Alitalia - Raggiunto preaccordo con i sindacati


Stato
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geardown3green

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15 Luglio 2011
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Secondo anello di Saturno
Questo parte all'inizio del discorso ( patetico ) parlando di una cosa che non esiste più da qualche decennio ovverosia la mitica "Compagnia di Bandiera" ma qualcuno glielo ha detto che non esiste più la Comoagnia di Bandiera?
 

simpy

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14 Luglio 2010
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Il Corsera sostiene il netto vantaggio del NO
Affluenza stimata verso il 90%
Sul futuro dell’azienda oggi conosceremo una prima, decisiva, risposta. I seggi per il referendum gestito dai sindacati saranno chiusi alle 16, i risultati dovrebbero arrivare in tarda serata. L’affluenza continua a salire, il risultato finale potrebbe sfiorare il 90%. Una valanga se si pensa che l’ultima consultazione, quella del 2014, si era fermata al 27%. In assenza di dati ufficiali e di exit poll anche informali, la sensazione è sempre quella di un no con un buon margine di vantaggio.
L’appello di Cisl e Uil
Cisl e Uil, che hanno firmato il pre-accordo, invitano a sostenere l’intesa: «Senza il sì a maggioranza dei lavoratori, Alitalia difficilmente potrà sopravvivere» dice Anna Maria Furlan, segretaria generale della Cisl. Mentre per il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, «ora bisogna salvare il lavoro e non rendere vani i sacrifici fatti dai lavoratori». Al di là degli aspetti tecnici e delle procedura complesse da mettere in campo, anche i tempi dell’operazione saranno diversi a seconda del risultato. In caso di vittoria del sì, il consiglio d’amministrazione di Alitalia si riunirà mercoledì 26, avviando la promessa ricapitalizzazione da 2 miliardi di euro che dovrebbe dare autonomia all’azienda per un paio di anni. In caso di vittoria del no, invece, il cda anticiperà la seduta a domani 25 aprile, con la probabile uscita dei soci e l’avvio delle procedure per l’amministrazione straordinaria.
I costi per lo Stato e l’ipotesi Lufthansa
Al momento, tuttavia, non risulta convocato nessun tavolo finanziario per discutere con le banche le prossime mosse da fare. Nei giorni scorsi l’amministratore delegato di Unicredit Jean Pierre Mustier aveva ricordato che la banca ha «perso nel sostegno ad Alitalia 500 milioni di euro in tre anni» e «non possiamo perdere altro». Alle casse dello Stato, invece, dal fallimento del 2008 a oggi Alitalia è costata 6 miliardi di euro, secondo i calcoli dell’Istituto Bruno Leoni. Ma cosa succederà dopo il referendum? Resta sempre in piedi l’ipotesi di un’acquisizione da parte di Lufthansa. Del resto proprio al gruppo tedesco, Etihad ha già girato di fatto Air Berlin, altra compagnia che non ha dato i risultati sperati.
 

nicolap

Amministratore AC
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10 Novembre 2005
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Roma
Per me non è neanche dipendente di AZ
"Sono Antonio Amoroso, dipendente di Alitalia Cai e sindacalista della Cub Trasporti. Abbiamo indetto uno sciopero generale del trasporto aereo il 30 novembre scorso per protestare contro i licenziamenti, i tagli salariali, ..."
 

