Guerra in Ucraina


Le sanzioni funzionano? Attendiamo i risultati:
- Cuba dal 1961.
- Iran dal 1979.
- Venezuela dal 2014.
- Russia dal 2022.
Sommando mele e pere immagino tu lo sappia, tra l'altro 3 su 4 non mi sembra siano potenze economiche mondiali.
Ci sono poi varie frasi nei tuoi post, che non sono per nulla verità assolute
-"L'industria russa fatica ma riparte. L'economia pure"
-"da un punto di vista militare ha ottenuto quasi tutti gli obiettivi"
solo per fare degli esempi ma non voglio far diventare il Forum una caciara. Ti vedo comunque favorevole ad un'escalation militare da parte europea, dovesse succedere, spero di non dover leggere qui tue dichiarazioni in cui dici che ci vuole la Pace o che i politici ci stanno affamando per futili motivi
 
Sommando mele e pere immagino tu lo sappia, tra l'altro 3 su 4 non mi sembra siano potenze economiche mondiali.
Ci sono poi varie frasi nei tuoi post, che non sono per nulla verità assolute
-"L'industria russa fatica ma riparte. L'economia pure"
-"da un punto di vista militare ha ottenuto quasi tutti gli obiettivi"
solo per fare degli esempi ma non voglio far diventare il Forum una caciara. Ti vedo comunque favorevole ad un'escalation militare da parte europea, dovesse succedere, spero di non dover leggere qui tue dichiarazioni in cui dici che ci vuole la Pace o che i politici ci stanno affamando per futili motivi
Effettivamente mettere sullo stesso piano Russia, Cuba, Iran e Venezuela non ha senso. Isolare economicamente il paese più esteso del mondo e con la maggior quantità di risorse naturali è più facile che isolare un’isola dei Caraibi… 🙄

Non sono affatto favorevole ad un’escalation militare da parte europea. Non predico l’intervento di forze occidentali in Ucraina. Predico semmai un intervento economico serio per armare gli ucraini e addestrarli nel miglior modo possibile. Finora abbiamo fatto quello che il governatore della Campania De Luca chiamava un “mezzo mezzo”. Una cosa fatta a metà, con svogliatezza.

Da Giulio Cesare a Winston Churchill, gli statisti più fini e di maggior successo della storia avevano ben appreso un concetto: che per fare la pace, bisogna essere pronti (o almeno far credere di esser pronti) alla guerra. Dal 2014 a oggi non lo abbiamo mai dimostrato: ci siamo nascosti dietro alle sanzioni (che ci costano molto ma sono più facili da spiegare alla gente) e abbiamo incrociato le dita. Non sta funzionando.
 
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Forse sarebbe stato così ugualmente anche senza sanzioni, ma la nostra industria automobilistica di sicuro avrebbe mantenuto una presenza non irrisoria.
Non ne sarei così sicuro considerando che i marchi storici soffrono pure in Europa il confronto con le auto cinesi.
 
