*** Alitalia chiede l'amministrazione straordinaria ***


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Erlionzz

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11 Settembre 2014
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Non perdono tempo i commissari che hanno convocato per il 10 maggio i sindacati.
Inizia un nuovo capitolo. Sarà interessante vedere l'approccio che le parti avranno e come la base si relazionerà con i propri rappresentanti (sic!)
Direi che sia il minimo sindacale (sic!) che i commissari si mettano immediatamente all'opera e con ogni consentita sollecitudine comunichino:
- bilancio 2016;
- trimestrali sull'andamento economico;
- nota mensile sull'andamento finanziario dell'azienda.

A chi si potrebbe sorprendere da queste richieste faccio notare che ogni società quotata a Piazza affari deve adempiere costantemente a questi obblighi di informazione al mercato. In questo caso stiamo parlando di un'azienda che sta continuando ad operare grazie esclusivamente allo sforzo imposto a ciascun contribuente italiano.
 

AZ1313

Bannato
8 Giugno 2016
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FOG
Ma chi sta prendendo le decisioni ora in Alitalia? Intendo chi gestisce per davvero perché i Commissari fino a ieri neppure potevano sapere che figura fosse il "Post Holder Flight Operations?
si muovono come se non fosse accaduto nulla. Basti pensare che anche la configurazione degli aerei continua normalmente
 

Efato

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2 Agosto 2013
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Ma chi sta prendendo le decisioni ora in Alitalia? Intendo chi gestisce per davvero perché i Commissari fino a ieri neppure potevano sapere che figura fosse il "Post Holder Flight Operations?
Chiaro che il DOV uomo etihad (PLC) se ne torna ad Abu Dhabi
 

stoner

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23 Luglio 2008
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Tutto giusto, ma quando si chiede di passare a 7 riposi al mese rispondono no.
Per altro le ore massime volate in un anno sono stabilite per legge, per cui anche quello dei 7 riposi era (in parte almeno) un problema più di forma che di sostanza.
appunto, se oggi con 10 riposi si arriva a fine anno con monte ore di volato prossimo al limite (almeno per quanto riguarda i naviganti che volano) , come sarebbe possibile aumentare le ore diminuendo i riposi? facendo meno ore per giornata lavorativa, ad esempio invece che tre tratte per tre giorni, con una tratta al giorno.
e allora qual'è la logica? invece di ottimizare le risorse le si "sprecano"... se sono 900 ore annuali non è più logico impiegare il più possibile nel minor numero di giornate? si risparmiank spese alberghiere, trasporti, diarie etc
 

East End Ave

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13 Agosto 2013
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su e giu' sull'atlantico...
Alitalia, Cramer Ball e quel piano che non perdona

Un incarico durato all’incirca 15 mesi, quello di Cramer Ball (nella foto) nel ruolo di a.d. Alitalia. Il suo nome aveva iniziato a circolare verso la fine del 2015, dopo che la compagnia era rimasta per un trimestre circa senza un uomo alla cloche, dopo le dimissioni di Silvano Cassano avvenute in settembre.

La promessa
Australiano, classe 1967, Ball sembrava essere l’uomo della trasformazione di Alitalia: da un lato aveva l’appoggio del socio forte Etihad, con il sostegno mai troppo velato del numero uno di Abu Dhabi e vicepresidente di Az, James Hogan; dall’altro il suo cv trasmetteva fiducia, poiché era stato in grado di rimettere in sesto i conti delle due compagnie aeree guidate in passato.

“Un professionista di lungo corso nel campo dei turnaround delle compagnie aeree e proviene dal vettore indiano Jet Airways, dove ha ricoperto il ruolo di ceo – si leggeva nel comunicato stampa diffuso per l’occasione a dicembre 2015 -; in precedenza, Ball è stato ceo di Air Seychelles. Nelle due compagnie, ha guidato importanti processi di trasformazione”.

Parabola discendente
Le peculiarità del bacino italiano, unite alla contingenza di uno scenario di mercato particolarmente agguerrito e un’evoluzione sempre più complessa del trasporto aereo non devono però essere state condizioni semplici in cui lavorare.

In questi 15 mesi sono emerse alcune criticità nel suo rapporto con le parti sociali, esplicitate in occasione di uno sciopero Alitalia dello scorso mese di luglio, a seguito del quale egli stesso prese in mano carta e penna per chiedere scusa ai passeggeri per il disagio arrecato nei giorni precedenti, puntando il dito contro i sindacati.

