Ritorno
Per la cronata, metto la mia prima etichetta bagagli rush/expedite
Il primo maggio alla fine arriva e, a parte un giro mattutino a Galata per vedere il panorama dalla torre, il resto della giornata sarà di viaggio.
L’idea di dover riprendere un taxi per andare a Taksim mi contraria alquanto, pertanto decido di usare una combo un po’ più pittoresca per recarmi a SAW: vaporetto da Eminönü a Kadiköy e poi bus Havatas per l’aeroporto. Fatti gli ultimi acquisti, torno in albergo per sistemare la valigia, saldo il conto e vado a piedi al molo (una decina di minuti), dove compro un gettone per la traversata. Contrariamente a quanto dettomi dalla reception dell’hotel, i traghetti funzionano regolarmente (a non funzionare sono i tram). Mi imbarco, mi siedo e mi godo il panorama fino a Kadiköy. Secondo il sito dell’Havatas e dell’aeroporto, i bus sono (dovrebbero essere) appena fuori dal molo e, in effetti, ci sono un sacco di parcheggi appositi; non mi pare di scorgere però nulla per l’aeroporto. In compenso hanno chiuso una parte dei parcheggi perché lì si svolgerà il concerto del 1 maggio, anche se forse concerto è un parolone. In ogni caso c’è un sacco di gente in giro, un sacco di polizia (questo in generale, anche se qui più che altrove) e un sacco di bandiere rosse. Mi aspettavo qualche falò con foto di Ergodan, ma la situazione pare tranquilla, la birra Efes scorre a fiumi e tutti si divertono. Tutti a parte me, che ora sono sulla sponda asiatica e non so dove cacchio trovare il bus.
Faccio un giro tirandomi dietro il trolley e poi inizio a chiedere a poliziotti e agenti vari, cercando tra i più giovani, dato che gli over 40 non parlano una parola d’inglese. Un signore (un ungherese che stava finendo il suo giro del mondo, scoprirò poi) mi si avvicina e mi chiede se sto cercando il bus Havatas, gli rispondo di sì e mi dice che lo sta cercando anche lui. Facciamo un giro insieme ma del bus nessuna traccia. Ci indirizzano verso lo stradone principale, 200 meters and then right, dopo duecento metri diventano altri 200 meters, camminiamo per quasi un km in mezzo alla folla ma del bus niente. Il compagno di sventura ha un volo che parte alle 2 e mezza, è già mezzogiorno e allora decidiamo di affidarci ad un minivan giallo, uno dei tanti parcheggiati, per farci portare alla fermata di questo bus, in cambio di 10 lire turche – il tragitto dovrebbe essere veloce. L’autista non parla inglese, si ferma quattro volte a chiedere informazioni, ogni volta che pronunciamo airport fa cenni di diniego manchi gli avessimo detto che siamo infetti (il sospetto è che non sia autorizzato proprio a portare passeggeri :diavoletto

e alla fine lo mandiamo a quel paese, facendoci lasciare quasi sullo svincolo della tangenziale dove ci sono parcheggiati un po’ di taxi veri. Mio malgrado ne prendiamo uno, contrattiamo per 75 lire turche il passaggio fino all'aeroporto facendo presente (a gesti, numeri scritti su fogli di carta e telepatia) che pagheremo metà in dollari americani e metà in lire turche. Yes yes yes, dopo un tragitto che sembra infinito, arriviamo all’area arrivi, il signore ungherese paga la sua parte, io pago la mia, lui scappa ai controlli visto che stava per perdere l’aereo e io entro. Il tassista mi segue. Dato che all’ingresso bisogna far controllare il bagaglio e passare il metal detector, mi metto in coda, il tassista si avvicina a quelli della vigilanza e mi indica iniziando a discutere. L’addetta si avvicina e mi dice che il tassista vuole essere pagato per la corsa in lire turche. Le rispondo che il tassista ha accettato di prendere metà compenso in lire turche e metà in dollari americani (ad un tasso da usura tra l’altro), questo inizia ad urlare e allora la tizia mi dice che posso tenere io i dollari e andare a prelevare le lire turche al bancomat all’interno dall’aerostazione. Altrimenti, chiedo? Altrimenti il tassista chiama la polizia e il rischio è che lei perda il volo tra una lungaggine e l’altra. Ah, bene! Pure le minacce
Per farla breve mi porto dietro ‘sto avanzo di galera al bancomat, prelevo, mi faccio ridare i dollari e gli lascio la rimanenza in lire turche. Poi mi dicono che ce l'ho su con la categoria...
