Alitalia, conti in picchiata e tra le turbolenze dei cieli torna il problema Malpensa
AUMENTANO LE PERDITE E NELLA SITUAZIONE CRITICA PER LE GRANDI COMPAGNIE EUROPEE L’UNICA SPERANZA DEL VETTORE ITALIANO E’ CHE LA RICCA EITHAD RAFFORZI L’ALLEANZA CON L’AZIONISTA AIR FRANCE-KLM. MA SULLE PROSPETTIVE PESA IL NUOVO PIANO SEA
Paola Jadeluca
Alitalia, F2i rischia di tagliare le ali alla compagnia. Riaccendendo la battaglia sui cieli d’Italia in uno dei momenti di peggiore turbolenza per l’industria europea del traffico aereo. Il fondo di Vito Gamberale ha un progetto. Il progetto del fondo guidato dall’ex manager pubblico, azionista di Sea, società di gestione degli scali milanesi, prevede lo spostamento una buona parte dei voli internazionali da Linate, fortino di Alitalia, a Malpensa. Al momento è solo una proposta, presentata al ministro dello sviluppo Corrado Passera proprio nei giorni scorsi, al Forum Ambrosetti, dal presidente Sea, Giuseppe Bonomi. Il fondo non compare mai in prima persona. Ufficialmente l’idea è stata ispirata dal direttore finanziario di Sea. Ma c’è da giurarci che dietro c’è lo zampino di F2i. E se dovesse andare in porto, sarebbe il colpo di grazia per Alitalia. «Sarebbe la spallata finale», commenta Oliviero Baccelli, vicedirettore del Certet Bocconi. Racconta Baccelli
:«Se i voli internazionali passassero a Malpensa, Alitalia si ritroverebbe in diretta concorrenza con tutti, dalla low cost easyJet al grande vettore Lufthansa, che sarebbe il primo a beneficiare della manovra. Oggi da Linate non si può volare su Monaco, il secondo hub della Lufthansa, e i voli su Francoforte, che non è una capitale, sono limitati mentre su Parigi, Amsterdam, Heathrow e Roma i voli europei sono molto di più. Il sistema di regolazione attuale è un caos, ma ha chiari svantaggi per il vettore tedesco, a favore invece dell’alleanza Skyteam. Travolta dagli scioperi e frenata nei suoi piani di espansione su Berlino dal rinvio dell’apertura del nuovo aeroporto Willy Brandt, Lufthansa ha tutto da guadagnare da questo ribilanciamento, considerato che l’Italia è per la compagnia tedesca il secondo mercato a livello europeo, il terzo dopo gli Usa a livello mondiale, e poter aumentare la capacità di feederaggio sui suoi scali è di importanza vitale. Tanto da far supporre che dietro le quinte si stiamobilitando a favore del progetto. Magari cavalcando l’onda del feeling che lega il nostro presidente del consiglio Mario Monti alla premier Angela Merkel. Ovviamente, al contrario, il progetto è visto come il fumo negli occhi da AirFrance-Klm, azionista con il 25% di Alitalia che, proprio in virtù di questo e altri vantaggi aveva deciso di investire sulla compagnia italiana. Sfumata l’ipotesi di fusione tra Alitalia ed Air France-Klm in seguito alle turbolenze nei conti del gruppo franco-olandese, ad Alitalia non resta che cercare di mettere a frutto l’allenza Skyteam, in attesa che all’orizzonte si profili qualche altro socio. «Nel secondo semestre Alitalia ha risultato operativo ancora in perdita e per la prima volta ha registrato una diminuzione dei ricavi anno su anno », commenta Lida Mantzavinou, Consulting analyst Aerospace & Defence di Frost & Sullivan. Già a inizio luglio Mantzavinou, proprio dalle pagine di A&F aveva lanciato il warning sulla compagnia italiana. Nel 2013, quando scadrà il lock up degli azionisti, la compagnia sarà costretta a vendere, sostiene Mantzavinou. Ma, considerate le nubi nere che si sono addensate sull’industria europea, bisogna guardare più lontano per trovare un nuovo socio. «L’unica possibilità per Alitalia, è cercare di attrarre un investitore degli emirati arabi, per esempio Eithad - sostiene Mantzavinou - e una potenziale più stretta alleanza tra Eithad ed Air France-Klm, annunciata a luglio, sarebbe ideale per Alitalia, che potrebbe trarne beneficio attraverso l’alleanza Skyteam». In questo scenario il progetto Sea rompe le uova nel paniere ad Alitalia. Tutto è solo sulla carta. Ma già solo l’idea è un ritorno indietro nel tempo, alle tormentate vicende della privatizzazione, quando si doveva decidere se vendere a Lufthansa oppure ad Air France, al balletto tra Fiumicino e Malpensa per la scelta dell’hub, lo snodo di scambio centrale del traffico aereo italiano. Oggi, come allora, a decidere le sorti della compagnia sarà un delicato incastro tra scelte politiche e strategie