[TR] Dall’Iran al Perù, via Londra.


Seq. 002 da manuale, ma dobbiamo migliorare!
Non vedo prese per il culo per gli upgrade, come mai? :D


Stile narrativo come sempre eccellente.
Relativamente all'Iran sottoscrivo ogni singola parola: nei Paesi occidentali è oramai consolidata una cattiva nomea dell'Iran, figlia di un'ideologia inculcata negli anni '70 e '80 che ci è stata tramandata. L'Iran è un posto stupendo, così come le persone sono molto vicine a noi nel modo di pensare, e sono molto aperte. A me è accaduta la stessa cosa: in diverse occasioni sono stato fermato da giovani ma anche anziani che in inglese avevano voglia di conversare e scambiare opinioni. Poi, è chiaro, è un Paese che ha tutti i limiti, i vincoli ed i condizionamenti di un Paese islamico.

Ciao Flybo'. Quoto in toto quello che hai scritto; di sicuro e' un paese con enormi problemi, con vincoli e quant'altro; e, credo, Isfahan sia una citta' un po' piu' 'libera' di altre, almeno a giudicare dalle coppiette che andavano in giro, ma e' anche l'unico paese mediorientale che ho visto in cui ci sono, ancora, chiese e sinagoghe.
D'accordo con voi, ho avuto le vostre stesse sensazioni e le stesse riflessioni. Ci sono città molto più chiuse di Isfahan, come Qom dove lo chador è indossato da quasi tutte le donne.
 
Bello ed appassionante come sempre. Superlativa l'allegoria del viaggiare moderno! Curiosità: il visto all'arrivo sel custa (sia in termini di tempo, sia di denaro)?
 
Davvero interessante e ben documentato. Non ho mai viaggiato in Club, il catering sembra osceno.
 
Gran bel TR Fabri!!
Ottimo racconto. Dal tuo intercalare sembra quasi che tu sia biellese. :)

Dici? Grazie POV! :)

Molto bello. Conoscendoti potrebbe averlo scritto la fumna :)

Ovviamente l'ha corretto lei!

Seq. 002 da manuale, ma dobbiamo migliorare!
Non vedo prese per il culo per gli upgrade, come mai? :D

T'avevo gia' perculato via telefono, poi il troppo stroppia! :) Parlando di seq., hai visto il 427 su quella del ritorno da IST?

D'accordo con voi, ho avuto le vostre stesse sensazioni e le stesse riflessioni. Ci sono città molto più chiuse di Isfahan, come Qom dove lo chador è indossato da quasi tutte le donne.

Qom non e' la capitale religiosa dell'Iran?

Perché parlare di upgrade con te é come sparare sulla croce rossa

Amen Pochette.

Bello ed appassionante come sempre. Superlativa l'allegoria del viaggiare moderno! Curiosità: il visto all'arrivo sel custa (sia in termini di tempo, sia di denaro)?

Grazie GP. Dunque, il visto all'arrivo mi e' costato 80 euri. L'intero processo, per i sette-otto che con me hanno fatto il visto all'arrivo, ha preso all'incirca mezz'oretta - quaranta minuti. Siamo arrivati a un gabbiotto, dove abbiamo dato i passaporti e riempito un modulo. Ci hanno dato una ricevuta da portare in banca per il pagamento; una volta atteso in coda per dieci minuti che la banca - un altro gabbiotto - aprisse, abbiamo pagato l'obolo e ottenuto una ricevuta che abbiamo ridato nel primo gabbiotto. A quel punto lo stesso tizio che ha ricevuto il pagamento e' uscito, ci ha chiesto prova dell'assicurazione (io avevo la mia assicurazione on-line sull'iPad) e, nel caso non l'avessimo ci ha portato ad un terzo gabbiotto in cui ci ha emesso un'assicurazione. Alla fine e' rientrato nel primo gabbiotto, ha stampato e riempito tutti i moduli del visto, stampato l'adesivo, appiccicato l'adesivo al passaporto e ci ha mandati all'immigrazione. Ci fossero stati tre omini anziche' uno forse ci avremmo messo 10 minuti.

Davvero interessante e ben documentato. Non ho mai viaggiato in Club, il catering sembra osceno.

Parliamo di inglesi. Comunque non era male, il ritorno pure meglio. Unico difetto, i coltelli. Si taglia meglio col proverbiale grissino.

Bellissimo complimenti.

