Thread Alitalia da dicembre 2012


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I-SELV

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6 Febbraio 2012
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GOA-MXP
Direi di no.
La 853 arriverà ad FCO alle 12.10, troppo tardi per usare quella macchina per la 608 che parte alle 10.10.
Immagino che stasera I-DISU sulla 852 sia dovuto ad un alto numero di prenotazioni vacanziere natalizie, quindi Y, verso le mete calde via AUH, tutto qui: naturalmente non ho i dati con me, quindi potrei aver preso "la vacca per le balle".
 

ilcavalieredeltempo

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20 Luglio 2007
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ROMA.
da IL SOLE 24 ORE:

Alitalia contratto di solidarietà per hostess e steward.

Giusto in tempo per la campagna elettorale
Contratto di solidarietà all'Alitalia per gli assistenti di volo. La compagnia e i sindacati sabato hanno raggiunto un accordo per una riduzione dell'orario per 50 mila giornate di lavoro all'anno: le ore non lavorate verranno pagate all'80%. L'accordo riguarda solo gli assistenti di volo, non i piloti nè il personale di terra, e verrà ratificato al ministero del Lavoro il 28 dicembre.

L'intesa arriva giusto in tempo per la campagna elettorale... Nel 2008 i guai della (allora) compagnia di bandiera finirono nel tritacarne preelettorale. Il governo uscente aveva praticamente chiuso l'accordo con AirFrance che si sarebbe fatta carico dei debiti di Alitalia in cambio del controllo. Al Tesoro italiano sarebbe andata una piccola quota azionaria della compagnia francese. La "svendita" allo straniero però si prestava ad essere strumentalizzata in chiave populista e l'accordo su pressione del leader del centrodestra, Berlusconi, fu modificato: Air France prese il 25% con l'accordo di poter incrementare la partecipazione. Il controllo andò alla cordata di Colaninno che pagò una cifra simbolica e i debiti restarono sul groppone dei contribuenti italiani. Quell'operazione nazional-populista ci è costata più o meno 3 miliardi di euro. Con il risultato che i francesi comandano (o quasi) lo stesso senza aver speso nulla. Ed è sempre più probabile che alla fine ottengano anche il controllo con un forte sconto rispetto a 5 anni fa. Per saperne di più sul riassetto azionario della compagnia può essere utile leggere l'articolo di Gianni Dragoni pubblicato sul Sole il 15 dicembre scorso. Alitalia si avvia a chiudere il quinto bilancio consecutivo in perdita: non ha mai prodotto utili da quando è stata rilevata dalla cordata "italiana" voluta da Berlusconi nel 2008.

L'accordo siglato sabato tra Alitalia e sindacati è uno degli strumenti alternativi individuati per evitare i circa 700 esuberi annunciati in un primo tempo dalla compagnia. L'intesa contro gli esuberi era stata firmata lo scorso 11 dicembre e mirava appunto a "ricercare strumenti alternativi agli esuberi previsti dal piano aziendale". "A partire dalla condivisione di ricercare strumenti alternativi agli esuberi previsti dal piano aziendale, si apre una nuova fase di relazioni ed auspicabilmente di confronto propositivo", avevano scritto in quell'occasione le sigle sindacali, sottolineando che "il piano sarà al centro del confronto che si avvia e che vedrà le organizzazioni sindacali sfidare l'azienda sul tema della produzione e dei ricavi, l'unica via per la difesa dell'occupazione".
 

airbusfamilydriver

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6 Febbraio 2006
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solitamente se non sono previsti miglioramenti della visbilità si procede dopo valutazioni attente di tutti i fattori verso l'alternato onde evitare innanzitutto di consumare inutilmente carburante in holding ed evitare che anche all'alternato stesso si possano creare situazioni che rendano difficoltoso l'avvicinamento e l'atterraggio.
il 330 suppongo abbia stessi minimi del 320. in cat 3b 20/100 20 piedi di decision height e 100 mt di RVR (visibilità in pista)
la possibilità di effettuare un low visibility approach è chiaramente subordinata ad una serie di circostanze tra cui l'avvenuto addestramento dell'equipaggio di condotta,l'efficienza dei sistemi dell'aeromobile e la disponibilità degli impianti a terra.
Le vere minime del 320 e del 330 in CAT3B sono NO/75 ovvero no Decision Height, no visual reference(nemmeno una luce richiesta) e 75 mt di RVR.
Alitalia opera con minimi piu' alti per policy aziendale.
 

