secondo questo articolo Alitalia e' al capolinea.... cioe' e' finita proprio...
Il clima, chi ha partecipato alla riunione, lo ha definito "surreale". Il ministro delle infrastrutture, Maurizio Lupi, ha ricordato che lui, sebbene presente, è dimissionario. Lo stesso Enrico Letta è un premier che balla su un sottilissimo filo. Eppure, nonostante tutto, nelle stesse ore in cui si stanno consumando gli ultimi tentativi di scongiurare la caduta dell'esecutivo, lo stesso governo sta provando a mettere in piedi "un'operazione di sistema" per salvare Alitalia.
Stamattina Letta ha riunito a Palazzo Chigi, attorno allo stesso tavolo, tutti i soggetti interessati a vario titoli al destino della compagnia di bandiera. Destino che sembra segnato se nelle prossime ore non si troverà un accordo con le banche. La situazione finanziaria è drammatica. Il rischio è che Alitalia non riesca a pagare gli stipendi di ottobre. La settimana scorsa è stato deliberato un aumento di capitale di 150 milioni di euro, ma l'unico socio in grado davvero di sottoscriverlo, i francesi di Air France, hanno votato contro. La cordata tricolore che su richiesta di Silvio Berlusconi era corsa in soccorso della compagnia nel 2008 si è oramai liquefatta.
L'unico salvagente può arrivare solo dalle banche. Al vertice di Palazzo Chigi sono state convocate Intesa e Unicredit alle quali sarebbe stato chiesto di sottoscrivere l'inoptato dell'aumento, ossia le eventuali quote di quei soci non in grado di fare la loro parte nell'aumento. In più servirebbe un rifinanziamento bancario di almeno 200 milioni. Le banche hanno preso tempo. Il timore è che anche questa iniezione di mezzi freschi finisca nel buco nero della compagnia che assorbe tutto. Senza prospettive, senza un piano industriale, senza un nuovo cavaliere bianco come può essere il vettore Eithad, c'è poca voglia di bruciare risorse in una nuova "operazione di sistema" orchestrata da un governo che tra due giorni potrebbe non esserci più.
Al capezzale di Alitalia sono stati chiamati anche i creditori, come l'Eni. Letta avrebbe chiesto di non interrompere le forniture di carburante, visto che la compagnia ha difficoltà a pagare il pieno dei suoi aerei e che il Cane a Sei zampe vanta 20-30 milioni di euro di fatture arretrate. Così come pure Adr, la società che gestisce gli aeroporti romani. Ma se il presidente di Adr, Fabrizio Palenzona, potrebbe essere anche disposto ad attendere, il vero dramma sono gli scali esteri delle destinazioni servite da Alitalia. Il default della compagnia mette immediatamente a rischio gli slot, le fasce orarie a disposizione per poter atterrare e decollare da quegli aeroporti. Letta avrebbe chiesto un intervento a Sace, la società pubblica oggi controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti per garantire i crediti verso i creditori stranieri.
La situazione, insomma, sta precipitando. Con AirFrance che, al momento, aleggia come un avvoltoio. Parigi è pronta a prendersi la compagnia italiana, ma non vuole accollarsi i suoi debiti. Quindi punta ad un fallimento, ad una procedura di liquidazione, in modo da prendere i pezzi migliori del vettore per un tozzo di pane. A meno che al traballante Letta non riesca il miracolo di un nuovo salvataggio in estremis.