Sistemata questa seccatura, mi sovviene che sono in aeroporto
solo 2 ore e mezza prima del volo. Visto che non ho ancora mangiato, mi faccio un giro del terminal alla ricerca di qualcosa di edibile, purtroppo l’unico posto è l’isola dei fast food di fronte ai controlli di sicurezza per i voli domestici. Sbarro mi fa venire i conati, un altro di cui non ricordo il nome non l’ho mai sentito, un terzo fa solo caffetteria e il quarto è Burger King. La scelta ricade sull’ultimo, almeno so che, colesterolo per colesterolo, so cosa sto mangiando (circa)
Non c’è quasi nessuno, per cui mi servono in un battibaleno, pago con carta visto che ormai ho il portafoglio senza più una lira turca e mi siedo davanti al mio triste Whopper menu.
Intanto mi guardo attorno, il posto sembra popolare con i crew di Pegasus, e alla mia destra c’è una vetrata con vista su un parcheggio per regional e frullini, dove spotto un Embraer 145 VIP turco. Il terminal, me ne rendo conto ora, è nuovo e molto bello, forse un po’ buio, ma pulito e qualitativamente superiore alla maggior parte degli aeroporti europei di simili dimensioni.
Finito il pranzo, vado in zona check-in, quello Air Serbia è ancora chiuso anche se c’è già una piccola fila di cinque/sei persone. Dato che non c’è molto da fare (pochi negozi) o da vedere (la vista sulle piste è oltre i filtri di sicurezza), mi accodo anche io e faccio bene: due minuti dopo arriva una squadra ginnica femminile di una ventina di ragazzine e tre minuti dopo arrivano gli addetti al check-in, che aprono immediatamente. Sono il secondo della mia fila, consegno il passaporto e metto la valigia sul nastro, non faccio in tempo ad aprire bocca che il ragazzo mi consegna la carta d’imbarco. Gli chiedo gentilmente se può darmi un finestrino e, soprattutto, se posso avere la carta d’imbarco per anche la seconda tratta. Per la prima richiesta non c’è problema, il mio 22D viene sostituito in un 22A; alla seconda mi dice che i sistemi sono diversi e dovrò ritirare la carta a BEG. Sono già in ansia per il bagaglio, che anche questa volta è stato etichettato fino alla destinazione finale.
Il nuovo logo Air Serbia è davvero bello
Libero dal trolley, vado verso i controlli sicurezza, che sono, per le partenze internazionali, sul lato destro dell’aerostazione, dopo i controlli di sicurezza posti più o meno in mezzo. Non c’è nessuno in giro – il nostro volo è uno dei pochi a quest’ora – per cui la coda per il controllo del documento richiede un attimo, anche se il fatto che porti gli occhiali deve aver insospettito il solerte funzionario di polizia, che infatti me li fa togliere. Soddisfatto che io sono effettivamente io, mi riconsegna passaporto e carta d’imbarco timbrati e mi augura buon volo. Subito dopo ci sono i controlli di sicurezza, altrettanto vuoti; dato che suono decidono di controllarmi col metal detector portatile: la cerniera è apparentemente positiva al metallo; non mi chiedono di togliermi i pantaloni né pretendono di perquisirmi nelle parti intime, si accontentano di farmi rovesciare la tasca per verificare che non ci sia niente di proibito dentro. Personale mediamente gentile e assolutamente tranquillo (li spagnoli li ho visti molto più nervosi quando suona il metal detector, per dire, soprattutto se c’è la Guardia Civil nei paraggi). Raccolgo le mie cose e mi incammino in direzione del gate, passando per la piacevole area duty free che ha i prezzi meno conveniente che abbia visto sulla faccia della terra, per di più esposti già in euro (per i prodotti locali, anche quattro volte quello che costano nei negozi turistici o al Gran Bazaar, stessa marca o stessa qualità; per i prodotti da duty free un buon 10/20% in più che nei corrispettivi UE, che pure sono soggetti a IVA!).