Gli ultimi mesi, infine, hanno visto Ball bersaglio di critiche da parte degli azionisti italiani, banche in primis, quantomeno nel corso della stesura del piano di rilancio, più volte rivisto.

La mancata redditività di certe operazioni hanno poi fatto il resto. E in 15 mesi Cramer Ball ha dovuto lasciare la cloche della compagnia aerea di cui era a capo ai tre commissari.

TTG
 

rommel

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31 Luglio 2008
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Chia
Ma chi sta prendendo le decisioni ora in Alitalia? Intendo chi gestisce per davvero perché i Commissari fino a ieri neppure potevano sapere che figura fosse il "Post Holder Flight Operations?
Secondo me le continua a prendere Schisano, come succedeva prima. Nulla mi pare cambiato.
 

pippen

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11 Giugno 2011
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Claudio Antonelli per La Verità

Il mistero della visita di George Soros a Palazzo Chigi comincia a dissiparsi. Il magnate, celebre per la maxi speculazione sulla lira, è ora con le sue Ong al centro di tutte le polemiche attorno alle operazioni di traghettamento degli immigrati. L' incontro di mercoledì con il premier, Paolo Gentiloni, non ha certo tralasciato il tema immigrazione e confini, ma stando a quanto risulta alla Verità aveva in agenda un argomento di mero business.

Un tema altrettanto caldo: quello della sopravvivenza di Alitalia. Soros si è presentato, infatti, anche in veste di azionista della Hainan airlines, la prima compagnia cinese lanciata da un privato alla fine del 1989 sull' omonima isola. Il fondatore, Chen Feng, da stuart vinse una borsa di studio presso la scuola di manager della Lufthansa. Rientrato a casa, ricevette l' incarico di sviluppare il turismo dell' isola, cosa che fece raccogliendo fondi privati e gestendo, a partire dal 1993, la linea aerea. Due anni dopo il finanziere ungherese puntò su Feng i primi 25 milioni. Oggi la compagnia vale oltre 80 miliardi e la holding è così grossa che è arrivata a prendersi il 9,9% di Deutsche bank.

Mettendo sul piatto una tale potenza di fuoco, Soros avrebbe spiegato al governo di essere interessato a lavorare al subentro in Alitalia e a trovare un accordo al termine del semestre di gestione straordinaria. Hainan airlines già opera a Roma, ma dopo anni di grande sviluppo in patria e nelle aree limitrofe sarebbe disposta a fare il salto verso l' Europa. Offrirebbe così la possibilità al nostro vettore di puntare sui voli a lungo raggio che garantirebbero margini più elevati rispetto alle tratte brevi, vessate e pressate dalla concorrenza delle low cost.

In poche parole, sarebbe un interessante partner a livello strategico. Molto più di Lufthansa, che già ha rotte intercontinentali forti e cercherebbe solo uno sviluppo interno al vecchio Continente. sarebbe sicuramente un partner più interessante della Qatar airways su cui l' ex premier, Matteo Renzi, ha messo gli occhi. La strada araba prevederebbe però accordi asimmetrici (in termini di energia e gas) che - come accaduto lo scorso dicembre per Mps - sarebbero di difficile e pericolosa realizzazione.

Ecco perché l' abboccamento tra Soros e Gentiloni appare un passo concreto nella direzione del salvataggio Alitalia. Disegnata la cornice, però, mancano i dettagli. La Verità non è in questo momento in grado di conoscere quali sarebbero le condizioni del subentro, i termini di acquisto e valorizzazione (la compagnia potrebbe essere stimata al momento circa 1 miliardo) e soprattutto la richiesta di contropartite.

Come ha scritto l' altro giorno il quotidiano finanziario Mf, il miliardario di origini ungheresi, 29° uomo più ricco al mondo per Forbes con un patrimonio di 25,2 miliardi di dollari, ha chiesto «allo staff del suo gruppo d' investimento, e in particolare a Shanin Vallée, uno studio approfondito sull' Italia, non solo dal punto di vista finanziario, economico e industriale ma anche politico».

Motivo? Valutare investimenti, diretti o indiretti, a medio lungo termine, sul mercato locale. Soros del resto non solo opera a titolo personale o con la propria struttura, ma è fondatore di Quantum group of funds e, soprattutto, advisor di Blackrock, uno dei colossi dell' investimento made in Usa, particolarmente esposto sull' Italia, avendo partecipazioni per quasi 2 miliardi nel sistema bancario, ma anche nelle società quotate sul listino principale, a partire da Eni, Generali, Telecom e Mediaset. A sostenere l' ipotesi di un massiccio intervento di Soros nella nostra economia c' è anche il lungo periodo di soggiorno (circa 20 giorni) a Roma nel mese di febbraio.

