Piano regionale aeroporti Emilia-Romagna

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1. Nel messaggio 92 ho inserito un elenco non esaustivo delle regioni che pagano direttamente le tasse di imbarco. L’elenco andrebbe integrato con le richieste di cofinanziamento da parte di altre regioni interessate al Trasporto Aereo (come Friuli Venezia Giulia, Marche, Puglia, ecc.), oltre ad altri casi simili.
Al momento non risulta che la Regione Emilia-Romagna rientri tra quelle che finanziano direttamente la tassa di imbarco.


2. La legge deve ancora essere proposta, discussa e divulgata, e non è nemmeno chiaro quale sarà il testo definitivo. Eppure vedo già qualcuno che “si straccia le vesti” per 2 milioni di euro l’anno da suddividere tra tre aeroporti: una cifra che, se rapportata ad altri interventi pubblici nel settore, risulta davvero marginale. Un risultato “incredibile”, ma nel senso opposto a quello che qualcuno vorrebbe far credere.


3. Per quanto riguarda le risorse economiche a carico dei contribuenti, esse si manifestano oggi attraverso tre principali modalità di intervento pubblico nel settore aeroportuale.

3.1. Contributi diretti alla realizzazione delle infrastrutture aeroportuali

Una parte rilevante dei costi di costruzione degli aeroporti è stata storicamente coperta con fondi pubblici. In molti casi, l’investimento iniziale non sarebbe stato sostenibile per il solo mercato privato.
Esempio: la realizzazione dell’aeroporto di Malpensa ha richiesto 1,3 miliardi di euro complessivi, di cui circa 1 miliardo proveniente da risorse pubbliche.

3.2. Contributi pubblici per la realizzazione delle infrastrutture di collegamento
Oltre ai costi dell’infrastruttura aeroportuale in senso stretto, la collettività sostiene l’onere – spesso molto maggiore – della costruzione o dell’adeguamento delle opere di accessibilità: strade, ponti, viadotti, ferrovie e collegamenti pubblici.
Questi interventi rappresentano i cosiddetti “costi iceberg”, poiché costituiscono la parte nascosta ma sostanziale del costo complessivo legato a uno scalo. Questi interventi, pur non rientrando nei bilanci aeroportuali, rappresentano la quota più consistente del costo complessivo generato da uno scalo.

Esempio:
  • Per Malpensa, i costi “iceberg” delle infrastrutture di collegamento – tra cui il potenziamento della superstrada SS336, la realizzazione di nuovi svincoli e l’ampliamento del collegamento ferroviario Malpensa Express – sono stati stimati in circa 5 miliardi di euro, interamente sostenuti con fondi pubblici.
Inoltre, i costi non crescono in modo lineare:
un aeroporto più grande richiede investimenti più che proporzionali nelle infrastrutture di accesso. Questo perché l’aumento della capacità aeroportuale comporta la necessità di opere molto più complesse e costose, come viabilità dedicata ad alta capacità, potenziamenti ferroviari, maggiori standard di sicurezza e sistemi di trasporto pubblico in grado di gestire flussi elevati.
Ogni incremento di scala genera quindi un aumento dei costi esterni che cresce più rapidamente del traffico aeroportuale.


3.3. Meccanismo dell’investimento riconosciuto in tariffa (WACC)

La regolazione tariffaria aeroportuale consente ai gestori di recuperare gli investimenti attraverso le tariffe pagate dai passeggeri, applicando un WACC (tasso di remunerazione del capitale) spesso superiore al reale costo del capitale. Inoltre viene riconosciuto l’adeguamento all’inflazione anche sugli investimenti già effettuati, inclusi quelli ormai ammortizzati.
Questa struttura genera, nei fatti, una redditività extra per i gestori aeroportuali, poiché garantisce un rendimento superiore a quello che otterrebbero sul mercato e lo trasferisce interamente sulle tariffe pagate dagli utenti. Su importi dell’ordine di centinaia di milioni di euro, tale meccanismo produce un differenziale tariffario significativo che grava su tutti i passeggeri, e quindi su tutti coloro che viaggiano.
Inoltre, il meccanismo favorisce in modo particolare gli operatori più grandi.

