Thread Alitalia da ottobre 2018


Stato
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(ANSA) - ROMA, 12 OTT - "Su Alitalia l'esecutivo ha le idee chiare e il piano di rilancio della compagnia di bandiera è contenuto nel contratto di governo. Tradire il contratto vorrebbe dire tradire i cittadini e noi questo non lo faremo mai". Così su Facebook il vicepremier Luigi Di Maio.
 
(ANSA) - ROMA, 12 OTT - "Su Alitalia l'esecutivo ha le idee chiare e il piano di rilancio della compagnia di bandiera è contenuto nel contratto di governo. Tradire il contratto vorrebbe dire tradire i cittadini e noi questo non lo faremo mai". Così su Facebook il vicepremier Luigi Di Maio.
Sempre più palese il tentativo di scontro con il Quirinale, comunque avete capito, se non ci ricompra AZ sarebbe tradire gli Italiani...
 
Per Alitalia "non immaginiamo uno Stato con una quota superiore al 15-20%: sta- remo in linea con le partecipazioni" che hanno altri Stati europei. Lo dice all'Ansa il sottosegretario ai Trasporti, Siri. "Noi stiamo facendo ciò che è scritto nel contratto di governo e sarebbe bene che tutti noi lo mettessimo sulla scrivania come memo, così eviteremmo di rimanere stupiti di cose ben indicate e all'ordine del giorno", aggiunge interpellato sulle parole del ministro Tria.

http://www.laprovinciacr.it/news/italia-e-mondo/206857/alitalia-siri-tria-non-si-stupisca.html
 
Tria non salta perché Mattarello lo impedisce, ovviamente come vi dico da mesi l'obiettivo dei gialloverdi è uscire dall'Euro e dall'UE ma prima devo passare sopra al Capo dello Stato. L'obiettivo è il 70% dei consensi alle Europee con una linea apertamente anti UE e far partire il piano B di uscita unilaterale da UE e € con default annesso fra luglio e agosto sfruttando le ferie degli Italiani.
Se non vanno in questa direzione fra 6 mesi vengono cacciati a furor di popolo visto che a promettere bengodi e non mantenere la "gente" che li sostiene potrebbe prenderlo malino.

Purtroppo hai ragione. Il baratro si avvicina e forse potrebbe essere evitato solo da una sonora batosta alle europee. Che difficilmente arriverà.
 
Se permettete però io avrei una semplice domanda:

Reddito di cittadinanza, quota 100, abolizione legge Fornero, stretta sugli immigrati, politiche meno europeiste, rilancio Alitalia e sua possibile nazionalizzazione, ecc.. erano ben visibili nel Programma di governo che il Ministro Tria, accettando l’incarico, ha tacitamente condiviso.

Ora o non doveva scendere a compromessi rifiutando la proposta ed il conseguente incarico oppure doveva dimettersi un minuto dopo la presentazione del DEF.

O sbaglio?
 
Scusa Farfallina, ma con uscita da UE, Euro, default, etc., poi come farebbero secondo te a consegnare i bengodi alla gente?
Ovviamente non potrebbero farlo e sicuramente darebbero la colpa alla UE, alla Germania, al FMI, ai poteri forti interni ed esterni e Dio solo sa a chi altri.
Ma puoi star certo che una bella fetta di italiani continuerebbe a seguirli.
 
Se permettete però io avrei una semplice domanda:

Reddito di cittadinanza, quota 100, abolizione legge Fornero, stretta sugli immigrati, politiche meno europeiste, rilancio Alitalia e sua possibile nazionalizzazione, ecc.. erano ben visibili nel Programma di governo che il Ministro Tria, accettando l’incarico, ha tacitamente condiviso.

Ora o non doveva scendere a compromessi rifiutando la proposta ed il conseguente incarico oppure doveva dimettersi un minuto dopo la presentazione del DEF.

O sbaglio?
Tu risponderesti alla chiamata del tuo Capo dello Stato?
In fondo non lo hanno mandato in miniera...
 
