Per salvare Alitalia si stanno cercando almeno 5 miliardi di euro. Una serie di partner industriali, pubblici e privati, che mettano ciascuno nel capitale una fiche da 300 milioni. E poi un partner americano (Delta o American) nella speranza di avere più voli verso l'Atlantico. Ma si deve anche convincere l'Europa che il prestito ponte da 900 milioni non soltanto non va restituito, ma può essere convertito in azioni da conferire al creditore, cioè lo Stato. Chiaramente evitandosi una procedura di infrazione. Un'impresa di Sisifo, al limite del possibile, ma in estrema sintesi è questo il piano del governo giallo verde per ridare all'Italia una compagnia di bandiera. E se le cose andranno diversamente, c'è sempre Lufthansa alla porta che vuole comprare il vettore. Luigi Di Maio ha sentenziato che «per questo governo deve restare un vettore dello Stato italiano, legato a realtà produttive italiane». Ma il calendario del turnover dell'azienda, in teoria, prevede altro. Per il 30 ottobre è attesa l'apertura delle offerte vincolanti per comprare in toto o in parte gli asset, presentate da Lufthansa, Delta-EasyJet-Blackrock e Wizz Air. Mentre alla fine di dicembre chi gestisce la compagnia dovrà restituire allo Stato 900 milioni di liquidità. Eppure nessuno degli attori in campo - il governo, i commissari, i sindacati - sta lavorando in questa direzione.
ALLO STUDIO UNA LOW COST, OCCHI SU TRATTA ITALIA-USA
Le direttrici, come detto e in contraddizione a quella che prevede la gara, sono opposte e vanno verso la ricerca di partner industriali e di un nuovo perimetro per una compagnia con troppi dipendenti rispetto all'attuale raggio di azione. Armando Siri, sottosegretario alle Infrastrutture e padre della flat tax in salsa salviniana, ha preso saldamente in mano il dossier. E la cosa scontenta i grillini che hanno interessi elettorali nell'area di Fiumicino. Siri ha fatto suo il piano industriale che gli hanno presentato i commissari Luigi Gubitosi e Stefano Paleari, ma che in realtà è stato scritto dallo chief strategy and operations officer, Massimo Iraci. Cioè uno dei pochi manager rimasti della vecchia guardia. Innanzitutto il progetto prevede di tarare l'attività del vettore sul lungo raggio, soprattutto verso gli Stati Uniti e lasciando quelle poche mete del Sud America come Brasile e Argentina ancora remunerative. La flotta deve crescere rispetto a quella attuale, ora a 13 macchine. Sarà chiusa Cityliner, la sussidiaria regionale ereditata da AirOne, e con essa verranno messi a terra gli Embraer, mentre quasi tutto il traffico verso il medio e corto raggio dovrebbe essere convogliato in una nuova compagnia low cost, sul modello della neonata in casa British, Level.
FERROVIE E ANAS CERTE, SI SPERA IN ENI ENEL E AUTOSTRADE
Ma la nuova fisionomia sarà chiara soltanto quando si saprà con sicurezza quanti saranno i nuovi partner di Alitalia. E soprattutto se tra questi ci sarà anche un gigante internazionale del cielo. Su questo fronte stanno lavorando di comune accordo la presidenza del Consiglio, la Farnesina, il ministero dei Trasporti e i commissari. Proprio la politica starebbe facendo pressioni su una serie di grandi aziende, soprattutto ex monopolisti pubblici, per spingerli a un'operazione non molto diversa da quelli dei capitani coraggiosi nel 2008 e a investire almeno 300 milioni nel rilancio del vettore. A Palazzo Chigi danno per certo l'ingresso di Ferrovie e Anas, ventilato anche nel Contratto di governo. Ma si spera anche in Eni, Enel o Autostrade, controllata da Atlantia come Aeroporti di Roma, quindi la società di gestione dello scalo di Fiumicino. Sembrano escluse Cassa depositi e prestiti, Finmeccanica e le banche.
IL GIOCO DELLE BAD COMPANY: NON C'È DUE SENZA TRE
Dai nuovi azionisti si devono recuperare almeno 2 miliardi di euro. Per farlo ci sarebbe la promessa di lasciare l'indebitamento (circa 2 miliardi), il prestito ponte da restituire e frotte di addetti di terra in una nuova bad company. La terza in dieci anni. Va da sé che l'autarchia può dare una chance di natura finanziaria, ma non industriale. In questi giorni si stanno intessendo i contatti tra Gubitosi e i manager di Delta (è amico e si sente spesso con il ceo Ed Bastian) e di American Airlines per spingere o l'uno o l'altro a prendere una quota non superiore al 20 per cento nella futura Alitalia. La scelta di un partner americano è però strategica: deve garantire sia nuova tratte verso il Nord America sia nuove macchine, che in questo scenario potrebbero essere della Boeing. Favorita è Delta, come dimostra la familiarità che c'è tra i manager delle due compagnie, ma un gigante come Airlines permetterebbe agli italiani di liberarsi definitivamente del giogo dell'alleanza Skyteam, monopolizzata in Europa da AirFrance-Klm. Parallelamente ai discorsi di natura industriale e finanziaria con gli americani, alla Farnesina, il segretario generale Caterina Belloni e il suo staff sarebbero in contatto con l'amministrazione americana per capire se si possono concedere alla compagnia Alitalia non soltanto nuovi slot, ma quelli cosiddetti "premium", cioè le rotte che godono degli alisei migliori, necessari per far risparmiare tempo e carburante. Per gli esperti del settore questo piano è, a essere buoni, una scommessa al buio. Ma resta il fatto che è questa l'ipotesi preferita dal governo giallo-verde. Anche se non è del tutto decaduta l'idea Lufthansa.
LEGA DELUSA PER LINATE, TEDESCHI PRONTI ALL'OFFENSIVA
Negli scorsi mesi Joerg Eberhart, presidente di Air Dolomiti e uomo deputato alle trattative dal ceo Carsten Spohr, avrebbe incontrato i vertici del governo italiano. Ma sarebbe stato ricevuto soltanto per quindici minuti e per sentirsi dire che l'esecutivo aveva sui dossier industriali altre priorità - in testa l'Ilva - rispetto all'Alitalia. Nel quartier generale di Colonia questo trattamento è vissuto ancora come uno smacco. Ma i tedeschi, da gente pratica, stanno facendo ancora studiare il dossier dai loro esperti interni e dai loro advisor. Si fanno forti del fatto che hanno quello che serve ad Alitalia - know how e soldi - e hanno dalla loro il potente sindacato Anpac, che racchiude piloti e assistenti di voli. Scontano invece l'ottimo legame con l'ex predecessore di Di Maio, Carlo Calenda, e un rapporto non certo privilegiato con il sottosegretario Siri. Il mondo leghista sarebbe rimasto deluso quando ha scoperto che nel suo piano il vettore sarebbe più interessato a sviluppare Fiumicino e non Linate (dove andrebbero macchine di Eurowings) o Malpensa. Visti i vincoli imposti dall'asta, in ogni caso prima di ottobre difficilmente si muoverà qualcosa. Ma per quella data Luigi Gubitosi spera di essere confermato, magari come amministratore delegato con pieni poteri. Intanto i tedeschi fanno sapere in giro che, in caso di sconfitta, sarebbero pronti a scatenare una forte offensiva contro la futura Alitalia: metteranno sei macchine con la loro livrea a Fiumicino per farle concorrenza e tempesteranno di ricorsi la Commissione europea per l'indebito ruolo del governo italiano nel rilancio della Magliana.
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