Non sono del tutto d’accordo. La logica è
giusta, ma la realtà è diversa. In ordine sparso:
- Aumentano i costi di produzione dell’ipotetico drone, ma questo non necessariamente avvicina la fine della guerra. Un po’ perché la Cina ha interesse ad aiutare i russi (anche col credito) che potranno continuare a costruire i drone molto a lungo, e un po’ perché in una società come quella russa non è un problema enorme per Putin deviare risorse da altri settori per finanziare i droni (ovviamente sto usando il termine “drone” come lo hai usato tu — a mo’ di esempio per tutte le armi necessarie allo svolgimento della guerra da parte russa).
- La guerra costa molto ai russi, con o senza le sanzioni (il 10% non fa grande differenza). L’incentivo economico a porre fine al conflitto non manca. A mancare è invece il motivo per il quale Putin dovrebbe fermarsi adesso: da un punto di vista militare ha ottenuto quasi tutti gli obiettivi (mancano una parte del Donetsk e la caduta del governo ucraino, ma questo secondo obiettivo è irrilevante) — occupa la Crimea e una quantità sufficiente di territorio ucraino da dettare le condizioni della pace. L’Occidente è diviso e indugia continuamente, la Cina è disposta a proseguire il proprio sostegno.
- Per vincere servono risolutezza e un’escalation notevole del costo giornaliero della guerra. Se davvero vogliamo incentivare Putin a trattare, dobbiamo prima dimostrare che le nostre economie sono al servizio dello sforzo bellico ucraino senza se e senza ma. Che per far arrivare un missile a Kyiv ne devono essere sparati 100. Che per conquistare un altro km quadrato di Donetsk c’è da spendere 30 miliardi e perdere 100.000 soldati russi. Solo questo può indurre a trattare.
- Mi dirai: ma non ci costerà più aiutare l’Ucraina con tutte queste armi in più anziché applicare le sanzioni? Nel breve periodo sì, nel lungo periodo (secondo me) no. Meglio un grosso sforzo per far finire la guerra entro un paio d’anni che mantenere a tempo indeterminato un sistema di sanzioni che contribuisce all’espansione dell’impero cinese.
Su una cosa siamo tristemente d’accordo, la politica dei piccoli passi in guerra ha un costo tragicamente alto in termini di vittime. Il problema politico è che in quasi tutto l’occidente (in Italia in primis) l’infiltrazione di utili idioti, conniventi e complici è estremamente pervasiva. Basta leggere i commenti sotto qualunque articolo di giornale legato a quest’argomento per trovare decine di commenti a favore di Putin; e se molti sono abbastanza chiaramente troll, molto numerosi sono quelli di persone apparentemente reali come minimo affascinate dal mito dell’uomo forte.
I governi occidentali sono quindi costretti a convivere con i propri elettori.
Non condivido invece il tuo “ottimismo” sul fatto che Putin sia pronto a fermarsi. L’obiettivo della guerra è puramente politico, non certo l’annessione di qualche chilometro in più di territorio. Una Ucraina non “denazistificata” potrebbe essere la fine politica - e non solo - di Putin.
 
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Non ne sarei così sicuro considerando che i marchi storici soffrono pure in Europa il confronto con le auto cinesi.
A naso direi che qualcosa vendono ancora, nonostante la concorrenza cinese. Chiaro che l’ingresso dei cinesi nel settore toglie fette di mercato a tutti, ma non significa la scomparsa delle case automobilistiche europee.
Negli Emirati Arabi e in molti altri mercati piuttosto neutrali le europee vendono ancora. Meno ma vendono. Del resto , un conto è togliere share a Volkswagen, Renault, Toyota, ben altro conto è farsi largo fra BMW, Mercedes, Porsche e Ferrari (queste hanno qualche anno di vantaggio in più).
 
Effettivamente mettere sullo stesso piano Russia, Cuba, Iran e Venezuela non ha senso. Isolare economicamente il paese più esteso del mondo e con la maggior quantità di risorse naturali è più facile che isolare un’isola dei Caraibi… 🙄

Non sono affatto favorevole ad un’escalation militare da parte europea. Non predico l’intervento di forze occidentali in Ucraina. Predico semmai un intervento economico serio per armare gli ucraini e addestrarli nel miglior modo possibile. Finora abbiamo fatto quello che il governatore della Campania De Luca chiamava un “mezzo mezzo”. Una cosa fatta a metà, con svogliatezza.

Da Giulio Cesare a Winston Churchill, gli statisti più fini e di maggior successo della storia avevano ben appreso un concetto: che per fare la pace, bisogna essere pronti (o almeno far credere di esser pronti) alla guerra. Dal 2014 a oggi non lo abbiamo mai dimostrato: ci siamo nascosti dietro alle sanzioni (che ci costano molto ma sono più facili da spiegare alla gente) e abbiamo incrociato le dita. Non sta funzionando.
Concordo e apprezzo il tuo intervento, dicendo che per escalation militare europea non si intende per forza o solo invio di truppe ma anche quello che scrivi tu.
P.s. Dai la storia delle sanzioni su Cuba non c'entra una mazza per storia, quantità e motivazioni con quelle verso la Russia, lascia stare
 
Concordo e apprezzo il tuo intervento, dicendo che per escalation militare europea non si intende per forza o solo invio di truppe ma anche quello che scrivi tu.
P.s. Dai la storia delle sanzioni su Cuba non c'entra una mazza per storia, quantità e motivazioni con quelle verso la Russia, lascia stare
La storia di Cuba è del tutto separata ma è uno di molti esempi di sanzioni applicate dalla comunità internazionale senza esito.
 