AZ1313

Bannato
8 Giugno 2016
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FOG
Il Corsera sostiene il netto vantaggio del NO
Affluenza stimata verso il 90%
Sul futuro dell’azienda oggi conosceremo una prima, decisiva, risposta. I seggi per il referendum gestito dai sindacati saranno chiusi alle 16, i risultati dovrebbero arrivare in tarda serata. L’affluenza continua a salire, il risultato finale potrebbe sfiorare il 90%. Una valanga se si pensa che l’ultima consultazione, quella del 2014, si era fermata al 27%. In assenza di dati ufficiali e di exit poll anche informali, la sensazione è sempre quella di un no con un buon margine di vantaggio.
L’appello di Cisl e Uil
Cisl e Uil, che hanno firmato il pre-accordo, invitano a sostenere l’intesa: «Senza il sì a maggioranza dei lavoratori, Alitalia difficilmente potrà sopravvivere» dice Anna Maria Furlan, segretaria generale della Cisl. Mentre per il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, «ora bisogna salvare il lavoro e non rendere vani i sacrifici fatti dai lavoratori». Al di là degli aspetti tecnici e delle procedura complesse da mettere in campo, anche i tempi dell’operazione saranno diversi a seconda del risultato. In caso di vittoria del sì, il consiglio d’amministrazione di Alitalia si riunirà mercoledì 26, avviando la promessa ricapitalizzazione da 2 miliardi di euro che dovrebbe dare autonomia all’azienda per un paio di anni. In caso di vittoria del no, invece, il cda anticiperà la seduta a domani 25 aprile, con la probabile uscita dei soci e l’avvio delle procedure per l’amministrazione straordinaria.
I costi per lo Stato e l’ipotesi Lufthansa
Al momento, tuttavia, non risulta convocato nessun tavolo finanziario per discutere con le banche le prossime mosse da fare. Nei giorni scorsi l’amministratore delegato di Unicredit Jean Pierre Mustier aveva ricordato che la banca ha «perso nel sostegno ad Alitalia 500 milioni di euro in tre anni» e «non possiamo perdere altro». Alle casse dello Stato, invece, dal fallimento del 2008 a oggi Alitalia è costata 6 miliardi di euro, secondo i calcoli dell’Istituto Bruno Leoni. Ma cosa succederà dopo il referendum? Resta sempre in piedi l’ipotesi di un’acquisizione da parte di Lufthansa. Del resto proprio al gruppo tedesco, Etihad ha già girato di fatto Air Berlin, altra compagnia che non ha dato i risultati sperati.
Capirai come si divertiranno con i tedeschi!
 

AZ1313

Bannato
8 Giugno 2016
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FOG
"Sono Antonio Amoroso, dipendente di Alitalia Cai e sindacalista della Cub Trasporti. Abbiamo indetto uno sciopero generale del trasporto aereo il 30 novembre scorso per protestare contro i licenziamenti, i tagli salariali, ..."
. . . "compagnia di bandiera" . . . Immagino allora volutamente per ingannare chi guarda il video. Diversamente, rabbrividisco
 

Esteban

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17 Febbraio 2015
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No no...ti sei spiegato benissimo.

Semplicemente la tua affermazione non è vera.

Più chiaro adesso ?
Quello che era un dubbio è diventato certezza: semplicemente non sai la differenza tra una LC pura e lo Smart Carrier di una major, come lo era AP.
 

belumosi

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10 Dicembre 2007
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Chi vota no conta sul fatto che il governo non permetterà in nessun caso la morte di AZ. E' una scommessa rischiosa, anche se i fortissimi interessi che ruotano attorno alla compagnia, renderanno molto difficile alla politica "dimenticarsi" di AZ.
 

geardown3green

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15 Luglio 2011
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Secondo anello di Saturno
Chi vota no conta sul fatto che il governo non permetterà in nessun caso la morte di AZ. E' una scommessa rischiosa, anche se i fortissimi interessi che ruotano attorno alla compagnia, renderanno molto difficile alla politica "dimenticarsi" di AZ.
Si diceva così anche della Windjet, tempo 48h passeggeri riprometti , peraltro ad Agosto, e nessuno se la ricorda più .....si accettano scommesse .....