Gli aeroporti di maggiori dimensioni hanno infatti:
  • una base investita molto più ampia,
  • maggiore capacità di programmare nuovi investimenti,
  • volumi di traffico elevati che permettono di distribuire i costi su un numero maggiore di passeggeri.
Di conseguenza, ogni euro investito da un grande operatore genera più remunerazione tariffaria rispetto a quanto accade per gli scali piccoli o medi, creando un vantaggio competitivo cumulativo. Gli aeroporti maggiori, grazie alla leva dimensionale, possono quindi diventare sempre più grandi, consolidando la loro posizione a scapito degli aeroporti minori, che non dispongono della stessa capacità di investimento né della stessa base tariffaria per recuperare i costi.


4.L'aeroporto di Rimini aveva già chiuso contratti per un +35% di passeggeri su 2025 teorico a luglio, quindi il discorso non tange.
 
Ultima modifica:
1. Nel messaggio 92 ho inserito un elenco non esaustivo delle regioni che pagano direttamente le tasse di imbarco. L’elenco andrebbe integrato con le richieste di cofinanziamento da parte di altre regioni interessate al Trasporto Aereo (come Friuli Venezia Giulia, Marche, Puglia, ecc.), oltre ad altri casi simili.
Al momento non risulta che la Regione Emilia-Romagna rientri tra quelle che finanziano direttamente la tassa di imbarco.


E quindi? Lo faccia chi vuole, il ragionamento e la critica rimangono gli stessi.

2. La legge deve ancora essere proposta, discussa e divulgata, e non è nemmeno chiaro quale sarà il testo definitivo. Eppure vedo già qualcuno che “si straccia le vesti” per 2 milioni di euro l’anno da suddividere tra tre aeroporti: una cifra che, se rapportata ad altri interventi pubblici nel settore, risulta davvero marginale. Un risultato “incredibile”, ma nel senso opposto a quello che qualcuno vorrebbe far credere.

Ti garantisco che i miei vestiti non hanno nemmeno una sgualcitura.

3. Per quanto riguarda le risorse economiche a carico dei contribuenti, esse si manifestano oggi attraverso tre principali modalità di intervento pubblico nel settore aeroportuale.

3.1. Contributi diretti alla realizzazione delle infrastrutture aeroportuali

Una parte rilevante dei costi di costruzione degli aeroporti è stata storicamente coperta con fondi pubblici. In molti casi, l’investimento iniziale non sarebbe stato sostenibile per il solo mercato privato.
Esempio: la realizzazione dell’aeroporto di Malpensa ha richiesto 1,3 miliardi di euro complessivi, di cui circa 1 miliardo proveniente da risorse pubbliche.

3.2. Contributi pubblici per la realizzazione delle infrastrutture di collegamento
Oltre ai costi dell’infrastruttura aeroportuale in senso stretto, la collettività sostiene l’onere – spesso molto maggiore – della costruzione o dell’adeguamento delle opere di accessibilità: strade, ponti, viadotti, ferrovie e collegamenti pubblici.
Questi interventi rappresentano i cosiddetti “costi iceberg”, poiché costituiscono la parte nascosta ma sostanziale del costo complessivo legato a uno scalo. Questi interventi, pur non rientrando nei bilanci aeroportuali, rappresentano la quota più consistente del costo complessivo generato da uno scalo.

Esempio:
  • Per Malpensa, i costi “iceberg” delle infrastrutture di collegamento – tra cui il potenziamento della superstrada SS336, la realizzazione di nuovi svincoli e l’ampliamento del collegamento ferroviario Malpensa Express – sono stati stimati in circa 5 miliardi di euro, interamente sostenuti con fondi pubblici.
Inoltre, i costi non crescono in modo lineare:
un aeroporto più grande richiede investimenti più che proporzionali nelle infrastrutture di accesso. Questo perché l’aumento della capacità aeroportuale comporta la necessità di opere molto più complesse e costose, come viabilità dedicata ad alta capacità, potenziamenti ferroviari, maggiori standard di sicurezza e sistemi di trasporto pubblico in grado di gestire flussi elevati.
Ogni incremento di scala genera quindi un aumento dei costi esterni che cresce più rapidamente del traffico aeroportuale.