Chiaro che l’ingresso dei cinesi nel settore toglie fette di mercato a tutti, ma non significa la scomparsa delle case automobilistiche europee.
Certo questo è chiaro. Riflettevo solo su quanto potesse essere, sempre a naso, la rilevanza dei marchi europei in Russia anche senza le sanzioni, in un contesto dove: la quota delle auto cinesi nella stessa Europa sale più del doppio in un anno; marchi cinesi hanno in programma di aprire stabilimenti qui da noi; Wolkswagen ha un piano di licenziamenti e il CEO di Renault prima parla di necessità di accordarsi con i cinesi e poi si dimette e cambia totalmente settore.
Scusate l'off topic.
 
Posso capire farne una questione etica ma dire che "non siamo in vendita" perché mettiamo qualche sanzione non ha senso: la guerra si vince con le armi -- non con le sanzioni
Vero servono armi, ma come già detto le sanzioni rendono la vita difficile all'avversario. La guerra si vince con le armi, con l'intelligence e con l'economia.
-- e da noi europei di armi in Ucraina ne stanno andando relativamente poche. In tre anni e mezzo non siamo riusciti ancora a fornire una quantità sufficiente di sistemi di difesa aerea: mi pare che gli ucraini abbiano sei sistemi Patriot e qualcosa di europeo (incluso un SAMP-T donato congiuntamente da Francia e Italia), peraltro sempre con penuria di missili per le batterie.
Vero, l'Ucraina ha bisogno di molte più armi, ma l'Europa ha contribuito più degli USA (42%) in totale come forniture. Detto questo nessun paese ha abbastanza difese aeree. Nemmeno la Russia ne ha abbastanza

Abbiamo inviato anche un po' di F-16: meglio che niente, ma sono comunque scarti. Se veramente qualcuno pensasse -- come scrivi tu -- a sicurezza e geopolitica, a quest'ora avremmo già finanziato e consegnato abbastanza sistemi di difesa aerea per proteggere i principali centri urbani e l'infrastruttura energetica ucraina.
La difesa aerea ora come ora è un arma costosissima. Bisogna beccare all'arciere e non le frecce. L'Ucraina deve avere armi a lunga gittata per colpire gli aeroporti russi con gli aerei a terra e le basi di lancio dei Shahed. CMQ all'Ucraina vanno date armi superiori ai russi.

Tolto a Putin il dominio dei cieli (l'unica sfera nella quale le forze russe hanno il sopravvento totale), lo zar si vedrebbe costretto a prendere almeno in considerazioni dei negoziati seri.
La Russia non ha assolutamente il domino dei cieli, infatti l'aeronautica ucraina esiste e fa ancora danni. La Russia ancia tanti droni e missili a lungo raggio, ma questo non è dominio. Gli aerei russi si tengono a distanza ben dietro il fronte pena l'abbattimento. Solo i Su-25 volano a bassissima quota sul fronte
Ma è politicamente più facile, per i nostri leader, applicare sanzioni e incrociare le dita: è vero che non siamo in vendita -- siamo già stati venduti.
Perchè dici incrociare le dita? L'aiuto c'è, senza l'Ucraina si sarebbe già arresa. Certo serve di piu.
 
Ultima modifica:
- Aumentano i costi di produzione dell’ipotetico drone, ma questo non necessariamente avvicina la fine della guerra.
I soldi della Russia finiscono prima. Il fondo di previdenza sociale è ridotto a 1/3
Un po’ perché la Cina ha interesse ad aiutare i russi (anche col credito) che potranno continuare a costruire i drone molto a lungo
Si e no
- La guerra costa molto ai russi, con o senza le sanzioni (il 10% non fa grande differenza).
Ma mica è solo 10%...magari, poi hai tutta la logistica più complicata
A mancare è invece il motivo per il quale Putin dovrebbe fermarsi adesso: da un punto di vista militare ha ottenuto quasi tutti gli obiettivi (mancano una parte del Donetsk e la caduta del governo ucraino, ma questo secondo obiettivo è irrilevante) — occupa la Crimea e una quantità sufficiente di territorio ucraino da dettare le condizioni della pace.
L'unico obiettivo di Putin è controllare tutta l'Ucraina. Non si ferma perche a Putin non va bene tenere un pezzo dell'Ucraina e il resto no.
- Per vincere servono risolutezza e un’escalation notevole del costo giornaliero della guerra. Se davvero vogliamo incentivare Putin a trattare, dobbiamo prima dimostrare che le nostre economie sono al servizio dello sforzo bellico ucraino senza se e senza ma.
Vero
Che per far arrivare un missile a Kyiv ne devono essere sparati 100.
E certo lui ne spara 100 per far arrivare 1, ma l'Ucraina ne deve sparare 400-500...non va bene cosi. Nemmeno Israele ci riesce.
 