Inviato dal King Kamehamea Club

Grazie :)
 
Complimenti per il TR, condivido anche io le tue sensazioni sull'Iran. Nel 2013 sono stata qualche giorno a Tehran e dintorni. Non era un viaggio organizzato, non avevo una guida e sono arrivata senza visto. Ho trovato tante persone ospitali e curiose di capire perché fossi proprio lì in vacanza. Non ho mai avvertito alcuna sensazione di pericolo, ovviamente indossavo il velo e credo di essere stata in quei giorni la persona più coperta della città. Mi ha fatto indignare, qualche tempo dopo, un articolo scritto da Giulia Innocenzi in cui raccontava, secondo me in modo molto gonfiato, di varie molestie da lei subite in Iran.
 
Complimenti per il TR, condivido anche io le tue sensazioni sull'Iran. Nel 2013 sono stata qualche giorno a Tehran e dintorni. Non era un viaggio organizzato, non avevo una guida e sono arrivata senza visto. Ho trovato tante persone ospitali e curiose di capire perché fossi proprio lì in vacanza. Non ho mai avvertito alcuna sensazione di pericolo, ovviamente indossavo il velo e credo di essere stata in quei giorni la persona più coperta della città. Mi ha fatto indignare, qualche tempo dopo, un articolo scritto da Giulia Innocenzi in cui raccontava, secondo me in modo molto gonfiato, di varie molestie da lei subite in Iran.

Grazie per la testimonianza! :) Il tuo commento sul velo m'ha fatto sorridere, ho visto donne occidentali molto più "vestite" di quelle locali, anche se in cert'altri quartieri la situazione era diversa... direi che c'era una specie di divisione di ceto, più che religiosa. Non ho letto l'articolo della Innocenzi, ma non stento a credere che sia stato gonfiato; il libro di Axelworthy che consigliavo citava svariati casi in cui la stampa, e gli osservatori, stranieri avevano deciso di vedere qualcosa, negli eventi iraniani, e continuavano a seguire la loro visione, a prescindere da quanto - o meno - fosse vera.

Veramente bello e ben scritto!

Grazie, spero di continuare a breve...
 
Racconto notevole, potresti fare lo scrittore.

Tra TK e BA personalmente scelgo sempre BA tutta la vita, con i suoi mille difetti e anche i suoi pochi pregi (il sito web, la gestione degli Avios e la promozione a cadenza continua di volare in First al prezzo della Business).
 
La seconda andata continua: LIM-CUZ

Dove eravamo rimasti? Ah già, siamo a Callao. E’ sabato, nel parchetto sotto casa nostra dei cani randagi si annusano a vicenda e un paio di uomini fanno ginnastica usando gli attrezzi di metallo predisposti dalle autorità municipali (una specie di must in Perù). Il tutto sotto un cielo grigio come quello di Torino a novembre.

Torniamo in aeroporto e, dopo aver appurato che a Lima il concetto di “standby” e’ capito solo fino ad un certo punto, otteniamo le carte d’imbarco per il volo LA2027, effettuato da LAN Peru. LAN e’ una di quelle compagnie che m’è sempre stata simpatica e, sebbene sia difficile capire qualcosa da un volo di un’ora, non posso negare di essere abbastanza eccitato all’idea di provarla.

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A bordo, il nostro 320 si presenta veramente bene, con interni moderni e ben tenuti. Il volo e’ praticamente pieno, ma riusciamo ad ottenere due posti vicini. La rivista di bordo di LAN Peru e’ un giornale broadsheet, praticamente per intero in spagnolo, mentre quella di LATAM e’ di formato meno inusuale, con contenuti in portoghese e spagnolo, più qualche occasionale menzione in inglese. Carina la sezione della flotta, con disegni magari non proprio accuratissimi, ma comunque simpatici. Sinceramente me l’aspettavo più folta, considerando tutte le destinazioni che servono. Come faccia Italian Airways (si chiama cosi?) a dire che LAN darà loro due 787 in leasing lo sanno solo loro…

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Lungo la pista sono allineati, a parte un filotto di A320 LAN – inclusa una coda solitaria LATAM – un po’ di aerei ed elicotteri militari di provenienza insolita.

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Iniziamo con un Mi17:

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Poi un An26/32 in livrea civile, e uno in grigioverde:


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In un angolo, purtroppo privi di rotori, stanno due degli elicotteri più grandi del mondo, i Mi26. Ricordo di averne visto uno in Val d’Aosta, impegnato nella costruzione della nuova funivia del Bianco. Enorme.


