Fonte: Il Messaggero del 11/02/2013
ROMA - Nella casse di Alitalia c’è carburante per volare fino a marzo. Poi la liquidità della compagnia si esaurirà e sarà complicato trovare i soldi per pagare gli stipendi di piloti e hostess e quelli per far decollare gli aerei. Il dato, che emerge da un documento riservato messo a punto da alcuni azionisti e mai reso pubblico, è da far tremare i polsi. Nulla di ufficiale s’intende, ma una proiezione attendibile che fotografa la tendenza in atto. E quantifica in maniera evidente l’entità della crisi e, di conseguenza, l’urgenza di correre al più presto ai ripari.
CIFRE RISERVATE
Secondo il report che il Messaggero ha potuto consultare, a gennaio in cassa c’erano poco più di 150 milioni, mentre ad inizio febbraio l’asticella era già scesa a quota 90 milioni. Tra un mese o poco si accenderà invece la spia rossa. La previsione parla di un buco da 7 milioni a fine marzo. Si tratta, spiega il documento circolato tra i soci di Alitalia, di un decalage graduale partito all’inizio dell’anno e proseguito in queste ultime settimane.
Tutto ciò nonostante gli sforzi della compagnia per reggere alla crisi, migliorare l’efficienza, ridurre le spese. Inutile dire che di fronte a questa situazione, di cui è ben consapevole tutta la compagine azionaria, la priorità assoluta è trovare nuove risorse. E di trovarle subito. Del resto il tema è al centro da tempo di incontri serrati e di consultazioni più o meno formali. Proprio di questo si parlerà al vertice convocato per oggi tra i soci che incontreranno il presidente Roberto Colaninno. All’ordine del giorno tre temi: il rifinanziamento della compagnia per evitare il blocco delle attività, il percorso di avvicinamento in vista dell’alleanza con Air France e il nodo delle deleghe, ovvero la sorte dell’ad Andrea Ragnetti, sempre più in bilico. In molti, specialmente tra i soci minori, lo accusano di aver gestito non al meglio il bilancio e di non aver inciso sui costi in maniera drastica.
IL NODO RISORSE
Il futuro del top manager s’intreccia con l’operazione rifinanziamento (da 150 ai 200 milioni) che la maggior parte degli azionisti, dai Benetton ai francesi, vorrebbero fosse gestita da un management diverso, più esperto. Ma c’è anche chi invita ad evitare altri traumi alla compagnia.
Sul tavolo due soluzioni per superare la crisi di liquidità e rilanciare la compagnia. Un finanziamento dei soci secco o un prestito convertendo, rimborsabile cioè in azioni della compagnia. Probabilmente si opterà per la prima ipotesi, anche se ci sono ancora dei margini di trattativa. Nelle ultime ore un accordo di massima sarebbe comunque stato raggiunto, soprattutto in considerazione dell’estrema urgenza di mettere in sicurezza il bilancio. Da Intesa Sanpaolo ai Benetton, da Colaninno ai Riva, ai piccoli azionisti il nodo delle risorse potrebbe essere sciolto quindi già questa mattina. Tutti sono infatti consapevoli che una mancata intesa o una lunga discussione finirebbe col favorire proprio Air France, il partner con il 25%, che dopo l’estate, come previsto da un patto non scritto, potrebbe mettere le mani su un Alitalia a prezzi da saldo.
NO ALLA SVENDITA
Per evitare una svendita, Salvatore Mancuso (che ha il 3,8%) e altri soci, stanno insistendo per trovare un alternativa al colosso francese o comunque per accentuare la concorrenza. Come noto Air France è interessata ma cerca di aprire meno possibile il portafoglio. Gli italiani vorrebbero almeno recuperare gli 847 milioni versati nel 2008 più una percentuale da definire. E sono determinati a giocare la proprie carte fino in fondo. Nonostante le smentite di rito continuano a fari spenti le avances e i contatti riservati con Emirates e Qatar Airways. Ma potrebbero essere i russi di Aeroflot la carta segreta per cercare di vivacizzare la trattativa con Parigi.
