Caos nube, calcoli sbagliati nei pc
Ecco le ragioni del tilt aereo
Compagnie aeree e tour operator furiosi: «Persi 1,7 miliardi di euro». Bruxelles: con un controllore unico
i disagi sarebbero durati poche ore
MARCO ZATTERIN
CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
E’ stata una Torre di Babele, costruita oltretutto con strumenti che nessuno aveva mai verificato sino in fondo. «Quando giovedì s’è trattato di affrontare la minaccia della nube islandese le autorità nazionali europee hanno dato interpretazioni diverse a segnali diversi, per poi arrivare a risposte diverse», sintetizza la portavoce del commissario Ue ai Trasporti Siim Kallas. La colpa è del coordinamento continentale che esiste solo sulla carta, del cielo europeo suddiviso in tante parti quanti gli Stati in cui si specchia, e del numero equivalente di sceriffi dell’aria, ventisette. Non hanno saputo essere una squadra e non avevano le giuste informazioni. «Se ci fosse stato il controllore centralizzato a cui lavoriamo da anni - giurano a Bruxelles - il problema si sarebbe risolto nel giro di poche ore». Le compagnie aeree sono furibonde e con loro i tour operator; sostengono che tutto si poteva fare meglio e più in fretta. «Abbiamo fatto dei voli di prova - ha attaccato il portavoce della Lufthansa, Klaus Walther -. Siamo andati a 24 mila piedi e poi più in basso, a 8 mila. Non abbiamo trovato neanche un graffio sulle carlinghe e nemmeno nei motori». I piloti sono più cauti, ma cambia poco. L’Associazione internazionale del trasporto aereo stima che la crisi le sia costata 1,26 miliardi di euro in sei giorni. Il presidente Giovanni Bisignani, che oggi sarà in visita alla Commissione Ue, ha parlato di «act of god», causa di forza maggiore, per cui la categoria non intende rimborsare hotel, pasti e telefonate a chi è rimasto bloccato a terra. A Bruxelles non sono convinti. E i consumatori sono pronti a fare la guerra.
Il coordinamento fallito: l'Europa si è svegliata con 5 giorni di ritardo
Hanno ragione le compagnie aeree, era teoricamente possibile fare di più e meglio. In pratica, però, hanno torto, visto che ognuno ha fatto ciò che le regole consentivano. La decisione di chiudere o meno lo spazio aereo è responsabilità puramente nazionale. Gli orientamenti vengono definiti dalle singole autorità (per esempio l’Enac in Italia) e attuati da Eurocontrol, agenzia bruxellese indipendente, che ha il compito di raccogliere le informazioni dagli stati, coordinarle e tracciare i piani di volo sui percorsi disponibili. La nuvola nera proveniente dall’Islanda ha fatto tiltare il sistema. I comportamenti sono stati disomogenei, scomposti e lenti. «Un patchwork di strategie che ha peggiorato uno scenario già negativo», spiegano alla Commissione Ue. Solo lunedì i governi nazionali si son resi conto che bisognava cambiare. È stato allora che i ministri dell’Industria dell’Unione Europea hanno riscritto le regole, diviso lo spazio aereo continentale in tre zone, in base al pericolo, e riaperto i cieli ovunque era possibile, in base a parametri molto più pragmatici.
Numeri senza conseguenze: il no al decollo affidato a un modello matematico
La responsabilità globale di accertare le conseguenze di un’eruzione è affidata a nove Vaac, i centri per la consulenza sulle ceneri vulcaniche. L’Islanda ricade sotto quello di Londra che, come da regolamento, da giovedì ha cominciato elaborare una fotografia della situazione sulla base del modello matematico di dispersione «Name», sviluppato dopo l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, con la conseguente nube radioattiva che terrorizzò l’Europa per settimane nel 1986. «Name» è un software che unisce fattori come l’intensità dei fumi, le osservazioni satellitari, il meteo. Poi disegna una mappa. La quale, però, non è pienamente attendibile per due motivi: esistono ceneri trasparenti non visibili dallo spazio, dunque la misura e lo spessore sono dubbi; non si sa a che punto esse diventano pericolose per i motori. Tutto è nelle mani di un computer. «Decisioni non verificate empiricamente», ha protestato la Lufthansa. I cui voli di prova, dicono a Francoforte, non hanno riscontrato anomalie. Come non hanno riscontrato anomalie i voli cargo effettuati dalla compagnia olandese Klm nei giorni di massimo allarme.
Come si è sbloccata la crisi: marcia indietro di fronte alle pressioni aziendali
Nel fine settimana i governi hanno capito che bisognava cambiare strategia. Ha fatto gioco la combinazione fra le pesantissime pressioni delle compagnie aeree (con le voci che si rincorrevano di rischi di fallimenti imminenti), l’esigenza di rimettere in moto il sistema dei trasporti per riportare decine di migliaia di persone a destinazione, e la consapevolezza di aver creato un caos per giusta precauzione, piuttosto che sulla base di dati scientifici attendibili. Lunedì i ministri dell’Industria hanno stabilito le tre zone per decreto, senza che la mappa del Vaac di Londra fosse cambiata. Se domenica non si volava e martedì sì, vuol dire che in una delle due occasioni non si era fatta la scelta giusta. «La sicurezza è prima di tutto - ha assicurato il commissario europeo ai Trasporti, il finlandese Siim Kallas -, ma non potevamo restare fermi ad aspettare che la nuvola si spostasse». I voli test e il «mea culpa» di tecnici e scienziati hanno convinto ad accendere il semaforo verde per una parte dei 28 mila voli decolli quotidiani continentali. Ieri ne sono stati effettuati circa 22 mila, oltre l’ottanta per cento, oggi si dovrebbe tornare alla quasi normalità.
Le ipotesi per il futuro: arriva il "Cielo unico", regole uguali per tutti
La parola d’ordine è «più coordinamento e criteri scientifici certi», con l’aggiunta di un «in fretta», nel caso avesse ragione il presidente islandese che prevede una seconda e più drammatica eruzione vulcanica. Per questo si terrà presto una riunione dei ministri dell’Industria dell’Unione europea. Il primo scopo è accelerare il pacchetto di norme comunitarie detto «Cielo unico», che dovrà entrare in vigore col 2012 e portare gestione unica e integrata dello spazio aereo europeo: un pacchetto che aveva come scopi soprattutto la liberalizzazione e una maggiore integrazione del mercato unico, ma che ora viene visto come indispensabile anche dal punto di visto della regolazione. «Un’altra lezione da trarre è sulla soglia di pericolosità delle ceneri vulcaniche», spiega la Commissione. Serve un’analisi che permetta di stabilire quando è il momento, e dove, per proclamare le emergenze e chiudere i cieli, e quale sia la concentrazione di polveri potenzialmente micidiale. L’obiettivo è chiaro. Vanno costruiti gli strumenti per definire un tipo di nuvola che, a seconda dei punti di vista, è piccola o grande, esiste o non esiste.
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201004articoli/54311girata.asp