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Per finire non mancano un C130 che fa capolino da un hangar…

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…e un C17 dello zio Sam. Visto ciò decolliamo, perdendoci immediatamente nella zuppa sospesa sopra la città.

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A bordo il servizio e’ spiccio: bevande, tra cui spicca il giallo-itterizia della bottiglia di Inca Cola, e la versione locale di “biscotti o salatini”. La differenza la fa la presenza del Wi-Fi, che si appoggia all’app di LATAM. In sostanza, per chi ha scaricato l’app a terra, sono a disposizione film, giochi e altri contenuti. Per tutti gli altri c’è solo la mappa. Da quello che ho potuto vedere la selezione era veramente impressionante, una validissima alternativa all’IFE; funzionasse per bene su tutto il network (stando alla rivista e a Internet il servizio non e’ disponibile sul mare e sull’Amazzonia, rifacendosi ad antenne a terra), renderebbe superfluo l’IFE.

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Un’oretta di volo, e siamo arrivati a Cusco. Il panorama e’ quello, scopriremo, tipico delle highlands peruviane, e l’approccio fa molto London City; ondeggiamo come corvi sulle correnti termali che si alzano dalle montagne, sbattacchiamo di qui e di li, gli Yuhuuu si sprecano e, dopo qualche giravolta, siamo arrivati. Fuori ci aspetta il nostro host AirBnb – consigliatissimo, cercate Christian – e un taxi cosi sgangherato da fare pietà a quelli iraniani; il mio lato ha la maniglia ma non la manetta per abbassare il finestrino, che rimane sulla trequarti; quello di 8200 ha la manetta ma non la maniglia. A impreziosire il tutto un copripiantone del volante peloso e il santino della Madonna in funziona Arbre-magique, fragranza ascella di alpaca. Siamo arrivati.


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Continua...
 
Secondo intermezzo – Perù

Non vi annoierò con un resoconto dettagliato dell’intero itinerario, che e’ stato Cusco – Ollantaytambo – Machu Picchu – Cusco – Lima, ma mi limiterò a buttare giù un po’ di pensieri su questo paese, in positivo e in negativo.

Cusco e’ per forza di cose un punto positivo. Una citta’ dal centro vivace, dalle tradizioni vivissime e dallo charme innegabile, con l’aria limpida e le viste che sono tipiche dell’alta montagna. Dall’alto della fortezza di Saksaywaman ho trovato la stessa limpidezza, e lo stesso gioco tra luce e nuvole, che si trova nella zona delle Alpi che preferisco, al di sopra del limite dei boschi, dove si trova solo gente che vuole andare in montagna. Niente merenderos, niente gente in SUV. Le periferie strangolano questa visione, ma solo Lina Sotis puo’ pretendere che non esistano (a proposito, scrive ancora?)

In questo senso il viaggio sul colectivo per Ollanta e’ una visione. Villaggetti di mattoni di torba, macchie di alberi, un’aria che letteralmente brilla e, qui e li, un 5000 metri a farti compagnia. Ghiacciai che sembrano sfidare la gravità, e autisti che sembrano prenderli ad esempio.

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Cusco e’ speciale anche dal punto di vista storico-antropologico. Per me e’ stato molto interessante vedere coi miei occhi quel fenomeno di assimilazione col quale un pugno di spagnoli – senza dubbio aiutati dal sembrare marziani, tra cani da guerra, cavalli, armi acciaio e malattie, ma pur sempre quattro gatti – ha preso una civiltà millenaria e l’ha inglobata nell’ecumene cristiana, sostituendo tutti i centri di potere Inca con quelli spagnoli. Camminavamo tra le vie della città e vedevamo quest’assimilazione all’opera nei monumenti. Qorichanka, il tempio del sole, ora e’ la base del convento di Santo Domingo. Al posto della chiesa dei gesuiti una volta c’era Amarucancha, il palazzo di Huayna Capac, penultimo Sapa Inca. La famosa “pietra dei dodici angoli”, un tempo parte del muro del palazzo di Inca Roca, venne riciclata come parte del perimetro della residenza del vescovo di Cusco.

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La stessa assimilazione, magari più favorevole agli usi e ai costumi del paese, e’ visibile nell’arte e tra la gente. I crocifissi sono tutti adornati da cuscini e sciarpe di lana d’alpaca; Gesù e i 12, in un olio nella cattedrale, mangiano il cuy, porcellino d’India arrosto, in un Monte Sion che sembra molto andino e poco gerosolimitano. In plaza de Armas, dove Tupac Amaru venne ucciso tramite squartamento, c’è una festa, una specie di processione religiosa e parata militare; davanti a noi sfilano persone in costumi millenari, con ruoli che pensiamo di riuscire a capire – il viandante, il pastore, la morte – ma, sempre e comunque, il crocifisso e’ presente.


