L'avvicinamento: da Heathrow sul 767.
Dopo un’orgia estiva di voli per gli States, Hong Kong, Maldive, isolette tropicali assortite e altri luoghi ameni credo che sia ora di riportare il forum all’ordine con un TR che tocca tre luoghi che brillano per non essere tropicali, esotici o inusuali. Nemmeno lontani, almeno non per coloro che vivono nel Vecchio Continente. Ecco a voi l’inizio dei miei quattro (4) giorni di vacanza estiva, peraltro passati a far trasloco!
Tutto inizia leggendo un post di AV CT qui su Aviazionecivile: durante l’estate AZ userà il 332 sulla AZ1016 FCO-MXP per supportare alcune frequenze extra dalla Brughiera. Siccome non ho mai volato su un 332 né su un longhaul Alitalia decido di comprare un biglietto, alla barbonissima cifra di euri quarantatré e spicci. Sistemata la prima parte, rimane da vedere come arrivare alla Capitale da Londra, pratica sbrigata in quattro e quattr’otto con un biglietto staff da LHR, BA558 operato, tra l’altro da un 767. Non è il mio aereo preferito, ma due widebodies su due è un bel record.
Lento lento lemme lemme arriva anche il giorno della partenza. Dopo un otto ore e mezza di lavoro al T5 decido, per cambiare, di uscire dal T5 e di cenare all’aperto, o “alfrescoooh” come dicono i miei colleghi. L’opera d’arte alle mie spalle è veramente carina e posso persino capire perché abbiano scritto RIO e non GIG. A parte i nerds, non l’avrebbe capito nessuno.
Mentre loro dimostrano che la legge non è proprio uguale per tutti anche a queste latitudini che, normalmente, considereremmo più civili di quelle di casa nostra.
Fattasi una certa entro in aeroporto, notandone la struttura a tre livelli (dall’alto: partenze, uffici/crew report centre, arrivals lounge/restrooms, arrivi)…
E, dopo un po’ di attesa per un ascensore, arrivo in cima, dove trovo…. Ciò.
Dev’essere l’ultima trovata del dipartimento “abbellimenti pubblici” di BAA (credo esista davvero), composto esclusivamente da tenacissimi sgranocchiatori di pasticche e di francobolli di acidi. Dopo la statua della ballerina dai piedi smisurati, le cabine telefoniche, foto di rottami e la scocca di una Land Rover, voilà il loro ultimo sforzo creativo.
Aaaah, è una specie di alberello commemorativo delle Olimpiadi!
I cervi color livido, però, non riesco a spiegarmeli.
Tutto tranquillo nella zona dedicata a quelli col grano.
Volare su un biglietto staff può complicare le cose soprattutto se il volo è abbastanza pienotto, come nel caso di BA558 quest’oggi (che, anzi, era stato persino oversold per un paio di giorni, per mia somma gioia). Tra queste, il fatto di non poter scegliere il posto o quello di non riuscire, una volta su due, a completare il check in alle macchinette. Grazie a Dio, però, c’è una collega di mia conoscenza al bag drop in zona F e, dopo una vergognosa serie di salamecchi, implorazioni e oltraggiose leccate di culo da parte mia riesco ad assicurarmi il tanto agognato posto finestrino, 26K. Per la cronaca, sette posti liberi in tutto (4 in C, 3 in M) e almeno una settantina di transiti.
I controlli di sicurezza South filano liscissimi, grazie alla poca gente e alla ancor più bassa percentuale di imbranati presente. In un attimo, quindi, sono nella mia zona preferita, tra i gates 15 e 18 al T5A. Niente di che dal punto di vista del comfort, ma è un’isola di tranquillità in cui pochissime persone passano: non a caso è un posto popolare tra i membri dello staff, che possono piazzarsi lì in pausa senza temere di essere fermati da qualcuno pronto a chiedergli il numero del gate per il volo 444 per Amsterdam che parte di lì a tre ore.
Già che ci siamo, foto di rito a passaporto e biglietto:
Prodi ingegneri BA alla ricerca di danni sulla fusoliera di questo 319, danni evidentemente non trovati dato che, poco dopo, li ho visti andarsene (diretti in mensa, probabilmente) visibilmente soddisfatti.
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Panorami da LHR, parte 1: quello che si vede è l’arco dello stadio di Wembley, distante 17 km in linea d’aria dal T5
Panorami da LHR, parte 2: la foto è sfocata come quella del topless della Duchessa di Cambridge, ma quei tre grattacieli sono la Heron Tower, Tower 42 e 30 St. Mary Axe/The Gherkin nella City, distante una trentina di km dall’aeroporto e praticamente dall’altra parte della città. Quando si dice che Londra è piatta…
In orario, o quasi, appare il gate, numero 15 per noi. Arrivo in zona per assistere alla formazione di una coda simile a quella che, ai tempi belli, si creava spontaneamente quando Pannella e la Bonino andavano in piazza del Popolo a dar via i soldi dei finanziamenti pubblici ai partiti. L’unica differenza, qui, è che tutti sono ordinatamente in fila per due. Lui, nel frattempo, suppongo fosse alla ricerca del volo per Innsbruck!
L’imbarco è leggermente in ritardo, ma va avanti abbastanza in fretta. Il fast track viene presidiato rigorosamente e gli scavalcatori rimandati in fondo alla fila, così come quelli col posto numero 16B quando l’imbarco è fino alla fila 26.
