´imprenditore Spada: voleremo con altre compagnie
Giovedì la decisione di Alitalia sul futuro degli scali milanesi. Ma nella politica e negli affari cresce il partito dei "tifosi" di Fiumicino
I difensori di Malpensa all´ultima battaglia
"Abbandonare il Nord sarebbe un suicidio"
ETTORE LIVINI
Malpensa e Linate volano verso una settimana decisiva. Giovedì Alitalia alzerà il velo sul nuovo piano industriale in vista della privatizzazione. E in quell´occasione gli scali milanesi scopriranno se le voci e le indiscrezioni degli ultimi giorni (che parlano di un loro forte ridimensionamento) sono destinate a tradursi in realtà.
giochi però non sono ancora fatti. Giancarlo Schisano - direttore operazioni della compagnia di bandiera incaricato di stendere il progetto di rilancio della compagnia di bandiera - sta dando gli ultimi ritocchi al suo dossier. E politici, sindacalisti, industriali e persino due differenti cordate all´interno di Alitalia stanno facendo le ultime pressioni per cercare di salvare Malpensa o - all´opposto - dare il colpo di grazia al sogno del doppio hub. In una complessa mappa di interessi in cui i sostenitori delle posizioni lombarde - negli ultimi tempi - sono andati un po´ assottigliandosi.
Il fronte politico. Il Malpensa Fans Club della politica è un partito trasversale, costruito più su origini anagrafiche e collegi di riferimento che su bandiere e schieramenti. Va da sé che le amministrazioni locali e regionali (a maggioranza di centrodestra in Lombardia e di centro-sinistra in Lazio) tirano ognuna l´acqua al proprio mulino. La Lega - radicata al Nord - sta alzando da mesi le barricate attorno agli aeroporti del Nord («Malpensa può vivere senza Alitalia, Alitalia senza Malpensa no!» è il grido di battaglia di Roberto Maroni). E anche Forza Italia sembra orientata a una loro difesa ad oltranza. Più sfumate sono invece le posizioni di Udc e An, che proprio attorno a Fiumicino hanno forti bacini elettorali. Con il partito di Fini ben rappresentato pure all´interno della compagnia in un fronte che lavora alla causa della capitale.
Il nascente Partito Democratico - se non altro per questioni di opportunità politica - sembra decisamente più tiepido sulle sorti di Malpensa. Anche se con sfumature diverse. Un piano messo a punto dal ministero di Francesco Rutelli, ad esempio, prevedeva senza mezzi termini l´addio a Milano in favore di Roma. Walter Veltroni, sindaco della capitale e aspirante sindaco d´Italia, è stato più sfumato. E ha allacciato un dialogo con Roberto Formigoni e Letizia Moratti sostenendo che l´Italia «può permettersi due hub».
Società e sindacati. Una volta era più semplice capire chi tra i dipendenti di Alitalia fosse pro o contro Malpensa. I cosiddetti lavoratori di terra (addetti alla manutenzione, amministrazione, eccetera) – che tendono a riconoscersi nelle tradizionali sigle di Cgil-Cisl e Uil e nel Sult – sono da sempre i paladini di Fiumicino e di Roma, dove lavorano. I piloti - consci della necessità di non abbandonare alla concorrenza un asset importante come lo scalo milanese - erano in passato tra i fan di Milano. Ma nelle ultime settimane questa posizione non sarebbe più così granitica.
Nel management esistono due cordate. Schisano viene incasellato nella quota di dirigenti favorevoli alla ipotesi dell´addio agli scali lombardi. I cosiddetti "ex-Cimoliani", vale a dire i manager assunti dall´ex amministratore delegato, sono invece fedelissimi del doppio hub. Ma il loro potere decisionale in Alitalia in questo momento non sembra altissimo. Maurizio Prato, nuovo presidente della compagnia, dovrebbe essere l´ago della bilancia. Ma il suo disco verde al piano di Schisano (che in teoria alla vigilia di una possibile vendita poteva pur essere congelato) può essere letto come un segnale favorevole al fronte capitolino.
I possibili compratori. In questo caso esistono tre schieramenti. Chi vuol salvare Malpensa però ha un solo cavallo vincente: il fondo americano Tpg. Lo stesso che ha lanciato Ryanair e ha salvato molte compagnie Usa dal crac. I rappresentanti di Tpg - in cordata con Mediobanca - avrebbero già chiesto al Tesoro di non intervenire sugli aeroporti di Milano prima della vendita. Perché sanno bene che il bacino lombardo è il più ricco d´Italia e non può essere abbandonato. Ma anche perché è possibile che Tpg, in corsa con la British per rilevare Iberia, voglia poi unire le due compagnie, facendo proprio dello scalo bustocco un maxi-hub in Sud Europa con cui sfidare Parigi e Francoforte.