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Un altro, enorme, positivo e’ Machu Picchu. Avevamo accarezzato l’idea di un trail, e mi sto ancora mangiando le mani alla vista di cos’è il Lares trek, ma tempo e – soprattutto – denaro ci hanno costretto a lasciar perdere. Ci rifiutiamo, però, di salire in bus; faremo gli ultimi 10 km, da Aguascalientes, a piedi.

Partiamo alle sei. Il cielo e’ plumbeo, un’umidità padana, ma va bene cosi; dopotutto le scene clou di Predator non si svolgono col sole, e nemmeno quelle di Jurassic Park (l’avevo detto che conveniva farmi studiare!).

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Saliamo abbastanza spediti, ruscellando sudore in maniere impensabili. Nostri compagni sono la vista splendida e un cane randagio, soprannominato Perùcane, che rifiuta la nostra frutta secca. Saliamo lungo la via, accompagnati da visioni che mi fanno pensare al Mondo Perduto di Conan Doyle, roba da aspettarsi uno pterodattilo.


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Niente di ciò. Purtroppo arriviamo, invece, assieme a una turba di vacanzieri in torpedone, Unni sudamericani armati di selfie-stick, maledetto ne sia l’inventore e gli utenti. Non basteranno a ridurre la bellezza del posto. Taccio e lascio parlare le foto.


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Del bello di questo paese ho detto; parliamo del brutto.

Una cosa brutta e’, senza dubbio, il traffico. Opprimente, asfissiante, caotico, abbonato al clacson. Peggio che in Brasile, certamente peggio che in Vietnam, sembra che tutti debbano per forza andare in auto ovunque, anche per fare 100 metri, e devono annunciarlo – Ho un’auto! Ho un’auto! Cazzo, ho un’auto! – a tutti. Pazienza se ci sono le strisce, i semafori, il vigile armato: io ho un’auto, e devo passare.

Seconda cosa brutta, il cibo. Sicuramente sono stato influenzato dall’aver avuto due avvelenamenti da cibo consecutivi, ma la cucina peruviana m’è parsa scialba, priva di quel concerto di sapori che si trova in Asia. Non chiedo piatti da gourmet, io amo mangiare al mercato, ma altrove – Iran, Caucaso, Bosnia, lo stesso Brasile – ho trovato cibi molto più appetitosi. Qui sembrava di mangiare polenta; puoi metterci sopra quello che vuoi, ma non cambia il fatto che stai mangiando un pastone di farina di mais e acqua.

Ultimo punto negativo, l’estetica. Ok, so di essere in acque pericolose, parlare di estetica in un paese in via di sviluppo mi fa sentire molto radical chic. E’ meglio la casa in cemento armato e mattoni che la capanna di frasche, per quanto native sia quest’ultima; però alla terza città di strade polverose, case di mattoni nudi, coi ferri di chiamata sormontati da bottiglie di plastica, e con muri di mattoni che vanno avanti chilometri e chiudono il nulla… un po’ di tristezza viene.

Chiudiamo la vacanza con un piccolo regalo, un hotel familiare a Miraflores. Questa e’ una zona veramente carina, priva di tutto quello che avevo scritto prima. Passiamo un sacco di tempo sul lungomare, guardando i surfisti e quelli col parapendio. Poi, alla fine, e’ tempo di rientrare.


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Mia meta prossima in sudamerica, ma andarci nel nostro inverno lì piove sempre...cercherò qualcosa per la nostra estate...potrò passare a chiederti consiglio (tipo l'ascesa a Machu Picchu o il trial)???
Foto bellissime, racconto esemplare...che dirti, bravo! Io però il cibo peruviano (almeno quello che ho sempre mangiato nei ristoranti in Colombia) l'ho sempre apprezzato molto, sarà che forse ne facevano una sorta di fusion, ma ne ho un ottimo ricordo...proverò quello in loco!
 
