Malpensa, il business dei carrellieri
Aiutano con le valigie: 30 mila euro al mese.
di Tiziano Scolari
Un affare da 20 o 30 mila euro al mese. Esentasse. A tanto ammonta il business dell'accattonaggio che ruota intorno ai carrelli porta valigie dell'aeroporto di Malpensa. E coinvolge una trentina di persone, italiane e straniere.
Si piazzano davanti agli ingressi o alla fermata dell'autobus. E si rivolgono a chi arriva al Terminal 1 di Malpensa, in partenza verso l'estero: «Vuole una mano?». I viaggiatori con un semplice trolley se ne vanno via veloce, ma chi deve imbarcare pacchi o valigie pesanti si fa aiutare. Perché allo scalo varesino i carrelli si pagano 2 euro: si infila una moneta, come al supermercato, che però non viene restituita alla fine.
DAI 50 AI 70 EURO AL GIORNO. Quasi nessuno, quindi, li riporta all'esterno. I più finiscono abbandonati per l'aeroporto. I carrellieri li recuperano e li portano all'esterno, sulla rastrelliera, in modo che siano riutilizzabili senza dover inserire la moneta. E li utilizzano per aiutare i viaggiatori. Che, alla fine, li ricompensano con una moneta. A volte anche con una banconota da 5 o 10 euro. È facile raggiungere i 50-70 euro al giorno.
«Si posizionano dove arrivano i pullman», spiega chi lavora a Malpensa, «e cercano di attirare soprattutto i turisti stranieri. I giapponesi sono i più ambiti. Con la difficoltà del cambio sono quelli che pagano di più».
NIGERIANI E ITALIANI. Chi lavora a Malpensa ormai li conosce bene. Sono una trentina e sembrano darsi il cambio. C'è chi fa il turno di mattina e quello di sera. E poi girano divisi per nazionalità. «È come se fossero organizzati in bande: ci sono i nigeriani, gli albanesi ma anche gli italiani. Ogni gruppo gestisce alcune porte di ingresso e guai a chi invade il territorio degli altri. Qualche sera fa uno ha sconfinato e lo hanno picchiato».
In parte sono cittadini stranieri arrivati con l'emergenza profughi di qualche anno fa nei comuni attorno a Malpensa. Che ora sembrano passersela decisamente meglio. Un nigeriano entra vestito di tutto punto: jeans firmati, cintura con la fibbia di marca e borsello al collo. Accaparra un carrello e, con molta tranquillità, si dirige verso l'esterno.
Alcuni alloggiano presso l'albergo vicino a Malpensa che li aveva accolti una volta arrivati in Italia. Ora però, la camera se la pagano di tasca propria. Ma c'è anche un napoletano con i baffi: ferma uno dei pochi turisti che il carrello vorrebbe riconsegnarlo. Gli dice che i soldi indietro non gli tornano e se lo prende lui.
SCONTRI TRA BANDE. Tra gli italiani c'è anche un signore anziano, molto distinto. Spingendo il carrello, in giacca e pantaloni stirati, si farebbe quasi fatica a pensare che“traffica” con i carrelli. Eppure anche lui vive di questo.
I dipendenti di Sea, da qualche mese, girano per l'aeroporto cercando di dissuadere i “carrellieri” dal loro intento. Al loro arrivo, se ne vanno. Ma poi, girato l'angolo, tornano subito all'opera. Quello che fanno è accattonaggio, un'attività che non costituisce reato. E quindi le forze dell'ordine li fermano, li schedano, ma poi non possono fare nulla. E loro cercano di non esagerare con gli scontri: se diventassero troppo frequenti, infatti, la società che gestisce l'aeroporto aumenterebbe gli sforzi per farli sloggiare.
Venerdì, 28 Giugno 2013
http://www.lettera43.it/cronaca/malpensa-il-business-dei-carrellieri_43675100695.htm
Aiutano con le valigie: 30 mila euro al mese.
di Tiziano Scolari
Un affare da 20 o 30 mila euro al mese. Esentasse. A tanto ammonta il business dell'accattonaggio che ruota intorno ai carrelli porta valigie dell'aeroporto di Malpensa. E coinvolge una trentina di persone, italiane e straniere.
Si piazzano davanti agli ingressi o alla fermata dell'autobus. E si rivolgono a chi arriva al Terminal 1 di Malpensa, in partenza verso l'estero: «Vuole una mano?». I viaggiatori con un semplice trolley se ne vanno via veloce, ma chi deve imbarcare pacchi o valigie pesanti si fa aiutare. Perché allo scalo varesino i carrelli si pagano 2 euro: si infila una moneta, come al supermercato, che però non viene restituita alla fine.
DAI 50 AI 70 EURO AL GIORNO. Quasi nessuno, quindi, li riporta all'esterno. I più finiscono abbandonati per l'aeroporto. I carrellieri li recuperano e li portano all'esterno, sulla rastrelliera, in modo che siano riutilizzabili senza dover inserire la moneta. E li utilizzano per aiutare i viaggiatori. Che, alla fine, li ricompensano con una moneta. A volte anche con una banconota da 5 o 10 euro. È facile raggiungere i 50-70 euro al giorno.
«Si posizionano dove arrivano i pullman», spiega chi lavora a Malpensa, «e cercano di attirare soprattutto i turisti stranieri. I giapponesi sono i più ambiti. Con la difficoltà del cambio sono quelli che pagano di più».
NIGERIANI E ITALIANI. Chi lavora a Malpensa ormai li conosce bene. Sono una trentina e sembrano darsi il cambio. C'è chi fa il turno di mattina e quello di sera. E poi girano divisi per nazionalità. «È come se fossero organizzati in bande: ci sono i nigeriani, gli albanesi ma anche gli italiani. Ogni gruppo gestisce alcune porte di ingresso e guai a chi invade il territorio degli altri. Qualche sera fa uno ha sconfinato e lo hanno picchiato».
In parte sono cittadini stranieri arrivati con l'emergenza profughi di qualche anno fa nei comuni attorno a Malpensa. Che ora sembrano passersela decisamente meglio. Un nigeriano entra vestito di tutto punto: jeans firmati, cintura con la fibbia di marca e borsello al collo. Accaparra un carrello e, con molta tranquillità, si dirige verso l'esterno.
Alcuni alloggiano presso l'albergo vicino a Malpensa che li aveva accolti una volta arrivati in Italia. Ora però, la camera se la pagano di tasca propria. Ma c'è anche un napoletano con i baffi: ferma uno dei pochi turisti che il carrello vorrebbe riconsegnarlo. Gli dice che i soldi indietro non gli tornano e se lo prende lui.
SCONTRI TRA BANDE. Tra gli italiani c'è anche un signore anziano, molto distinto. Spingendo il carrello, in giacca e pantaloni stirati, si farebbe quasi fatica a pensare che“traffica” con i carrelli. Eppure anche lui vive di questo.
I dipendenti di Sea, da qualche mese, girano per l'aeroporto cercando di dissuadere i “carrellieri” dal loro intento. Al loro arrivo, se ne vanno. Ma poi, girato l'angolo, tornano subito all'opera. Quello che fanno è accattonaggio, un'attività che non costituisce reato. E quindi le forze dell'ordine li fermano, li schedano, ma poi non possono fare nulla. E loro cercano di non esagerare con gli scontri: se diventassero troppo frequenti, infatti, la società che gestisce l'aeroporto aumenterebbe gli sforzi per farli sloggiare.
Venerdì, 28 Giugno 2013
http://www.lettera43.it/cronaca/malpensa-il-business-dei-carrellieri_43675100695.htm