Tu risponderesti alla chiamata del tuo Capo dello Stato?
In fondo non lo hanno mandato in miniera...

No, se non posso essere me stesso e se non posso difendere cio' in cui credo.

Nemmeno mi chiamasse il Papa.

Non lo hanno mandato in miniera. E' vero.

Ma nemmeno ci stava prima in miniera….

Se hai giocato 20 anni nella Juve e ti chiama il Torino non ci vai…

Se ci vai devi correre… altrimenti levati la maglia, una doccia e via...

Ripeto: accettare di fare il Ministro del tesoro ed essere preso per la giacca in Italia dalle forze che ti sostengono e dall'opposizione e all'estero da tutti gli altri non mi sembra sia molto edificante per lo stesso Tria il quale, mi permetto osservare, governa coi voti di Di Maio e Salvini.

I politici che lo esaltano oggi un anno fa gli preferivano Padoan.

Sono mesi che si parla di intervento dello stato in Alitalia ed ora, dichiarare di essere sorpreso o stupito o di non sapere nulla fa sinceramente sorridere.

Forse i cellulari in Indonesia non prendono..

Naturalmente come sempre staremo a vedere.
 
Ultima modifica:
ROMA — Lo scontro fra il ministro dell’Economia e i 5 Stelle su Alitalia, con Giovanni Tria che ha rivendicato le sue prerogative rispetto al Movimento che vorrebbe un intervento pubblico nel capitale della compagnia, è esploso ieri pubblicamente, ma covava da mesi. Ed è solo uno dei capitoli che ha visto su fronti contrapposti Giovanni Tria e la sua struttura e il partito guidato dal vicepremier Luigi Di Maio.


A ben vedere il duello comincia con le nomine dei vertici della Cassa depositi e prestiti (Cdp), il braccio finanziario del ministero dell’economia. Era la metà di luglio quando Tria, che voleva alla guida della Cdp Dario Scannapieco, vicepresidente della Bei (Banca europea degli investimenti), dovette invece ripiegare su Fabrizio Palermo, sostenuto dai 5 Stelle, pur di ottenere la nomina di Alessandro Rivera a direttore generale del Tesoro.








L’impegno messo da Di Maio nella partita delle nomine, anche in quelle che sarebbero di esclusiva competenza del ministro dell’Economia, è funzionale a un disegno politico. Il capo dei 5 Stelle e con lui tutto il vertice del Movimento, fin dal primo giorno di costituzione del «governo del cambiamento», hanno due pensieri fissi. Il primo è che i vertici tecnici del Tesoro remino contro. Pensiero poi volgarmente esplicitato dal portavoce Rocco Casalino quando, in un colloquio riservato con alcuni giornalisti, ha insultato i tecnocrati del Mef e minacciato un repulisti.


Il secondo pensiero fisso è che la Cassa depositi e prestiti debba avere un ruolo molto più interventista che in passato a supporto dei vari progetti di nazionalizzazione che questo governo non ha remore ad avanzare.


Entrambe queste convinzioni del Movimento 5 Stelle si alimentano dello scontro su Alitalia. Ieri, non a caso, in ambienti grillini, si sosteneva che dietro la forte irritazione di Tria («delle cose che fa il Tesoro deve parlare il ministro dell’Economia») ci fosse Claudia Bugno, già vice president Public Affairs della stessa Alitalia dal novembre 2015 al marzo scorso, prima che Tria la chiamasse fra i suoi consiglieri (cinque in tutto). Bugno che, agli occhi dei 5 Stelle, ha anche l’aggravante di aver fatto parte del consiglio di amministrazione di Banca Etruria.


Quanto al ruolo di Cassa depositi e prestiti, che dovrebbe sostenere finanziariamente la nuova Alitalia — nella quale entrerebbero il Mef (convertendo il prestito ponte in azioni) e le Ferrovie con una partecipazione di minoranza — i 5 Stelle danno per fatto quello che appunto per Tria è tutto da verificare. Tanto più che le Fondazioni bancarie, azioniste col 16% della stessa Cassa, sono assolutamente contrarie ad ogni coinvolgimento nel salvataggio di Alitalia.