lorenzocrew

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7 Novembre 2005
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Mantova
Tipo venderla ad AF risparmiando un bel po' di soldini degli italiani, ma cosa urlavano? "Meglio falliti che con i banditi?" Silvio ha avuto gioco facile per sfruttare l'operazione a fini elettorali.
vorrei solo rammentarti che i "falliti" non erano quelli di AF ma altri cavalieri del lavoro.
la gran parte dei naviganti tifava per i francesi.
 

bombatutto

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2 Ottobre 2011
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Alitalia, Ragnetti: «Niente salvataggio di Stato»
L'ad della compagnia: «Punteremo su tratte meno frequentate».


Alitalia «non è sull'orlo del baratro». A dirlo è Andrea Ragnetti, amministratore delegato e direttore generale di Alitalia.
«È nata sottocapitalizzata e ha una liquidità un po' tirata. Ma sta molto meglio di quattro anni fa. È sana, ha investito sul prodotto e non ha distrutto, anzi, ha creato posti di lavoro», quindi un salvataggio dello Stato «non serve»,
DusCgn, le sottolineature sono le tue?
 

I-UDNE

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17 Agosto 2011
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USSIGNUR! :astonished:

Corsera di oggi:

Alitalia è ormai prossima al capolinea, ma non sarà la Cassa depositi e prestiti a salvarla, come ha chiarito l'amministratore delegato della medesima, Giovanni Gorno Tempini, nella conferenza stampa di fine anno. Il 13 dicembre, il consiglio di amministrazione di Alitalia ha preso atto del preconsuntivo 2012. Secondo le indiscrezioni, causa le perdite, i mezzi propri calano attorno ai 200 milioni e ancora caleranno nel 2013 con altri 100 milioni di perdite. Sempre che la Guardia di Finanza, da qualche giorno presente in forze negli uffici della compagnia, non ci aggiunga dell'altro. Il problema, a questo punto, è come evitare un nuovo crac. Qualche settimana di tempo ancora c'è, grazie a un pò di liquidità residua, circa 200 milioni. Ma non è su queste basi che Alitalia può continuare. Lo ha ammesso anche l'amministratore delegato Andrea Ragnetti in un'intervista a «Repubblica». Quello che Ragnetti non ha detto è come si può risolvere il problema.
Dal 12 gennaio prossimo, i 20 industriali italiani, che nel 2008 avevano risposto all'appello «patriottico» di Silvio Berlusconi per non vendere ad Air France, potranno finalmente cedere le loro azioni Alitalia. Il periodo di lock up sta per finire. Ma nessun compratore si profila all'orizzonte. Nemmeno Air France, oggi detentrice del 20% della compagnia, si è ancora fatta viva. Forse le bastano gli accordi commerciali già sottoscritti. Un cospicuo aumento di capitale è urgente, ma nel consiglio del 13 dicembre l'idea è stata accantonata perché, prim'ancora della ricapitalizzazione, serve una nuova idea di futuro. Se c'è.
A questo proposito ha destato curiosità la battuta del presidente, Roberto Colaninno: «Escludo che l'ingegner Moretti non sia interessato al destino di Alitalia». Colaninno non ha aggiunto altro. Ma l'ingegner Mauro Moretti è l'amministratore delegato delle Fs che, con il Frecciarossa, hanno eroso buona parte dei ricavi, e ancor più dei margini operativi, di un'Alitalia che ancora basava il suo bilancio sulla rotta Roma-Milano. La compagnia aerea è stata certo tradita dalla recessione e dal prezzo dei combustibili. Come tutte le sue concorrenti. Ma poi ha commesso un errore specifico. Ha sottovalutato l'impatto dell'alta velocità ferroviaria sul trasporto aereo nazionale. L'eccesso di ottimismo aveva contagiato sia i 20 industriali "patrioti" sia il banchiere Corrado Passera, allora capo di Intesa Sanpaolo, banca di casa dell'Alitalia berlusconiana e pure di Italo, il treno di Della Valle e Montezemolo che cerca di fare concorrenza al Frecciarossa.