Avrebbe incontrato figure istituzionali e pure gestori di fondi immobiliari, tanto da lasciar pensare anche alla volontà di scommettere sul real estate tricolore. Si tratta di indiscrezioni difficili da verificare. D' altronde quando si analizzano le mosse del magnate bisogna disperdere la cortina di fumo mossa dalle sue numerose attività «filantropiche» e finanziate tramite Open society. Lo scorso settembre il sito della fondazione è stato hackerato e migliaia di documenti sono stati messi in rete.

In questi 2.576 file pdf emergerebbe come Soros avrebbe cercato di condizionare i risultati in ognuno degli Stati Ue in cui si è votato nel 2014. L' obiettivo di Soros era quello di contrastare i partiti anti europeisti e favorire le politiche di integrazione interna ed esterna (relative all' ingresso dei migranti). Con un chiaro sostegno socialdemocratico. Vedremo se il governo terrà conto anche di tutti i retroscena.

Fonte autorevole: Dagospia per La verità
http://www.dagospia.com/rubrica-4/b...lia-nell-incontro-gentiloni-george-147211.htm
 

pippen

Bannato
11 Giugno 2011
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Alitalia, Marzano: come far volare la compagnia | Tempi.it

Parla il padre della legge nata nel 2004 per salvare la Parmalat. L’amministrazione straordinaria funziona solo se l’azienda può stare sul mercato. Ai commissari: fate come Bondi

Per Alitalia si è aperta la strada dell’amministrazione straordinaria nella versione concepita dalla Legge Marzano emanata nel 2004 per salvare la Parmalat. Fu un’esperienza di successo che valse al suo autore, l’economista ed ex ministro Antonio Marzano (ha diretto il dicastero delle Attività produttive per cinque anni sotto il governo Berlusconi), lo status di cittadino onorario di Collecchio, dove ha tutt’oggi sede il produttore di latte. In quest’intervista a tempi.it, Marzano ripercorre l’evoluzione negli anni della legge ricordando che ha consentito di rimettere in piedi almeno a un centinaio di imprese facendo leva sui loro punti di forza. «Da economista liberista sono convinto che l’amministrazione straordinaria possa funzionare quando un’azienda ha le potenzialità per stare sul mercato. Alitalia, secondo me, è tra queste, ma occorre agire in fretta e nel rispetto del metodo previsto dalla normativa».

Professore Marzano, tre commissari nominati e un prestito ponte del governo. Lei crede possibile un ritorno in bonis della compagnia di bandiera?
È possibile, perché Alitalia non è un’azienda fuori mercato. Quando ero al ministero e si presentavano aziende che erano senza speranze ero il primo a oppormi alla procedura di amministrazione straordinaria. Ma il servizio aereo può essere un settore remunerativo. Attenzione, però: lo spirito della legge Marzano è quello di una procedura in cui nell’azienda devono essere ridotte al minimo le diseconomie e valorizzati il più possibile i punti di forza. Il che è esattamente ciò che fece Enrico Bondi quando fu nominato commissario della Parmalat nella drammatica fase che segui il crac. Peraltro, ricordo che Bondi veniva spesso al ministero per confrontarsi sugli indirizzi di politica industriale ma non ascoltava molto i politici e andava avanti per la sua strada…

Quali sono le diseconomie di Alitalia, secondo lei?
Una cosa che valuterei senz’altro è se conviene o meno mantenere tre scali, Fiumicino Malpensa e Linate. Si potrebbe, ad esempio, ipotizzare un ridimensionamento. Un’altra cosa che dovrebbe essere presa in considerazione è la cessione di asset non strategici. Sono certo esistano spazi di manovra in questo senso in Alitalia. So che in sede governativa questo scenario non è visto con favore. Ma per un ritorno all’efficienza è, a mio parere, indispensabile interrogarsi su questi punti. Non vorrei ripetermi, ma il caso Parmalat è storico ormai e dovrebbe fare scuola.