Quel che è certo è che Tria, ieri a Bali in Indonesia per la riunione del Fondo monetario internazionale, ha vissuto la sortita di Di Maio su Alitalia come un blitz consumato alle sue spalle, senza neppure il garbo istituzionale che dovrebbe esserci tra colleghi di governo. Lo stesso che era mancato in occasione del consiglio dei Ministri che il 27 settembre varò la Nota al Def, con Di Maio e i ministri grillini che esultarono dal balcone di Palazzo Chigi, a riunione ancora in corso, per la «vittoria» sul ministro dell’Economia, al quale avevano fatto ingoiare un deficit 2019 del 2,4%.

Ora Tria dovrà digerire anche il rospo Alitalia, secondo i vertici dei 5 Stelle che, sorridendo, parafrasano Stalin sul Papa: «Ma quante divisioni ha Tria?». Solo che il tecnico Tria non sorride affatto. Ci vorrà un chiarimento. 5 Stelle e Lega sostengono che non vogliono le sue dimissioni. Ma se continua così…

Corriere della Sera
 
Nel palazzone romano di piazza della Croce Rossa, dove hanno sede le Ferrovie dello Stato, verso sera circolava una battuta riferita al soccorso offerto a Alitalia: «Avessero scambiato il nostro indirizzo per una vocazione? Qui facciamo circolare treni non ambulanze».


Sarà. Ma il corpaccione dell’azienda che conta oltre 81 mila dipendenti e mette sulla rete più di 10 mila treni al giorno, nel giro di un anno è riuscito a fagocitare l’Anas (che adesso però il M5s vuole venga riscorporata), ha presentato un’offerta per rilevare la decotta Industria Italiana Autobus di Avellino, con soddisfazione del vicepremier Luigi Di Maio, e ieri ne ha presentata un’altra, non vincolante, per la commissariata Alitalia, anche questa chiosata con grande evidenza dal ministro dello Sviluppo economico. Che a questo punto ieri ha potuto definire le Fs «il primo gruppo al mondo di trasporto integrato gomma-ferro-aria».








Due delle tre operazioni portano la firma dell’amministratore delegato Gianfranco Battisti, catapultato da meno di tre mesi alla guida del gruppo da un blitz del governo giallo-verde che ha spazzato via i vertici «renziani» incautamente confermati dall’ex premier Paolo Gentiloni. Battisti, del resto, aveva già lavorato insieme all’ex a.d. Mauro Moretti, all’integrazione Fs-Alitalia. Un progetto che prevedeva, come l’attuale, il «biglietto unico» e l’arrivo dell’Alta velocità negli aeroporti, ma che era stato accantonato per la sovrapposizione dei due business che lo rendeva poco conveniente.


Impossibile che Battisti non lo ricordi. Eppure il manager ha rispolverato quel piano in tutte le interviste e non ha battuto ciglio, almeno in pubblico, nemmeno quando il prezzo del contributo di Fs all’ennesimo salvataggio di Alitalia si è trasformato in un ingresso nel capitale, a fianco del Tesoro. Intorno a lui però, la prima linea dei manager che non è stata rimossa dopo l’uscita di Mazzoncini, rumoreggia. Una cosa è provare a acquistare una piccola azienda che produce autobus, sapendo che nel gruppo c’è Busitalia che opera in quel settore dei trasporti, in crescita. Un’altra è entrare nel business nel trasporto aereo, in un’azienda che finora ha solo bruciato soldi pubblici.