ROMA - Nella casse di Alitalia c’è carburante per volare fino a marzo. Poi la liquidità della compagnia si esaurirà e sarà complicato trovare i soldi per pagare gli stipendi di piloti e hostess e quelli per far decollare gli aerei. Il dato, che emerge da un documento riservato messo a punto da alcuni azionisti e mai reso pubblico, è da far tremare i polsi. Nulla di ufficiale s’intende, ma una proiezione attendibile che fotografa la tendenza in atto. E quantifica in maniera evidente l’entità della crisi e, di conseguenza, l’urgenza di correre al più presto ai ripari.
CIFRE RISERVATE
Secondo il report che il Messaggero ha potuto consultare, a gennaio in cassa c’erano poco più di 150 milioni, mentre ad inizio febbraio l’asticella era già scesa a quota 90 milioni. Tra un mese o poco si accenderà invece la spia rossa. La previsione parla di un buco da 7 milioni a fine marzo. Si tratta, spiega il documento circolato tra i soci di Alitalia, di un decalage graduale partito all’inizio dell’anno e proseguito in queste ultime settimane.
Tutto ciò nonostante gli sforzi della compagnia per reggere alla crisi, migliorare l’efficienza, ridurre le spese. Inutile dire che di fronte a questa situazione, di cui è ben consapevole tutta la compagine azionaria, la priorità assoluta è trovare nuove risorse. E di trovarle subito. Del resto il tema è al centro da tempo di incontri serrati e di consultazioni più o meno formali. Proprio di questo si parlerà al vertice convocato per oggi tra i soci che incontreranno il presidente Roberto Colaninno. All’ordine del giorno tre temi: il rifinanziamento della compagnia per evitare il blocco delle attività, il percorso di avvicinamento in vista dell’alleanza con Air France e il nodo delle deleghe, ovvero la sorte dell’ad Andrea Ragnetti, sempre più in bilico. In molti, specialmente tra i soci minori, lo accusano di aver gestito non al meglio il bilancio e di non aver inciso sui costi in maniera drastica.
IL NODO RISORSE
Il futuro del top manager s’intreccia con l’operazione rifinanziamento (da 150 ai 200 milioni) che la maggior parte degli azionisti, dai Benetton ai francesi, vorrebbero fosse gestita da un management diverso, più esperto. Ma c’è anche chi invita ad evitare altri traumi alla compagnia.
Sul tavolo due soluzioni per superare la crisi di liquidità e rilanciare la compagnia. Un finanziamento dei soci secco o un prestito convertendo, rimborsabile cioè in azioni della compagnia. Probabilmente si opterà per la prima ipotesi, anche se ci sono ancora dei margini di trattativa. Nelle ultime ore un accordo di massima sarebbe comunque stato raggiunto, soprattutto in considerazione dell’estrema urgenza di mettere in sicurezza il bilancio. Da Intesa Sanpaolo ai Benetton, da Colaninno ai Riva, ai piccoli azionisti il nodo delle risorse potrebbe essere sciolto quindi già questa mattina. Tutti sono infatti consapevoli che una mancata intesa o una lunga discussione finirebbe col favorire proprio Air France, il partner con il 25%, che dopo l’estate, come previsto da un patto non scritto, potrebbe mettere le mani su un Alitalia a prezzi da saldo.
NO ALLA SVENDITA
Per evitare una svendita, Salvatore Mancuso (che ha il 3,8%) e altri soci, stanno insistendo per trovare un alternativa al colosso francese o comunque per accentuare la concorrenza. Come noto Air France è interessata ma cerca di aprire meno possibile il portafoglio. Gli italiani vorrebbero almeno recuperare gli 847 milioni versati nel 2008 più una percentuale da definire. E sono determinati a giocare la proprie carte fino in fondo. Nonostante le smentite di rito continuano a fari spenti le avances e i contatti riservati con Emirates e Qatar Airways. Ma potrebbero essere i russi di Aeroflot la carta segreta per cercare di vivacizzare la trattativa con Parigi.