[TR] Londra-Narita-Londra in 50 ore: le avventure di un corriere.


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26 Aprile 2012
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Sappiamo tutti che, in un'azienda, ci sono alcuni lavori che pochi vogliono fare, tipo andare a dire al capo che abbiamo perso quella pratica là, o raccogliere i vassoi in aereo dopo il pasto… Nel mio ufficio e nella mia compagnia la patata bollente sono i voli da corriere.

Primo, perché non si viene pagati in più.
Secondo, perché sono una mazzata.
Terzo, perché si vola 12 ore per lavorare, se va male, tre ore.
Quarto, perché capitano sempre di weekend.

Di solito, quindi, quando capita di dover fare qualcosa che non si vuole ecco che scatta lo scaricamento di barile, operazione che sia arresta una volta raggiunto il gradino più basso della catena alimentare, ai piedi del nuovo arrivato. Io.

Tutto inizia la settimana scorsa, quando il mio vicecapo mi offre un caffè e, mentre beviamo cazzeggiando, mi chiede:
“Senti, ti andrebbe di farmi un favore?”
Io (subodorando l’inc…ata): “Ah, ecco perché mi hai offerto il caffè [merdaccia]…. Dimmi pure”
“Sabato vai a Tokyo con del cargo sensibile, nostro e di alcuni clienti. Arrivi domenica, lo sdogani e riparti il lunedì. Ho due biglietti di World Traveller, ma l’hotel te lo devi pagare tu, poi te lo rimborsa Finance”.
Io: “gh…”
Lui: “Allora d’accordo così, eh? Bene! E non preoccuparti, tanto hai il martedì di vacanza! Buon viaggio allora!”

E quindi, eccoci qui. E’ sabato mattina, giusto il tempo di bestemmiare un po’ a quegli incredibili incompetenti di Barclays e sono in aeroporto, pronto per le prossime 50 ore ad alto tasso di aviazione. Devo ammettere di essere addirittura eccitato: avevo altri piani per il weekend ma, dopotutto, adoro volare. E tornare in Giappone, seppur per poco, dopo averci passato due settimane nel 2009, è una bella cosa. In più, poi, volerò sui 77W di BA, con i nuovi interni. Potrebbe capitarmi di peggio, alla fin fine!

Faccio check-in, chiacchierando con l’addetta del mio viaggio. La domanda “E allora cosa porti a Tokyo?” mi lascia un po’ interdetto, perché infatti non ne ho idea, per cui blatero un po’ di vaccate e mi allontano, pensando scenari da incubo in cui i pallet del cargo sono gonfi di ecstasy e io finisco rinchiuso per sei anni in una cella a Chiba decorata con i personaggi di Hello Kitty.

Il Terminal 5 è la solita scena e il panorama abbastanza monotono, code BA in ogni dove. Circuisco una duty manager e mi faccio rivelare che il mio volo partirà dal satellite B, dove mi dirigo (stava anche scritto sui pannelli alla banchina del TTS, potevo evitare la circonvenzione). Qui l’atmosfera è molto più tranquilla e mi siedo un po’ in attesa degli eventi.

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Pushback dal T5B per un 747 con la nuova Prime.

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I due A388 di QF che operano, se non sbaglio, i voli per MEL e SYD via SIN/BKK. Arrivano di prima mattina e passano più di 12 ore fermi alla fuel farm tra T5C e T3.

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Momento amarcord: il mio vecchio ufficio con un A346 di Virgin parcheggiato davanti. E' una cosa un po' strana, dato che lo stand 576 viene prevalentemente usato da BA

Il gate è il B42 e, mentre le colleghe preparano il tutto, mi diverto a guardare un giapponese che, armato di reflex Canon EOS 7D con teleobiettivo prestatogli dal telescopio Hubble, si mette a fotografare i camion di Gategourmet, la società del catering. Purtroppo passano solo quelli, senza nemmeno un DHL o uno di OCS a rompere la monotonia, ma lui sembra soddisfatto così. Provo ad immaginarmi le serate a casa sua a Yokohama quando proietterà agli amici le foto della vacanza e questo pensiero mi allieta finché non sento la fatidica chiamata:

“Chiunque sia seduto tra le file 30 e 50 si faccia avanti, passeggeri di First e Club vengano quando vogliono”

Appartenendo alla prima categoria vado al gate, deserto. I rimanenti 300 passeggeri, giapponesi al 90%, non si muovono di un muscolo. Probabilmente aspettano qualche istruzione nella loro lingua oppure attendono che i loro accompagnatori (sono quasi tutti pensionati in viaggi organizzati) gli dicano cosa fare. Com’è come non è sono l’unico passeggero di Y a passare tra mucchi di viaggiatori con biglietti in J, armati di iPad e supplementi domenicali del Financial Times.

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La bestia che ci porterà a Tokyo

Gli equipaggi di Worldwide in BA sono un po’, per dirla all’inglese, “Hit and miss”. Un servizio all’altezza è sempre garantito, alle volte è meraviglioso ma, spesso, capita che si limitino a fare quello che il manuale dice loro di fare, senza metterci un po’ di sforzo in più. Sono cabin crew volontario e capisco il livello di stress e di fatica che comporta il loro mestiere, però per una compagnia che punta sul servizio non è una bella visione. I ragazzi di turno oggi, con la probabile esclusione di un paio di individui in club e del CSD, appartengono all’ultima categoria: pochi sorrisi e atteggiamento del tipo “Siamo qui perché dobbiamo e faremo quello che dobbiamo fare, ma nulla di più”. Mah.

Continua...
 
Il sedile, comunque, è estremamente comodo. Mi piace molto il poggiatesta ad “amaca” e il pitch è estremamente generoso (sono 1.85 e sto ben largo anche col sedile di fronte completamente reclinato). Il fatto di essere in configurazione 3-3-3, poi, è ancora meglio. Mi libero subito di coperta, cuffiette (posso usare le mie) e cuscino e piazzo il mio IFE personale sul tavolino (duro come la morte da aprire, credo sia una caratteristica dei Recaro). G-STBC, queste le marche del nostro 77W (un po’ porta sfiga, direi) ha circa 2 anni ed è in forma smagliante.



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Letture per la giornata.

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Fuori, nel frattempo, i ragazzi della rampa caricano il “mio” cargo. Non posso dire di che cosa si tratti anche perché ho letto soltanto le sigle sulle bolle di carico a Tokyo, ma si tratta di classici prodotti inglesi (parti di armi da collezione e materiali biotecnologici), ma la presenza del camion Secure indica che devono valere parecchio.



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Ecco qui BA Cargo, il magazzino che sta a fianco del T4. Le merci di valore sono gestite soltanto da BA Secure Cargo, che ha una zona completamente separata da quella in cui si trasporta tutto il resto del materiale che finisce nelle stive nei nostri aerei. Le misure di sicurezza per entrare in quell’area sono particolarmente idiote e burocratiche (in puro stile inglese, direi) e se “Computer says no”… beh, è un no. Anche se il magazzino è vuoto (ogni riferimento ad esperienze personali è puramente casuale).



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Interessante 757 di PrivatAir (?) al T4.



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Prima o poi ti prenderò!

Pronti via, si parte. Facciamo mangiare la polvere a G-EUPA che, prendendo l’interno, pensava di batterci all’arrivo sulla pista e siamo in volo. I GE-90 spingono tantissimo e, di potenza, superiamo le nuvole e siamo sopra il mare del Nord.



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Vedete i due edifici immediatamente sopra alla pista? uno è Waterside, la sede centrale di BA. L'altro è il cosiddetto "Immigration removal center", un modo un po' diretto per definire la versione inglese dei CIE.



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LHR in mezzo alle nuvole.

Passa il primo giro di drink e mi prendo un vino bianco, Pinot del Veneto. Probabilmente i sommelier del forum inorridirebbero alla vista di un IGT in bottiglia di plastica, ma è comunque più che bevibile. Il tempo di mandarlo giù e di dare un’occhiata alla moving map dell’IFE e siamo già sul mar Bianco, diretti verso gli Urali e, poi, in Siberia. Una terra che dovrò, prima o poi, visitare.