In Ferrovie se ne è lungamente discusso. Fino a ieri, quando Di Maio, anticipando la notizia dell’ingresso dello Stato nel capitale di Alitalia, ha provocato la reazione stizzita del ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Nel braccio di ferro tra i due è finita Fs. Che, rendendo pubblica la propria manifestazione d’interesse, ha plasticamente dimostrato in che sede si prendano le decisioni su Alitalia.

https://www.corriere.it/politica/18...ze-fa47c226-ce58-11e8-b10d-ee18a19b48a0.shtml
 
Lo Stato si prepara a tornare azionista di Alitalia: dopo oltre 22 anni dalla prima privatizzazione, la soluzione del Governo - annunciata dal vicepremier Luigi Di Maio e rilanciata dal premier Giuseppe Conte - è una newco con una dotazione iniziale di almeno 2 miliardi, partecipata per circa il 15% dal Tesoro e con il coinvolgimento di Ferrovie dello Stato (che ha già presentato una manifestazione di interesse non vincolante) e Cdp per la flotta, insieme ad un partner industriale internazionale. Ma il dossier riaccende lo scontro interno all'Esecutivo.
Fonti di Palazzo Chigi assicurano che il governo è «compatto» nell'obiettivo di far tornare Alitalia la compagnia di bandiera, ma il ministro dell'Economia Tria da Bali frena piccato Di Maio: «Io penso che delle cose che fa il Tesoro debba parlarne il ministro dell'Economia. Io non ne ho parlato». E a stretto giro Di Maio replica secco: «su Alitalia l'esecutivo ha le idee chiare e il piano di rilancio della compagnia di bandiera è contenuto nel contratto di governo» e con Fs «potrebbe nascere il primo gruppo al mondo di trasporto integrato gomma-ferro-aria». Sulla partita intanto resta puntato il faro dell'Ue, che ha un'indagine in corso sul prestito ponte e che ricorda che gli interventi pubblici devono seguire le regole degli aiuti di Stato.

Di Maio in serata esclude qualsiasi scontro: «Nel contratto di governo abbiamo previsto l'ingresso dello Stato attraverso soldi che già sono in Alitalia. Così si andrà avanti, senza scontri, perché siamo d'accordo come ministri e come forze politiche e perché il presidente del Consiglio sostiene questa ipotesi. Avremo tutto il modo di arrivare all'obiettivo senza nessun tipo di scontro o di controversie».

La soluzione del Governo per Alitalia viene illustrata da Di Maio prima in un'intervista al Sole24Ore e poi nell'incontro con i sindacati sulla compagnia: un «progetto ambizioso che tende non a salvare ma a rilanciare» la compagnia, che non sarà più il «bancomat» che è stato in passato. «C'è massimo impegno da parte del governo per rilanciare Alitalia e il suo ruolo strategico per l'offerta del turismo in Italia», sottolinea il presidente del consiglio Giuseppe Conte. «Nessuna svendita, nessuno spezzatino, ma un serio piano di rilancio», assicura anche il vicepremier Matteo Salvini.

La newco sarà partecipata dal ministero dell'Economia (con una quota simile al 14,8% della Francia in Air France) grazie alla conversione in equity di parte del prestito-ponte da 900 milioni e avrà una dotazione iniziale di almeno due miliardi, precisa Di Maio, che vuole coinvolgere le Fs con una partnership non solo «strategica», nell'ottica dell'intermodalità con l'obiettivo del biglietto unico treno-aereo, ma anche «finanziaria» («è auspicabile», ha detto Di Maio). E già nel pomeriggio le Ferrovie hanno presentato una manifestazione per analizzare meglio il dossier.

Nel complesso, comunque, lo Stato avrà una quota non superiore al 15-20% (e non il 51% prospettato finora). Nella partita entrerà anche un'altra azienda di Stato, la Cassa depositi e prestiti, per la quale Di Maio vuole un ruolo nel «finanziamento dell'operazione di acquisto o leasing di nuovi aerei». Un intervento che, comunque, Cdp, che non è ricompresa nel perimetro della P.a e gestisce il risparmio postale, andrà inquadrato come operazione di mercato, perché vigila l'Antitrust Ue. Per quanto riguarda invece il partner industriale internazionale sono arrivate al Mise già «tantissime disponibilità», anche da compagnie comunitarie (che quindi potrebbero entrare con una quota superiore al 49%, che è il tetto per le compagnie extra-Ue).