Air France invece è il nemico numero uno di Milano. Ha già Parigi e punta molto per il sud Europa su Lione. E molti sostengono che il piano Schisano sia in realtà solo il primo atto necessario per poi vendere ai francesi Alitalia. Lufthansa (come Air One) tiene il piede in due scarpe e non si sbilancia. I tedeschi sono riusciti a far funzionare il doppio hub (Francoforte e Monaco) a casa loro. E ora stanno lanciando con successo anche Zurigo. Ma proprio per questo un altro snodo a Milano sarebbe forse ridondante.
Gli ultrà di Malpensa. A parte Giuseppe Bonomi, numero uno della Sea, Formigoni e la Moratti, gli ultrà della Malpensa sono gli albergatori di Milano. L´Alitalia, secondo le stime della Regione, spende 45 milioni l´anno per alloggiare i piloti e le hostess in trasferta sotto la Madonnina. Un "tesoretto" che il trasferimento a Fiumicino - o più modestamente una razionalizzazione del lavoro - potrebbe cancellare da un giorno all´altro.
L´INTERVISTA
Alessandro Spada (Assolombarda): se tagliano le partenze dalla metropoli ci imbarcheremo con altri vettori
L´imprenditore: "L´addio a Milano sarebbe un suicidio per tutti"
la chiave del rilancio Il futuro è nei voli business eppure l´Alitalia vuole sopprimere quelli verso l´India e la Cina, cioè i Paesi dove stiamo investendo
«Abbandonare Malpensa sarebbe un suicidio, una scelta "tafazziana". Farebbe un danno agli imprenditori del Nord, non aiuterebbe né Alitalia né Fiumicino e sarebbe un pessimo biglietto da visita per chi vuole venire a fare affari e investire a Milano e in Lombardia». Alessandro Spada, numero uno della Vrv di Ornago e consigliere incaricato per l´Europa di Assolombarda, boccia senza appello l´ipotesi di un ridimensionamento dello scalo milanese.
Alitalia però perde un milione di euro al giorno. Bisognerà pure fare qualcosa per salvarla...
«Questo certo non è il modo. Forse si riducono i costi, ma non si fa il bene della compagnia. Il futuro è nei voli business, quelli che rendono di più. E questa è la parte del paese dove ci sono gli imprenditori che hanno bisogno di viaggiare. E invece cosa fanno? Vogliono tagliare i voli verso la Cina e l´India, guarda caso i paesi dove noi stiamo investendo. È una decisione che va in controtendenza rispetto alla buona logica. Una scelta semplicistica che porta danni non solo a Milano ma a tutto il mondo imprenditoriale del paese».
Quali danni?
«Il primo più evidente per chi come me si sposta per lavoro sono i disagi. Se tagliano i voli diretti da Milano - quelli che noi scegliamo da sempre per evitare le ormai lunghissime trafile dei controlli in transito - è evidente che ci imbarcheremo sugli aerei di altre compagnie. Che tra l´altro già oggi sulle tariffe business sono più economiche anche del 50% di Alitalia pur offrendo spesso servizi migliori. Ma questo è il minore dei mali. Il vero problema è che Milano, alla vigilia ad esempio dell´assegnazione dell´Expo 2015, non darebbe una gran segnale privandosi del suo aeroporto nazionale. E costringere i nostri partner esteri a un transito in più per venire in Lombardia potrebbe alla lunga farci perdere, a noi e all´Italia, qualche buona occasione».
Formigoni ha proposto di creare una nuova Alitalia del Nord. Cosa ne pensa?
«Mi sembra più una provocazione. Io credo anzi che gli enti locali dovrebbero fare qualcosa di più per collegare meglio Alitalia a Milano. Certo, adesso con lo sblocco della Pedemontana sembra che qualcosa si stia muovendo. Io ad esempio lavoro vicino all´uscita di Cavenago, sulla A4 e le assicuro che molto spesso raggiungere l´aeroporto per me è un´Odissea. E molti imprenditori nel nord-est d´Italia proprio per questo rinunciano a partire da Malpensa. Anche il il treno del Malpensa Express, troppo lento, non è un biglietto da visita degno di Milano. Andrebbe velocizzato, collegato con la Centrale».
Se toccasse a lei fare i piano di salvataggio di Alitalia, allora, cosa farebbe?
«Taglierei i costi in eccesso che sono tanti. Punterei sulla qualità e poi tornerei a investire dove si può davvero guadagnare. Le compagnie aeree fanno soldi sulla clientela business e per questo non ci si può permettere il lusso di snobbare il Nord. Alitalia è fondamentale per la Malpensa e viceversa. Tagliando i voli in Lombardia finiremmo per ridimensionare il ruolo di Milano in Europa, senza in realtà fare l´interesse né di Fiumicino né dell´Alitalia».
(e. l.)