economiche. Ma lo scenario è più vasto e complicato. F2i, molto attento alla redditività più che al consenso locale, molto probabilmente vuole mettere a frutto la struttura di Malpensa, nata per 28 milioni di passeggeri con molti investimenti che devono essere ancora ammortizzati. Il fondo partecipato dalle grandi banche e dalla Cassa depositi e prestiti non è solo in questa battaglia. Dietro al rilancio di Malpensa si nascondono altri interessi: alberghi, parcheggi, viabilità. Certo, sul progetto incombe la grande incognita dell’inchiesta della magistratura in merito al sospetto di “turbativa d’asta” per la vendita da parte del Comune di Milano, avvenuta lo scorso anno, del 29,75% della quota Sea a F2i. Giusto la settimana scorsa c’è stata una perquisizione della Guardia di finanza negli uffici di Linate. Nessuno può dire oggi come andrà a finire. Certo è che la lobby dei costruttori preme per uscire dalle sacche della crisi. Ci sono voluti cinque decreti e decine di avvocati per trovare un accordo di ripartizione dei voli tra Linate, Malpensa e Fiumicino. Ora, i giochi potrebbero essere di nuovo riaperti. E Alitalia, più piccola e fragile, si ritrova schiacciata tra i grandi vettori europei. Il momento è dei più critici. Il caro petrolio ha messo in ginocchio i big dei cieli. Solo per Ryanair ed easyJet l’outlook resta positivo. «Ci aspettiamo che tutta l’industria continui a perdere», scrive Andrew Light, analista di Citi. «Air France-Klm è la più vulnerabile all’incremento del carburante », sostengono in coro Neil Glynn, Erik Bertilsson, Tim Ramskill e Jiulia Pennington di Credit Suisse, che invece ritengono Lufthansa meno sensibile tra i grandi carrier. «In questo scenario i conti di Alitalia-Cai sono tutto sommato gestibili», sostiene Baccelli. Ma il piano di Sea potrebbe scatenare un nuovo scossone. Resta un problema di fondo: quali prospettive ha la compagnia in questa fase di lotta per la sopravvivenza, della corsa ai tagli, ai consolidamenti. Il core business di Alitalia è il mercato domestico, ma dallo scorso anno ha perso il primato sui voli interni, conquistato da Ryanair. Potrebbe crescere sulla Roma-Catania (che dal 2011 ha superato la Roma-Milano per importanza) se fallisce del tutto WindJet, finora il principale concorrente. Ma si tratta di numeri piccoli. La semplificazione delle tariffe e la politica di offerte sulla Roma-Milano sta facendo riguadagnare punti al vettore rispetto all’Alta velocità. La grande partita si gioca sul lungo raggio, dove Alitalia ha 32 accordi di code sharing, che per gli esperti seguono una logica di stampella: sei solo un partner, non hai forza commerciale né operativa. Siamo ben lontani dall’appeal della vecchia Alitalia. Venduta la grande divisione cargo, dismessa la manutenzione, fiore all’occhiello, di industriale è rimasto ben poco. Il riposizionamento del marchio è la strategia chiave, l’unica percorribile. Con il ringiovanimento della flotta e un servizio orientato alla qualità, il management vuole rilanciare Alitalia-Cai come un brand alto di gamma. «Non abbiamo un amministratore delegato, ma un direttore marketing», si sente dire di Andrea Ragnetti tra i sindacati. «Una grande moquette rossa e lunghi tavoli da buffet nell’hangar di Fiumicino dove una volta persino gli americani venivano a studiare l’eccellenza hitech, dalla verniciatura alla meccanica: è stata una coltellata al cuore», racconta di un recente evento un dirigente in pensione. Rafforzare l’immagine per attirare un investitore ricco, questo è l’obiettivo. Ma sul fronte aereo è tramontato il fascino dell’italian lifestyle. Nel trasporto aereo, come nella moda, l’Oriente avanza con i propri marchi e il proprio stile. Eithad, con la sua grande politica di espansione, si sta affermando come brand globale; Singapore Airlines è sempre in cima ai premi per la qualità ed efficienza. Lo stesso vale per Cathay Pacific e Qatar Airlines. Ci vuole altro per convolare a nozze con un partner ricco. E se perde pure il vantaggio su Linate, la dote si fa sempre più povera. Continua la grande corsa a tagli e ristrutturazioni da parte dei vettori tradizionali travolti dalla crisi e dal caro carburante L’impennata della spesa per il carburante dal 2003 a oggi è enorme, in parte dipende dall’incremento del traffico, in parte dall’aumento del prezzo del greggio
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