La clessidra del tempo intanto scorre: davanti ci sono 19 giorni per completare la procedura di vendita. Ma Di Maio resta fiducioso: «Entro il 31 ottobre deve arrivare un'offerta vincolante e il nostro obiettivo è rispettare quella data», assicura il ministro, precisando che nel dl fiscale non ci sarà la proroga del prestito ponte (che va restituito entro il 15 dicembre). La variabile tempo però preoccupa i sindacati, che invece danno un giudizio positivo sul fronte occupazionale (Di Maio esclude esuberi, anche nel caso di una bad company, e con il rilancio intravede anche possibili «nuove assunzioni») e per le rassicurazioni sul Fondo per il settore e la proroga della cigs. La trattativa al Mise proseguirà con tavoli serrati: una nuova convocazione è attesa a breve.​

Ultimo aggiornamento: 23:27

Il Messaggero
 
Lo Stato si prepara a tornare azionista di Alitalia: dopo oltre 22 anni dalla prima privatizzazione, la soluzione del Governo - annunciata dal vicepremier Luigi Di Maio e rilanciata dal premier Giuseppe Conte - è una newco con una dotazione iniziale di almeno 2 miliardi, partecipata per circa il 15% dal Tesoro e con il coinvolgimento di Ferrovie dello Stato (che ha già presentato una manifestazione di interesse non vincolante) e Cdp per la flotta, insieme ad un partner industriale internazionale. Ma il dossier riaccende lo scontro interno all'Esecutivo.
Fonti di Palazzo Chigi assicurano che il governo è «compatto» nell'obiettivo di far tornare Alitalia la compagnia di bandiera, ma il ministro dell'Economia Tria da Bali frena piccato Di Maio: «Io penso che delle cose che fa il Tesoro debba parlarne il ministro dell'Economia. Io non ne ho parlato». E a stretto giro Di Maio replica secco: «su Alitalia l'esecutivo ha le idee chiare e il piano di rilancio della compagnia di bandiera è contenuto nel contratto di governo» e con Fs «potrebbe nascere il primo gruppo al mondo di trasporto integrato gomma-ferro-aria». Sulla partita intanto resta puntato il faro dell'Ue, che ha un'indagine in corso sul prestito ponte e che ricorda che gli interventi pubblici devono seguire le regole degli aiuti di Stato.

Di Maio in serata esclude qualsiasi scontro: «Nel contratto di governo abbiamo previsto l'ingresso dello Stato attraverso soldi che già sono in Alitalia. Così si andrà avanti, senza scontri, perché siamo d'accordo come ministri e come forze politiche e perché il presidente del Consiglio sostiene questa ipotesi. Avremo tutto il modo di arrivare all'obiettivo senza nessun tipo di scontro o di controversie».

La soluzione del Governo per Alitalia viene illustrata da Di Maio prima in un'intervista al Sole24Ore e poi nell'incontro con i sindacati sulla compagnia: un «progetto ambizioso che tende non a salvare ma a rilanciare» la compagnia, che non sarà più il «bancomat» che è stato in passato. «C'è massimo impegno da parte del governo per rilanciare Alitalia e il suo ruolo strategico per l'offerta del turismo in Italia», sottolinea il presidente del consiglio Giuseppe Conte. «Nessuna svendita, nessuno spezzatino, ma un serio piano di rilancio», assicura anche il vicepremier Matteo Salvini.

La newco sarà partecipata dal ministero dell'Economia (con una quota simile al 14,8% della Francia in Air France) grazie alla conversione in equity di parte del prestito-ponte da 900 milioni e avrà una dotazione iniziale di almeno due miliardi, precisa Di Maio, che vuole coinvolgere le Fs con una partnership non solo «strategica», nell'ottica dell'intermodalità con l'obiettivo del biglietto unico treno-aereo, ma anche «finanziaria» («è auspicabile», ha detto Di Maio). E già nel pomeriggio le Ferrovie hanno presentato una manifestazione per analizzare meglio il dossier.