Nei mesi scorsi, prevedendo esattamente dove sarebbe arrivata Alitalia, Moretti non nascondeva il suo pensiero: la compagnia può sopravvivere a condizione di cambiare radicalmente il modello industriale; la finanza viene dopo. Dove c'è l'alta velocità, Alitalia si ritira. Anche dalla Roma-Milano. Le altre rotte, se interessanti, vanno affidate in gestione a vettori low cost trattenendo in capo alla compagnia le funzioni commerciali e strategiche. La flotta di Alitalia va quindi riallocata sul medio raggio tra grandi poli metropolitani, per esempio Napoli-Parigi, e soprattutto sul lungo raggio verso il Medio e l'Estremo Oriente, le aree del mondo a maggior sviluppo. L'intera catena logistica va quindi ridisegnata, sviluppando le stazioni ferroviarie e gli aeroporti intercontinentali con collegamenti assai più rapidi e comodi di quelli attuali. Si tratta di investimenti che Fs può trovare convenienti avendo una forte partecipazione e adeguate funzioni d'indirizzo e controllo nella compagnia aerea, mentre oggi c'è un'Alitalia zoppicante che cerca accordi con la fragile Ntv, partecipata dalle ferrovie statali francesi che fanno ostruzione ai progetti di sviluppo delle ferrovie statali italiane in Francia. Tra i soci di Alitalia, che fin d'ora appoggerebbero con entusiasmo la «carta Moretti», in prima fila figurano i Benetton, azionisti di Fiumicino e, con Fs, di Grandi Stazioni.
Nella logica morettiana, un intervento in Alitalia sarebbe subordinato a tre condizioni. La prima è la possibilità di ridisegnare il gruppo Fs, isolando in una specifica Spa la parte di Trenitalia che lavora a prezzi di mercato e che potrebbe essere deputata anche a seguire il nuovo business. Si tratta di un segmento del gruppo Fs capace di 1,7 miliardi di ricavi con un margine operativo prima degli ammortamenti di 570 milioni e un margine netto di 230. La seconda condizione è un'intesa industriale con Air France, trattata dalle Fs in un quadro globale da Paese a Paese. In questo quadro, la vigilanza dell'Antitrust dovrebbe assumere un respiro europeo e non provinciale, come spesso è finora accaduto. La terza condizione è la presa d'atto da parte degli attuali soci di Alitalia che non un euro verrà loro dato da Fs. Vogliono partecipare alla ricapitalizzazione? Porte aperte. Non se la sentono? Amen, si diluiranno.
Se questo disegno andasse in porto, l'Italia avrebbe una nuova società del trasporto aereo e ferroviario, con possibilità di integrazioni a parte nel ramo strategico della logistica. L'ingresso di investitori finanziari in vista del collocamento in Borsa - banche o Fondo strategico della Cdp, poco importa - non sarebbe un'eresia ove si pensi al supporto che aveva avuto quattro anni fa l'improbabile salvataggio voluto da Berlusconi.
Massimo Mucchetti
 

DusCgn

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9 Novembre 2005
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20
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Carbonelli: «Su Alitalia c'è un gioco allo sfascio»
L'azionista: «La compagnia è un gioiello. Credo nell'investimento».