Pare sia pronto il primo SSJ fabbricato con componenti esclusivamente sovietiche.

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Guerre, cieli chiusi, mercati vietati e voli più lunghi: per le compagnie aeree europee un danno da 13 miliardi
di Leonard Berberi
Il bilancio del conto extra che devono pagare Lufthansa e Air France-Klm, British Airways e Finnair. Un ceo: «È un lungo, estenuante corso di sopravvivenza»

Le crisi geopolitiche che da febbraio 2022 imperversano alle porte del nostro continente stanno costando alle compagnie aeree dell’Europa occidentale almeno 13 miliardi di euro tra maggiori spese per i voli e ricavi spariti da un giorno all’altro per la chiusura di alcuni dei mercati più redditizi. Un conto salato, aperto nel pieno della ripresa post Covid quando il settore è quasi fallito, che si aggiunge alle criticità interne come la consegna in ritardo dei nuovi jet, i problemi ai motori moderni e le strozzature alla catena di approvvigionamento.

Il bilancio
È questo il bilancio che il Corriere della Sera è in grado di rivelare — per la prima volta — incrociando i documenti interni dei vettori, i numeri forniti dalle piattaforme specializzate, le fonti industriali. Valori che non tengono conto, tra le altre cose, dei minori proventi dal trasporto merci nelle stive degli aerei utilizzati per i voli di linea, dei costi sostenuti per andare incontro ai passeggeri (riprotezione, rimborso, sistemazione negli hotel, pasti, transfer da/per l’aeroporto) e dell’impatto di crisi locali durate poche ore o pochi giorni come la chiusura dello spazio aereo iracheno e le tensioni tra India e Pakistan.

Le varie crisi
«Da sei anni non c’è un attimo di respiro», confessa al Corriere l’amministratore delegato di una importante compagnia europea durante l’ultima assemblea generale della Iata. «Nel 2019 abbiamo dovuto fare i conti con un calo dei margini dopo i picchi del 2018, poi nel 2020 è scoppiata la pandemia, a inizio 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina obbligandoci a chiudere quei mercati e a lunghi giri per arrivare in Asia, nell’ottobre 2023 abbiamo tagliato le operazioni in Medio Oriente con i conflitti tra Israele e le forze ostili attorno al Paese, poi le abbiamo riprese parzialmente quindi ancora annullate. Aggiungiamoci anche la guerra lampo tra India e Pakistan, e gli scambi di razzi tra Israele e Iran».

«Corso di sopravvivenza»
«Sembra di frequentare un lungo, estenuante corso di sopravvivenza», aggiunge un altro ceo europeo. «La mattina con un occhio guardo ai numeri dell’azienda — e ricordiamoci che i margini del settore sono risicati —, con un altro cerco di capire dove sarà la prossima crisi geopolitica. L’unico aspetto positivo è che il costo del cherosene resta sotto controllo. Al momento». Secondo la società di consulenza Verisk Maplecroft a fine 2024 le aree colpite da conflitti sono aumentate del 65% dal 2021, arrivando a coprire il 4,6% della superficie terrestre. «Si tratta di 6,15 milioni di chilometri quadrati, secondo il nostro Indice di intensità dei conflitti», commentano Hugo Brennan e Mucahid Durmaz.

Oltre 130 mila voli al giorno
Ogni giorno nel mondo ci sono oltre 130 mila voli commerciali che trasportano quasi 14 milioni di passeggeri: 30 mila partenze al giorno avvengono in Europa, secondo Eurocontrol. Tutti questi aerei seguono rotte precise, frutto di accordi internazionali e prassi, ma anche le migliori possibili perché perfezionate negli anni per tenere conto di tutte le voci cruciali per le operazioni: il consumo del carburante, gli orari di lavoro degli equipaggi, le normative governative. Per questo quando un corridoio si chiude — per qualche ora o anni — qualche vettore deve ripensare la rete di collegamenti.

I più danneggiati
Tra i vettori più colpiti, in Europa, c’è Finnair, con quartier generale alle porte di Helsinki. Come raccontato più volte su questo giornale in pochi mesi l’aviolinea — invidiata da tutti per la sua posizione geografica così vantaggiosa sulle rotta tra il Vecchio Continente e l’estremo Oriente — ha subìto un doppio colpo. Il primo: la chiusura totale del mercato asiatico a causa della pandemia e la ripresa più lenta di altri segmenti. Il secondo: l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca che ha portato la Russia a vietare alle aviolinee europee il sorvolo del proprio spazio aereo privandole del corridoio più veloce.