Cos’altro suggerirebbe per far tornare i conti?
Individuare con esattezza le rotte di volo deficitari ed eliminarle. Inoltre, si potrebbero studiare ipotesi di accordi o di partnership con gli operatori del settore low cost e con le compagnie ferroviarie dell’alta velocità. Questi due segmenti sono concorrenti, ma non per forza nemici. Si può provare a ragionare su un rapporto meno conflittuale.
Sono in molti a ritenere che sia stato un errore ridurre il numero dei voli internazionali…
Non entro nel merito, ma se una rotta non è remunerativa diventa una linea di business in perdita che contribuisce ad ampliare il deficit. Più si vola, più si perde. Un’altra diseconomia collegata a questo tema è quella del carburante che incide tanto sui costi. Andrebbe acquistato su mercati in cui costa meno.

Veniamo al nodo dolente. 12.500 dipendenti sono troppi?
Prima dei tagli bisogna pensare ad un uso migliore dei lavoratori. Ricordo quando ero al ministero e facevo gli incontri con i sindacati proprio sulle questioni del personale. Nei loro occhi vedevo apprensione ma anche spirito di collaborazione. Se le trattative vengono impostate nel modo giusto, si possono trovare accordi interessanti.

Che cosa pensa del referendum sul piano di taglio dei costi sottoposto e bocciato dai dipendenti?
È stato un errore promuoverlo. Anche se fosse passato, il piano avrebbe avuto un difetto di legittimità costituzionale, a mio avviso, a causa delle conseguenze di carattere fiscale che avrebbe avuto.

Veniamo agli aspetti finanziari. Che cosa pensa dell’ingresso di nuovi partner nel capitale della compagnia?
È un’ipotesi percorribile. Ma io comincerei dagli accordi con i creditori. Ricordiamoci che per avviare la procedura di amministrazione straordinaria occorre che venga dichiarato lo stato d’insolvenza, cosa che per Alitalia non è ancora avvenuto. Si parte da qui per predisporre un piano con le banche e con altri eventuali creditori. Per quanto riguarda nuovi soci, ho sentito diverse ipotesi ma io valuterei una strada che non mi pare sia stata presa in considerazione.

Quale?
L’apertura a investitori di tipo finanziario, come private equity e venture capitalist cercando di allettarli con la possibilità di vantaggi fiscali.
L’arrivo di nuovi soci ricorda l’operazione dei capitani coraggiosi avvenuta nel 2008 sotto il governo Berlusconi. Con il senno di poi, pensa che in quel momento sia stata persa l’occasione di un partner estero efficace?
In quel momento un aumento di capitale dedicato a un gruppo di operatori italiani apparve l’unico modo per tenere l’Alitalia entro i confini nazionali. Il fatto è che questa società porta nel suo brand il nome del nostro paese. Si è cercato di mantenerla in Italia, è comprensibile. Ma visto come sono andate le cose, oggi sarebbe tutto diverso e penso che esistano sul mercato soggetti interessati, ma prima occorre lavorare molto sul modello di business e sull’efficienza della gestione.

Si parlava di efficienza anche con l’arrivo degli arabi appena due anni fa. È deluso?
Anche loro hanno commesso errori, da questo punto di vista.

Torniamo ai commissari. Laghi, Gubitosi e Paleari dovranno redigere un piano industriale 180 giorni e intanto far andare avanti la compagnia. Rispetto a 12 anni fa, quando Bondi era commissario Parmalat, il contesto è cambiato, ci sono più vincoli anche a livello di Unione europea.

È corretto. Ma anche l’atteggiamento dell’Europa può essere influenzato dalla capacità di impegnare risorse finanziarie per nuovi investimenti e per lo sviluppo della compagnia. Diverso è se l’indebitamento aumenta senza la prospettiva di poterlo ripagare. In questo senso i commissari, attraverso il governo, dovranno cercare un confronto con i commissari Ue persuadendoli con un piano efficace.
http://www.tempi.it/alitalia-marzano-vi-spiego-come-rimettere-in-piedi-la-compagnia#.WQy3C_mLTIW
 

Dancrane

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empedocle benvenuto e complimenti per avere postato l'ennesima puttanata sindacale sulla nazionalizzazione. La frase in grassetto, poi, é un magnifico esempio di totale ignoranza delle normative vigenti, grazie per avercelo fatto notare.
 