L’ultimo rientro: LIM-LGW

Uber, un’ora e mezza di salsa e gas di scarico e raccomandazioni alla Madonna e siamo in aeroporto. Soliti dipendenti che non sanno bene da che parte sono girati, ma alla fine siamo airside, dove ci saluta uno splendido MD11 cargo ormeggiato al satellite, e un 767 LAN con porta socchiusa per far girare l’aria. Ad altre latitudini e’ una cosa da sospensione; giustificata? Non giustificata? Non sono la persona adatta per dirlo, di certo volare giù dal main deck di un aereo non fa piacere.

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L’aeroporto di Lima, non me ne vogliano gli aficionados, e’ fetente. 9 soles per una bottiglia d’acqua – prezzo al supermercato 1 – e’ qualcosa che farebbe arrossire d’imbarazzo l’associazione a delinquere Heathrow Airport Limited; i dieci minuti di Wi-Fi liberi (e buona parte delle app sono schermate, apparentemente) e’ ugualmente imbarazzante. Il meglio, poi, si raggiunge con lo staff.

A sbrigarsi il nostro volo e’ l’handler dell’aeroporto. Sono in sei, più il turnround manager, e credo che forse ne facciano uno completo. Già chiamare il boarding un’ora e venti prima della partenza, quando l’equipaggio manco e’ arrivato, e’ qualcosa di interessante. Poi la procedura per l’imbarco e’ tutta un programma: in pratica, ci sono tre postazioni dove, stando a quanto ho visto in decine d’aeroporti, dovrebbe esserci un lettore. Passi la carta d’imbarco, beeep luce verde grazie mille, biiiip luce rossa qualcosa non va.

Non qui.

Qui si guarda il passaporto, si strappa la boarding pass – lasciando il taccolino al passeggero – e poi, dopo, si passa il mazzo di BP al lettore, che’ di lettore ce n’è uno. In caso di luce rossa, si va di radio per dire alla collega in aereo di andare a spostare gente. Come facciano con le BP stampate da casa, o quelle sul telefono, lo sanno solo loro. Coda e poi siamo a bordo. Posti 10EF, quelli in mezzo, prima volta per me.

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Decolliamo, e sono veramente stanco. Prendo lo champagne di prammatica, e poi rancio. Due antipasti, la classica mozzarella e l’alternativa peruviana, insalata con tortino di patate. Ancora una volta, ci pregano di prendere il tortino perché nessuno sembra volerlo, e onestamente sbagliano. E’ ottimo.

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Ci sono quattro secondi, e decido di prendere il manzo. Ora, mangiare manzo in aereo e’ un po’ come tifare Toro; c’è l’annata che va bene, ma e’ talmente rara che te la ricordi per decenni. Cosi come mangiare manzo bene in aereo. Comunque, a me piace ben cotto, che sia quasi croccante fuori. Si, e bevo più caffè americani che espressi, levatemi il passaporto, lo so. Comunque, questo manzo e’ decente, almeno per i miei standard, se non fosse che – di nuovo – al posto dei coltelli m’han dato paletta e secchiello. Due ore per tagliarlo, e si che non era nemmeno duro. Buoni i condimenti, sughino q.b.

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Salto dolce, caffè e altro, e mi metto in orizzontale. Club sara’ vecchia, antiquata, stretta, quello che volete voi, ma tiriamo su le partizioni, ci mettiamo in posizione-letto e… bum. Mi sveglio sette ore dopo. Esattamente quanto dormo a casa. Fate vobis, ma a me tanto basta; se poi, come pare, metteranno nuovi duvet, cuscini e materassino allora sara’ ancora meglio.

Arriva il momento della colazione; ci sono due omelettes, la solita full English e il piatto di affettati. Decido per quest’ultimo. Iniziamo con frutta varia – bene i frutti tropicali, male gli spicchi di mandarino, non si potrebbe usare solo frutta tipica del posto? – e pastries varie, più smoothie.

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Poi ecco qui gli affettati, che sono caricati in loco e sono fatti in stile tedesco – cioè tanta roba affumicata.

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Facciamo un attimo di holding, e siamo a terra. Una volta sbarcati nella perfida Albione scopriamo che a) piove b) l’aereo era YMMR, lo stesso dell’andata c) c’e’ un fracco di gente all’immigrazione, roba da mezz’ora di attesa d) hanno acceso il riscaldamento e) i treni sono in ritardo, e la branca dell’Overground che mi porta a casa e’ ovviamente chiusa per lavori.

Alla prossima, e grazie mille per la pazienza!
 
Bellissima l'ultima parte, sarà che l'essere stato di recente negli stessi posti aiuta, ma mi hai data una chiave di lettura di quello che anche io ho visto diversa ed interessante.