3.3. Meccanismo dell’investimento riconosciuto in tariffa (WACC)

La regolazione tariffaria aeroportuale consente ai gestori di recuperare gli investimenti attraverso le tariffe pagate dai passeggeri, applicando un WACC (tasso di remunerazione del capitale) spesso superiore al reale costo del capitale. Inoltre viene riconosciuto l’adeguamento all’inflazione anche sugli investimenti già effettuati, inclusi quelli ormai ammortizzati.
Questa struttura genera, nei fatti, una redditività extra per i gestori aeroportuali, poiché garantisce un rendimento superiore a quello che otterrebbero sul mercato e lo trasferisce interamente sulle tariffe pagate dagli utenti. Su importi dell’ordine di centinaia di milioni di euro, tale meccanismo produce un differenziale tariffario significativo che grava su tutti i passeggeri, e quindi su tutti coloro che viaggiano.
Inoltre, il meccanismo favorisce in modo particolare gli operatori più grandi.

Gli aeroporti di maggiori dimensioni hanno infatti:
  • una base investita molto più ampia,
  • maggiore capacità di programmare nuovi investimenti,
  • volumi di traffico elevati che permettono di distribuire i costi su un numero maggiore di passeggeri.
Di conseguenza, ogni euro investito da un grande operatore genera più remunerazione tariffaria rispetto a quanto accade per gli scali piccoli o medi, creando un vantaggio competitivo cumulativo. Gli aeroporti maggiori, grazie alla leva dimensionale, possono quindi diventare sempre più grandi, consolidando la loro posizione a scapito degli aeroporti minori, che non dispongono della stessa capacità di investimento né della stessa base tariffaria per recuperare i costi.


Ma che diavolo significa? Si sta parlando di Rimini, e tu dimostri la partigianeria della quale parlavo prima, devi andare a sostenere che lo fanno gli altri per giustificare la cosa, accusando gli altri di sparare a zero perchè Calimero Rimini non potrebbe fare le medesime scelte. Non stai sostenendo la correttezza o meno della decisione (ergo, il tuo legittimo punto di vista), stai semplicemente facendo un arringa difensiva.

4.L'aeroporto di Rimini aveva già chiuso contratti per un +35% di passeggeri su 2025 teorico a luglio, quindi il discorso non tange.

Quale discorso non tange?
 
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Ma che diavolo significa? Si sta parlando di Rimini, e tu dimostri la partigianeria della quale parlavo prima, devi andare a sostenere che lo fanno gli altri per giustificare la cosa, accusando gli altri di sparare a zero perchè Calimero Rimini non potrebbe fare le medesime scelte. Non stai sostenendo la correttezza o meno della decisione (ergo, il tuo legittimo punto di vista), stai semplicemente facendo un arringa difensiva.

io non ho capito cosa hai scritto, se ti puoi spiegare meglio
comunque in questo punto si sta parlando dei contributi pubblici, io ti ho scritto dove ed in che modo agiscono i contributi pubblici non ho capito cosa c'entra rimini, questo è il thread relativo alla legge degli aeroporti e-r.



Quale discorso non tange?

x l'aeroporto di rimini i contratti per il 2026 li hanno già chiusi a luglio e risultava un incremento del 35% teorico sul totale di questo anno, cosa c'entra quindi rimini con questo fatto della riduzione o eliminazione della tassa di imbarco?

Se non li hanno comunicati tutti (doveva essere al ttg), dipende dal fatto che ora probabilmente il piano verrà ampliato.
 
---> sono veramente contento di pubblicare questo articolo perchè mi darà lo spunto piu' tardi
di chiarire con i fatti ed i numeri come funziona davvero E-R su alcuni temi.



Emilia-Romagna, scontro sugli aeroporti. I commercianti non vogliono lo «sconto» sulle tasse a Forlì, Parma e Rimini: «Così si penalizza Bologna»
di Francesco Rosano
Confesercenti e Ascom criticano la scelta della Regione Emilia-Romagna di esentare gli aeroporti minori dall'addizionale comunale. Gelo della Camera di Commercio di Bologna: «Noi parliamo di economia, non di politica»

Bologna, il Marconi festeggia 10 anni in Borsa: cresciuti passeggeri, margini e addetti

L’abolizione dell’addizionale comunale sugli aeroporti «minori» dell’Emilia-Romagna, voluta dalla Regione per aiutare gli scali che da anni arrancano dietro il Marconi-pigliatutto, riaccende le polemiche sui difficili equilibri tra capoluogo e resto della regione. «La logica del policentrismo delle strutture logistiche è sorpassata», avverte Confesercenti Bologna, mentre Federalberghi mette in guardia dal rischio di «penalizzare Bologna nella competizione internazionale contro scali dove quella tassa nemmeno esiste». Gelida la Camera di Commercio di Bologna, principale azionista dello scalo bolognese: «Noi parliamo di economia, non di politica. Aspettiamo di leggere lo studio della Regione», dice il presidente Valerio Veronesi. Mentre l’ala sinistra della maggioranza bolognese chiede un ripensamento complessivo sulla cosiddetta «council tax»: «Non va eliminata, va riformata in modo profondo. Deve diventare davvero comunale, legarsi ai volumi reali di traffico e garantire ai territori più impattati una quota significativa delle risorse generate dal settore aereo».

