Alitalia, arrivano i primi 130 milioni
LA CLAUSOLA
L'aumento di capitale deve raggiungere un livello minimo di sottoscrizioni di 240 milioni altrimenti «non verrà eseguito»
Gianni Dragoni
ROMA.
Alitalia ha incassato i primi 130 milioni di euro del piano di salvataggio da 300 milioni (più ulteriori 200 milioni di nuovi prestiti bancari) approvato dall'assemblea il 15 ottobre. Con due giorni di ritardo rispetto ai tempi previsti, ieri sono stati versati 65 milioni complessivi da Intesa Sanpaolo, Atlantia e Immsi, i tre soci italiani che resteranno nel nocciolo duro di azionisti che si va formando al posto della variegata compagine dei Capitani coraggiosi della Cai. Ulteriori 65 milioni sono stati versati da Intesa Sanpaolo e Unicredit «a valere sulla loro garanzia di 100 milioni», ha reso noto Alitalia.
Il versamento dei fondi si è rivelato più laborioso del previsto, a causa della tensione e incertezza nell'ambito del piano per evitare il fallimento di Alitalia-Cai. Sullo sfondo c'è il duro atteggiamento di Air France-Klm che chiede garanzie sul piano industriale e sulla ristrutturazione del debito e, per questo, non ha sciolto la riserva sulla sua partecipazione (alla sua quota del 25% corrisponde un versamento di 75 milioni). Sul ritardo del primo versamento di denaro, avvenuto ieri, ha pesato anche l'interpretazione dei «caveat» indicati agli attuali azionisti da Poste Italiane nella lettera di garanzia dell'impegno a versare 75 milioni – «a copertura dell'eventuale inoptato» – e ad entrare nel capitale della compagnia.
Ieri Alitalia ha confermato di aver ricevuto da Poste la lettera di garanzia, come anticipato dal Sole 24 Ore il 16 ottobre, «subordinata all'approvazione dei propri organi deliberanti». Per il via libera all'intervento pubblico in Alitalia non basterà il sì de cinque componenti del cda di Poste presieduto da Giovanni Ialongo, ma sarà necessaria la delibera dell'assemblea degli azionisti, cioè del ministero dell'Economia.
I «magnifici tre» che guidano il nocciolo duro di azionisti privati sono Atlantia dei Benetton (ha versato 26 milioni, cioè l'8,67% dell'aumento, in linea con la quota posseduta), Intesa (26 milioni) e Immsi, la holding di Roberto Colaninno (circa 13 milioni, pari al 4,3%, meno dell'attuale partecipazione che è il 7,08%)). Nelle scorse settimane Immsi ha fatto cassa cedendo il 3,37% della Piaggio fuori mercato, incassando 22,057 milioni.
Un'altra novità che emerge dal verbale dell'assemblea degli azionisti terminata alle 3,30 di mattina del 15 ottobre è che i soci hanno fissato una soglia minima di sottoscrizioni pari a 240 milioni perché sia valido l'aumento di capitale. Quindi se i soci attuali, oltre alle Poste che entreranno solo alla fine, dovessero sottoscrivere (e, ovviamente, versare) una somma inferiore a 240 milioni, l'aumento non verrebbe considerato valido e tutto tornerebbe in discussione.
Questa clausola è stata inserita nella delibera dell'assemblea dopo ore discussione notturna, modificando la precedente relazione con le proposte all'assemblea approvata dal cda l'11 ottobre. Nella prima relazione si leggeva che «l'aumento di capitale è scindibile e pertanto verrà eseguito (i) anche nel caso in cui esso non sia integralmente sottoscritto e (ii) nella misura delle sottoscrizioni ricevute». Cioè non c'era un impoto minimo.
Questo sarebbe stato uno dei punti di serrato confronto con le due banche: Intesa (che è anche azionista) e Unicredit hanno chiesto maggiori garanzie ai soci e la risposta sarebbe stata quella di alzare (a quota 240 milioni) l'asticella dei versamenti per rendere valido l'aumento di capitale. La delibera approvata stabilisce che «l'apporto è inscindibile fino al corrispettivo complessivo di euro 240 milioni e scindibile da euro 240 milioni fino all'importo massimo stabilito dall'assemblea» (cioè 300 milioni).
Chi ha fatto i primi conti osserva che 240 milioni corrispondono alla somma tra i 65 milioni versati ieri dai «magnifici tre» italiani, i 100 milioni garantiti dalle banche e i 75 milioni dell'impegno assunto dalle Poste. Resta esclusa la quota di competenza di Air France-Klm, pari a 75 milioni, sulla quale non vi sono garanzie: se Parigi metterà la sua quota e per intero, si ridurrebbe la quota sottoscritta dalle bance. Se invece Parigi non dovesse versare, Alitalia e i suoi soci, inesperti di trasporto aereo, avrebbero un problema in più.