Il mezzo in servizio oggi è G-BNWX che, se la newsletter aziendale ha ragione, dovrebbe essere stato il secondo 763ER short haul ad essere riconfigurato. Vediamo un po’…
… ebbene sì! Almeno all’interno, dato che la sporcizia sulle ali raggiunge livelli da Hammersmith & City Line della metropolitana.
Ma diamo ancora un’occhiata a questi sedili: pitch…
…e cabina. Non so se si vede, anzi quasi certamente non si nota, ma tutti i pannelli della cabina sono stati sostituiti, così come le luci e gli overhead bins centrali, ora sul modello di quelli del 777. I bins laterali, visibili nella foto superiore, sono stati cambiati leggermente, mantenendo la conformazione “a cassetta” di quelli classici del 767 ma adottando un design più moderno, meno squadrato e quanto più spazioso possibile. Anche i soffitti nella zona corridoio sono stati cambiati, così come gli schermi (spenti).
Pushback e taxiing.
Dopo pochi minuti di coda eccoci in volo in un altro epico giorno della Great British Summer.
Grazie a Dio il tempo migliora non appena si lascia Londra e la sua nuvoletta da ragiunàt, cosa che mi permette di scatenare le mie scarsissime velleità artistiche, alimentate dal doppio Gin tonic servitomi dal simpatico assistente di volo che si sta lavorando questo lato della cabina.
Il sole tramonta in fretta e, prima di arrivare a Roma, ho giusto un paio di cose da dirvi. La prima riguarda i personaggi a bordo di questo volo, oggi. Al di là di qualche coattone “Chemmepossometteasedereqquàsiggnò?”, vorrei consegnare all’immortalità il gruppone di turisti coreani in transito oggi e, secondariamente, il mio vicino di posto. Iniziamo dai coreani.
Sarà capitato a tutti di vedere l’involuzione che colpisce qualsiasi gruppo di quindicenni che si ritrovano, gli ormoni in ebollizione, a qualche confine di distanza dal controllo parentale, accompagnati da una guida che più che un leader è un compagno. Ecco, i trenta coreani di oggi sono così. L’unica, e disturbante, differenza è che l’età media del convivio è ben al di là della cinquantina. Probabile che siano andati a mangiare nel ristorante sbagliato di Brixton, oggi.
Continuiamo col menzionare il mio vicino. Uno Stoico, senza ombra di dubbio. Come definire altrimenti un uomo di mezza età alto, non sto scherzando, almeno due metri e cinque costretto a piegare a fisarmonica i propri femori, il tutto senza un sospiro o un’imprecazione? Senza contare che la sua rivista di golf, duecento pagine plastificate in brossura, toglie almeno un tre cm vitali di legroom.
Il volo va avanti sereno. Io scivolo in uno stato di beata contemplazione del nulla, cercando di ignorare gli occasionali sfregamenti del ginocchio del mio eroico amico (non un lamento!) e le epidemie di stupidera fulminante che sembrano colpire i coreani poco distante. Leggo a sbafo alcuni articoli della rivista del vicino e, comprensibilmente, mi addormento. (vorrei vedere voi alle prese con titoli del tipo “Technical fibres: allowed in the Club?” oppure “Extreme latitude golfing: Iceland and Saudi Arabia revisited”).
L’atterraggio è sofferto, con un paio di turbolenze in grado di generare bordate di “Limortacci!”, grida non meglio specificate e, da parte mia, un risveglio abbastanza brusco. Nessun commento, invece, dallo Stoico. Nelle tenebre più complete atterriamo a FCO, effettuiamo un taxiing talmente lungo da farmi supporre di essere arrivati a Grosseto e, alla fine, parcheggiamo ai remoti.
Dopo un’orgia estiva di voli per gli States, Hong Kong, Maldive, isolette tropicali assortite e altri luoghi ameni credo che sia ora di riportare il forum all’ordine con un TR che tocca tre luoghi che brillano per non essere tropicali, esotici o inusuali. Nemmeno lontani, almeno non per coloro che vivono nel Vecchio Continente. Ecco a voi l’inizio dei miei quattro (4) giorni di vacanza estiva, peraltro passati a far trasloco!
Tutto inizia leggendo un post di AV CT qui su Aviazionecivile: durante l’estate AZ userà il 332 sulla AZ1016 FCO-MXP per supportare alcune frequenze extra dalla Brughiera. Siccome non ho mai volato su un 332 né su un longhaul Alitalia decido di comprare un biglietto, alla barbonissima cifra di euri quarantatré e spicci. Sistemata la prima parte, rimane da vedere come arrivare alla Capitale da Londra, pratica sbrigata in quattro e quattr’otto con un biglietto staff da LHR, BA558 operato, tra l’altro da un 767. Non è il mio aereo preferito, ma due widebodies su due è un bel record.
Lento lento lemme lemme arriva anche il giorno della partenza. Dopo un otto ore e mezza di lavoro al T5 decido, per cambiare, di uscire dal T5 e di cenare all’aperto, o “alfrescoooh” come dicono i miei colleghi. L’opera d’arte alle mie spalle è veramente carina e posso persino capire perché abbiano scritto RIO e non GIG. A parte i nerds, non l’avrebbe capito nessuno.