(La Repubblica - Milano)
CIAO
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Giovedì la decisione di Alitalia sul futuro degli scali milanesi. Ma nella politica e negli affari cresce il partito dei "tifosi" di Fiumicino
I difensori di Malpensa all´ultima battaglia
"Abbandonare il Nord sarebbe un suicidio"
ETTORE LIVINI
Malpensa e Linate volano verso una settimana decisiva. Giovedì Alitalia alzerà il velo sul nuovo piano industriale in vista della privatizzazione. E in quell´occasione gli scali milanesi scopriranno se le voci e le indiscrezioni degli ultimi giorni (che parlano di un loro forte ridimensionamento) sono destinate a tradursi in realtà.
giochi però non sono ancora fatti. Giancarlo Schisano - direttore operazioni della compagnia di bandiera incaricato di stendere il progetto di rilancio della compagnia di bandiera - sta dando gli ultimi ritocchi al suo dossier. E politici, sindacalisti, industriali e persino due differenti cordate all´interno di Alitalia stanno facendo le ultime pressioni per cercare di salvare Malpensa o - all´opposto - dare il colpo di grazia al sogno del doppio hub. In una complessa mappa di interessi in cui i sostenitori delle posizioni lombarde - negli ultimi tempi - sono andati un po´ assottigliandosi.
Il fronte politico. Il Malpensa Fans Club della politica è un partito trasversale, costruito più su origini anagrafiche e collegi di riferimento che su bandiere e schieramenti. Va da sé che le amministrazioni locali e regionali (a maggioranza di centrodestra in Lombardia e di centro-sinistra in Lazio) tirano ognuna l´acqua al proprio mulino. La Lega - radicata al Nord - sta alzando da mesi le barricate attorno agli aeroporti del Nord («Malpensa può vivere senza Alitalia, Alitalia senza Malpensa no!» è il grido di battaglia di Roberto Maroni). E anche Forza Italia sembra orientata a una loro difesa ad oltranza. Più sfumate sono invece le posizioni di Udc e An, che proprio attorno a Fiumicino hanno forti bacini elettorali. Con il partito di Fini ben rappresentato pure all´interno della compagnia in un fronte che lavora alla causa della capitale.
Il nascente Partito Democratico - se non altro per questioni di opportunità politica - sembra decisamente più tiepido sulle sorti di Malpensa. Anche se con sfumature diverse. Un piano messo a punto dal ministero di Francesco Rutelli, ad esempio, prevedeva senza mezzi termini l´addio a Milano in favore di Roma. Walter Veltroni, sindaco della capitale e aspirante sindaco d´Italia, è stato più sfumato. E ha allacciato un dialogo con Roberto Formigoni e Letizia Moratti sostenendo che l´Italia «può permettersi due hub».
Società e sindacati. Una volta era più semplice capire chi tra i dipendenti di Alitalia fosse pro o contro Malpensa. I cosiddetti lavoratori di terra (addetti alla manutenzione, amministrazione, eccetera) – che tendono a riconoscersi nelle tradizionali sigle di Cgil-Cisl e Uil e nel Sult – sono da sempre i paladini di Fiumicino e di Roma, dove lavorano. I piloti - consci della necessità di non abbandonare alla concorrenza un asset importante come lo scalo milanese - erano in passato tra i fan di Milano. Ma nelle ultime settimane questa posizione non sarebbe più così granitica.
Nel management esistono due cordate. Schisano viene incasellato nella quota di dirigenti favorevoli alla ipotesi dell´addio agli scali lombardi. I cosiddetti "ex-Cimoliani", vale a dire i manager assunti dall´ex amministratore delegato, sono invece fedelissimi del doppio hub. Ma il loro potere decisionale in Alitalia in questo momento non sembra altissimo. Maurizio Prato, nuovo presidente della compagnia, dovrebbe essere l´ago della bilancia. Ma il suo disco verde al piano di Schisano (che in teoria alla vigilia di una possibile vendita poteva pur essere congelato) può essere letto come un segnale favorevole al fronte capitolino.
I possibili compratori. In questo caso esistono tre schieramenti. Chi vuol salvare Malpensa però ha un solo cavallo vincente: il fondo americano Tpg. Lo stesso che ha lanciato Ryanair e ha salvato molte compagnie Usa dal crac. I rappresentanti di Tpg - in cordata con Mediobanca - avrebbero già chiesto al Tesoro di non intervenire sugli aeroporti di Milano prima della vendita. Perché sanno bene che il bacino lombardo è il più ricco d´Italia e non può essere abbandonato. Ma anche perché è possibile che Tpg, in corsa con la British per rilevare Iberia, voglia poi unire le due compagnie, facendo proprio dello scalo bustocco un maxi-hub in Sud Europa con cui sfidare Parigi e Francoforte.
