Attenzione Silvano, sono due storie un po' differenti.
Quando Walter Landor fu chiamato, nel 1967, a rinnovare l'immagine di AZ, si trovò in un contesto particolare, ovvero la democratizzazione del trasporto aereo e, conseguentemente, la messa in crisi dei precedenti stilemi rappresentativi di un brand attivo in questo campo (non a caso, fino alla fine degli anni '60 le livree si somigliano un po' tutte).
Quando Landor concluse i primi studi di prodotto scoprì che l'immagine che Alitalia trasmetteva nella clientela, specialmente quella straniera, era quella di una piccola compagnia a vocazione prevalentemente domestica, cosa inconciliabile con la continua espansione internazionale di quel periodo.
Sono anni in cui le cose cambiano molto in fretta, il designer ne è consapevole, anni in cui si ha necessità di creare un'identità forte, diversa da tutte le altre, per renderla immediatamente riconoscibile e, al contempo, iniziare un processo ancora parzialmente sconosciuto all'epoca, la fidelizzazione del cliente.
In questo contesto, si decise perciò di prendere la "Pentagramma", cestinarla, e di presentare qualcosa di completamente nuovo, diverso, tanto patriottico quanto stilisticamente riuscito ed elegante.
Poteva far discutere, ma era una cosa nuova, un'identità che prima Alitalia non aveva.
Quella che ci prospetta oggi Ivan è una porcata, da qualunque prospettiva la si guardi e senza alcuna possibilità di appello; nessun designer degno di tale nome potrebbe (o meglio dovrebbe) mai anche solo proporre una cosa del genere.
Il progetto inizia già con un concetto di base sbagliato: tagliare i ponti con l'immagine del passato.
Questione opinabile, tenendo conto che nel mondo del design esiste una nozione basilare denominata "customer recognition", creata da Landor stesso, ma ci si deve liberare di un recente passato molto, forse troppo scomodo, dunque passi.
Passi anche il discorso del colore, a mio avviso orrido in qualunque declinazione lo si voglia proporre, ma può avere il suo perchè se misurato a dovere e, tirato, può avere anche la sua spiegazione.
Il resto è di una bruttezza inconcepibile, una scimmiottatura di una livrea iconica e riuscita, a cui non è possibile attribuire alcun senso, se non l'evidente mancanza di gusto degli australiani, essendo fortemente voluta da Hogan e, si dice, imposta al CdA.
Si deve tagliare con il passato, dunque quale migliore idea di storpiare l'identità attuale, cambiandone i colori sociali? Un po' come lamentarsi dei problemi meccanici e degli assemblaggi della propria vettura e, per rompere con il passato, comprarne una uguale, ma azzurra.
Semplicemente geniale.
La seconda richiesta prevedeva che il modello che al quale si deve ispirare la nuova Alitalia sia quello della compagnia degli anni '60, ambasciatrice dello stile e delle eccellenze italiane; quale miglior modo per farlo se non riprendendo i colori della Freccia Alata (non so quanti lo abbiano notato) sostituendoli nella nuova livrea, che comunque di nuovo ha ben poco, essendo fortemente ispirata a quella precedente? Doppiamente geniale.
L'ultimo punto fisso di Hogan prevedeva che la livrea rappresentasse inequivocabilmente l'Italia nel mondo. Facile, bastava piazziarci un tricolore "ad minchiam" ed è quello che è stato fatto.
Tutto questo teatrino per dire che, se si vuole tagliare con il passato lo si deve fare in maniera netta, senza richiami o altro; piazzateci poligoni, stelle, cuoricini, ma dell'immagine precedente non deve esserce nemmeno un tratto.
Potrà piacere o meno, ma sarà un segnale inequivocabile di svolta.
Questo invece non è niente, se non un pessimo esempio di design, italiano per giunta.
Scusatemi per avervi annoiato.