dal messaggero
http://www.ilmessaggero.it/view.php?data=20061015&ediz=01_NAZIONALE&npag=5&file=A.xml&type=STANDARD
situazione dell’aviolinea e ricostruisce l’origine della crisi
Alitalia, il salvataggio riparte da Fiumicino
Compagnia in crisi dall’avvio di Malpensa. Una sola via d’uscita: lo scalo romano diventi l’unico hub
di LUCIANO COSTANTINI
ROMA La crisi vera di Alitalia parte nell’ottobre di otto anni fa quando il nuovo scalo di Malpensa aprì le sue piste ostruendo quelle di Fiumicino che raccoglievano un traffico in progressiva crescita e che, soprattutto, stavano catalizzando i flussi di Paesi emergenti. Da quell’ottobre del 1998 la compagnia di bandiera cominciò a perdere risorse e credibilità frustrando le legittime, perchè oggettive, aspirazioni di crescita dello scalo romano. Alitalia ora è alle prese con una crisi drammatica: rischia di portare i libri in tribunale ed allora la necessità, improrogabile, è quella di invertire la rotta. Tornare a Fiumicino e ridare fiato a quella crescita che oggi - forse più di otto anni fa - sembra promettente perchè sullo scalo romano si affacciano compagnie e flussi di traffico rilevanti, a partire da quelli orientali. Anche il Sud e il Centro della penisola potranno contare su una infrastruttura che avevano massicciamente abbandonato, a favore di compagnie straniere. Ovvio, Fiumicino dovrà diventare un autentico hub, l’hub del Paese.
E’ la filosofia, questa, contenuta in uno studio elaborato dal Dipartimento del Turismo, sulla base un’indagine condotta da Assaeroporti e che, verosimilmente, costituirà l’ossatura del piano industriale che il governo sta scrivendo e che dovrà essere implementato entro il 31 gennaio prossimo. I numeri dicono che l’Alitalia brucia oltre un milione al giorno e i numeri dicono pure che il rosso da otto anni si è fatto sempre più rosso e che Malpensa da otto anni è l’autentico tallone di Achille della nostra compagnia. I numeri, appunto, e i grafici mostrano che il sistema Alitalia oggi non è in grado di intercettare i flussi naturali che potrebbero attrarre la nostra penisola. Ancora i numeri dicono che in cinque anni, dal 2000 al 2005, il traffico passeggeri è salito del 23% e quello della compagnia continua a scendere sul versante Malpensa. I primi cinque aeroporti nazionali sono cresciuti, alcuni anche in maniera esponenziale come Roma-Ciampino (+425%) e Bergamo (+252%) mentre soltanto Malpensa è arretrato percentualmente (-5%) e in passeggeri (meno 1,1 milioni). Fiumicino invece ha messo a segno un più 9% arrivando a quota 28,7 milioni di passeggeri.
Certamente i numeri e il trend operativo di Malpensa non potranno non avere un loro peso nella individuazione dell’hub che non può non essere che quello romano in quanto in grado di recuperare quote consistenti di traffico e perchè, in realtà, quello lombardo non può svolgere questo ruolo: affetto com’è da cronico nanismo.
Certamente in questa partita, che è un asset rilevante nel futuro di Alitalia, dovrebbero far premio i numeri e le prospettive. Ed essi stanno a dimostrare chiaramente che il progetto Malpensa è perdente, comunque superato; quello romano è un progetto in crescita e di crescita. In un Paese poi che stenta a darsi un assetto infrastrutturale moderno ed efficiente (talvolta per miopia politica, spesso per carenza di risorse) i collegamenti sono fondamentali. Lo scalo di Malpensa si trova in provincia di Varese, distanza circa 50 chilometri da Milano: raggiungerlo non è precisamente facile nè economico. Doveva essere la riposta italiana, anzi dell’Alitalia, all’aggressività di Lufthansa, di Klm, di Air France soprattutto sul fronte lungo raggio, ed invece si è trasformato nell’anello debole della nostra compagnia, quello che per primo si è spezzato sotto la pressione di una deregulation fin troppa invasiva e di un mercato che si sviluppa alla velocità del suono. E dove la parola d’ordine è uguale per tutti: volare sempre e ovunque a costi sempre più bassi.