Air France invece è il nemico numero uno di Milano. Ha già Parigi e punta molto per il sud Europa su Lione. E molti sostengono che il piano Schisano sia in realtà solo il primo atto necessario per poi vendere ai francesi Alitalia. Lufthansa (come Air One) tiene il piede in due scarpe e non si sbilancia. I tedeschi sono riusciti a far funzionare il doppio hub (Francoforte e Monaco) a casa loro. E ora stanno lanciando con successo anche Zurigo. Ma proprio per questo un altro snodo a Milano sarebbe forse ridondante.
Gli ultrà di Malpensa. A parte Giuseppe Bonomi, numero uno della Sea, Formigoni e la Moratti, gli ultrà della Malpensa sono gli albergatori di Milano. L´Alitalia, secondo le stime della Regione, spende 45 milioni l´anno per alloggiare i piloti e le hostess in trasferta sotto la Madonnina. Un "tesoretto" che il trasferimento a Fiumicino - o più modestamente una razionalizzazione del lavoro - potrebbe cancellare da un giorno all´altro.
L´INTERVISTA
Alessandro Spada (Assolombarda): se tagliano le partenze dalla metropoli ci imbarcheremo con altri vettori
L´imprenditore: "L´addio a Milano sarebbe un suicidio per tutti"
la chiave del rilancio Il futuro è nei voli business eppure l´Alitalia vuole sopprimere quelli verso l´India e la Cina, cioè i Paesi dove stiamo investendo
«Abbandonare Malpensa sarebbe un suicidio, una scelta "tafazziana". Farebbe un danno agli imprenditori del Nord, non aiuterebbe né Alitalia né Fiumicino e sarebbe un pessimo biglietto da visita per chi vuole venire a fare affari e investire a Milano e in Lombardia». Alessandro Spada, numero uno della Vrv di Ornago e consigliere incaricato per l´Europa di Assolombarda, boccia senza appello l´ipotesi di un ridimensionamento dello scalo milanese.
Alitalia però perde un milione di euro al giorno. Bisognerà pure fare qualcosa per salvarla...
«Questo certo non è il modo. Forse si riducono i costi, ma non si fa il bene della compagnia. Il futuro è nei voli business, quelli che rendono di più. E questa è la parte del paese dove ci sono gli imprenditori che hanno bisogno di viaggiare. E invece cosa fanno? Vogliono tagliare i voli verso la Cina e l´India, guarda caso i paesi dove noi stiamo investendo. È una decisione che va in controtendenza rispetto alla buona logica. Una scelta semplicistica che porta danni non solo a Milano ma a tutto il mondo imprenditoriale del paese».
Quali danni?
«Il primo più evidente per chi come me si sposta per lavoro sono i disagi. Se tagliano i voli diretti da Milano - quelli che noi scegliamo da sempre per evitare le ormai lunghissime trafile dei controlli in transito - è evidente che ci imbarcheremo sugli aerei di altre compagnie. Che tra l´altro già oggi sulle tariffe business sono più economiche anche del 50% di Alitalia pur offrendo spesso servizi migliori. Ma questo è il minore dei mali. Il vero problema è che Milano, alla vigilia ad esempio dell´assegnazione dell´Expo 2015, non darebbe una gran segnale privandosi del suo aeroporto nazionale. E costringere i nostri partner esteri a un transito in più per venire in Lombardia potrebbe alla lunga farci perdere, a noi e all´Italia, qualche buona occasione».
Formigoni ha proposto di creare una nuova Alitalia del Nord. Cosa ne pensa?
«Mi sembra più una provocazione. Io credo anzi che gli enti locali dovrebbero fare qualcosa di più per collegare meglio Alitalia a Milano. Certo, adesso con lo sblocco della Pedemontana sembra che qualcosa si stia muovendo. Io ad esempio lavoro vicino all´uscita di Cavenago, sulla A4 e le assicuro che molto spesso raggiungere l´aeroporto per me è un´Odissea. E molti imprenditori nel nord-est d´Italia proprio per questo rinunciano a partire da Malpensa. Anche il il treno del Malpensa Express, troppo lento, non è un biglietto da visita degno di Milano. Andrebbe velocizzato, collegato con la Centrale».
Se toccasse a lei fare i piano di salvataggio di Alitalia, allora, cosa farebbe?
«Taglierei i costi in eccesso che sono tanti. Punterei sulla qualità e poi tornerei a investire dove si può davvero guadagnare. Le compagnie aeree fanno soldi sulla clientela business e per questo non ci si può permettere il lusso di snobbare il Nord. Alitalia è fondamentale per la Malpensa e viceversa. Tagliando i voli in Lombardia finiremmo per ridimensionare il ruolo di Milano in Europa, senza in realtà fare l´interesse né di Fiumicino né dell´Alitalia».
(e. l.)
(La Repubblica - Milano)
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