L’allungamento delle rotte
Risultato: i voli di Finnair tra Helsinki e l’Asia sono fino al 40% più lunghi, stando ai dati forniti dalla società specializzata Cirium. Ma un impatto ce l’hanno anche i collegamenti della danese Scandinavian Airlines (+23,5%), la polacca Lot (+21%), l’olandese Klm (+17%). «È più costoso perché tocca girare intorno allo spazio aereo russo», ha detto in un’intervista al Corriere il ceo Turkka Kuusisto. «Consuma più carburante. Servono quattro piloti invece di tre».

Lo svantaggio con i cinesi
Per non parlare del confronto, sulla stessa tratta, con le rivali cinesi che possono ancora sorvolare la Russia. La tratta Helsinki-Shanghai dura 8 ore e 40 minuti con la cinese Juneyao Airlines e 11 ore e 20 minuti (di media) con Finnair, secondo i dati forniti da Flightradar24. «La compagnia finlandese ha dovuto in parte reinventarsi e ridistribuire parte della sua offerta verso altri mercati, operazione non semplice in quanto potrebbe mancare la domanda sufficiente», dice al Corriere l’esperto John Strickland, direttore di JLS Consulting.

Il conto salato
Più tempo in aria significa anche maggiori costi operativi tra cherosene richiesto, manodopera, manutenzione e minore possibilità di utilizzare lo stesso velivolo su altre destinazioni. Un’ora di volo in più per un aereo a doppio corridoio — utilizzato per i voli intercontinentali — comporta un esborso medio maggiore di 11 mila euro per un vettore. E infatti secondo le stime del Corriere da marzo 2022 a dicembre 2025 le compagnie dell’Europa occidentale hanno dovuto spendere circa 2 miliardi di euro in più per effettuare le rotte più lunghe tra il continente e Cina, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone.

La concorrenza sleale
«Il fatto che le compagnie aeree europee debbano aggirare la Russia mentre i vettori cinesi possono sorvolarla crea uno squilibrio competitivo», spiegano da una delle principali compagnie del continente. «Questo sta portando le compagnie europee a limitare i collegamenti con la Cina, perché faticano a renderli redditizi». Ma, aggiunge, «la questione più ampia, però, è che la Cina sta sfruttando questa situazione per trasformare i propri aeroporti in hub per i passeggeri giapponesi o coreani».

Il mercato russo e ucraino
I danni maggiori, a vedere i numeri, i vettori europei li stanno registrando dalla chiusura dei mercati russo e ucraino, punti di origine e destinazione di milioni di persone. Dall’inizio dell’invasione russa e tenendo conto del fatto che la situazione non si risolverà quest’anno i mancati ricavi per le aviolinee del Vecchio Continente ammontano a poco meno di 10 miliardi di euro, stando ai documenti visionati e alle piattaforme specializzate. Lufthansa, per esempio, nel 2019 fatturava oltre 230 milioni di euro sui voli Germania-Russia (compresi i passeggeri arrivati da altre destinazioni), Air France quasi 150 milioni. Sull’Ucraina Wizz Air ha ricavato oltre 270 milioni di euro, la polacca Lot almeno 100 milioni.

Le tensioni mediorientali
Di crisi in crisi si arriva al 7 ottobre 2023 con Hamas che irrompe in Israele, uccide 1.200 persone in poche ore, ne rapisce circa 250. Il governo Netanyahu risponde con l’intervento militare nella Striscia di Gaza, poi estende le sue operazioni in Libano, contro Hezbollah. Israele e Libano sono da sempre due mercati redditizi per i vettori europei che sono però costretti a interrompere le operazioni per settimane e mesi: la ripresa a singhiozzo (in Israele) o lo stop duraturo (a Beirut) hanno portato nelle casse dei vettori europei più o meno 1,4 miliardi di euro di minori ricavi. Sui voli da/per Tel Aviv e Beirut, per esempio, Alitalia nel 2019 — ultimo anno statisticamente valido — fatturava 205 milioni di euro e British Airways 200 milioni.

«Maggiore complessità operativa»
«Le aviolinee hanno sempre dovuto affrontare le sfide geopolitiche, ma l’attuale combinazione di fattori è particolarmente difficile», ragiona Strickland. «I vettori europei si trovano nell’impossibilità di sorvolare la Siberia, che rappresenta la rotta più veloce verso alcune aree dell’Asia, e sono spesso costretti a percorsi più lunghi e tortuosi verso o attorno al Medio Oriente. Ciò aggiunge complessità operativa e costi aggiuntivi».