Al piano superiore si trovano le lounge e una piccola area ristoro con un altro Burger King.
I gate hanno un’area attesa spaziosa, ciascuna dotata di bagno; non c’è un nuovo controllo di sicurezza per accedere all’area. L’aeroporto è deserto. L’ambiente è un po’ buio, anche se piacevole.
A parte un po' di spotting dalle vetrate, non c'è davvero nient'altro da fare.
prima volta che la vedo dal vivo
padroni di casa
prima volta che la sento
ecco il mio vecchietto!
altra compagnia mai sentita
Finito di vedere quello che c’è da vedere, mi metto tranquillo sulle seggioline e aspetto l’apertura del gate.
Tratta: SAW-BEG
Volo: JU553
Reg: YU-ANI
Aereo: Boeing 737-3H9
MSN: 23416
LN: 1175
Primo volo: 26/11/1985
Consegnato il: 17/12/1985
Posto: 22A
Gate: 203B
Sched: 16.30 – 17.15
Block to block: boh to boh, ecco a fidarsi di Flightstats
Appena viene aperto il gate, con deciso ritardo, si forma un piccola fila, ma questa volta verrà prima chiamata la J e poi i pax con bambini (tantissimi). Sembra che i passeggeri non abbiamo fretta di imbarcarsi sul nonnetto di 28 anni e mezzo che ci porterà a Belgrado, uno dei primi 737-300 a volare in Europa (JAT fu compagnia di lancio del modello per il vecchio continente). Visto che la coda è quasi vuota e nessuno si alza, mi imbarco io
Salendo dal dito non c’è ad accogliermi la bella Jelena, ma una signora di mezz’età che da giovane doveva essere una bomba e che dev’essere abituata a trattare con persone importanti.
Basta la sua presenza a mettere ordine e pace. Rigida, ma non algida, è chiaramente una signora d’altri tempi e modi, e potrebbe essere tranquillamente la preside di un collegio di educande. Prendo posto, metto la giacca nel compartimento superiore e lo zaino sotto al sedile, faccio due foto e la cabina viene invasa dalla squadra sportiva – due ragazzine si siederanno al mio fianco. Aereo quasi pieno, imbarco completo: le due confabulano tra loro e poi con la loro allenatrice che gli dice (in inglese!) di chiederlo a me direttamente: Sir vuole fare cambio posto?! Manco morto penso dentro di me e credo che l’allenatrice me l’abbia letto in faccia, ma no worries: ho la soluzione. Il 24E e F sono liberi e, dato che l’imbarco è chiuso, potete stare lì, vicine e col finestrino, mentre io me ne sto al mio finestrino e con due posti liberi a fianco :diavoletto:
Intanto ripassa la purser, che è arrivata fino in fondo all’aereo, sente il discorso e vede le due che si tengono per mano e chiede loro se è il primo volo (tutto in inglese. Avranno dodici anni al massimo, io rimango sempre basito da quanto si sia abbassata l'età media di chi parla una lingua straniera). Una delle due risponde per entrambe dicendo che lei ha già volato, ma è la sua amica ad avere paura e non ha mai volato.
“What are you afraid of? Turbolence, air sickness, the plane bursting into flames and going down?”
(fuori campo, toccatina ai gioiellini da parte mia)
“I don’t know, I’m just afraid”
“Ok, so you are afraid for the sake of it. I tell you: don’t worry, you’ll love every single minute on this plane and you will start counting the days until the next flight. And I will have a word with the Captain to make sure both of you visit the flight deck after landing”
(fuori campo, dita immaginarie mi indicano mentre vocine dicono "anche lui anche lui")
Sono in lacrime. Che donna. Che purser.
Le porte vengono chiuse, sblocchiamo e parte la demo di sicurezza, stavolta più seriosa che all’andata; faccio due foto di infima qualità al nostro vicino giordano e ad un Freebird.
Ci allineiamo per pista 24, decollando verso il mare; purtroppo sono dalla parte opposta rispetto a Istanbul, per cui mi dovrò accontentare di una distesa d’acqua e un po’ di nuvole.
I sedili sono diversi da quelli che equipaggiavano il 733 dell’andata; questi sono più arquati a livello lombare, e un po’ più comodi (o almeno danno maggiore supporto). Sono dei Recaro che hanno fatto la guerra del ’15-18.