P.s.
Risposte del tipo ...vuoi paragonere Windjet ad Alitalia ..non sono ammesse.
 

belumosi

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Risposte del tipo ...vuoi paragonere Windjet ad Alitalia ..non sono ammesse.
Invece è l'unica risposta che abbia senso. La politica si muove in base alle peso delle pressioni che riceve, di solito calcolato in voti e in euro. E mi sembra che nei due casi citati sia "leggermente" diverso.
 

simpy

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14 Luglio 2010
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Se vince il si

Anche se vincerà il «Sì» per Alitalia il futuro sarà difficile. Il referendum sul pre-accordo tra azienda e sindacati chiede ai dipendenti importanti sacrifici: un taglio dell’8% alla retribuzione del personale navigante, 980 lavoratori a tempo indeterminato in cassa integrazione, 550 contratti a tempo determinato e 141 contratti esteri non confermati. Ma il «Sì» è la pre-condizione per il via libera al nuovo piano di rilancio di Alitalia, che è composto da due parti: una finanziaria e una industriale. Il principale problema dell’ex compagnia di bandiera è che continua a perdere milioni di euro e le banche non sono più disposte a iniettare nuove risorse senza nuove garanzie, a cominciare da un piano industriale credibile e dall’impegno sul taglio dei costi che è proprio al centro del referendum. Il rilancio, come spiegato nei giorni scorsi dal presidente designato Luigi Gubitosi, parte dalla discontinuità manageriale e prevede la rinegoziazione della joint-venture con Air France e Delta e dei leasing fuori mercato, nuove rotte a lungo raggio (nei prossimi giorni sarà annunciato il collegamento con Delhi), investimenti su nuovi aerei. Da qui al 2019 sono previsti risparmi per 1 miliardo, di cui due terzi dalle rinegoziazioni di leasing e fornitori.

Poi c’è l’operazione di risanamento finanziario su cui è stata trovata una quadratura. Uno dei punti più delicati erano le garanzie. Nei giorni scorsi le banche creditrici — Intesa Sanpaolo e Unicredit le principali — hanno accettato di convertire i loro crediti in azioni della compagnia, andando a contribuire ad alimentare quei 2 miliardi necessari alla ricapitalizzazione prevista in caso di vittoria del «Sì»: 900 milioni di nuova cassa, linee di credito e conversione di obbligazioni per 400 milioni, un cuscinetto finanziario fino a 400 milioni, cioè il «contingent equity» da versare in caso di fallimenti del piano coperto per metà da Etihad e per gli altri 200 milioni con la garanzia pubblica di Invitalia (anche se in manovra l’aumento di capitale previsto è fino a 300 milioni). C’è poi il nodo delle garanzie su eventuali nuovi crediti. Il ceo di Unicredit, Jean Pierre Mustier, nel giorno di inizio del referendum aveva detto che la banca «ha perso 500 milioni in tre anni» e che «continua a lavorare con l’Alitalia per una soluzione sostenibile di lungo periodo, nell’interesse dei lavoratori, dei clienti e degli azionisti di Unicredit». Calcando l’accento sulla sostenibilità e sulla tutela dei dipendenti, dei clienti e dei soci dell’istituto. Più morbida Intesa Sanpaolo, con il presidente Gian Maria Gros-Pietro che il giorno dopo ha condiviso l’insoddisfazione per l’investimento ma ha ribadito «la necessità per il Paese di salvaguardare» Alitalia.

Se vince il no

Lo scenario che sindacato, governo e azienda non si augurano: la vittoria del «No». Perché? Il costo sociale sarebbe altissimo. Stimato dal ministro dello Sviluppo Carlo Calenda in un miliardo. Ma andiamo con ordine. In caso di vittoria del «No», domani l’Alitalia convocherà un consiglio di amministrazione per deliberare la richiesta dell’amministrazione straordinaria speciale. «Questa procedura concorsuale è stata introdotta nel 2003 in seguito al crac Parmalat per le imprese di dimensioni rilevanti — spiega Cesare Cavallini, docente di Diritto fallimentare alla Bocconi —. Ma rispetto ai casi in cui la norma è stata applicata in passato (Parmalat e Ilva), la natura particolare del business di Alitalia, ovvero la fornitura di servizi, rende lo scenario completamente diverso». Soprattutto perché Alitalia in caso di vittoria del «No» potrebbe arrivare con la cassa al massimo a metà maggio (i fornitori chiederebbero di essere pagati subito), condizione che pregiudica le vie d’uscita previste con l’amministrazione speciale straordinaria. Una volta richiesta, «il ministero dello Sviluppo procede alla nomina dei commissari, che possono essere uno o tre», prosegue Cavallini.