Il piano regionale in arrivo​

Il nuovo piano regionale degli aeroporti è atteso entro la fine dell’anno, ma la decisione di Viale Aldo Moro di tagliare l’addizionale comunale di Forlì, Parma e Rimini per incentivare il traffico aereo su quegli scali — stanziando 6 milioni di euro sul bilancio della Regione — è lo scheletro di un progetto che evidentemente non vuole lasciare indietro territori che da anni arrancano dietro un capoluogo dove l’aeroporto Marconi macina oltre 10 milioni di passeggeri all’anno. Una visione che non convince Confesercenti Bologna, che contesta il rischio di un ritorno «al policentrismo degli aeroporti in Emilia-Romagna» a discapito di Bologna. «Gli aeroporti con meno di un milione di passeggeri l’anno sono destinati a non avere un equilibrio economico di mercato. E ancora una volta gli enti pubblici saranno poi chiamati a rifondere i bilanci in rosso», avverte Confesercenti, secondo cui i 6 milioni di euro sono l’antipasto degli aiuti che serviranno nei prossimi anni per gli scali minori. L’aeroporto di Parma «finora è stato solo al servizio di alcuni gruppi industriali», sottolinea Confesercenti Bologna, mentre Forlì «non ha mai abbandonato la sua vocazione militare»: solo lo scalo di Rimini, secondo l’associazione dei commercianti di Bologna, «potrebbe essere rilanciato come secondo aeroporto dell’Emilia-Romagna, facendolo diventare l’hub di riferimento della costa». Il messaggio a Viale Aldo Moro però è netto: «Nessuno pensi di depotenziare lo scalo del Marconi di Bologna».



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«La partita è internazionale»​

Parole simili a quelle che arrivano dagli albergatori di Ascom Bologna. «L’aeroporto Marconi sta giocando un campionato a livello internazionale, non vorremmo che per andare a tutelare altri scali minori si creasse un problema alla crescita di Bologna», dice il presidente di Federalberghi, Giovanni Trombetti. Il numero uno della Camera di Commercio di Bologna, Valerio Veronesi, mette le mani avanti. «Sia io che Enrico Postacchini (il presidente del Marconi, ndr.) non possiamo che condividere quello che ha detto qualche giorno fa Nazareno Ventola». E cioè che se a riempire gli aerei è la logica di mercato «va benissimo — aveva detto l’ad e direttore del Marconi — ma se deve essere qualcosa di artificiale legato a un mercato che non c’è, sostenuto in maniera insostenibile dal punto di vista economico, non siamo interessati».

Maldipancia a sinistra​

Coalizione civica stoppa invece sul nascere «la pretesa di Ryanair di chiedere l’abolizione dell’addizionale anche a Bologna», dice il capogruppo Detjon Begaj: «Condividiamo l’obiettivo politico di redistribuire i voli su tutta la rete aeroportuale regionale, ma questa redistribuzione — conclude — deve essere reale».

 
@RMI
A questo punto non capisco io. Ho letto l'articolo. Secondo me la logica che abolire le tasse aeroportuali "solo" a PMF, FRL, e RMI danneggia BLQ non fa una piega. Rimane comunque un intervento politico per forzare il mercato via da BLQ (ammesso che il mercato "ceda" e vada dove ci sono sconti, ma farebbero fatica a riempire gli aerei).

Io abito fuori dall'Italia da circa quarant'anni, però, francamente, non capisco la tua frase "come funziona davvero E-R su alcuni temi". (compreso il grassetto).
 
@RMI
A questo punto non capisco io. Ho letto l'articolo. Secondo me la logica che abolire le tasse aeroportuali "solo" a PMF, FRL, e RMI danneggia BLQ non fa una piega. Rimane comunque un intervento politico per forzare il mercato via da BLQ (ammesso che il mercato "ceda" e vada dove ci sono sconti, ma farebbero fatica a riempire gli aerei).