Mentre loro dimostrano che la legge non è proprio uguale per tutti anche a queste latitudini che, normalmente, considereremmo più civili di quelle di casa nostra.

Fattasi una certa entro in aeroporto, notandone la struttura a tre livelli (dall’alto: partenze, uffici/crew report centre, arrivals lounge/restrooms, arrivi)…

E, dopo un po’ di attesa per un ascensore, arrivo in cima, dove trovo…. Ciò.

Dev’essere l’ultima trovata del dipartimento “abbellimenti pubblici” di BAA (credo esista davvero), composto esclusivamente da tenacissimi sgranocchiatori di pasticche e di francobolli di acidi. Dopo la statua della ballerina dai piedi smisurati, le cabine telefoniche, foto di rottami e la scocca di una Land Rover, voilà il loro ultimo sforzo creativo.

Aaaah, è una specie di alberello commemorativo delle Olimpiadi!

I cervi color livido, però, non riesco a spiegarmeli.

Tutto tranquillo nella zona dedicata a quelli col grano.
Volare su un biglietto staff può complicare le cose soprattutto se il volo è abbastanza pienotto, come nel caso di BA558 quest’oggi (che, anzi, era stato persino oversold per un paio di giorni, per mia somma gioia). Tra queste, il fatto di non poter scegliere il posto o quello di non riuscire, una volta su due, a completare il check in alle macchinette. Grazie a Dio, però, c’è una collega di mia conoscenza al bag drop in zona F e, dopo una vergognosa serie di salamecchi, implorazioni e oltraggiose leccate di culo da parte mia riesco ad assicurarmi il tanto agognato posto finestrino, 26K. Per la cronaca, sette posti liberi in tutto (4 in C, 3 in M) e almeno una settantina di transiti.
I controlli di sicurezza South filano liscissimi, grazie alla poca gente e alla ancor più bassa percentuale di imbranati presente. In un attimo, quindi, sono nella mia zona preferita, tra i gates 15 e 18 al T5A. Niente di che dal punto di vista del comfort, ma è un’isola di tranquillità in cui pochissime persone passano: non a caso è un posto popolare tra i membri dello staff, che possono piazzarsi lì in pausa senza temere di essere fermati da qualcuno pronto a chiedergli il numero del gate per il volo 444 per Amsterdam che parte di lì a tre ore.

Già che ci siamo, foto di rito a passaporto e biglietto:

Prodi ingegneri BA alla ricerca di danni sulla fusoliera di questo 319, danni evidentemente non trovati dato che, poco dopo, li ho visti andarsene (diretti in mensa, probabilmente) visibilmente soddisfatti.