Cosimo Carbonelli, socio del 5% di Alitalia, con una quota del 5% pagata 38 milioni di euro, ha commentato i dati che hanno messo in luce la crisi della compagnia. «Alitalia è un gioiello, è stata completamente risanata dal punto di vista industriale e il 12 gennaio, quando i soci saranno liberi di vendere, non ci saranno cambiamenti nella compagine azionaria».
L'imprenditore ha sottolineato di aver creduto all'epoca dell'investimento e di continuare a crederci anche adesso, «nonostante ci sia chi, per motivi politici o per svilirne il prezzo, gioca allo sfascio».
«AZIENDA RISANATA». A pochi giorni dalla scadenza del vincolo di lockup, che permette ai soci che nel 2008 parteciparono all'operazione di salvataggio guidata da Roberto Colaninno di vendere le loro partecipazioni, Carbonelli (a capo della holding familiare che controlla tra l'altro il marchio Kisené) ha difeso il vettore aereo che secondo alcune ricostruzioni giornalistiche sarebbe in serie difficoltà: «È un'azienda», ha spiegato, «risanata sotto il profilo industriale, che ha raggiunto altissimi livelli di puntualità, con un grado di information technology di alta efficienza. Insomma, è un gioiello, ma c'è chi ha interesse a metterla in cattiva luce per svilire il prezzo e farla acquistare a condizioni non congrue, oppure per un interesse politico perché l'operazione è legata al governo Berlusconi».
«LESI GLI INTERESSI DEGLI ITALIANI». In ogni caso, ha proseguito l'imprenditore, «si tratta di qualcosa che va a ledere gli interessi degli italiani e degli investitori, che hanno la corte da parte delle banche d'affari per fusioni e accorpamenti».
«Ma non è detto», ha continuato, «che debba essere Alitalia ad essere accorpata, potrebbe anche accadere il contrario. Il 12 gennaio, comunque, non ci saranno grandi cambiamenti, perché ci può essere chi in questo momento non ha la serenità di portare avanti l'avventura, ma non credo ci sarà un esodo: non mi aspetto grandi novità anche perché non mi risultano dialoghi intrapresi».
«RICAPITALIZZAZIONE PER CRESCERE SUL MERCATO». Carbonelli, insomma, ha deciso di mantenere con convinzione il proprio investimento, e ha sottolineato anche che «un'eventuale ricapitalizzazione, realizzata per crescere sul mercato, non deve essere vista come uno spauracchio. Bisogna cercare», ha concluso, «di acquisire fette di mercato: ci sono molte direttrici lungo le quali si può crescere e con questo amministratore è possibile, perché è un uomo di marketing».

Sabato, 22 Dicembre 2012

http://www.lettera43.it/economia/az...alia-c-e-un-gioco-allo-sfascio_4367577500.htm
 

nicolap

Amministratore AC
Staff Forum
10 Novembre 2005
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Roma
per gli esperti: cosa c'è di vero? e ancora, da due corrozzoni vien fuori una carrozza?

