Ci eravamo lasciati all’uscita dello pseudo-Shuttle (grazie Dancrane per la segnalazione). Rientriamo nel visitors’ centre dove scopriamo, in un angolo, una parte dedicata ai pionierismi dell’esplorazione spaziale. L’allestimento e’ veramente ben fatto, con giochi di luce ben congegnati; peccato che le foto vengano ancora peggio di prima ma di sicuro non me ne vorrete.
Pronti via, si presenta Tom Stafford – o meglio, il suo manichino - che svolazza verso i russi nella missione Apollo-Soyuz.
Poco piu’ in la’, breccie e anortositi lunari, evidente prova dell’attivita’ magmatica che interesso’ la Luna miliardi di anni fa. Si puo’ anche toccare un pezzetto, cosa che faccio con evidente entusiasmo infantile; pero’ siamo in America, dove ho visto adulti ballare
”Do the funky chicken” in pubblico e, soprattutto, sobri, per cui tutto vale.
In un’altra sala – stiamo percorrendo il percorso al contrario, ma pazienza – ecco l’ultimo modulo di commando Apollo a raggiungere la Luna: Apollo 17, la missione di Gene Cernan, di recente scomparso.
Un paio di manichini e il Lunar Rover. Non ricordo esattamente, ma mi sembra che un rover originale, proveniente dalla cancellata Apollo 18, dovrebbe essere conservato da qualche parte. Potrei controllare su Wikipedia, ma perche’ togliere a Dancrane il piacere?
Un paio di foto, sgranatissime, di Gemini 5. Le Gemini sono, un po’ come Apollo 8, le “unsung heroes” delle prime esplorazioni spaziali americane. Sapevo che erano piccole – ricorderete la famosa equiparazione tra la Gemini e un Maggiolino VW – ma vedere Gemini 5 sopra la mia testa e’ impressionante. In quella scatola da scarpe ci stavano per una settimana, dieci giorni, facendo le primissime EVA, andando a frantumare record di altitudine e facendo i primi rendez-vous. Leggetevi i capitoli su Gemini di
”Carrying the Fire” e
”Into that Silent Sea” e ditemi se non erano dei grandi, all’epoca.
Io, personalmente, me la farei addosso a rientrare nell’atmosfera con a malapena 10 cm tra il mio roseo didietro e migliaia di gradi centigradi come si vede in questa foto.
C’e’ in esposizione anche la Mercury di Gordo Cooper, Faith 7. Gordo ebbe numerosi problemi e dovette pilotare il rientro, una manovra difficile che lo costrinse a dover dipingere linee sui finestrini per aiutarsi con l’orientamento, e misurare le accensioni dei razzi col suo orologio e facendo calcoli a mente. Superuomini.
Tutto questo e’ il passato, ma e il futuro? Beh, il futuro e’ questo coso qui, SLS e Orion.
Primo lancio previsto per il 2019, e spero di esserci per vederlo. Si parla anche di stazioni spaziali tra Luna e Terra e altre cose fichissime che si spera non vengano cancellate.
S’e’ fatta ora di rientrare, non prima, pero’, di scorgere un paio di cose come la tuta di lancio di Deke Slayton:
O la tuta lunare di Pete Conrad, che mi sembra un po’ giu’ di morale a dire il vero.
Avevo letto di come la polvere lunare, mai esposta agli elementi, fosse particolarmente abrasiva, ed ecco infatti s'intravedono dei graffi sul visore esterno.
La tuta e’ ancora sporca di polvere lunare.
Prima di andare via, un ultimo sguardo ad una parete e chi ti vedo? La nostra Samantha nazionale. Ho avuto il modo di ascoltarla in un’intervista sulla Beeb ed e’ stato un piacere. Grande esempio da seguire.
Ok, a breve con le mie note su Austin. Che temo non piaceranno…