Grazie per aver riproposto la lettera,
è un argomento interessante, che suggerisce varie riflessioni sul processo di cambiamento che sta vivendo l’aviazione italiana. Ero curioso di conoscere le vostre sensazioni.
L’autore è un semplice ragazzo dotato di una sana ambizione, e in questo non c’è che da esprimergli stima. Qualche tempo fa, una sera da mia nonna ho visto su Porta a Porta un sondaggio sui “giovani” e mi sono intristito. Alla domanda “quale tra i seguenti aspetti ritieni prioritario nella ricerca di un lavoro?” Tra “stipendio”, “ambiente lavorativo”, “gratificazione personale”, “sicurezza” e “possibilità di carriera” il 66 % rispondeva il posto fisso.
Una tale determinazione è ammirevole. Ed unita alla costanza è una qualità che sono sicuro che nel tempo verrà premiata.
Diciamo però che c’è modo e modo di arrampicarsi. Che anche lo sgomitare, dovrebbe comunque avere un suo stile.
Le argomentazioni sono in buona parte indubbiamente condivisibili, ma scrivere a nemmeno 30 anni al secondo quotidiano nazionale una lettera (sembrerebbe nemmeno indirizzata ai piloti ma “ai comandanti”), in cui gli si fanno pubblicamente questioni di morale, mi sembra un passo audace per chi sta imparando a camminare.
Non è tanto una questione di piloti, di esperienza, di gerarchia … è proprio il concetto in sé ad essere fastidioso. Il pensare che in un qualunque ambito professionale, uno entrato da un anno si metta a criticare pubblicamente chi in quella giungla che è un luogo di lavoro, ci ha trascorso quasi una vita intera. Dovendo trasformarsi in chissà quale uomo, scendere chissà a quali compromessi con sé stesso, per riuscire a sopravvivere.
Se i piloti fossero una categoria unita, e non divisa tra le scaramucce del cortile, si potrebbe dire che il giovane non ha fatto una cosa intelligente.
Riflettevo invece sui 120.000 Euro inizialmente investiti, considerando la sola cifra così come si presenta, al netto di eventuali interessi o mancati profitti per la sua sottrazione ad altre forme di investimento. Su quanto il sig. Busatto (che un giorno ha bussato alla porta di un’azienda perché cercava un lavoro, e ne è uscito con un loro prodotto acquistato sotto un braccio, e qualche anno di cambiali in tasca), possa guadagnare in questo momento e che aspettativa ci possa essere per i prossimi anni della sua carriera.
Considerato il doversi trasferire e sostenere un nuovo affitto, dotarsi di un auto (indispensabile), e mantenersi in un modo quanto meno dignitoso, che cifra riuscirà a mettere da parte tutti i mesi per onorare l’impegno preso ? Quanto tempo impiegherà il sig. Busatto a rientrare della somma esposta al rischio, ed iniziare finalmente a guadagnare ?
Mi emoziono sempre nell’ascoltare i racconti di questi “giovani”, dei loro animi puri e infiammati da nobili ideali di serietà e dedizione al lavoro.
Loro vogliono “coronare il sogno che ho fin da bambino”, vogliono “volare”. Loro sono “nauseati” dal sistema, hanno una “passione”, loro hanno “fatto dei sacrifici”. Incompresi in un mondo di mercenari che pensa solo al denaro, loro invece il “cielo” ce l’hanno “nel cuore”.
Delle mere questioni terrene, è poi qualcun altro a doversi occupare.
Ne ricordo uno, tra quelli in cui mi sono imbattuto, cui ai genitori avevano appena pignorato la casa. Guardando il cielo, “ma io sono lassù … “, ti rispondeva con gli occhi luccicanti di un bambino.
Il limite del sig. Busatto, è che la sua formazione non l’ha dovuta pagare di tasca propria.
Probabilmente, se avesse una banca od una società di recupero crediti che gli stanno col fiato sul collo, maturerebbe la corretta capacità di analisi per avere una visione più ampia del contesto in cui vive. Magari, visto che di mestiere fa il pilota anche lui, gli verrebbe il dubbio che quegli scioperati di Alitalia che ridicolizzano il paese, senza volerlo forse stiano facendo molto di più per il suo futuro, di quanto non abbia fatto finora lui.