Senza scomodare i Gambacorti, che nel 1406 aprirono le porte della città ai fiorentini in cambio di fiorini d’oro, e neppure il gelo nel passaggio del campanello tra Enrico Letta e Matteo Renzi, il rapporto tra Firenze e Pisa non è mai stato facile. Anzi non è mai stato facile il rapporto tra Pisa e Firenze, come dicono sotto la Torre Pendente. Oscillando tra rivalità e collaborazione, sempre all’insegna del reciproco campanilismo. Ma al di là della competizione, spesso «sana», gli ultimi decenni della Regione sono stati contrassegnati dai rapporti tra capoluogo e città della costa, con alti e bassi, simboleggiati proprio dalla storia dell’integrazione dei due aeroporti, e non solo.
La storia degli scali di Firenze e Pisa si intreccia già negli anni Sessanta, quando viene lanciata l’idea dell’aeroporto della Toscana a San Giorgio a Colonica, nel pratese, per superare appunto i due piccoli bacini di utenza di Peretola e Pisa e i problemi della vicinanza delle due città alle piste. Si fanno studi di fattibilità, piani, c’è l’assenso del Comune di Firenze e la spinta del socialista Mario Leone, fiorentino, poi presidente della Regione, ma la storia dice che grazie anche alla contrarietà dei pisani e di Prato, nel 1974 gli otto miliardi di lire ottenuti per lo scalo vennero dirottati dal governo, dopo il no della Regione al nuovo aeroporto, per un collegamento ferroviario veloce tra Firenze e Pisa che 41 anni dopo è ancora inesistente. Gli anni passano, il Galilei cresce senza curarsi di Peretola, poco più che un aeroclub con nel 1985 «ben» 5.836 passeggeri in un anno contro gli 800.000 di Pisa e nel 1991 la prima svolta, con l’arrivo a Firenze di Meridiana. Il traffico decolla, l’aeroporto cresce e Firenze nel 1997 supera Pisa per numero di passeggeri (1.080.000 contro 1.065.00) e mantiene il primato fino al controsorpasso nel 2002 da parte di Pisa, complice Ryanair, arrivata nel 1998 e che ha spinto lo scalo a doppiare i passeggeri di Firenze, oggi 2,2 milioni contro 4,5 e in futuro comunque 4,5 contro 7,5.
Con la crescita arrivano anche i problemi, i rischi di concorrenza, si parla di nuove piste e con la presidenza della Regione di Claudio Martini si comincia a ipotizzare una holding tra le società di gestione di Vespucci e Galilei. Martini lancia l’idea nel 2006, con il sì degli industriali e delle banche — «Questa proposta va concretizzata nel 2007, il sistema toscano deve essere un vaso di ferro accanto ad altri vasi di ferro», disse il presidente di Banca Toscana Aldinghiero Fini — ma tra resistenze dei pisani e lotte intestine al Pds-Ds-Pd le cose sono andate molto più per le lunghe, mentre i soci privati e pubblici di Adf e Sat, ormai quotate in Borsa, sono cambiati ed il Marconi di Bologna è cresciuto.
Ora Firenze e Pisa siederanno assieme nella stanza dei bottoni — e l’azionista privato di maggioranza, il colosso argentino Corporacion America di Eduardo Eurnekian che gestisce decine di scali in tutto il mondo, porterà investimenti per mezzo miliardo di euro da qui al 2028 — come accaduto da tempo in altri casi, con molte meno polemiche o cortei con bandiere. Due esempi? Il distretto del cuoio di Santa Croce, con l’area fiorentina e pisana coese per dotarlo di un depuratore e superare i problemi di approvvigionamento di acqua fino a farne uno dei poli più competivi di Europa, uno dei segreti alla base del boom del lusso made in Tuscany. E la nascita del colosso Toscana Energia, fondendo le ex municipalizzate del gas dei due Comuni, con l’equilibrio Firenze-Pisa garantito senza troppi scossoni. Altra collaborazione antica quella sui rifiuti, anche se Peccioli ha fatto pagare a peso d’oro le tonnellate di nettezza fiorentina accolte nelle sua discarica, mentre università e ospedali hanno collaborato ma sono stati e sono anche «rivali» (con qualche scippo di primari) e se Pisa ha come fiore all’occhiello la Normale o il Sant’Anna, Firenze risponde con Palazzo Strozzi o il Polo scientifico di Sesto, mentre Unicoop si ferma a Pontedera e poi è territorio Coop Tirreno.
La rivalità è stata però soprattutto politica, con il peso di Pisa e della Costa preponderante a lungo nel Pds-Ds-Pd ed in Regione, a scapito del capoluogo di regione. Tanti i big pisani, Paolo Fontanelli, Marco Filippeschi (anche segretario regionale dei Ds ed in predicato di correre da presidente della Regione prima di diventare sindaco), Enrico Letta, Federico Gelli, ex vice di Martini, con i fiorentini sempre defilati e in attesa di un governatore dai tempi di Gianfranco Bartolini cioè dal 1990, schiacciati anche dalla Costa, vedi Alessandro Cosimi presidente di Anci Toscana o Andrea Maciulli, da Piombino, segretario regionale con il grossetano Luca Sani coordinatore della segreteria. Così l’asse dell’Arno è sempre rimasto problematico. E alla fine c’è voluto un presidente della Regione pisano, anzi di Pontedera, anzi di Bientina, come Enrico Rossi precisa sempre, per convincere (con l’aiuto del governo del fiorentino Matteo Renzi) i pisani.
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