Il servizio parte piuttosto in fretta, e viene fornito l’ormai familiare sacchettino. Dentro lo stesso snack dell’andata: panino con manzo arrosto, dolcetto alla banana e l’acqua. Molti pax faranno domande sul contenuto del panino, dato che assomiglia un po’ troppo ad un salume; gli aa/vv dovranno faticare non poco a convincerli che si tratta di manzo e non di maiale (c’è scritto sull’etichetta, ma solo in serbo). Forse la scelta del catering non è stata brillantissima. Il carrello con le bevande passa comunque e prenderò il mio tranquillo succo di mela – quelli dietro invece un whiskey & cola, tanto per rimanere leggeri
Mi ricordo della foto solo dopo aver addentato metà panino. Fuori non c’è nulla da vedere, nuvole a parte.
Ad un certo punto vengono estesi gli spoiler che rimarranno tali fino a che non siamo stabilizzati sul sentiero di discesa. Come mai?
Corto finale per pista 30, sorvolando la campagna e la Sava:
Toccata, reverse e biancheria
Un altro volo è andato. Taxiamo verso il terminal, a quest’ora BEG è nel picco della sua attività e il tarmac è pieno di nuovi 319 e qualche ospite amico
Mi accorgo solo ora dell’arcobaleno
Questo forse è più vecchio di YU-ANI
Quasi al gate
Prima ancora che si spenga il segnale delle cinture, ancora con i motori accesi, sono tutti in piedi a recuperare gli effetti personali. Attracchiamo al dito, apriamo le porte e mi faccio strada verso il banco transiti. Il gate a cui siamo attaccati è più lontano di quello dell’andata e in una parte dell’aeroporto non ancora risistemata, che grida socialismo e anni ’70 da ogni muro (incrostato). Al banco c’è coda, molta coda. Un gruppo di passeggeri in transito dal Pakistan sembra che non abbia qualche documento... e intanto i minuti passano. Sono in tre a occuparsi di loro, finché alla responsabile, che deve aver il sesto senso dei voli in partenza, fa chiamare da una sua assistente quelli diretti a Düsseldorf. Nessuno si presenta. Dopo cinque minuti, e con la coda ferma, fa chiamare quelli per Milano. Eccomi! Siamo in una mezza dozzina di persone, le carte d’imbarco sono già pronte e... ho un altro corridoio. Chiedo se per caso ci fosse la possibilità di cambiarlo, la signorina guarda a monitor e mi dice che tutti i finestrini sono occupati, volo quasi pieno, e che al limite poteva spostarmi su un posto centrale. Dio ce ne scampi e liberi, no grazie! Mi tengo il corridoio.
Torno al gate, lo stesso da cui sono appena uscito, che stanno già imbarcando. Vengo nuovamente passato al metal detector e aspetto che si smaltisca la coda prima di entrare nel dito per salire, di nuovo, su YU-ANI.
Tratta: BEG-MXP
Volo: JU544
Reg: YU-ANI
Aereo: Boeing 737-3H9
MSN: 23416
LN: 1175
Primo volo: 26/11/1985
Consegnato il: 17/12/1985
Posto: 13C
Gate: A7
Sched: 18.15 – 20.05
Block to block: 18.15-19.51
L’equipaggio non è lo stesso, abbiamo come purser uno degli aa/vv che prima lavorava dietro (un armadio a otto ante) e altre 3 aa/vv donne, tutte molto graziose. Il turn-around dell’aereo è particolarmente veloce, e così l’imbarco; in un attimo chiudiamo le porte. La tendina che divide la Y dalla J sopra i sedili viene tirata ancora a terra, col risultato che ci saranno due aa/vv per dimostrazione di sicurezza nelle prime 6 file e nessuno all’uscita di emergenza. È normale? Al mio fianco una ragazza italo-serba (o serba che parlava l’italiano come madrelingua) userà il telefonino per tutto il taxi e pure in decollo. Dall’altra parte c’è invece una mamma biondissima con una bambina di 1 anno o poco più, biondissima e bellissima, che passerà tutto il tempo a ridere. Oh, si vede che le piace volare! In generale tantissimi bambini e bebé a bordo. Il signore al “mio” finestrino invece cade in catalessi appena chiudiamo le porte e dormirà per tutto il volo, che odio...
