Ed eccoci finalmente con l’ultima parte di questo TR, che prevede un rapido OT su Sydney e il ritorno a casa.
Prima di incominciare però vi faccio vedere cosa mi è arrivato stamattina per posta.
Ricordate la multa presa a Kumara? Ebbene, il Ministero dei Trasporti locale non solo mi ha comunicato la sottrazione di 50 punti dal mio plafond Neozelandese, come mi aveva già spiegato “lo sceriffo”, ma nella busta mi ha mandato anche una foto a colori in formato A4 di una sorridente ragazzina morta a causa di un autista che correva troppo, accompagnata da questo messaggio:
Questa sì che è prevenzione, anche a distanza, e un’ulteriore dimostrazione di civiltà.
Ultimo flash sulla NZ, poi la pianto lì: soprattutto nell’Isola Sud c’è l’usanza diffusissima di parlare trasformando tutte le vocali in “i”.
E dunque le scale diventano stirs, il Wi-fi diventa Uifi, il ponte della nave dik, 7 è siven e il saluto che va per la maggiore è “All the bist”.
Insomma, difficile da comprendere, almeno per me.
Dopo questi inutili aneddoti, possiamo continuare!
Ci eravamo lasciati all’arrivo in albergo a Sydney, e ricominciamo dalla prima mattinata lì!
Sarò abbastanza stringato con la parte off topic un po’ perché Sydney è già apparsa più volte su Aviazione Civile, e un po’ perché visto il caldo giravamo leggeri e non avevo voglia di portarmi dietro il catafalco.
In città fervevano i preparativi per due importanti avvenimenti, l’Australia Day e il Capodanno Cinese.
In città direi, a spanne, che il 50% dei negozi e dei locali è gestito da Cinesi: facile entrare nella pizzera ”Da ugo” o nel pub irlandese di turno e trovare un Asiatico dietro il forno o alla spillatrice.
Il quartiere Cinese ha piano piano inglobato una vastissima area, e per il capodanno la municipalità procede ad allestire una grande festa.
Come ogni visita che si rispetti iniziamo dal Circular Quay, incorniciato dalla meravigliosa Opera House e dall’Harbour Bridge.
Velleità artistiche, Fabio trema, ti rubo il mestiere!
Le mattonelle della copertura dell'Opera House, da lontano fanno tutt’un altro effetto.
L’ingresso.
E cosa c’è subito dietro.
Angolo del mugugno: come idolatro gli architetti che sanno disegnare meraviglie, allo stesso tempo disprezzo con ogni mia forza quelli che per stupire, per appagare il proprio ego, creano degli obbrobri come queste case, in zona The Rocks.
Obbligherei a viverci chi le ha progettate e anche chi le ha autorizzate.
Il celebre ponte.
E’ possibile scalare l’Harbour Bridge con escursioni organizzate, noi decliniamo impauriti.
Meglio in piano!
Qualche foto al tramonto e in notturna dei due landmarks di Sydney.
Sono un assoluto neofita della fotografia, per di più senza cavalletto, dunque abbiate pietà!
Tornando a Sydney, non posso che dire di aver adorato la città.
Viva, ma vivibile, caotica, ma rilassante.
Pienissima di giovani e vibrante di energia.
Gran bella città.
E poi diciamocelo, sarà che sono Ligure, ma le città di mare hanno un fascino tutto speciale!
Zona del Darling Harbour di giorno.
E di notte.
Questi uccellacci sono dappertutto, qui siamo davanti alla Central Station.
Devi dire che vederseli arrivare incontro in cerca di briciole come fanno da noi i piccioni non è il massimo!
Altra foto artistica, Fabio aritrema!
Prima di appassionarmi agli aerei ero un grande appassionato di treni, nonché abbonato a “Mondo Ferroviario” e a “I treni”, e appena vedo dei binari o delle stazioni cedo ancora al fascino delle strade ferrate.
Tornando a noi, tutta la città era tappezzata di pubblicità di Air Asia.
Complici le temperature finalmente estive ci facciamo un po’ di mare, iniziando dalla celebre Bondi Beach.
Spettacolo all’ennesima potenza, da passarci la vita.
Forse qualcuno di voi avrà visto su Discovery la serie sui bagnini di Bondi: proprio nei giorni in cui siamo stati noi giravano a tutto spiano.
La mitica torretta dove è ambientata la serie.
E un ospite famoso, sempre uguale come nei primi anni 80!
Tempo meno bello il giorno dopo, a Shark Beach.
Gli squali qui ci sono per davvero, e infatti c’è una bella rete di protezione.
Fauna locale, per questa volta in ambito extra-aeroportuale.
Torniamo IT e passiamo al ritorno.
Il volo del ritorno va diretto sino a DXB senza soste, per un bel 14 ore filate in aria.
Ci possiate credere o no, il volo è passato in un amen, a differenza dell’ultimo leg da DXB a MXP che invece non finiva più (poi vi racconterò anche il perchè!).
Ma andiamo con ordine.
La partenza è fissata per le 6.50, e io, per cercare almeno questa volta di riuscire a dormire un pochino in volo, non dormo nemmeno un minuto .
Con il check in già fatto on line (e la conferma per entrambe le tratte degli ottimi posti laterali a coppia in fondo al 773) ci avviamo intorno alle 4 verso il Kingsford Smith con la città ancora nel pieno del fermento del Venerdì notte.
Il nostro è il primo volo del mattino, e l’aeroporto è deserto.
Tabellone partenze.
Il nostro bestione che si prepara per il lungo ritorno sino a Dubai.
E il nostro equipaggio.