F

flyboy

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ALITALIA: TARLAZZI, SALVARLA E SVILUPPARLA E' POSSIBILE
05/05/2017 | Assistenti di Volo - Compagnia Aerea - Alitalia

Roma, 5 maggio. “Eliminando i sovraccosti rappresentati dai contratti di fornitura per servizi di manutenzione per almeno 40 milioni di euro; rinegoziando i contratti di leasing che rappresentano un sovraccosto di almeno 56 milioni di euro; ritornando al precedente sistema di prenotazione e acquisto biglietti, più funzionale e meno costoso (88 milioni di euro) ed eliminando, infine, la pazzia di un contratto di assicurazione sul prezzo del carburante che lo fissa di oltre 20 dollari a tonnellata in più del reale prezzo di mercato con un aggravio di almeno altri 130 milioni, l’azienda è in grado di ripristinare l’equilibrio di bilancio, visto che nel 2016 ha registrato un Ebit negativo di 336 milioni di euro” così il Segretario generale della Uiltrasporti, Claudio Tarlazzi

“Con queste scelte, come la Ulitrasporti sta ormai dicendo da molti mesi, non sono necessari tagli ai salari e neppure riduzioni del personale.

Serve oculatezza per gestire un’azienda che ha tutte le carte in regola per svilupparsi e per garantire al Paese quella connettività con il resto del mondo che ora manca, incrementando i voli intercontinentali – afferma Tarlazzi - E serve una nuova politica industriale e commerciale, che sappia invertire la curva decrescente dei ricavi attraverso il superamento delle alleanze, che finiscono per limitare la capacità di sviluppo della Compagnia, avvantaggiando soltanto i nostri competitor.

“Va anche ripensato il modello societario di Alitalia, visto che in tutti questi anni il privato ha fallito, mettendo a rischio l’affidabilità del nostro Paese tanto per la mobilità delle persone verso l’estero quanto per lo sviluppo del turismo.

“Come già accade in molti Paesi europei è allora necessario pensare ad una partecipazione pubblico-privato nell’azionariato di Alitalia – esorta il leader della Uiltrasporti.

“Ma occorre anche rendere più funzionale il sistema complessivo dei trasporti e dell’intermodalità, in termini di infrastrutture materiali ed immateriali, e rivedere il sistema della concorrenza con regole che consentano di competere ad armi pari, ridefinendo nello specifico le condizioni alle quali alcune low cost operano nel nostro Paese”.
Perché non vi riunite e fate un'offerta per rilevare Alitalia?
E' il miglior modo per implementare il bellissimo articolo che posti.
Tranne il grassetto. Quello no, consentimi. Il pubblico non mi piace. Non mi appassiona. Non apporta valore, ma solo valuta. Credimi.
 
F

flyboy

Guest
Non interverrò ulteriormente in questa discussione finchè non ci saranno risposte ufficiali da parte di politici di prima grandezza o, per meglio dire, di Renzi ... di qualcosa che tagli la testa al toro anzichè menar il can per l'aia ...
Guarda, una cosa sola mi sento di dirti: mi auguro che i politici di prima grandezza o il Renzi di turno non intervengano.
Sarebbe forse, e sottolineo forse, un primo modo concreto per far rinascere la compagnia su nuove basi. E' pura utopia, ovvio.
Intanto per l'aia hanno menato noi contribuenti anziché il cane: 600 milioni ci sono costati. Ed il toro peraltro ingrassa solcando i cieli con la testa ben ancorata sulle spalle.
 

Dancrane

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Nel frattempo i pentastellati si affidano ai tacnici. Giova ricordare che Ponti è un fanatico difensore di Linate, per la cronaca...

Marco Ponti e Ugo Arrigo: su Alitalia M5S si affida a due super-esperti (di G. Cerami)
http://www.huffingtonpost.it/2017/05/05/marco-ponti-e-ugo-arrigo-i-due-esperti-consultati-da-m5s-su-alit_a_22071555/
 

simpy

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14 Luglio 2010
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LUIGI GRASSIA
I numeri danno certezze, e rivelano che il problema di Alitalia non sono i lavoratori. Il disastro della compagnia è descritto da un mix di indici positivi e negativi, ma i dati che riguardano il costo del lavoro e il numero di passeggeri per dipendente in Alitalia sono migliori, anzi molto migliori, di quelli delle concorrenti Air France, Lufthansa e British Airways. Questo emerge da un’analisi realizzata per «La Stampa» da Antonio Bordoni, docente di gestione delle compagnie aeree alla Luiss, e ulteriormente elaborata da «La Stampa». Obiettivo non è attribuire colpe, ma capire se il piano industriale bocciato dai lavoratori, e che (già si comincia a dire) sarà riproposto da qualunque nuovo azionista, incideva sulle variabili giuste oppure no.


