Re: 10 dicembre 2013: Alitalia presenta ai sindacati il piano industriale. EY più vic
Intervista al numero uno Christoph Franz
Alitalia l’invito di Lufthansa
«Non volate verso il Golfo»
«La sua strada è diventare una low cost di qualità come AerLingus». «Comperarla noi? No, ha troppi debiti"
Se il governo italiano vuole salvare Alitalia, «non deve venderla a Etihad: diventerebbe una navetta verso gli Emirati Arabi. La sua strada è diventare una low cost di qualità come AerLingus». Lo dice Christoph Franz, amministratore delegato del gruppo Lufthansa. Teme che l’Italia diventi la testa di ponte per l’invasione europea delle compagnie del Golfo.
Comperatela voi, allora.
«No, è indebitata e ha un accordo commerciale troppo forte con Air France, ci sarebbero obblighi legali. La sua strada è diventare una low cost di qualità sul modello AerLingus». Christoph Franz, amministratore delegato di Lufthansa, la settimana scorsa era a Vienna per il consiglio di Star Alliance. Ha un timore: che le compagnie del Golfo usino l’Italia come testa di ponte per entrare in Europa. L’altra sua preoccupazione è fronteggiare le low cost. Con ricavi nei nove mesi per 22,77 miliardi (-0,2%) e un utile netto più che dimezzato a 247 milioni (-64,6%), Lufthansa resta leader in Europa per giro d’affari, ma il primato passeggeri è ormai di Ryanair. Al vertice dal 2011, Franz lascerà Lufthansa in maggio per Roche. È in condizione di dire ciò che pensa.
Per la prima volta da anni chiudete in attivo sul traffico europeo. Fatica?
«Tutte le compagnie in Europa sono in difficoltà per la crescita dei vettori locali. Ryanair e EasyJet stanno erodendo il mercato. Perciò dieci anni fa abbiamo costituito Germanwings, un low cost di qualità. Nel 2012 abbiamo deciso di tenere i voli Lufthansa solo su Francoforte e Monaco, trasferendo a questa compagnia i nostri collegamenti dalle altre città tedesche. Così abbiamo fatto progressi e ridotto le perdite».
Ma nel primo semestre avete perso 204 milioni.
«Perdita stagionale. Il margine operativo lordo era positivo per 858 milioni».
Vi interessa Alitalia?
«No».
Perché?
«Primo, è in perdita. Secondo, abbiamo in corso Score, il nostro programma di riorganizzazione. In questo momento non siamo pronti a cogliere l’occasione d’integrare Alitalia.
Abbiamo altri piani. Inoltre c’è la questione Air rance».
In che senso?
«Alitalia ha un accordo commerciale stretto con Air France Klm, difficile rimpiazzarlo per un’altra compagnia. Se esci da un’alleanza, hai penali da pagare».
Ma Air France non partecipa all’aumento di capitale di Alitalia. Scenderà nell’azionariato.
«L’accordo commerciale pesa più di quello societario».
Un ostacolo per ogni possibile acquirente, quindi. Anche per Aeroflot?
«No, Aeroflot è in Sky Team con Air France».
Nel 2008 avreste comperato Alitalia?
«Allora le demmo un’occhiata, ma non sembrava abbastanza attrattiva per noi. Preferimmo costituire Lufthansa Italia».
Doveva rilanciare Malpensa. Perché la chiuse nel 2011?
«Penetrare nel mercato italiano non fu facile come immaginavamo. Tutti apprezzavano il nostro servizio, ma anche se le tariffe erano allettanti nessuno partiva da Malpensa».
Volevate Linate?
«Ci avevano promesso che Linate avrebbe aperto slot sulla Milano-Roma, ma è successo troppo tardi (quest’anno, ndr ). E poi avevate due aeroporti, ma dividere i passeggeri locali e di transito tra Malpensa e Linate non era economico, è una delle ragioni per cui Alitalia sta soffrendo. Ha avuto denaro fresco, l’ha bruciato di nuovo. Eppure la qualità è migliorata, la flotta è moderna, è puntuale. In Italia abbiamo trovato una concorrenza sleale anche sui low cost domestici. Ryan-air, per esempio, viaggia su aeroporti piccoli e sussidiati e applica contratti di lavoro irlandesi».
Succede ovunque, l’Antitrust l’ha sanzionata.
«Ma l’Unione Europea non si è mossa abbastanza».
Le compagnie del Golfo sono una minaccia?
«Forte. Concorrenza sleale, anche qui. Hanno sussidi dai propri governi che noi non abbiamo. Emirates, Etihad portano via molti passeggeri business da Lufthansa, ma anche da Alitalia, in direzione Asia-Pacifico. Se il vostro governo vuole aiutare Alitalia, deve cancellare gli accordi con gli Emirati e il Qatar che consentono a questi Paesi di usare l’Italia come scalo verso l’America. I passeggeri scendono e poi ripartono per New York senza generare economia. In Germania è lo stesso, è un problema europeo. La strada di Alitalia è rafforzarsi nel low cost come l’irlandese Aer Lingus, che ha saputo resistere a Ryanair. Non vendete Alitalia a compagnie del Golfo».
Etihad pare candidata.
«Etihad ha preso Air Berlin, che ha subito smesso di volare a est di Abu Dhabi ed è diventata un fornitore del loro hub. Se Alitalia va ad Etihad avrà molte meno destinazioni internazionali».
Lei viene da Deutsche Bahn. L’integrazione treno-aereo è possibile?
«In Italia quel tipo di competizione è forte, ma non so se per l’utente scenderebbero i prezzi».
Volerete su Palermo con Swiss. Strategia sull’Italia?
«Continuare a costruire un network con Lufthansa da Monaco. E aumentare i voli Germanwings. L’Italia resta per noi un mercato chiave».
Il Wall Street Journal ha scritto che gli scioperi di Lufthansa hanno portato costi per 33 milioni al gruppo nel 2012, è vero?
«Sì. Ma Lufthansa viene da un mercato regolato, ha dovuto diventare diversa e abbiamo dovuto negoziare i cambiamenti con i sindacati. Abbiamo ridotto il personale in alcune aree, è salito in altre».
Perché lascia il gruppo?
«Ho un offerta da Roche, ho deciso di non rinnovare a maggio il mio contratto, che scade naturalmente».
Che cosa succede se Alitalia fallisce?
«Siamo loro fornitori con la nostra società di catering Lsg. Perderemmo un sacco di soldi. È nostro genuino interesse che Alitalia si salvi» .
17 dicembre 2013
http://www.corriere.it/economia/13_...fo-077f4d46-6708-11e3-b0a6-61a50f6cb301.shtml