Mi metto comodo, per quel che posso; lo spazio per il piedi è ridotto dato che uno dei montanti del sedile è proprio dove dovrebbe esserci il piede sinistro di una persona normale.
Se non ho capito male, siamo partiti, dopo un breve taxi, dalla pista 30, e con una rincorsa piuttosto lunga; dato che non c’è verso di vedere qualcosa dal finestrino, mi metto il cuscino dietro la nuca e sonnacchio finché non servono lo snack, un panino con pomodoro, formaggio e cetrioli e lo stesso biscotto alla cannella/zenzero dell’andata. Da bere prendo un te caldo con extra zucchero, come d’abitudine.
Il volo è molto tranquillo, con nessuna turbolenza; noto solo ora che c'è il nuovo numero di maggio della rivista di bordo, il mio IFE insieme all’iPod. Interessante l’intervista al direttore delle operazioni di volo, Slobodan Radulovic, ex capo istruttore di 777 per Etihad; i nuovi piloti per la flotta Airbus hanno ricevuto training e type rating presso il Training Centre di Air Berlin, mentre quelli per gli AT7 sono formati direttamente in Serbia, tranne il simulatore che fanno a Parigi. Gli equipaggi di cabina invece sono formati presso la Etihad Academy (e si vede, aggiungo). Quando le partnership funzionano...
Musica di merda (cit.)
Il comandante interverrà per ragguagliare i passeggeri sul volo, intuisco, solo che ho gli auricolari su e non ho voglia di toglierli. L’atterraggio avverrà in modo tranquillo, sulla 35L, in anticipo di un quarto d’ora abbondante. Ci viene assegnato un dito e con calma, infinitissima calma, saluto l’equipaggio ed esco dall’aereo. Con calma calmissima vado verso il ritiro bagagli; grazie al noto trucchetto SEA Handling, ne viene fatto uscire prima uno per stoppare il tempo e, sempre con calma, dopo una ventina di minuti (quindi circa 35 abbondanti dopo essere arrivati), tutti gli altri ben distanziati. Vedo uscire una, due, tre, quattro valigie rosse, ma non la mia, però ci sono ancora molte persone che aspettano il bagaglio; vado intanto a fare il biglietto per il treno, se non che la macchinetta è guasta. Ritorno al carosello e, dopo ancora pochi minuti, appare la mia valigia – olé, stanotte dormo tranquillo e (soprattutto) non rischio di essere trucidato il giorno successivo dai colleghi a cui avevo promesso turkish delight a profusione. Con la valigia in mano vado al controllo passaporti, mi ricordo di far vedere la carta d’identità e sfilo in velocità per fare il biglietto e prendere il treno – al volo, partirà due minuti dopo – direzione Cadorna. Un ragazzo spagnolo, appena arrivato per lavoro, mi chiede informazioni sulla zona dell’hotel e come raggiungerla e ci mettiamo a fare due chiacchiere, cosìcché 29 minuti passano in un lampo.
Epilogo
Arrivato a Cadorna, mi dirigo verso la metro. Cancello chiuso. Strano, è quello centrale... provo con un altro. Chiuso! Chiuso anche il terzo, chissà che è successo. Ah, che pirla, è il primo maggio! L’unico giorno all’anno in cui la metro milanese non funziona, per somma gioia dei turisti. Al parcheggio dei taxi c’è un casino allucinante (e nessun taxi), non ho contante e i tassisti milanesi non sono tutti attrezzati con il POS. Tanto vale chiamare un radio taxi, chiederlo dotato di lettore per carta e risparmiarsi la fila. Passando per la fila ritrovo il ragazzo spagnolo, gli dico di venire con me che gli chiamo io il taxi, altrimenti rimarrà lì in coda per le successive due ore.
A me capita un tassista logorroico che mi fa un pippone sulla categoria, Uber, quanto dovrebbe essere più caro il taxi perché ha tariffe troppo economiche, il loro rappresentante sindacale consigliere comunale e varie&eventuali. Almeno non cerca di fregarmi sul percorso o sul prezzo (e vorrei vedere, 20€ per 8 km senza traffico mi pare già un furto). Odio i tassisti!
DaV