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situazione dell’aviolinea e ricostruisce l’origine della crisi
Alitalia, il salvataggio riparte da Fiumicino
Compagnia in crisi dall’avvio di Malpensa. Una sola via d’uscita: lo scalo romano diventi l’unico hub
di LUCIANO COSTANTINI
ROMA La crisi vera di Alitalia parte nell’ottobre di otto anni fa quando il nuovo scalo di Malpensa aprì le sue piste ostruendo quelle di Fiumicino che raccoglievano un traffico in progressiva crescita e che, soprattutto, stavano catalizzando i flussi di Paesi emergenti. Da quell’ottobre del 1998 la compagnia di bandiera cominciò a perdere risorse e credibilità frustrando le legittime, perchè oggettive, aspirazioni di crescita dello scalo romano. Alitalia ora è alle prese con una crisi drammatica: rischia di portare i libri in tribunale ed allora la necessità, improrogabile, è quella di invertire la rotta. Tornare a Fiumicino e ridare fiato a quella crescita che oggi - forse più di otto anni fa - sembra promettente perchè sullo scalo romano si affacciano compagnie e flussi di traffico rilevanti, a partire da quelli orientali. Anche il Sud e il Centro della penisola potranno contare su una infrastruttura che avevano massicciamente abbandonato, a favore di compagnie straniere. Ovvio, Fiumicino dovrà diventare un autentico hub, l’hub del Paese.
E’ la filosofia, questa, contenuta in uno studio elaborato dal Dipartimento del Turismo, sulla base un’indagine condotta da Assaeroporti e che, verosimilmente, costituirà l’ossatura del piano industriale che il governo sta scrivendo e che dovrà essere implementato entro il 31 gennaio prossimo. I numeri dicono che l’Alitalia brucia oltre un milione al giorno e i numeri dicono pure che il rosso da otto anni si è fatto sempre più rosso e che Malpensa da otto anni è l’autentico tallone di Achille della nostra compagnia. I numeri, appunto, e i grafici mostrano che il sistema Alitalia oggi non è in grado di intercettare i flussi naturali che potrebbero attrarre la nostra penisola. Ancora i numeri dicono che in cinque anni, dal 2000 al 2005, il traffico passeggeri è salito del 23% e quello della compagnia continua a scendere sul versante Malpensa. I primi cinque aeroporti nazionali sono cresciuti, alcuni anche in maniera esponenziale come Roma-Ciampino (+425%) e Bergamo (+252%) mentre soltanto Malpensa è arretrato percentualmente (-5%) e in passeggeri (meno 1,1 milioni). Fiumicino invece ha messo a segno un più 9% arrivando a quota 28,7 milioni di passeggeri.
Certamente i numeri e il trend operativo di Malpensa non potranno non avere un loro peso nella individuazione dell’hub che non può non essere che quello romano in quanto in grado di recuperare quote consistenti di traffico e perchè, in realtà, quello lombardo non può svolgere questo ruolo: affetto com’è da cronico nanismo.
Certamente in questa partita, che è un asset rilevante nel futuro di Alitalia, dovrebbero far premio i numeri e le prospettive. Ed essi stanno a dimostrare chiaramente che il progetto Malpensa è perdente, comunque superato; quello romano è un progetto in crescita e di crescita. In un Paese poi che stenta a darsi un assetto infrastrutturale moderno ed efficiente (talvolta per miopia politica, spesso per carenza di risorse) i collegamenti sono fondamentali. Lo scalo di Malpensa si trova in provincia di Varese, distanza circa 50 chilometri da Milano: raggiungerlo non è precisamente facile nè economico. Doveva essere la riposta italiana, anzi dell’Alitalia, all’aggressività di Lufthansa, di Klm, di Air France soprattutto sul fronte lungo raggio, ed invece si è trasformato nell’anello debole della nostra compagnia, quello che per primo si è spezzato sotto la pressione di una deregulation fin troppa invasiva e di un mercato che si sviluppa alla velocità del suono. E dove la parola d’ordine è uguale per tutti: volare sempre e ovunque a costi sempre più bassi.