Io abito fuori dall'Italia da circa quarant'anni, però, francamente, non capisco la tua frase "come funziona davvero E-R su alcuni temi". (compreso il grassetto).
devo ancora spiegare, cerco di fare stasera
 
devo ancora spiegare, cerco di fare stasera
Tanto per chiarire ulteriormente il mio punto di vista. Abolire una tassa per PMF, FRL., e RMI ma non per BLQ, danneggia BLQ. Quindi la politica della Regione E-R e' pro-aeroporti minori e contro BLQ. A me sembra che tu sia sorpreso della reazione di Assoindustriali di Bologna, reazione che a me pare ovvia.
 
Tanto per chiarire ulteriormente il mio punto di vista. Abolire una tassa per PMF, FRL., e RMI ma non per BLQ, danneggia BLQ. Quindi la politica della Regione E-R e' pro-aeroporti minori e contro BLQ. A me sembra che tu sia sorpreso della reazione di Assoindustriali di Bologna, reazione che a me pare ovvia.
Se andiamo a fare i conti della serva su quanto regione ha destinato a Bologna (intendo anche extra aeroporti) e quanto alle province romagnole...
 
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Se andiamo a fare i conti della serva su quanto regione ha destinato a Bologna (intendo anche extra aeroporti) e quanto alle province romagnole...
Sarò duro di comprendonio, ma ho semplicemente fatto notare che la politica di abolire le tasse comunali su tre dei quattro aeroporti regionali danneggia il quarto. Cosa che mi sembra ovvia. Non voglio entrare nel merito dei sacrifici compiuti dalle province romagnole a favore di Bologna. Io sarò anche figlio di padre bolognese e di madre veneziana, ma non mi sono mai occupato di questioni di campanile emiliane. Discorso diverso per il Veneto 😇 😇 :cool: ;)
Cerchiamo di rimanere in tema, per favore.
 
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Credo sia giusto differenziare la situazione di RMI, rispetto a quella di PMF e FRL. Il primo scalo, ha oggettivamente alle spalle un tessuto turistico di dimensioni rilevanti. Per cui è alquanto probabile che 10€ investiti per aiutare ad aprire un volo 2w da una cittadina media europea (quindi con un soggiorno minimo di 3-4 notti), ritornino moltiplicati. Mentre è molto più difficile che ciò possa avvenire a PFM e FRL che non hanno alle spalle un contesto turistico nemmeno lontanamente comparabile a quello riminese.
Infatti non è un caso che RMI, nonostante la batosta dovuta alla sparizione dei russi, stia crescendo e soprattutto lo stia facendo mantenendo i conti in equilibrio. Discorso opposto per gli altri due scali, da sempre pozzi senza fondo, a prescindere dai gestori che si sono succeduti nel tempo. La realtà è che il sistema aeroportuale è già designato nei fatti, con BLQ e RMI (a patto che quest'ultimo sia prevalentemente inbound). Se a RMI fossero furbi, dovrebbero allearsi con BLQ, visto che hanno tipi di traffico poco sovrapponibili. E dovrebbe essere i primo a spingere per la chiusura di FRL ai voli di linea in modo da porsi definitivamente (e giustamente) come aeroporto della Romagna. Quanto a PMF, la questua fatta al tessuto industriale locale per salvare lo scalo dalla liquidazione, non può essere altro che un po' di ossigeno nel contesto di una situazione intrinsecamente insostenibile.
Questa è la situazione degli aeroporti dell'ER, al di la di fantasie, convenienze e voli pindarici.
 
Sarò duro di comprendonio, ma ho semplicemente fatto notare che la politica di abolire le tasse comunali su tre dei quattro aeroporti regionali danneggia il quarto. Cosa che mi sembra ovvia. Non voglio entrare nel merito dei sacrifici compiuti dalle province romagnole a favore di Bologna. Io sarò anche figlio di padre bolognese e di madre veneziana, ma non mi sono mai occupato di questioni di campanile emiliane. Discorso diverso per il Veneto 😇 😇 :cool: ;)
Cerchiamo di rimanere in tema, per favore.
Questioni di campanile???? Era solo un dato di fatto che neppure a Bologna negherebbero
 
Alcuni esempi sulla mobilità


1.Da ATC a TPER
ATC era nata nel 1975 come azienda che gestiva il trasporto pubblico su gomma per Bologna (urbano e extraurbano) e la provincia, integrando vari operatori locali. Negli anni si è estesa anche a Ferrara, assorbendo l’ex azienda locale (ACFT) nel 2009.

