Allora non capisco più.
Poche settimane fa hanno risposto in tribunale che finchè non sarà reso esecutivo, di pagare gli ex dipendenti per crediti non tfr non se ne parla.
Cerco di spiegarti in maniera semplice (anche se diritto fallimentare è stato uno degli esami che mi ha fatto dannare di più e sono passati un tot di anni).
Dopo la dichiarazione di insolvenza, chi vanta crediti nei confronti della società "fallita" presenta insinuazione, cioè chiede che il suo credito sia riconosciuto valido e quindi partecipi al riparto dell'attivo.
Terminata la fase delle insinuazioni, il giudice fallimentare fissa le udienze di convalida, in cui ogni credito viene esaminato per stabilirne la validità. E' un processo lungo, perché se alcune posizioni sono pacifiche (vedi ad esempio i dipendenti), altre sono dubbie, come ad esempio quelle delle banche (un creditore che era a conoscenza dello stato di insolvenza della società non ha diritto di insinuazione). Ovviamente i creditori non ammessi possono interporre appello, e la cosa può andare per le lunghe.
Al termine di questa fase che potremmo chiamare di accertamento, viene redatto lo stato passivo definitivo con l'indicazione dei privilegi - che sono stabiliti dalla legge. Anche in questa fase possono esserci dei contenziosi, anche se in genere sull'esistenza o meno di un privilegio ci sono meno dubbi.
Nel frattempo chi amministra i beni del fallito (curatore o, nel caso di AZ, amministratore straordinario) cerca di vendere i beni presenti nel patrimonio, ed esercita le azioni revocatorie, cioè chiede di poter rientrare in possesso delle somme pagate dalla società nell'anno (o nei due anni - a seconda dei casi) precedenti la dichiarazione di insolvenza in violazione della par condicio creditorum o a soggetti che erano a conoscenza dello stato di insolvenza. Questa procedura di recupero delle somme è tendenzialmente lunga, perché, mentre il primo grado è affidato a un giudice della sezione fallimentare, l'appello viene "gestito" dalle sezioni civili ordinarie del tribunale, e quindi si "infila" nel mare magnum della mala giustizia italiana.
Solo al termine della vendita dei beni e del recupero - definitivo, quindi con sentenza passata in giudicato - delle altre componenti che formeranno l'attivo del fallimento si può procedere alla stesura del piano di riparto definitivo (che è a sua volta appellabile da parte di chiunque ne abbia interesse).
Per mia esperienza (cliente fallito) dalla dichiarazione di insolvenza al piano di riparto definitivo passano (Tribunale di Milano) 5/6 anni per un fallimento di modeste proporzioni, nel caso AZ immagino ci vorrà ancora più tempo.
Spero di essere stato chiaro, se hai ancora dubbi chiedi pure.