Conseguenze differenti
«Sembra proprio un periodo particolarmente denso di problematiche geopolitiche», aggiunge Savanthi Syth, managing director della società Raymond James, che ricorda anche «le guerre commerciali avviate dagli Stati Uniti». «L’impatto su ciascuna compagnia europea dipende in parte dalla sua rete di collegamenti». Ad esempio, e si guarda alla chiusura dello spazio aereo russo «le compagnie che operano prevalentemente su rotte intra-europee sono meno colpite. Anche Iag (gruppo che controlla British Airways, Iberia, Vueling, Aer Lingus, ndr) risulta meno impattata rispetto ad Air France-Klm o Lufthansa che hanno una presenza più forte nei collegamenti con l’Asia».

Dopo la pandemia
Non solo. «Qualsiasi fattore che influenza la domanda, la capacità di pianificazione (ad esempio la necessità di cancellare voli con breve preavviso) o la possibilità di crescita, va a danneggiare la capacità delle compagnie di investire nel proprio sviluppo», prosegue Syth. «Alcune sono meglio posizionate di altre per gestire un contesto di questo tipo. Non aiuta il fatto che, in questo periodo, le compagnie stiano ancora affrontando problemi legati alla catena di approvvigionamento, che sembrano in via di miglioramento ma non ancora tornati alla normalità. È un settore estremamente sfidante».

Gestione giorno per giorno
Che fare nel frattempo? «Non c’è altra scelta se non quella di gestire queste restrizioni giorno per giorno, mese per mese, prestando la massima attenzione ai consigli di sicurezza delle autorità competenti e seguendo da vicino gli sviluppi geopolitici», suggerisce Strickland. «A volte è necessario sospendere completamente alcune rotte per motivi di sicurezza, con conseguenti perdite finanziarie». «Una situazione — conclude — che crea non pochi grattacapi e assorbe tempo alla dirigenza che potrebbe essere impiegato in modo più produttivo».
Continuo a non capire, perché non riescano a fare lobbying sulla Commissione e a imporre il divieto di accesso allo spazio aereo europeo per ogni compagnia, anche controllata, che sorvola la Russia o ha voli in un qualsiasi scalo russo.
E se proprio volessero continuare a volare in Russia, sarebbero costretti a creare una nuova compagnia con un COA diverso, senza legami economici, senza accordi di codeshare e senza scambi di aerei... qualcosa di simile a KLM Asia.
Secondo me le compagnie cinesi, del golfo e turche non ci penserebbero troppo a capire che è più conveniente continuare a volare solo in Europa.
Solo nel 16° pacchetto di sanzioni dello scorso febbraio hanno capito di imporre il divieto per le compagnie, che effettuavano collegamenti all'interno della Russia... forse l'anno prossimo capiranno di estenderlo.
E l'anomalia grossa è ASL, com'è possibile che una compagnia serba che deve sorvolare l'Ungheria, la Slovacchia, la Polonia, la Lituania, e la Lettonia per arrivare in Russia, non sia stata ancora costretta a dismettere quelle rotte.
 
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Continuo a non capire, perché non riescano a fare lobbying sulla Commissione e a imporre il divieto di accesso allo spazio aereo europeo per ogni compagnia, anche controllata, che sorvola la Russia o ha voli in un qualsiasi scalo russo.
E se proprio volessero continuare a volare in Russia, sarebbero costretti a creare una nuova compagnia con un COA diverso, senza legami economici, senza accordi di codeshare e senza scambi di aerei... qualcosa di simile a KLM Asia.
Secondo me le compagnie cinesi, del golfo e turche non ci penserebbero troppo a capire che è più conveniente continuare a volare solo in Europa.
Solo nel 16° pacchetto di sanzioni dello scorso febbraio hanno capito di imporre il divieto per le compagnie, che effettuavano collegamenti all'interno della Russia... forse l'anno prossimo capiranno di estenderlo.
E l'anomalia grossa è ASL, com'è possibile che una compagnia serba che deve sorvolare l'Ungheria, la Slovacchia, la Polonia, la Lituania, e la Lettonia per arrivare in Russia, non sia stata ancora costretta a dismettere quelle rotte.
Perché non è pensabile tenere fuori dall’Europa Turkish, le golfare e le cinesi. Si chiama principio di realtà
 
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