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Le opzioni per il cibo sono due, pasta o pollo con salse varie giapponesi. Io opto per quest’ultimo e, devo dire, non è per niente male. Le mie due vicine di posto mangiano pasta e poi, all’unisono, si fiondano in bagno. Le seguo a ruota e, dopo, ritorno a guardare qualche film (saggia decisione: non appena ritorneranno a sedersi andranno in standby per sette ore, praticamente fino all’arrivo).

L’equipaggio passa a chiudere tutte le tendine dei finestrini senza nemmeno chiedere il permesso, cosa che trovo un po’ irritante, ma capisco che la gente voglia dormire. La maggior parte dei miei compagni di viaggio, infatti, si addormenta di botto appena dopo aver preso il caffè, mentre io riesco a chiudere occhio solo per un paio d’ore. Provo a buttar giù un paio di bottigliette di insipido Merlot francese, ma niente da fare. La Siberia, inoltre, è coperta di nuvole e l’unica cosa rimasta è guardare qualche film. L’offerta è un po’ strana, non proprio recentissima (Tower Heist tra le nuove uscite? Davvero davvero?!) ma scovo un po’ di puntate di Family Guy e di Big Bang Theory: l’unico problema è ridere in silenzio senza svegliare le due allegre comari di Windsor di fianco o sembrare un cretino.



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La mappa su -TBC è molto interattiva. Ci sono almeno sei modi diversi di vederla e, in modalità "esplorazione", si può persino andare in giro per il mappamondo. Lo schermo è touchscreen e funziona un po' come quello di un iPad. Purtroppo, però, non ci sono le telecamere esterne.

Tre ore prima dell’arrivo le luci iniziano ad accendersi e i primi temerari iniziano a sbirciare fuori dai finestrini. E l’alba sulla Siberia e non si vede praticamente una mazza se non questo fiume, molto probabilmente l’Amur, nella regione di Khabarovsk. Siamo vicini al Pacifico, manca poco al Giappone.



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Arriva la colazione e qui il crew dimostra di non aver messo giù i piedi dal lato giusto del letto. Ci sono due possibilità di scelta, ma a quanto pare il purser ha messo tutti i vassoi con la full English su un trolley e tutte le omelettes nell’altro, per cui il nostro AV ci sbologna, senza nemmeno chiedere, le salsicce e il bacon. Oh, beh, pazienza.



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La prefettura di Chiba appare tra le nuvole in tutto il suo splendore: villaggi, fabbriche, serre e un’infinità di risaie al punto che, nell’ormai lontano 2009, il mio amico aveva commentato “Tutta ‘sta strada e siamo finiti a Vercelli?”. Giriamo un po’ prima di arrivare e, in lontananza, spuntano Tokyo coi suoi grattacieli (credo quelli di Odaiba) e, in fondo, il Fuji. Peccato non avere un teleobiettivo.



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Foto pessima, ma quel puntolino bianco è il monte Fuji. dal vivo si vedevano anche i grattacieli di Tokyo

L’arrivo è un po’ movimentato, ma alla fine ci siamo. Passo l’immigrazione, sdoganiamo tutto lo sdoganabile (senza doppi sensi!) e in quattro ore abbiamo finito: la merce va dove deve andare e io filo al Mercure, l’hotel di Narita dove starò. Tra l’altro, nel mezzo delle operazioni, mi sono trovato faccia a faccia con…Christian Meyer degli Elio e le Storie Tese. Un avvenimento.



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Quasi arrivati!

L’arrivo è un po’ movimentato, ma alla fine ci siamo. Passo l’immigrazione, sdoganiamo tutto lo sdoganabile (senza doppi sensi!) e in quattro ore abbiamo finito: la merce va dove deve andare e io filo al Mercure, l’hotel di Narita dove starò. Tra l’altro, nel mezzo delle operazioni, mi sono trovato faccia a faccia con…Christian Meyer degli Elio e le Storie Tese. Un avvenimento.