A questo punto, la procedura prevede che «in un lasso di tempo non troppo lungo il commissario elabori un piano industriale da sottoporre a governo e creditori che può prevedere o la cessione unitaria dell’azienda ad acquirenti terzi che sono obbligati a tenere tutti i lavoratori per due anni oppure sceglie la strada di mantenere la società nell’assetto attuale, cerca un finanziamento di terzi ed elabora un piano industriale rinnovato per raggiungere il riequilibrio finanziario e conservare l’impresa. È quanto è accaduto per Parmalat». Ma si tratta di un’ipotesi assai difficile da realizzare per Alitalia perché «i suoi debiti sono molto alti e per garantire la continuità aziendale se ne accumulano di nuovi — spiega Cavallini —: carburante, stipendi, scali, manutenzione...». Anche l’ipotesi dell’acquirente non viene considerata dalla maggior parte degli osservatori praticabile: perché pagare di più una società sull’orlo del fallimento che può essere rilevata successivamente a meno e senza vincoli? «Se il commissario non trova un’acquirente e non ha i mezzi per un nuovo piano industriale — conclude Cavallini — non gli resta che chiedere il fallimento, che parte praticamente subito perché dopo quindici giorni dalla richiesta di amministrazione straordinaria speciale, il Tribunale dichiara l’insolvenza. Viene nominato un curatore fallimentare e inizia la procedura liquidatoria: due anni di cassa integrazione e Naspi per i lavoratori e poi la disoccupazione, gli asset ceduti a pezzi».

Corsera.
 

rommel

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Chia
Penso anzitutto che alla fine vincerà il si ,per la maggioranza di personale non di volo, che deve fare i conti a fine mese con le proprie finanze e senza tanti orizzonti lavorativi...
Ciò detto con tutto il rispetto per il Prof.Cavallini io credo che nel caso della vittoria del no la strada sia quella della procedura di concordato preventivo in continuità, dove non succede granchè se non che vengono immediatamente congelati i crediti e che i Soci perdono la proprietà delle loro quote ( probabilmente ciò che vogliono in realtà tutti gli attuali Soci....) La gestione prosegue nelle mani del Commissario incaricato dal Tribunale. Vedi BP .
 

BGW

Moderatore
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CMN
Invece è l'unica risposta che abbia senso. La politica si muove in base alle peso delle pressioni che riceve, di solito calcolato in voti e in euro. E mi sembra che nei due casi citati sia "leggermente" diverso.
Con un mix composto da manovra sui conti piu' elezioni all'orizzone la politica stavolta ha margini stretti. C'e' anche Bruxelles da mettere in conto, poi.
 

sky alex

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Ma tutta questa certezza che vincerà il no da dove arriva?
Anche Berlusconi non lo votava nessuno..e cmq....le vie del Signore sono infinte
Se deve vincere il si vincerà il si...se deve vincere il no vincerà il no...
 

sky alex

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11 Novembre 2010
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Aggiungo:

Camusso: "Non c'è scelta al si"
Barbagallo: "Mi auguro prevalga il buon senso"
Furlan: "Era il massimo che si poteva fare"
ANPAC: "Non ci sono alternative al si"
Gubitosi: "Non c'è piano B"
Calenda: "Con No forte rischio liquidazione"
Del Rio: "Forte preoccupazione per esito referendum"
Gentiloni: "Sì o non si sopravvive".

Perchè non hanno firmato un accordo invece di rimettere il tutto nelle mani dei dipendenti?
 

Marco Rimini

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Rimini
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Perchè non hanno firmato un accordo invece di rimettere il tutto nelle mani dei dipendenti?
Troppo difficile fare una scelta importante visto che c'è serio pericolo di liquidazione. Meglio lavarsene le mani dicendo: "Non è stata una scelta nostra ma dei dipendenti". (Facc triste)
 
Stato
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