Il retroscena da Repubblica di oggi:
Berlusconi teme il blocco dei voli, "Dobbiamo trovare un piano B"
di ROBERTO MANIA
ROMA - "Cosa facciamo se ci ritroviamo con 20 mila persone per strada? Cosa facciamo se si va al tracollo? Abbiamo un piano di riserva?". Poco prima della riunione sulla Nuova Alitalia con Roberto Colaninno e i sindacati, il premier Silvio Berlusconi ha riunito a Palazzo Chigi i suoi più stretti collaboratori. Ha fatto il punto sul negoziato, ha chiesto delucidazioni, ma soprattutto non ha nascosto la sua forte preoccupazione per uno scenario che decisamente non tende al bello.
Perché senza la firma della Cgil di Guglielmo Epifani la Compagnia aerea italiana (la Cai) potrebbe ritirare la sua offerta. Ma la Cgil non firmerà se non ci sarà il consenso anche delle associazioni dei piloti e degli assistenti di volo, insomma del personale viaggiante. E allora sarà il caos, con il blocco del trasporto aereo. Un effetto domino dagli esiti, anche sociali, imprevedibili. Domani alle 16 lo showdown con in contemporanea l'assemblea a Milano della cordata tricolore e la scadenza del termine entro cui i sindacati (ma non la Cisl, la Uil e l'Ugl che hanno già detto sì) dovranno comunicare la loro decisione.
Nella maggioranza si fronteggiano almeno due linee: da una parte chi pensa che si debba salvaguardare la pace sociale (tra questi probabilmente pure il premier) e impedire che il fallimento del negoziato si ripercuota anche sul governo; dall'altra chi pensa - come diceva ieri sera un ministro della destra - "di cavalcare il fallimento e scatenare addosso alla Cgil e ai piloti la responsabilità". Detto in altro modo, ma sempre dallo stesso ministro: "Affrontare un'utile e tonica fase thatcheriana".
La mattinata di oggi sarà decisiva. Nell'esasperato tatticismo di Epifani - che sempre oggi rimanderà al mittente la proposta della Confindustria per la riforma dei contratti - c'è il timore che la Nuova Alitalia non possa avere alcun futuro senza la collaborazione del personale viaggiante, cioè di quel 40 per cento che non è sostanzialmente rappresentato dalle quattro confederazioni. Da qui la formula sindacale che ha usato ieri: "Allargare il consenso su un piano vero di salvataggio".
Ma se non ci si riuscirà, il leader della Cgil ha già pronto il suo di piano di riserva. Che è poi una specie di astensione. Epifani ha già preparato una lettera che invierà a Colaninno, nella quale conferma l'adesione al piano industriale ma anche la sua impossibilità a firmare l'accordo per ragioni di merito (non può assumersi scelte per categorie che non rappresenta) e di metodo (il negoziato andava condotto in altro modo, coinvolgendo tutti).
Bisognerà però vedere come Colaninno e gli altri 17 azionisti di Cai interpreteranno, nel caso, la via di fuga escogitata da Epifani. In questi ultimi giorni il ragioniere di Mantova e il sindacalista di Corso d'Italia si sono sentiti più volte. Insieme, sotto la regìa di Gianni Letta, hanno concordato l'appuntamento di ieri pomeriggio a Palazzo Chigi con tutti i soggetti seduti intorno allo stesso tavolo, mettendo fine alla girandola di incontri separati in sedi diverse e tavoli distinti. Resta il fatto che Colaninno considera "decisiva" la firma della Cgil. Con l'accordo delle confederazioni l'offerta va avanti, ma con la defezione della Cgil il quadro è destinato a cambiare. Una defezione a metà è, appunto, da valutare.
Di certo Colaninno non farà concessioni in extremis ai piloti. La "discontinuità" nelle forme di governance dell'azienda della Magliana, con la rottura del consociativismo decennale tra manager e sindacati dei piloti, è uno dei capisaldi del progetto industriale preparato dall'advisor Corrado Passera e del tutto condiviso da Colaninno. Ieri, a Palazzo Chigi, se n'è avuta la conferma. Il presidente della Cai è stato netto e sorprendentemente duro contro il capo dell'Anpac, Fabio Berti. "Il modello di gestione delle associazioni professionali - gli ha detto - è spaventoso e non soddisfa il cliente". Tradotto: la pacchia è finita. D'ora in poi i piloti saranno trattati come tutti gli altri dipendenti del gruppo.
C'è anche un'altra "fuga" che qualcuno ipotizza. Quella della Cai. L'ultima rigidità di Colaninno e dell'amministratore delegato Rocco Sabelli, potrebbe essere dovuta agli scricchiolii che, stando ai rumors finanziari, starebbero emergendo tra i 18 investitori non senza, tra l'altro, evidenti conflitti di interesse. Insomma - è la tesi - provare a sfilarsi ma dando la colpa agli altri. Il dubbio serpeggiava ieri soprattutto tra i sindacalisti ribelli. Ma forse era più una speranza. Decisamente smentita, infatti, dagli uomini di Colaninno. "Non ci sono più margini - ripetevano - e deve essere chiaro che nessuno compra un'azienda per affidarne il potere ai piloti". Discontinuità oppure rottura.