Alitalia, piano ad Alta Velocità
Un polo con Fs per evitare il crac

Colaninno ai soci: Moretti è interessato. Le condizioni e gli alleati

Alitalia è ormai prossima al capolinea, ma non sarà la Cassa depositi e prestiti a salvarla, come ha chiarito l'amministratore delegato della medesima, Giovanni Gorno Tempini, nella conferenza stampa di fine anno. Il 13 dicembre, il consiglio di amministrazione di Alitalia ha preso atto del preconsuntivo 2012. Secondo le indiscrezioni, causa le perdite, i mezzi propri calano attorno ai 200 milioni e ancora caleranno nel 2013 con altri 100 milioni di perdite. Sempre che la Guardia di Finanza, da qualche giorno presente in forze negli uffici della compagnia, non ci aggiunga dell'altro. Il problema, a questo punto, è come evitare un nuovo crac. Qualche settimana di tempo ancora c'è, grazie a un pò di liquidità residua, circa 200 milioni. Ma non è su queste basi che Alitalia può continuare. Lo ha ammesso anche l'amministratore delegato Andrea Ragnetti in un'intervista a «Repubblica». Quello che Ragnetti non ha detto è come si può risolvere il problema.
Dal 12 gennaio prossimo, i 20 industriali italiani, che nel 2008 avevano risposto all'appello «patriottico» di Silvio Berlusconi per non vendere ad Air France, potranno finalmente cedere le loro azioni Alitalia. Il periodo di lock up sta per finire. Ma nessun compratore si profila all'orizzonte. Nemmeno Air France, oggi detentrice del 20% della compagnia, si è ancora fatta viva. Forse le bastano gli accordi commerciali già sottoscritti. Un cospicuo aumento di capitale è urgente, ma nel consiglio del 13 dicembre l'idea è stata accantonata perché, prim'ancora della ricapitalizzazione, serve una nuova idea di futuro. Se c'è.
A questo proposito ha destato curiosità la battuta del presidente, Roberto Colaninno: «Escludo che l'ingegner Moretti non sia interessato al destino di Alitalia». Colaninno non ha aggiunto altro. Ma l'ingegner Mauro Moretti è l'amministratore delegato delle Fs che, con il Frecciarossa, hanno eroso buona parte dei ricavi, e ancor più dei margini operativi, di un'Alitalia che ancora basava il suo bilancio sulla rotta Roma-Milano. La compagnia aerea è stata certo tradita dalla recessione e dal prezzo dei combustibili. Come tutte le sue concorrenti. Ma poi ha commesso un errore specifico. Ha sottovalutato l'impatto dell'alta velocità ferroviaria sul trasporto aereo nazionale. L'eccesso di ottimismo aveva contagiato sia i 20 industriali "patrioti" sia il banchiere Corrado Passera, allora capo di Intesa Sanpaolo, banca di casa dell'Alitalia berlusconiana e pure di Italo, il treno di Della Valle e Montezemolo che cerca di fare concorrenza al Frecciarossa.
Nei mesi scorsi, prevedendo esattamente dove sarebbe arrivata Alitalia, Moretti non nascondeva il suo pensiero: la compagnia può sopravvivere a condizione di cambiare radicalmente il modello industriale; la finanza viene dopo. Dove c'è l'alta velocità, Alitalia si ritira. Anche dalla Roma-Milano. Le altre rotte, se interessanti, vanno affidate in gestione a vettori low cost trattenendo in capo alla compagnia le funzioni commerciali e strategiche. La flotta di Alitalia va quindi riallocata sul medio raggio tra grandi poli metropolitani, per esempio Napoli-Parigi, e soprattutto sul lungo raggio verso il Medio e l'Estremo Oriente, le aree del mondo a maggior sviluppo. L'intera catena logistica va quindi ridisegnata, sviluppando le stazioni ferroviarie e gli aeroporti intercontinentali con collegamenti assai più rapidi e comodi di quelli attuali. Si tratta di investimenti che Fs può trovare convenienti avendo una forte partecipazione e adeguate funzioni d'indirizzo e controllo nella compagnia aerea, mentre oggi c'è un'Alitalia zoppicante che cerca accordi con la fragile Ntv, partecipata dalle ferrovie statali francesi che fanno ostruzione ai progetti di sviluppo delle ferrovie statali italiane in Francia. Tra i soci di Alitalia, che fin d'ora appoggerebbero con entusiasmo la «carta Moretti», in prima fila figurano i Benetton, azionisti di Fiumicino e, con Fs, di Grandi Stazioni.
Nella logica morettiana, un intervento in Alitalia sarebbe subordinato a tre condizioni. La prima è la possibilità di ridisegnare il gruppo Fs, isolando in una specifica Spa la parte di Trenitalia che lavora a prezzi di mercato e che potrebbe essere deputata anche a seguire il nuovo business. Si tratta di un segmento del gruppo Fs capace di 1,7 miliardi di ricavi con un margine operativo prima degli ammortamenti di 570 milioni e un margine netto di 230. La seconda condizione è un'intesa industriale con Air France, trattata dalle Fs in un quadro globale da Paese a Paese. In questo quadro, la vigilanza dell'Antitrust dovrebbe assumere un respiro europeo e non provinciale, come spesso è finora accaduto. La terza condizione è la presa d'atto da parte degli attuali soci di Alitalia che non un euro verrà loro dato da Fs. Vogliono partecipare alla ricapitalizzazione? Porte aperte. Non se la sentono? Amen, si diluiranno.
Se questo disegno andasse in porto, l'Italia avrebbe una nuova società del trasporto aereo e ferroviario, con possibilità di integrazioni a parte nel ramo strategico della logistica. L'ingresso di investitori finanziari in vista del collocamento in Borsa - banche o Fondo strategico della Cdp, poco importa - non sarebbe un'eresia ove si pensi al supporto che aveva avuto quattro anni fa l'improbabile salvataggio voluto da Berlusconi.
Massimo Mucchetti

Corriere della Sera - versione online
23 dicembre 2012 | 9:52
 

FlyKing

Moderatore
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14 Aprile 2011
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Genova - LIMJ
Voci dicono che gli uffici AZ siano frequentati assiduamente dalla guardia di finanza in questio giorni. Qualcuno sa se sia attendibile e se sia ancora collegata alla vicenda WJ?
 

billypaul

Utente Registrato
Carbonelli: «Su Alitalia c'è un gioco allo sfascio»
L'azionista: «La compagnia è un gioiello. Credo nell'investimento».


