Molti si stupiscono dell'assenza di copertura radar negli oceani... della mancanza di comunicazioni radio... dell'assurdo che un volo sia "scomparso" e si ipotizzi possa essere causa di condizioni meteo estreme...
Giusto per fare un po' l'avvocato del diavolo...
Airbus A330: allo stato attuale delle cose
Il primo e più importante dei quali è relativo al fatto che l’equipaggio non ha comunicato nulla al personale di terra. Dall’apparecchio è partito solo il segnale automatico, della durata di tre minuti, di "avaria generale del sistema elettrico". Il che significa tutto e niente. È impensabile che un equipaggio addestrato e di grande esperienza come quello dell’Airbus in volo per Parigi non sia riuscito a mettere mano alle comunicazioni. Ai corsi per i piloti, gli insegnanti ripetono ossessivamente la formuletta "operate and comunicate", operate e comunicate.
Appunto... "aviate", "navigate" e poi per ultima "communicate". Mi è successo di interminabili minuti di silenzio e migliaia di piedi persi da aerei in emergenza prima di ricevere una parola dal pilota.
Nel volo oceanico poi i piloti non stanno con le cuffie alle orecchie e il dito sul PTT come quando nei continenti. Le HF non sono facilmente monitorabili di continuo come le VHF e la quantità di comunicazioni è diversa. Per questo si usa il sistema SELCAL con gli aerei da parte del controllo oceanico.
Le trasvolate oceaniche, dato che sono molto lunghe, prevedono sempre la presenza di due equipaggi completi per la cabina di comando: un equipaggio "attivo", composto dal comandante del velivolo e dal suo secondo (detto "primo ufficiale"), che si occupa delle prime e delle ultime ore di volo, e un equipaggio di crociera, composto da uno o due piloti, che sostanzialmente non fa altro che controllare il pilota automatico durante la lunga e sonnolenta traversata dell’oceano. Nel caso in cui le condizioni climatiche siano più o meno preoccupanti, il comandante ha la facoltà di scegliere se restare alla cloche e sovrintendere a tutte le operazioni.
Non sempre: dipende dalle ore di volo. In alcuni casi può essere anche un equipaggio unico, o 3 piloti.
A leggere le carte del tempo relative a quella zona, si capisce che di sicuro il volo si è trovato in una situazione di turbolenza. Che, nell’aeronautica civile, è di tre gradi, a seconda dell’intensità: leggera, moderata e severa. Ora, quand’anche il volo AF 447 si fosse trovato al cospetto di una turbolenza di terzo livello (cosa improbabile, visto che i voli sono dotati di radar meteo che danno informazioni in tempo reale sulle condizioni del tempo da lì a 15 minuti: l’equipaggio può quindi con tutta calma operare variazioni di rotta per evitare le zone difficili), se pure si fosse trovato al cospetto di una turbolenza severa, si diceva, è da escludere del tutto l’ipotesi che questa abbia provocato la caduta del jet: fulmine compreso.
Secondo l'ICAO i tipi di turbolenza sono 4: light, medium, severe e extreme.
Non è difficile sentirsi riportare turbolenza severa, anche sopra le nostre alpi. Non è neanche raro vedere aerei che non sono in grado di mantenere il livello, o perdere lo stato RVSM a causa di turbolenza. Ho visto anche perdere 4000 piedi in 30 secondi a causa di turbolenza severa, con conseguente atterraggio di emergenza a causa di feriti a bordo (piloti inclusi).
Anche la questione dell’assenza di copertura radar andrebbe riportata a un livello di discussione assai più moderato. Allo stato attuale della tecnologia in nostro possesso, non si può attuare un’area di copertura radar da costa a costa. La copertura del radar – che effettivamente per lunghi tratti di traversata oceanica manca – serve soprattutto alle torri di controllo per canalizzare e gestire il traffico di decolli e atterraggi... Non va dimenticato che in un minuto di una qualsiasi giornata contemporaneamente volano migliaia di apparecchi. Un pilota non ha un bisogno necessario e assoluto del radar per andare da X a Y. Ha i suoi sistemi di navigazione. Ha le carte. Ha le rotte già tracciate. Ha il satellitare. E soprattutto comunica con i colleghi che lo seguono e lo precedono lungo quelle medesime rotte. Nel caso di comunicazioni con la torre, poi, ci sono le radio in frequenza HF, di qualità medio-bassa, ma comunque sempre funzionanti e attive.
Sicuro di tutto quello che hai scritto? Davvero il radar ti serve solo per allinearti alla pista in atterraggio? Riusciresti a condurre un volo Roma-Milano senza controllo radar? Mah...
Ad ogni modo le torri sono gli unici impianti che non hanno il radar dato che svolgono il loro lavoro con occhi, cannocchiale, strips e radio. Le torri più trafficate hanno il servizio "radar aerodromo" che ha delle funzioni di ausilio e ben limitate dato che il controllo è svolto "a vista".
Dunque, restiamo ai (pochi, al momento) punti fermi della vicenda.
L’equipaggio non ha comunicato nulla. Né may day, né malfunzionamenti. Ora, calcolando che l’altezza media di crociera di un volo è di 35mila piedi, e ipotizzando una caduta verticale, proprio a muso in giù, dell’apparecchio, e assumendo infine che il mezzo impieghi un minuto per percorrere 5mila piedi, all’Airbus Air France ci sarebbero voluti 7 minuti prima dell’impatto con l’acqua. Sette minuti e zero comunicazioni. Qualcosa deve essere successo all’interno del cockpit. Un evento improvviso e dirompente, in prima battuta. O, al contrario, un impedimento sottile, silenzioso e strisciante, lento, capace di mettere fuori combattimento i piloti.
penso che si possa valutare anche un rateo superiore ai 5000ft/min... in casi estremi di incontrolloabilità penso possano sfiorare anche il doppio...