Fiumicino, addio ai meccanici con le ali
«Alitalia smantella le Officine carrelli»
Via gli ultimi 90 operai. I sindacati: «Una carneficina». La manutenzione era il vanto della compagnia
Un motore di Boeing in manutenzione (Reuters)
ROMA - Il settore carrelli abbassa le serrande, i componenti aeronautici (s)venduti ai «colonizzatori» francesi, macchinari da un milione di euro pronti a prender polvere: la nuova Alitalia-Cai smonta le sue Officine, lo storico polo industriale, sinonimo un tempo dell’eccellenza della compagnia tricolore. I sindacati parlano di una «carneficina», un vero smantellamento della Divisione Manutenzione Az di Fiumicino del vettore italiano. Pezzi di lavoro e professionalità, che erano il cuore e le arterie di una grande impresa. E che facevano viaggiare sereni milioni di passeggeri. Gente, per capirci, in grado di smontare e rimontare un aereo, in gergo revisione, area ormai trasformata da formicaio in cimitero all’aeroporto romano, che lavorava non solo per Alitalia ma, tramite commesse, per decine di altre compagnie aree.
Gli hangar di Alitalia a Fiumicino (Faraglia)
PROFESSIONALITA' LICENZIATE - Professionalità sbriciolate-ricollocate-licenziate, già dagli inizi degli anni 2000, quando interi settori della revisione, appunto, presero il volo. Poi, con l’arrivo di Cai e dei «capitani coraggiosi», l’accelerazione dello smantellamento delle officine, definito spin-off o esternalizzazione. Insomma, ciò che prima poteva essere aggiustato da un tecnico specializzato Alitalia, oggi arriva nelle mani di un operaio israeliano o francese. L’azienda risparmia sì, ma solo nel breve periodo secondo i sindacati, visto che la mano d’opera in Italia ha tra i costi più bassi d’Europa.
Una protesta di lavoratori delle officine (Faraglia)
DA 4500 A MILLE ADDETTI - I numeri sono chiari: la divisione manutenzione di Fiumicino, la DMO, agli inizi del 2000 contava oltre 4500 lavoratori impiegati nella ri-lavorazione di aeromobili e componenti: settori su settori chiusi, oggi ne restano circa 1000. Ultimo pezzo delle Officine che rischia la dismissione è l’area-manutenzione carrelli di atterraggio: 80-90 operai, impiegati nell’unico settore rimasto dove si effettuano commesse per terzi. Tra questi la principale è Air France, a cui però Cai ha già annunciato il ritiro della commessa nel 2015, proprio in vista della chiusura del settore. «A giugno 2012 si è affidato il reparto componenti aeronautici ai colonizzatori Air France, ora tocca ai carrelli. Ci opponiamo in ogni modo a questo ennesimo saccheggio delle professionalità di Fiumicino», spiega Daniele Cofani della Cub Trasporti: il sindacato ha già inviato una lettera-allarme alla Regione Lazio e il 5 aprile ha un incontro in Prefettura con Cai per fermare la dismissione.
Lavoratori in corteo nello scalo di Fiumicino
GIOIELLI IN VENDITA – Con il settore carrelli pronto alla vendita però, intanto negli hangar di Fiumicino, sono arrivati costosissimi macchinari che forse non serviranno a lungo. Un milione di euro è costata ad esempio la «pallinatrice», un bisonte grande quanto un tir che spara appunto palline di acciaio per ricambi. Poi c’è il cosiddetto banco di prova per le revisioni, costo 500mila euro, pronto a passare nelle mani di Air France come attrezzature e componenti dei settori già dismessi. La manutenzione del lungo raggio è già passata all’israeliana Bedek, il medio raggio all’Atitech di Napoli: in due parole, gli aerei non si riparano più al Leonardo Da Vinci da mesi.
PRONTO LO SCIOPERO – A stoppare un primo tentativo di vendere l’Area Carrelli, ci avevano pensato gli scioperi tra ottobre e novembre 2012. Si replica con una manifestazione programmata il prossimo 19 aprile. «Chiudere questo settore, – aggiunge Antonio Amoroso della Cub – avrà ripercussioni occupazionali anche in altre aree-manutenzioni, come per quella di verniciatura, elettrico e laboratorio metrologico. L’annunciata ricollocazione dei dipendenti è un bluff, che sposta il problema in altri settori, generando solo una momentanea illusione di salvaguardia dei posti di lavoro. Come al Ground, dove da anni centinaia di lavoratori aspettano una stabilizzazione che verrà di nuovo rimandata o, addirittura, negata per sempre».
OPERAI COME BIRILLI – E’ costata, in termini occupazionali, l’operazione smantella-Officine. Chiuse le revisioni, circa 400 lavoratori dal 2003 al 2008 sono stati licenziati o ricollocati: alcuni nell’Area Carrelli (grazie alla commessa Air France), altri in Ams, l’officina motori poi terziarizzata e controllata Lufthansa. «Rischiano anche quelli di Ams, molti in cassa integrazione, perché l’azienda sopravvive solo con le poche commesse che le cede Cai. – aggiunge Cofani -. Quando nel 2012 chiusero le Officine Componenti, invece, gli operai sono andati alla Logistica dove hanno preso il posto dei lavoratori licenziati della Argol». L’Argol è un’altra vittima delle dismissioni, una delle tante dell’indotto, il cui contratto di manutenzione fu rescisso da Alitalia a inizio 2012: i 75 operai in mezzo a una strada, protagonisti di una dura lotta sociale, si erano arrampicati sulle gru dell’aeroportoe ci erano rimasti per settimane. Dopo la cassa integrazione, a inizio 2013 è toccata loro la mobilità perchè la cvassa integrazione è saltata a causa di un ritardo burocratico.
fonte: corriere.it