Cosimo Carbonelli, socio del 5% di Alitalia, con una quota del 5% pagata 38 milioni di euro, ha commentato i dati che hanno messo in luce la crisi della compagnia. «Alitalia è un gioiello, è stata completamente risanata dal punto di vista industriale e il 12 gennaio, quando i soci saranno liberi di vendere, non ci saranno cambiamenti nella compagine azionaria».
L'imprenditore ha sottolineato di aver creduto all'epoca dell'investimento e di continuare a crederci anche adesso, «nonostante ci sia chi, per motivi politici o per svilirne il prezzo, gioca allo sfascio».
«AZIENDA RISANATA». A pochi giorni dalla scadenza del vincolo di lockup, che permette ai soci che nel 2008 parteciparono all'operazione di salvataggio guidata da Roberto Colaninno di vendere le loro partecipazioni, Carbonelli (a capo della holding familiare che controlla tra l'altro il marchio Kisené) ha difeso il vettore aereo che secondo alcune ricostruzioni giornalistiche sarebbe in serie difficoltà: «È un'azienda», ha spiegato, «risanata sotto il profilo industriale, che ha raggiunto altissimi livelli di puntualità, con un grado di information technology di alta efficienza. Insomma, è un gioiello, ma c'è chi ha interesse a metterla in cattiva luce per svilire il prezzo e farla acquistare a condizioni non congrue, oppure per un interesse politico perché l'operazione è legata al governo Berlusconi».
«LESI GLI INTERESSI DEGLI ITALIANI». In ogni caso, ha proseguito l'imprenditore, «si tratta di qualcosa che va a ledere gli interessi degli italiani e degli investitori, che hanno la corte da parte delle banche d'affari per fusioni e accorpamenti».
«Ma non è detto», ha continuato, «che debba essere Alitalia ad essere accorpata, potrebbe anche accadere il contrario. Il 12 gennaio, comunque, non ci saranno grandi cambiamenti, perché ci può essere chi in questo momento non ha la serenità di portare avanti l'avventura, ma non credo ci sarà un esodo: non mi aspetto grandi novità anche perché non mi risultano dialoghi intrapresi».
«RICAPITALIZZAZIONE PER CRESCERE SUL MERCATO». Carbonelli, insomma, ha deciso di mantenere con convinzione il proprio investimento, e ha sottolineato anche che «un'eventuale ricapitalizzazione, realizzata per crescere sul mercato, non deve essere vista come uno spauracchio. Bisogna cercare», ha concluso, «di acquisire fette di mercato: ci sono molte direttrici lungo le quali si può crescere e con questo amministratore è possibile, perché è un uomo di marketing».

Sabato, 22 Dicembre 2012

http://www.lettera43.it/economia/az...alia-c-e-un-gioco-allo-sfascio_4367577500.htm
Dobbiamo credere a quello che dice un azionista o a quello che scrivono i giornali?
 

Cesare.Caldi

Utente Registrato
14 Novembre 2005
37,239
1,440
N/D
Dobbiamo credere a quello che dice un azionista o a quello che scrivono i giornali?
Per me nessuno dei due uno (Repubblica) troppo pessimista anche per interessi politici elettorali l'altro (l'azionista) troppo ottimista che mi sembra non si sia minimamente reso conto qual'è la reale situazione attuale. Come sempre la verità sta nel mezzo.
 

mauro.

Bannato
26 Maggio 2010
4,548
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Per me nessuno dei due uno (Repubblica) troppo pessimista anche per interessi politici elettorali l'altro (l'azionista) troppo ottimista che mi sembra non si sia minimamente reso conto qual'è la reale situazione attuale. Come sempre la verità sta nel mezzo.
In fondo ha investito solo 38'000'000! ;)
 

nofly

Utente Registrato
26 Gennaio 2012
298
9
Rossano, Calabria
Per me nessuno dei due uno (Repubblica) troppo pessimista anche per interessi politici elettorali l'altro (l'azionista) troppo ottimista che mi sembra non si sia minimamente reso conto qual'è la reale situazione attuale. Come sempre la verità sta nel mezzo.
Cesare non credo che un imprenditore che investe 30 milioni di € non si rende conto come dici tu della situazione anzi essendo all'interno può giudicare le cose con più dati alla mano, che poi si possa essere ottimisti o meno questo è un altro paio di maniche...
 
Stato
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