Nel complesso, comunque, lo Stato avrà una quota non superiore al 15-20% (e non il 51% prospettato finora). Nella partita entrerà anche un'altra azienda di Stato, la Cassa depositi e prestiti, per la quale Di Maio vuole un ruolo nel «finanziamento dell'operazione di acquisto o leasing di nuovi aerei». Un intervento che, comunque, Cdp, che non è ricompresa nel perimetro della P.a e gestisce il risparmio postale, andrà inquadrato come operazione di mercato, perché vigila l'Antitrust Ue. Per quanto riguarda invece il partner industriale internazionale sono arrivate al Mise già «tantissime disponibilità», anche da compagnie comunitarie (che quindi potrebbero entrare con una quota superiore al 49%, che è il tetto per le compagnie extra-Ue).

La clessidra del tempo intanto scorre: davanti ci sono 19 giorni per completare la procedura di vendita. Ma Di Maio resta fiducioso: «Entro il 31 ottobre deve arrivare un'offerta vincolante e il nostro obiettivo è rispettare quella data», assicura il ministro, precisando che nel dl fiscale non ci sarà la proroga del prestito ponte (che va restituito entro il 15 dicembre). La variabile tempo però preoccupa i sindacati, che invece danno un giudizio positivo sul fronte occupazionale (Di Maio esclude esuberi, anche nel caso di una bad company, e con il rilancio intravede anche possibili «nuove assunzioni») e per le rassicurazioni sul Fondo per il settore e la proroga della cigs. La trattativa al Mise proseguirà con tavoli serrati: una nuova convocazione è attesa a breve.​

Ultimo aggiornamento: 23:27

Il Messaggero

La luce in fondo al tunnel è, in effetti, un treno.
 
(ANSA) - ROMA, 12 OTT - "Su Alitalia l'esecutivo ha le idee chiare e il piano di rilancio della compagnia di bandiera è contenuto nel contratto di governo. Tradire il contratto vorrebbe dire tradire i cittadini e noi questo non lo faremo mai". Così su Facebook il vicepremier Luigi Di Maio.

Ok, ma poi il dentista di Giulia Lupo con cosa lo pagano?
 
Articolo di Gianni Dragoni che quantifica l'obolo che gli italiani hanno versato nei decenni per il gioiellino AZ.

Salvataggi Alitalia, per lo Stato un conto da 8,6 miliardi

[FONT=sole_text]Dopo la Lai fondata nel 1946 sotto l’Iri, la Cai del 2008 dei Capitani coraggiosi lanciati da Silvio Berlusconi, la Sai decollata nel 2015 con gli arabi di Etihad e sotto l’occhio benevolo di Matteo Renzi e Luca Cordero di Montezemolo, la vecchia Alitalia non ci abbandona. Malgrado i bilanci disastrosi, sta per rinascere per la quarta volta.

Del passato però rimarranno almeno due cose. Il marchio, che conservare una discreta capacità di attrazione all’estero (è stato valutato 145,5 milioni di euro nell’ultimo bilancio pubblicato, il 2015) e la presenza dello Stato.

Il prestito ponte di 900 milioni concesso dal governo di Paolo Gentiloni è solo l’ultima di una serie di iniezioni di denaro pubblico. «Non vogliamo mettere altri soldi dei contribuenti», diceva il leader dei Cinque stelle nel governo, Luigi Di Maio, il 7 agosto.Lo Stato è uscito dal capitale nel 2008, quando Berlusconi, d’accordo con i sindacati confederali, fece in modo che venisse rigettata l’offerta di Air France-Klm con cui avevano trattato il governo Prodi e Maurizio Prato. Ma lo Stato non ha mai smesso di pagare per far volare Alitalia.
Per ora però le cose non sembrano andare nella direzione indicata dal vicepremier. Perché il salvataggio di Alitalia dovrebbe essere fatto da una società statale al 100% (le Ferrovie: non si conoscono casi al mondo di ferrovie azioniste di un’aviolinea) e almeno una parte del «prestito ponte» di 900 milioni sarà convertito in azioni. Dunque, sarà impiegato denaro che proviene dai contribuenti.

