di fronte al sospetto più
che fondato dell’ennesima
presa per i fondelli, anche
le formiche si incazzarono,
i cani di paglia reagirono e
un abuso “nor male” r idiventò
almeno per questa volta anormale:
è successo ieri, all’aereo -
porto Catullo di Verona/Villafranca,
e di mezzo c’è come al
solito l’Alitalia. Un volo per Roma
delle 11,25, l’AZ 1492, è stato
a parole ,ma solo dopo il
check-in, ritardato di un quarto
d’ora. Mentre aspettavamo, il tabellone
luminoso lo ha protratto
alle 12,30. Ci siamo informati
e la versione ufficiale è stata che
l’aereo che doveva arrivare da
Roma non era neppure partito.
Ho chiesto e poi abbiamo chiesto
sempre più numerosi perché:
mistero. Una domanda leggermente
più giornalistica a
un’addetta all’imbarco, giovane,
dimessa, indifesa e “in-divi -
sa”, e cioè “ma quanti passeggeri
siamo su questo volo?”, ha
avuto una risposta che si sarebbe
rivelata prima preoccupante
e poi inquietante: ”Circa una
sessantina, forse meno”. Una risposta
“i n ge nu a ” nel Paese/calabrone
che non dovrebbe volare
che vanta una compagnia di
bandiera/calabrone che infatti
spesso non vola, e non solo metaforicamente.
Con un altro passeggero
abbiamo deciso di sporgere
una denuncia-querela presso
il posto di polizia del “Catul -
lo”. Abbiamo chiesto se qualche
altro di quella “sporca sessantina”
volesse seguirci. Ci siamo
andati in 18, neppure male in
percentuale per un popolo di
pecoroni che non vola e accetta
di rimanere a terra, e non solo
letteralmente. Nel frattempo il
tabellone luminoso dirottava la
partenza prima alle 13,05, poi
quasi subito (nel frattempo
s’era sparsa la voce che qualcuno
era andato alla Polizia) alle
14,10. Nello “s ch e d u l e ” il volo
successivo Alitalia per Roma era
previsto molto vicino,
troppo vicino, alle
15,15. Mentre ufficialmente
gli addetti cianciavano
di “una serie di
piccoli guasti”, il volo
veniva poi definitivamente
cancellato e la
“sporca sessantina” g irata
a completare
quell’altro volo. Non
tutti, però: qualcuno
sceglieva di imbarcarsi
alle 14,15 su un Air Italy,
che costava meno e
partiva dunque prima.
Mi sono ritrovato al
posto di Polizia con una
pattuglia di italiani indignati
ma anche leggermente
orgogliosi di
aver portato rispetto a
loro stessi aspettando
di firmare quella denuncia-
querela stesa da un avvocato
tra noi (dell’Ufficio Indagini
della Federcalcio, ma stavolta
p re z i o s o …) e condivisa emotivamente
e “civicamente”, cioè
politicamente, da tutti. Da tutti
quei 18 che si erano presa la briga
di denunciare, e naturalmente
a parole da tutto il gruppone
coinvolto in queste “scene di
ipotetica truffa in bassa veronese”.
È passato casualmente Dario
Franceschini, che ha fatto in
tempo a commentare “che vergogna!
hai fatto bene!” e si sarebbe
volentieri riavviato sulla
strada dello scandalo Alitalia,
che paghiamo noi, noi tutti sudditi
tartassati, e anche noi se obbligazionisti
o azionisti di
quell’Alitalia di ieri che sembra
uguale all’Alitalia di oggi. Non
ce ne è stato bisogno, la memoria
dei denuncianti funzionava
da sola, e ci fosse stato Fantozzi
se lo sarebbero mangiato vivo.
Difficile casomai digerirlo, metabolizzarlo
ed espellerlo, trattandosi
di corpo davvero estraneo.
Estraneo almeno per un
giorno ai 18 diversissimi tra loro
per età, sesso, educazione, apparenza,
professione ecc. e presumo
preferenze elettorali, ma
per una volta
solidali nel rigettare
la propria
abituale
condizione di
sudditi. Si sono
sentiti prima
fregati e
poi rinvigoriti anche solo per un
momento da una flebo di dignità,
e hanno/abbiamo poi guardato
con una certa pena e molta
empatia gli addetti ai lavori “ca -
tulliani” (della compagnia, del
controllo all’imbarco, della polizia
ecc.) che non potrebbero
ma forse vorrebbero sottoscrivere
la nostra denuncia. Attenti
ai cani di paglia che non riescono
a volare, attenti a un Paese
che non ce la fa più, attenti al
calabrone che alla fin fine per rispetto
della fisica si spiaccica al
suolo per forza, pesando troppo
per rimanere in volo. La storia
dell’Alitalia è diventata la nostra,
ed è più vicina alle tesi sulla
mancanza di Stato espresse qui
giorni fa da Barbara Spinelli di
quanto si possa immaginare. La
furbata risparmiatrice di accorpare
i voli sulla pelle degli utenti
(già raggirati come contribuenti
dal gioco delle
tre carte Alitalia-
Air One-Cai
del Mago Cattivo
Berlusconi e sodali
anche “di sinistra:
ricordate il
Colaninno di “un
affare è comunque
un affare”?)
non è certamente
inedita. E’ la reazione
che deve
far pensare. E poi
uno dice che si
legge “Il Fatto”…
oliviero beha, "il fatto quotidiano" 18-12-09