Voliamo con A6-EGE, sempre 777-300ER, consegnato a Luglio 2011.
I nostri posti nelle ultime retrovie.
Per essere una Y credo si possa difficilmente chiedere di meglio, la configurazione 2-4-2 delle ultime file, dovuta al restringersi della cabina, regala uno spazio laterale extra che su di un volo così lungo è manna dal cielo.
Niente carro bestiame a questo giro.
Il mio amico 47K, più indietro ci sono solo i cessi e il timone.
Intanto, mentre ci portiamo in testata, inizia ad albeggiare.
La città è vicina.
In aria.
E’ ancora lunghetta.
Nonostante la veglia notturna non chiudo occhio come al solito, e rimarrò sveglio per quasi 60 ore filate, facendo la Serravalle in stato paracomatoso. Carolina invece si addormenta appana seduti a bordo, e si sveglia sull’Oceano Indiano chiedendomi quando saremmo decollati: invidia!!
Lo spazio laterale di cui vi parlavo, grazie alla configurazione a 2 posti laterali.
L’outback Australiano, sconfinato e deserto.
Quasi a casa!
Come in tutte le altre tratte servizio assolutamente perfetto: saluto per nome all’imbarco (non che ti cambi la vita, ma è un chiaro segnale di attenzione alla clientela, elevata al rango di persona da quella di pax), sorrisi a profusione nonostante le 6 di mattina, passaggio immediato con hot towels, amenity e menù.
Dopo tre settimane in giro per posti dove il cuoco della nostra peggior tavola calda sarebbe il vate della ristorazione locale, il catering che all’andata mi pareva così buono inizia a urtarmi profondamente: voglio le lasagne di Alitalia, basta pollo, basta curry, per favore!!

Colazione.
Durante tutto il volo i passaggi di bevande calde e fredde sono stati incessanti, e tra un caffè brodaglioso e “diverse” Budweiser nel frattempo arriviamo qui.
Le coste di Colombo.
Spuntino.
Curiosando tra i mille canali dell’ICE.
Direi che in India è stagione di piogge…
Pranzo.
E in quattro e quattro otto scorgiamo le coste della penisola Arabica.
Dove siamo qui?
Il tempo inizia a farsi brutto avvicinandoci a Dubai, e l’avvicinamento è un po’ mosso.
A terra.
Due o tre WB.
Ce l’abbiamo fatta!
Due parole sul Terminal 3 di Dubai visto dalla parte di chi non ha accesso all’empireo delle lounges: andrò controcorrente, ma è forse l’aeroporto in cui mi sono sentito meno a mio agio, una specie di centro commerciale di provincia incasinato oltre ogni limite, non mi garba.
Tabellone monocolore.
E infine, come direbbero nel Lazio, in caudam venenum, ovvero dalle stelle alle stalle.
Sì, perché l’ultima tratta, la DXB-MXP, mi fa scontare tutto il piacere di volare che ho provato nel resto del viaggio.
Nell’ordine:
1) Imbarco incasinatissimo con mezzo Pakistan che torna a Milano portandosi dietro come bagaglio a mano mezzo Paese.
2) Dietro: gruppo di sessantenni, ciellini , e soprattutto rompicoglioni, che prima del decollo chiamano assieme il Parroco con il vivavoce per raccontargli (ciascuno) cosa avevano fatto in ogni singolo momento della settimana precedente.
3) Di fianco: moglie iper rompicoglioni che grida al marito per tutto il viaggio: “Ma cosa fai Alberto??”, “Ma cosa mangi Alberto??”etc. etc.
4) Davanti: fricchettona (cessa) quasi quarantenne proveniente da 3 mesi in Thailandia e affamatissima che cerca per tutto il viaggio di broccolare il malcapitato ragazzo vicino di posto (che tra l'altro veniva come noi da SYD).
5) Sempre davanti: il già menzionato povero cristo che, per resistere agli attacchi della giaguara, decide di ubriacarsi, e dalla Turchia in sù tenta di attaccare bottone con me per sfuggire alla vampira. bofonchiando frasi sconnesse.
Se tutto ciò non bastasse per dirsi sfigati, abbiamo anche beccato uno dei pochi 773 non ER presenti nella flotta Emirates, A6-EMM, data di nascita 1999.
Niente di indecoroso, ci mancherebbe, ma niente a che vedere con gli spaziali 773ER nuovi di pacca.
Dicesi abituarsi troppo bene!
In aria.
La differenza più fastidiosa è stata l’aver ritrovato la scatola dell’avod sotto il sedile di fronte (che sui tripli nuovi EK non c’è)
ICE di vecchia generazione.
Ripeto, sono quisquilie, niente di tragico, ma diciamo che eravamo abituati molto bene e la differenza di prodotto si avverte.
Il servizio, invece, è come al solito inappuntabile.
Come all’andata niente amenity sulla Milano Dubai, ma passaggio di hot towels e menù.
Cena, non ce la faccio più!
Mi risollevano gli orecchini di Roberto Paggio.
Andiamo pianino con un bel vento frontale.
Siamo qui, e la Turchia ci accoglie con un tramonto da favola.
E poi buio sino alla Pianura Padana, dove atterriamo dolcemente intorno alle 20.
Bagagli sul nastro 50 minuti dopo l’atterraggio, non mi odino i filomalpensa, ma: cavolo!!!
Che freddo, è di nuovo inverno!
La macchina parte al primo colpo nonostante il freddo e le tre settimane di sosta, e dopo aver tentato di prendere una rotonda “all’inglese” in un paio d’ore siamo a casa, lievemente distrutti!
The end.
Grazie a tutti, veramente, per aver letto e commentato questo mio TR!