Panorami da LHR, parte 1: quello che si vede è l’arco dello stadio di Wembley, distante 17 km in linea d’aria dal T5

Panorami da LHR, parte 2: la foto è sfocata come quella del topless della Duchessa di Cambridge, ma quei tre grattacieli sono la Heron Tower, Tower 42 e 30 St. Mary Axe/The Gherkin nella City, distante una trentina di km dall’aeroporto e praticamente dall’altra parte della città. Quando si dice che Londra è piatta…

In orario, o quasi, appare il gate, numero 15 per noi. Arrivo in zona per assistere alla formazione di una coda simile a quella che, ai tempi belli, si creava spontaneamente quando Pannella e la Bonino andavano in piazza del Popolo a dar via i soldi dei finanziamenti pubblici ai partiti. L’unica differenza, qui, è che tutti sono ordinatamente in fila per due. Lui, nel frattempo, suppongo fosse alla ricerca del volo per Innsbruck!

L’imbarco è leggermente in ritardo, ma va avanti abbastanza in fretta. Il fast track viene presidiato rigorosamente e gli scavalcatori rimandati in fondo alla fila, così come quelli col posto numero 16B quando l’imbarco è fino alla fila 26.

Il mezzo in servizio oggi è G-BNWX che, se la newsletter aziendale ha ragione, dovrebbe essere stato il secondo 763ER short haul ad essere riconfigurato. Vediamo un po’…

… ebbene sì! Almeno all’interno, dato che la sporcizia sulle ali raggiunge livelli da Hammersmith & City Line della metropolitana.

Ma diamo ancora un’occhiata a questi sedili: pitch…


…e cabina. Non so se si vede, anzi quasi certamente non si nota, ma tutti i pannelli della cabina sono stati sostituiti, così come le luci e gli overhead bins centrali, ora sul modello di quelli del 777. I bins laterali, visibili nella foto superiore, sono stati cambiati leggermente, mantenendo la conformazione “a cassetta” di quelli classici del 767 ma adottando un design più moderno, meno squadrato e quanto più spazioso possibile. Anche i soffitti nella zona corridoio sono stati cambiati, così come gli schermi (spenti).
Pushback e taxiing.


Dopo pochi minuti di coda eccoci in volo in un altro epico giorno della Great British Summer.

Grazie a Dio il tempo migliora non appena si lascia Londra e la sua nuvoletta da ragiunàt, cosa che mi permette di scatenare le mie scarsissime velleità artistiche, alimentate dal doppio Gin tonic servitomi dal simpatico assistente di volo che si sta lavorando questo lato della cabina.

Il sole tramonta in fretta e, prima di arrivare a Roma, ho giusto un paio di cose da dirvi. La prima riguarda i personaggi a bordo di questo volo, oggi. Al di là di qualche coattone “Chemmepossometteasedereqquàsiggnò?”, vorrei consegnare all’immortalità il gruppone di turisti coreani in transito oggi e, secondariamente, il mio vicino di posto. Iniziamo dai coreani.
Sarà capitato a tutti di vedere l’involuzione che colpisce qualsiasi gruppo di quindicenni che si ritrovano, gli ormoni in ebollizione, a qualche confine di distanza dal controllo parentale, accompagnati da una guida che più che un leader è un compagno. Ecco, i trenta coreani di oggi sono così. L’unica, e disturbante, differenza è che l’età media del convivio è ben al di là della cinquantina. Probabile che siano andati a mangiare nel ristorante sbagliato di Brixton, oggi.
Continuiamo col menzionare il mio vicino. Uno Stoico, senza ombra di dubbio. Come definire altrimenti un uomo di mezza età alto, non sto scherzando, almeno due metri e cinque costretto a piegare a fisarmonica i propri femori, il tutto senza un sospiro o un’imprecazione? Senza contare che la sua rivista di golf, duecento pagine plastificate in brossura, toglie almeno un tre cm vitali di legroom.
Il volo va avanti sereno. Io scivolo in uno stato di beata contemplazione del nulla, cercando di ignorare gli occasionali sfregamenti del ginocchio del mio eroico amico (non un lamento!) e le epidemie di stupidera fulminante che sembrano colpire i coreani poco distante. Leggo a sbafo alcuni articoli della rivista del vicino e, comprensibilmente, mi addormento. (vorrei vedere voi alle prese con titoli del tipo “Technical fibres: allowed in the Club?” oppure “Extreme latitude golfing: Iceland and Saudi Arabia revisited”).
L’atterraggio è sofferto, con un paio di turbolenze in grado di generare bordate di “Limortacci!”, grida non meglio specificate e, da parte mia, un risveglio abbastanza brusco. Nessun commento, invece, dallo Stoico. Nelle tenebre più complete atterriamo a FCO, effettuiamo un taxiing talmente lungo da farmi supporre di essere arrivati a Grosseto e, alla fine, parcheggiamo ai remoti.