Quel che è certo è che il costo medio di ogni dipendente di Alitalia risulta molto più basso (neanche 49 mila euro) di quello delle grandi compagnie concorrenti, che è compreso fra i 70 mila e gli 81 mila euro. Lo si deve ad anni di tagli in Alitalia, e anche al ricorso al lavoro precario. Ma la maggiore produttività è dimostrata pure dal numero di passeggeri per dipendente, che in Alitalia è quasi pari a di Lufthansa e quasi il doppio di Air France. Invece l’indice complessivo di produttività (tecnicamente «Rpk per dipendente»), che tiene conto del numero dei passeggeri, dei chilometri volati e dei lavoratori, vede Alitalia debole, con un valore comunque migliore di Air France, ma inferiore agli altri due giganti del cielo. Evidentemente ad abbattere l’indicatore di sintesi intervengono variabili diverse dal lavoro.

E quali sono queste altre variabili? Qui si vola un po’ nella nebbia, perché mentre i numeri che riguardano il lavoro danno certezze, altre voci sono più elusive. Bordoni osserva che «non ci sono più i bei bilanci di una volta, nei quali in poche pagine si trovavano tutti i dati di una compagnia, che si potevano facilmente paragonare». Ci sono vettori che mettono in chiaro una singola spesa (ad esempio il cibo a bordo) e altri che la mettono assieme ad altre (ad esempio cibo e gestione dei bagagli). Ancora: sommare la manutenzione e la revisione degli aerei rende non omogenei i dati di una compagnia che nell’anno X fa un lavoro di aggiornamento straordinario su un lotto importante di velivoli. Inoltre Air France, Lufthansa e British Airways presentano bilanci consolidati con i partner di gruppo, e nelle pagine di un singolo documento a volte scelgono di rendere disponibili i dati delle compagnie separate, e altre volte i consolidati.

Ma ci sono indicatori la cui confrontabilità è fuori discussione. Uno riguarda le commissioni da pagare sui biglietti. Il 5,64% che grava su Alitalia è una volta e mezzo quello che pagano i concorrenti. Come mai? Dice Bordoni: «Sui biglietti staccati in Europa la percentuale Iata dovuta alle agenzie di viaggio è inferiore all’uno per cento, e tende allo zero. Non credo che il problema stia lì. Invece ad alzare la media delle commissioni potrebbero essere i biglietti comprati con le carte di credito. Se una compagnia ha volumi di traffico più alti riuscirà a ottenere condizioni migliori dai gestori del denaro elettronico, mentre se i volumi sono inferiori, o i manager sono meno capaci di trattare, le condizioni alla fine risulteranno peggiori». Questo rischia di essere un esempio fra tanti di cattivi rapporti con i fornitori di beni e di servizi. Nei giorni scorsi sia il commissario Luigi Gubitosi sia il ministro Carlo Calenda hanno criticato senza perifrasi i dirigenti di Alitalia.

La lista dei problemi non è finita. Nonostante un prezzo medio dei biglietti di Alitalia molto concorrenziale sulle rotte fra 800 e 1200 chilometri, il tasso di riempimento degli aerei è deludente: forse abbassare le tariffe su quelle distanze, dove c’è la concorrenza delle compagnie aeree «low cost» e dei treni superveloci, è uno sforzo inutile. E qui dalla poca incisività nei rapporti coi fornitori si passa agli errori di strategia globale. Servirebbero più aerei sulle rotte intercontinentali. Perché Alitalia non se ne è dotata, neanche quando è entrato il socio forte Etihad? «Perché l’Unione europea - risponde Bordoni - ha imposto a Etihad di fermarsi al 49% dell’azionariato. Se Etihad avesse acquisito una quota più alta, avrebbe investito molto di più, anche nell’acquisto di aerei a lungo raggio».

La Stampa
 

tiefpeck

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27 Agosto 2011
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Back to Fischamend
 Ma la maggiore produttività è dimostrata pure dal numero di passeggeri per dipendente, che in Alitalia è quasi pari a di Lufthansa e quasi il doppio di Air France.
Io incomincio a disperarmi per l'incapacità assoluta di fare informazione aeronautica corretta sui media. Che senso ha mettere insieme che vola in CT a prezzo fisso con chi fa FRA - BOG in J o CDG - SIN in F per poi dire che il rapporto passeggeri per dipendente è lo stesso? E' il rapporto costo del biglietto medio per passeggero che non è lo stesso -- anzi, è un rapporto 1:100 negli esempi che ho fatto.
 
Stato
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