Continua...
 
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Taxing.



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Un 320 ANA senza marche (credo che sarà passato a JetStar)



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Mamma Qantas e figlia JetStar faccia a faccia.



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Il tamarrissimo (imbrillantinato, con occhiali da sole alla Top Gun) FO di Philippines procede a controllare il suo fido 77W



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Nonsense nipponico: la ragazza era alla guida del belt conveyor, lo ha portato in posizione, non l'ha connesso all'aereo, l'ha lasciato lì e s'è messa a guidare col fischietto la retromarcia dell'elevator guidato dal suo collega. L'ha fatto ogni volta che l'elevator andava in retromarcia. Facessimo così in rampa a LHR credo che i turnround sarebbero più lunghi almeno di 10 minuti.

Siccome non voglio far sfigurare le suites imperiali in cui il nostro AZ1774 alloggia quando va in giro ho deciso di evitare di postare le foto del mio enorme loculo 5x4, limitandomi a condividere con voi quest’opera d’arte che, assieme a vari Rembrandt e van Gogh originali, abbelliva i muri della mia magione.



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Rimuginando su cotanta saggezza decido di andare a vedere cosa offre Narita. Per non tenervi sulle spine vi dico che c’è solo il tempio Shinsho-ji, un meraviglioso insieme di pagode infilato in un parco verzuto, pieno di laghetti e di insetti famelici (leggevo su una panchina l’inserto domenicale dell’FT arraffato da una poltrona di J e dovevo scrollarmi di dosso almeno sei grossi animaletti multi zampe dotati di corazze e antenne). Fa anche un bel caldo, 25 gradi e almeno 80% di umidità. Proprio come a Santhià.



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La sera decido di dare a Narita un’altra chance e vado in cerca di un posto dove mangiare. Per niente scoraggiato dai cartelli che proibiscono l’ingresso agli stranieri nei nightclub (anche se potrebbero ricordarsi la “i” in “foreigners”) scovo un localino simile a quello del papà di Licia in Kiss me Licia e indulgo in una zuppiera di ramen e in una birra Ebisu. Il tutto per la catastrofica somma di 650 yen, poco più di 7£.

Mi sveglio alle 4 mattina, in tempo per assistere al passaggio del panorama della mia camera da notturno ad albeggiante.



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Narita by night...



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...and at dawn.

Ammazzo il tempo per altre tre ore e poi torno a Narita. Mangio qualcosa, faccio check-in e, poi, passo sul lato airside. Il Terminal 2 è estremamente anni ’90 ma è molto ben curato ed è pieno di negozi che piacciono alla gente che piace. Peccato che l’atmosfera sia caldissima, quasi come sul regionale Torino-Milano a giugno. Un inserviente mi informa che regolano l’aria condizionata sul minimo dai tempi del terremoto, in segno di rispetto e per ridurre il consumo di energia elettrica. Gran popolo.



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Il bus dell'aeroporto deve fermare a questo buffo punto di controllo, dove sessantamila guardiani controllano i passaporti e, apparentemente, l'esistenza del lunotto posteriore delle auto.



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Il terminal offre una vista impareggiabile sulle piste e le chicche si sprecano: iniziamo con un bel 787, diretto a Mosca. Dietro di lui, semi invisibile, c’è l’A310 di PIA per Pechino e, dopo Karachi (o Islamabad?) Boh.



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Cambio gomme per lui!


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Quest’uomo è rimasto per dieci minuti completamente immobile a fissare il paraurti del camion… Mah.



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Altra chicca: Il96-300PU Rossiya che deve aver portato qualche pezzo grosso a Tokyo (è un aereo VIP).

Il mio volo è in ritardo e mi siedo a guardare il traffico in arrivo su quella che chiamo Polderbaan giapponese, una pista che richiede un taxing di almeno 15 minuti.



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77W JAL



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737 dorato ANA



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Lui parte...



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Lui si dedica al sumo col suo amico invisibile...



