Quanto è praticabile il piano governativo per il riassetto azionario di Alitalia? Proprio il Sole 24 Ore ha anticipato domenica scorsa l’architettura del piano governativo: l’obiettivo del Governo è di costituire, sulle ceneri della compagnia ora commissariata al Tribunale di Civitavecchia, una compagine dove il Mef possa entrare con una quota attorno al 15 per cento, affiancata da gruppi pubblici come Ferrovie dello Stato, ma anche altre aziende di Stato che sarebbero in corso di definizione.
Ci sarà, almeno secondo le attese del Governo, un socio strategico estero: le trattative in corso sono per firmare la lettera di intenti con un gruppo straniero. L’accordo in arrivo è con un partner cinese. Lo schema, secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, è stato definito nell’ultima settimana al termine di un crescendo di incontri tra esponenti del Governo: il vice-premier Luigi Di Maio, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, ma anche i sottosegretari Armando Siri (Infrastrutture), Andrea Cioffi (Sviluppo Economico) e Michele Geraci (Sviluppo economico). L’obiettivo è firmare le lettere di intenti entro il 31 ottobre.
Tuttavia, restano (senza risposta) alcune domande al piano del Governo che sta prendendo forma. Domande per le quali si attende una risposta degli esponenti del Governo che stanno lavorando al salvataggio.
1) I nuovi azionisti, secondo il piano, dovranno portare alla nascita della nuova Alitalia con una dotazione finanziaria di circa 2 miliardi di euro. Il primo quesito è relativo appunto alla dotazione finanziaria di Alitalia: 2 miliardi di euro di risorse sono una dotazione elevata, soprattutto se si guarda a quanto avevano offerto le altre compagnie europee (come Lufthansa) in termini di iniezione di cassa. Chi ci metterà così tanti soldi? Le società statali? Il Governo? I cinesi/asiatici?
2) altro quesito riguarda il via libera dell’Unione europea all’operazione. Dopo l’iniezione di nuove risorse, il passo successivo prevede infatti il rimborso del prestito ponte statale da 900 milioni di euro che il governo di Paolo Gentiloni ha concesso ad Alitalia nel 2017. Successivamente il Tesoro reinvestirà parte della somma in modo da detenere una quota attorno al 14-15% della nuova Alitalia. Ma un’operazione di questo tipo non verrebbe vista come aiuto di Stato dall’Unione europea? A maggior ragione se nella compagine investiranno altre aziende statali come Fs?
3) Il Governo è convinto che questa sia la soluzione migliore, perché in altre compagnie europee lo Stato è azionista. Per esempio in Air France dove l’Eliseo possiede circa il 14%: tuttavia questa quota è l’ultima eredità della discesa del Governo transalpino nel gruppo che è quotato alla Borsa di Parigi con larghissimo flottante. Al contrario Alitalia verrebbe ri-statalizzata e inoltre non è quotata. Il confronto verrebbe dunque accettato dalla Ue?
4) un ultimo punto riguarda il partner cinese. Tassello fondamentale, per far quadrare l’intero schema, è infatti l’ingresso del socio estero nell’azionariato, in quanto le risorse fresche dovrebbero arrivare proprio dal nuovo azionista straniero, che dovrebbe possedere attorno al 20-30% della compagine azionaria. I riflettori sono puntati sul viaggio in Cina del ministro Luigi Di Maio con il sottosegretario Michele Geraci qualche settimana fa, quando l’esecutivo era impegnato sulla definizione del Def. La trasferta sarebbe stata organizzata proprio per avviare contatti con una compagnia di bandiera cinese. Per il nuovo partner, secondo le attese, l’interesse è strategico: l’Italia diventerebbe l’hub di passaggio per i voli dalla Cina, verso il Nord Europa, il Nord e il Sud America e l’Africa. In linea strategica, questa logica ha un senso. Tuttavia i tempi per salvare Alitalia sembrano stretti. Lo Stato cinese, in questo genere di operazioni, ci impiega invece diversi mesi a prendere una decisione. Inoltre i recenti divieti ad acquisizioni all’estero (tranne che in settori strategici) ha reso Pechino molto attenta su questi versanti. Insomma, lo Stato cinese (tramite le sue compagnie aeree) starà molto attenta a quante risorse eventualmente dedicare al dossier e se farlo o meno. La tempistica di Pechino si adatterà dunque ai tempi (e alla necessità di risorse) del salvataggio di Alitalia?
Il Sole 24 Ore