ATC era diventata un’azienda con conti in forte squilibrio, bilanci poco trasparenti e un indebitamento crescente verso banche e fornitori, aggravato da anni di operazioni contabili che mascheravano le perdite reali. La struttura interna era pesante, costosa e poco efficiente, con manutenzioni disordinate, parco mezzi vecchio e investimenti sempre rinviati. Il settore della sosta, che doveva rappresentare una fonte di ricavi, era ormai in crisi, mal gestito e generatore di contenziosi, mentre l’integrazione con l’azienda ferrarese ACFT si era rivelata un fallimento che aveva aumentato i problemi invece di ridurli. La governance era segnata da instabilità, conflitti politici e sindacali continui, incapacità di riformare i processi e perdita di credibilità presso gli enti pubblici finanziatori. I cittadini lamentavano peggioramenti del servizio, i sindacati protestavano e i soci pubblici erano stanchi di coprire un’azienda ritenuta ormai ingestibile. In sintesi, ATC si era trasformata in un “bubbone nero” economico e organizzativo che non era più sostenibile come azienda autonoma.

La Regione per salvarla decide:

1. di scorporare la parte trasporti di Fer (la società regionale che allora operava sulle ferrovie sia infrastrutture che passeggeri)
2. di procedere dunque alla fusione con ATC e la nascita di TPER

Il 1º febbraio 2012 la divisione trasporti di ATC è stata fusa con la divisione trasporti di FER (la società regionale di trasporto su ferro e altri servizi) per dar vita a TPER.

Quando ATC si fuse con FER per creare TPER (2012), Bologna ottenne un grande vantaggio competitivo, perché:
la società diventò molto più solida finanziariamente; ebbe accesso a rete ferroviaria e know-how regionale; si trovò con un perimetro di attività più grande rispetto, per esempio, alle aziende delle altre province; divenne la società di TPL con la struttura più robusta e organizzata della regione.
Molti lo hanno definito “un modo per salvare ATC”, ma, a prescindere dalle definizioni, il risultato chiaro è stato che TPER è diventata la realtà più forte del TPL in Emilia-Romagna.

Oggi TPER è “il soggetto forte” del sistema.
TPER è la più grande per numero di passeggeri; la più dotata in termini di mezzi e investimenti; una delle più sane economicamente;
quella con servizi più integrati (urbano, extraurbano, ferro).
Questo significa che Bologna e l’area metropolitana oggi godono di un vantaggio competitivo reale rispetto a Modena, Reggio Emilia, Piacenza e la Romagna.

La regione E-R con delibera del 12 febbraio 2024 ha approvato un protocollo d’intesa per la costituzione di un “gruppo industriale del TPL”: cioè un’azienda unica che inglobi TPER, SETA e Start Romagna (in realtà è uno studio).


Secondo la Regione, l’obiettivo è garantire “dimensioni patrimoniali, capacità tecnica e finanziaria e competenze idonee” per affrontare la crisi del trasporto pubblico — con carenza di autisti, tagli ai fondi, e la necessità di razionalizzare risorse, investire su mezzi nuovi, integrazione dei servizi e sostenibilità.
I principali sindacati del settore (Filt CGIL Emilia-Romagna e Fit CISL Emilia-Romagna) si sono detti favorevoli alla creazione dell’azienda unica: secondo loro la confluenza è “la soluzione più utile per generare le migliorie necessarie e le economicità consequenziali alle sinergie di servizio”.

E SECONDO VOI CHI DICE DI NO ADESSO? Milano?? Napoli?? Treviso?? .... Bologna la la la la la la

Finché la fusione serviva a salvare Bologna, bene. Quando la fusione servirebbe a rafforzare tutta la regione, meno bene.
Il vantaggio di oggi verrebbe redistribuito domani.

PS:
Il documento ufficiale di programma di mandato della giunta De Pascale prevede fra gli obiettivi l’«aggregazione delle aziende dell'Emilia-Romagna in un’unica grande azienda dei trasporti regionale».
Nei recenti annunci e dichiarazioni dell’attuale giunta — con l’assessora ai Trasporti Irene Priolo — si ribadisce che l’azienda unica non è solo un’ipotesi, ma “uno degli elementi del mandato”: scorporo delle attuali società e fusione in un solo soggetto regionale.
 
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Cosa c’entra TPER con gli aeroporti dell’Emilia-Romagna?


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