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Ed ecco, infine, il nostro 772, G-STBD.

Il nostro gate è di fianco ad un altro 787, quello che opererà il volo JL8 per Boston. Tre forzuti con casacche Boeing salgono a bordo, effettuano un’ispezione e, evidentemente soddisfatti, tornano alla loro macchina. Poco dopo il Dreamliner inizia ad imbarcare una clientela al 90% composta da sudditi dell’Impero.



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Cartello vagamente razzista a NRT

Continua...
 
Fico! Avevi la valigietta con la manetta e non potevi né bere e né mangiare come i corrieri diplomatici durante la guerra fredda? ;-) Scherzi a parte bel TR, son curioso di leggere il seguito!
 
Anche il nostro volo è pieno di giapponesi al 90%. Il LF è buono, un 85% complessivo con 100% pieno in World Traveller. Stavolta sono in fondo al bus, posto 50 A, con un solo vicino di banco, un simpatico giapponese che credo lavori per la Nissan.



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A343 di SK appena arrivato e 388 di AF che ci precederà alla partenza.



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Se non erro questa è la casetta del tizio che non se ne volle andare da casa sua e, quindi, gli costruirono NRT intorno.



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E questa bellezza da dove spunta?



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77W di Turkish Airlines

Il volo è di sicuro migliore dell’andata, il gruppo in divisa è affiatato e mette insieme un ottimo servizio. Il cibo è buono e il sapore controbilancia una pasta un po’ stracotta. Guardo qualche film, schiaccio un pisolino ma, soprattutto, rimango incollato al finestrino di fronte a quello spettacolo che è la Siberia.



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Ancora semi-invisibile, il monte Fuji.

Complice il fatto di avere due finestrini, di cui uno praticamente schermato dal sottoscritto, posso evitare di abbassare del tutto la “tendina” senza dare fastidio a nessuno.



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Il mio secondo finestrino.



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Il fiume Amur.

Tra l’altro le due vecchiette nella fila 49 sono diventate entusiaste ammiratrici dello spettacolo che scorre sotto di noi e passano letteralmente ore ammucchiate una sull’altra a guardare fuori, finché una non si gira verso di me, verso la sesta ora di volo, e chiede:

“Siberia?” Sono tentato di risponderle “No signora, è Trezzo sul Naviglio” ma decido altrimenti.

Dopo ore di scenari come questi qui sotto passiamo la Novaya Zemla e sbuchiamo in Europa.



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La risposta russa al Gran Canyon.



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Si trova qui: un po' difficile da raggiungere ma ci andrei subito.



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Novaya Zemla: l'Europa è vicina.


Crollo a dormire e mi risveglio soltanto quando sento un “Bump!” e sento l’aereo atterrare di traverso sulla pista a LHR: prima il carrello principale sinistro, poi quello destro, ci raddrizziamo, scende anche il nose gear, si attivano gli inversori di spinta e, in un attimo, siamo fermi.

Sono passate 50 ore dalla mia partenza, è lunedì, sono tornato ed è uno splendido giorno della meravigliosa estate britannica:



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Grazie per la lettura, a presto!

Fabrizio
 
Il "capolavoro" appeso nella tua stanza è il proverbio giapponese

Uji yori sodachi

che tradotto un po' più decentemente sarebbe

Upbringing Is More Important than High Birth

Grazie per il bel TR
 
bellissimo TR, mi ricorda vagamente il mio capo (ma anche l'attuale, segno che alla fine, sono tutti uguali :D )
 
Suvvia, c'e di peggio.... pensa a chi si fa il Giappone in 50 ore e in entrambi i voli lavora....
Sempre affascinanti certi posti, anche se sei in mezzo al nulla di Narita si trovano dei posti che mozzano il fiato! Ricorda che non sono solo le suites imperiali (e le ciabattine di spugna!!) che rendono piacevole un viaggio, ma le emozioni delle piccole ed inaspettate bellezze che si possono trovare!
 
Bel report inusuale sopratutto ! Anche se ti dirò che la curiosità su ciò che trasportavi e molta !!!