Pensar male a Malpensa (di Francesco Giorgioni)
Postato da: Francesco Giorgioni Sardo
il: agosto 11, 2018
In: Giorgioni
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C’è un signore, a Olbia, che da un mese vive nell’angoscia di un grande cambiamento che l’attende.
Ha 55 anni e da 27 lavora ad Air Italy, fin da quando si chiamava ancora Alisarda.
La sua sede di lavoro è sempre stata Olbia.
Guadagna 1600 euro al mese.
A luglio l’azienda gli ha inviato una lettera. Lui l’ha aperta e ci ha trovato la comunicazione del trasferimento alla sede operativa di Malpensa, a partire dal 1 ottobre.
Quella lettera l’hanno ricevuta cinquanta dipendenti.
Cambiare vita a 55 anni non sarà una passeggiata.
Specie se non sai come sistemare uno stretto familiare disabile, che la legge ti permetteva di assistere grazie alla legge 104.
Tra questi cinquanta dipendenti prossimi al trasferimento c’è anche chi ha figli affetti da gravi patologie.
E poi ci sono famiglie che rischiano di andare in frantumi, mogli e mariti che non potranno seguire i loro coniugi perché anche loro hanno attività, professioni, legami col territorio che non si possono recidere da un giorno all’altro.
Nel contratto era prevista la mobilità, cioè la possibilità da parte dell’azienda di destinare il dipendente ad altra sede.
Per chi ragiona seguendo alla lettera la forma dei contratti, questo basterebbe per dichiarare chiusa la questione.
Ma esistono ancora il buon senso e l’umanità?
Si può spostare un dipendente con trent’anni di lavoro alle spalle come fosse un pacco postale, peraltro per svolgere le stesse identiche mansioni che svolgeva ad Olbia?
L’aspetto singolare è questo: quel trasferimento, sul piano operativo, sembra indispensabile solo per l’azienda, nel senso che quei lavoratori possono svolgere le stesse funzioni anche stando a casa loro.
I dipendenti hanno anche mostrato disponibilità ad andare in trasferta per qualche giorno a settimana, ma la risposta è stata negativa: devono stare a Malpensa, quella sarà la loro sede, il che naturalmente autorizza pensar male, a sospettare che questo obbligo tassativo nasconda il proposito di smantellare definitivamente la base della compagnia in Gallura. Prendendo per stanchezza chi ci lavora, costringendolo a cercare altre sistemazioni.
Per chi ha ricevuto le lettere ci sono infatti vite da rifare e certezze da dimenticare.
Quali margini ha la politica di intervenire, in tempi in cui tirare per la giacca un imprenditore per fargli osservare certi doveri verso il territorio sembra essere diventata una pratica terroristica?
Eppure Alisarda e Meridiana delle Istituzioni hanno avuto bisogno, quando le crisi ricorrenti rendevano necessaria la cassa integrazione.
Ora tra i padroni ci sono gli onnipotenti emiri del Qatar, da cui ci si aspettava una maggiore educazione verso la terra nella quale hanno investito, ritenendone importanti le risorse.
Tra queste risorse c’è anche l’elemento umano, che non può essere umiliato come è accaduto con quelle lettere di trasferimento.
Pare che questi non siano più tempi da manifestazioni di piazza. A settembre ci sarà uno sciopero e si prevede di portare la questione nei Consigli comunali della Gallura, ma l’interesse per la questione è molto blanda.
Forse non tutti hanno capito che quella deportazione significa, probabilmente, il primo passo verso lo sradicamento di questa azienda dal territorio.
Siamo tutti presi da migranti e vaccini per occuparci del dissolversi delle garanzie nel mondo del lavoro.
Senza contare che qualcuno smorzerà il problema obiettando che hanno diritto di lamentarsi solo quelli che il lavoro non ce l’hanno.
Almeno fin quando non toccherà a loro aprire una lettera di trasferimento, per molti anticamera di un licenziamento.
http://www.sardegnablogger.it/pensar-male-malpensa-francesco-giorgioni/