Se rivalutiamo quella cifra a oggi è salita a 7 miliardi e 620 milioni. Dovremmo aggiungere l’ulteriore versamento di 75 milioni di Poste Italiane a fine 2014 (per l’operazione Etihad) e i 900 milioni “prestati” dal governo Gentiloni. Arriviamo così a un costo totale ad oggi di 8 miliardi e 595 milioni (equivalente a 143 euro per ogni italiano, compresi i neonati).Quanti soldi ha messo finora lo Stato dentro Alitalia? Punto di partenza per questo calcolo è uno studio dell’Area studi di Mediobanca. Quello studio, anticipato dal Sole 24 Ore il 23 maggio 2015, aveva calcolato in 7,4 miliardi i costi diretti, per lo Stato e la collettività, originati dalla gestione Alitalia in quarant’anni, dal 1974 al 2014. Una somma calcolata in valori monetari aggiornati al 2014, quindi rivalutando i versamenti degli anni precedenti. Quel costo teneva conto di interventi nel capitale e altri finanziamenti pubblici, depurati dagli incassi ottenuti dall’Iri e dallo Stato (dividendi, imposte, vendita di azioni): questo dava un saldo negativo di 3.322 milioni nel periodo 1974-2007. Poi c’erano i costi conseguenti all’operazione fatta da Berlusconi nel 2008 con il commissariamento di Alitalia: tra prestito ponte (300 milioni dell’epoca) mai restituito, rimborsi di bond, cigs e integrazione al reddito per i dipendenti per 7 anni con l’80% dello stipendio effettivo, stima del passivo patrimoniale dell’amministrazione straordinaria, intervento di Poste per 75 milioni a fine 2013, Mediobanca ha calcolato un onere ulteriore di 4.100 milioni. Il totale era di 7 miliardi e 422 milioni.
Se calcoliamo solo le ricapitalizzazioni e i finanziamenti non rimborsati fatti da Iri e Mef, dal 1974 a oggi lo Stato ha iniettato in Alitalia 6 miliardi e 517 milioni. L’elenco è nella tabella sopra questo articolo. Scomponendoli secondo i governi sotto i quali sono avvenuti si ottiene la seguente classifica. Abbiamo diviso a metà tra Prodi e Berlusconi l’onere del prestito di 300 milioni (pari a 332 milioni del 2014) fatto nell’aprile 2008, deliberato dal governo Prodi ma d’intesa con Berlusconi e Giulio Tremonti, che stavano per subentrare al governo. Con questo criterio il governo che ha versato più soldi ad Alitalia è Berlusconi, in totale un miliardo e 908 milioni. Prodi è il secondo, un miliardo e 674 milioni. Terzo Gentiloni con 900 milioni. Al quarto posto i governi di Giulio Andreotti (873 milioni), quinto Bettino Craxi (284 milioni), poi Aldo Moro, con un intervento di soli 46,6 milioni di lire fatto dall’Iri nel 1975. Una somma che rivalutata vale 247 milioni di euro. Undici governi hanno iniettato soldi in Alitalia. All’ultimo posto Enrico Letta e Renzi, 75 milioni ciascuno.


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https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-10-12/salvataggi-alitalia-lo-stato-conto-86-miliardi-214208.shtml?uuid=AExE4KMG
 
Questi articoli su quanto è costata AZ agli Italiani credo abbiano scancato un po... quanto sono costate le Ferrovie? Quanto è costata Telecom Enel? Quanto hanno prodotto in termini di PIL ?? Quanto ha incassato lo Stato attraverso tasse r contributi? Faccia questa analisi e allora credo che abbia senso..cosi non credo porti nessuna utilità al dibattito..
 
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