precisando poi: "Alitalia per ora non ha toccato prestito dello Stato tranne la garanzia IATA. Avrei già chiuso ma i pretendenti hanno frenato causa elezioni. L'obiettivo di non usare soldi dei contribuenti rimane prioritario".
Ormai si sono accumulate diverse offerte di acquisto, che i commissari straordinari della compagnia stanno valutando dopo mesi di incontri frenetici. I nomi in ballo sono Lufthansa, Cerberus, EasyJet, AirFrance-KLM, Delta e Wizz Air. Con probabile contrapposizione principale fra una Lufthansa che corre da sola e una ventilata alleanza fra Air France-KLM, Delta e EasyJet. Fra le ipotesi alternative si parla anche di un intervento di Cassa Depositi e Prestiti, teoricamente plausibile per il fatto che i conti di Alitalia sono negli ultimi tempi migliorati e potrebbero incoraggiare Cdp a entrare in lizza. Lo aveva già dato per possibile fin dal 26 gennaio lo stesso presidente di Cdp, Claudio Costamagna, prefigurando una ipotetica assistenza della cassa a uno degli interessati stranieri, prendendo a modello eventualmente l'intervento per 100 milioni di euro che sta valutando per l'acciaieria Ilva di Taranto. La cassa potrebbe essere indotta a scommettere sulle ali tricolori dai risultati usciti pochi giorni fa, che confermano per la compagnia aerea un fatturato per la prima volta in crescita dopo 6 anni, con ricavi saliti del 3% nel dicembre 2017 e una prevista impennata fra 4 e 5% nel primo trimestre 2018.
Peraltro, oggi alle 16.30, nell'ambito di un convegno dell'Enav a Roma sul tema "Trasporto aereo: volano per lo sviluppo del Paese", sono previsti interventi del ministro dei Trasporti Graziano Delrio e del commissario straordinario di Alitalia Stefano Paleari, ma è difficile che in qualche modo si sbottonino direttamente su una questione ancora in evoluzione come quella della compagnia aerea. Del resto, che le compagnie straniere stiano a guardare cosa succederà dopo le elezioni, è comprensibile visto che, ad esempio, ancora poche ore fa il leader della Lega Matteo Salvini ha dichiarato: "Faremo di tutto affinchè una compagnia di bandiera come Alitalia non venga venduta o svenduta a qualche multinazionale o a una compagnia straniera".
Nell'attesa dell'esito delle urne, comunque, questo tempo di pausa apparente, ma forse caratterizzata da nuovi incontri ufficiosi e riservati, non viene sprecato, bensì sfruttato per affrontare la questione dei tagli all'indennità di volo dei dipendenti. Ne ha parlato il capo del personale, Luciano Sale, coi rappresentanti sindacali, in un incontro informale ieri, al quale altri ne seguiranno. L'attuale contratto è prorogato fino al 28 febbraio e Alitalia vorrebbe limitare i costi del personale rivedendo l'indennità stabilita nel 2009 e calibrata nel 93% della retribuzione lorda che caratterizzava la "vecchia Alitalia" anteriore alla crisi del 2008. Inoltre l'azienda ha avviato un discussione circa i congedi parentali, per evitare carenza di equipaggi in estate, e anche sulla cassa integrazione straordinaria per 1600 dipendenti, che scadrà il 30 aprile. Di essi, ben 317 sono a zero ore e i sindacati chiedono che vengano ricollocati in azienda. Ma il confronto è appena iniziato, tanto più che, con i primi numeri positivi in termini di ricavi migliorati negli ultimi mesi, forte è la tentazione di assicurare, tramite tagli ai costi, una riserva in più.
Nel frattempo, dopo l'udienza di ieri per il processo d'appello sulla bancarotta della vecchia Alitalia, che vede implicati quattro ex-dirigenti della gestione 2001-2007, è stato stabilito il calendario delle nuove udienze, che si avvieranno dal 14 marzo. In primo grado i quattro manager erano già stati condannati: l'ex-presidente Gianfranco Cimoli a 8 anni e 8 mesi, l'ex responsabile del settore Finanza straordinaria Pierluigi Ceschia a 6 anni e mezzo, l'ex direttore generale del settore Amministrazione e Finanza Gabriele Spazzadeschi a 6 anni e l'ex amministratore delegato Francesco Mengozzi a 5 anni. Altri tre manager erano andati assolti fin dal primo grado.
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